Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7012 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 7012  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
nei confronti di COGNOME NOME, nata a Catanzaro il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro del 25/05/2023
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto che il ricorso venga rigettato o dichiarato inammissibile;
letta la memoria scritta del difensore dell’indagato, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Catanzaro con ordinanza del 25 maggio 2023 (motivazione depositata il successivo 13 giugno) ha respinto la richiesta di riesame presentata da COGNOME NOME nei confronti dell’ordinanza emessa dal Gip il 3 aprile 2023 con la quale è stata applicata all’indagata la custodia cautelare in carcere in relazione all’addebito provvisorio di cui agli artt. 74, commi 1, 2, 3, del d.P.R. n. 309 del 1990  e agli artt. 81 cod. pen. e 73, commi 1 del medesimo d.P.R. .
All’indagata viene in particolare contestata la partecipazione ad associazione, con a capo il marito COGNOME NOME, finalizzata al traffico di stupefacenti (cocaina e marijuana), nella veste di organizzatrice e con funzione di coordinamento degli altri partecipi, occupandosi personalmente della custodia, taglio e pesatura e confezionamento dello stupefacente, avvalendosi della collaborazione di altri partecipi (tra cui i figli COGNOME NOME e NOME), tenendo la contabilità della cassa relativa agli introiti della compravendita della droga, gestendo le scorte e riserve stoccate e custodite in deposito, mantenendo i contatti con il livello terminale dell’associazione (pusher, acquirenti e/o consumatori dello stupefacente) e gestendo appuntamenti con gli altri sodali e acquirenti della droga).
Avverso l’ordinanza del riesame l’indagata ha presentato, per mezzo dei propri difensori, ricorso nel quale deduce tre motivi, relativi, il primo, alla ritenu insufficienza della piattaforma indiziaria in merito all’addebito associativo (con particolare riferimento alla asserita veste di “organizzatrice”), e gli altri due, profilo attinente le esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.  Il ricorso è infondato.
Per quanto riguarda la dedotta carenza indiziaria per la fattispecie associativa, deve in primo luogo essere precisato che la censura che attiene in modo specifico al “ruolo organizzatorio” contestato all’indagata non risulta rilevante in questa sede, atteso che «In tema di impugnazioni cautelari, non sussiste l’interesse dell’indagato a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame, volto ad escludere la qualifica di organizzatore di un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti ritenuta sussistente, in quanto già la mera partecipazione al sodalizio integra il fatto costitutivo della presunzione cautelare e, di conseguenza, l’esclusione della suddetta qualific:a non produrrebbe
per il ricorrente alcuna conseguenza favorevole» (In motivazione, la Corte ha aggiunto che, nel caso di specie, la carenza di interesse del ricorrente derivava anche dal fatto che l’ordinanza gravata non aveva valorizzato, a fini cautelari, il ruolo organizzativo dell’indagato). (Sez. 3, n. :31633 del 2019, Irabor, Rv. 276237 – 01).
3.  In ogni caso, l’ordinanza motiva, in modo certamente non illogico, in merito al ruolo primario rivestito dalla RAGIONE_SOCIALE nell’ambito dell’associazione (a impronta “familiare” ma con il coinvolgimento anche di soggetti estranei al nucleo RAGIONE_SOCIALE). Il Tribunale del riesame evidenzia infatti che l’indagata svolgeva funzioni contabili e di coordinamento dell’attività di preparazione e consegna dello stupefacente ai diversi pusher.
E, sotto altro aspetto, va disattesa la censura della ricorrente che contesta di rivestire nella consorteria criminale un “ruolo apicale”, dal momento che (come osserva correttamente il PG) tale profilo non è elemento necessario per ritenere sussistente il ruolo di organizzatore, giacché «In tema di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, il ruolo di organizzatore, spettante a colui che coordina il contributo degli associati, a differenza di quello di promotore e di capo, assume una connotazione esecutiva e non richiede che chi lo rivesta si trovi sullo stesso piano dei capi e dei promotori, essendo compatibile, ove l’organizzazione del sodalizio abbia una struttura verticale, con un’attività svolta in posizione di subalternità rispetto al vertice associativo» (così, Sez. 4, n. 28167 del 2021, Careddu, Rv. 281736-02).
4. Ciò premesso, rileva il Collegio che infondata è anche la censura della ricorrente in merito alla contestazione di partecipazione all’associazione. In merito alla dedotta “neutralità” delle conversazioni riportate nel provvedimento impugnato – che secondo l’indagata non sarebbero realmente indicative della sua intraneità – va osservato che «Nel procedimento “de libertate”, la valutazione del contenuto e dei risultati delle intercettazioni telefoniche e del significato dell espressioni usate anche dagli interlocutori costituiscono accertamento di fatto, riservato al giudice del merito e insindacabile in sede di legittimità, se sostenuto da motivazione congrua e logica» (Sez. 5, n. 6350 del 22/12/1999 – dep. 2000, Cannavò, Rv. 216269 – 01).
Inoltre, a prescindere dal coinvolgimeno non contestato e assai significativo – in oltre sessanta episodi di cessione di stupefacenti, posti in essere presso l’abitazione familiare e le sedi operative del sodalizio, l’ordinanza valorizza il fondamentale ruolo di “contabile” rivestito dalla COGNOME, emergente dalle captazioni e dai servizi di osservazione, nonché le preoccupazioni condivise con gli altri sodali per i controlli di Polizia e la costante partecipazione della donna all riunioni organizzative (elementi indiziari chiaramente indicativi, sia del concreto
contributo prestato dalla ricorrente al sodalizio, che dell’affectio societatis). Per quanto poi concerne il profilo eminentemente “familiare” dell’associazione (evidenziato anche dalle numerose conversazioni che rilevano i rapporti con i diversi familiari co-associati: marito, figli, genero) questa Corte ha avuto modo di precisare che «in tema di associazione per delinquere, l’esistenza della consorteria criminosa non è esclusa per il fatto che la stessa sia imperniata per lo più intorno a componenti della stessa famiglia, atteso che, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, rendono queseultimo ancora più pericoloso. (Fattispecie di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, nella quale la S.C. ha escluso che il rapporto di fratellanza fra i componenti del sodalizio rilevasse per l’esclusione del vincolo associativo ovvero per la sussistenza della attenuante ex art. 74, comma sesto, d.P.R. n. 309 del 1990)» (Sez. 3, n. 48568 del 25/02/2016, NOME, Rv. P_IVA).
Infondati sono anche i motivi di ricorso relativi alla dedotta insussistenza delle esigenze cautelari, in particolare in riferimento al decorso del tempo, e della adeguatezza della misura carceraria.
Sul punto, l’ordinanza impugnata valorizza la stabilità e capacità di “resilienza” della struttura associativa, in grado di far fronte ad arresti di associati e sequestr di droga senza interrompere la sua operatività, e il ruolo rilevante ricoperto nel sodalizio dall’indagata.
Preliminarmente, va evidenziato che la misura è stata disposta in relazione a delitto per il quale vale la doppia presunzione – relativa – di sussistenza delle esigenze e di adeguatezza della misura custodiale carceraria; sul punto si è precisato che «La presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alle disposizioni generali stabilite dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che, se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.,, detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo» (Sez. 5, n. 4950 del 07/12/2021 – dep. 2022, Andreano, Rv. 282865 – 01).
5.1. E’ vero che, come dedotto dalla ricorrente, le condotte ascrivibili alla RAGIONE_SOCIALE per quanto riguarda i “reati fine” non sembrano ricorrere oltre il 2019 (anche se la contestazione associativa è “aperta” e l’ordinanza dà conto di “episodi attestanti il permanere di un canale di cessione della droga che si sono protratti sino al 2021”: pag. 29).
5.2. E’ noto che, sulla questione del “tempo silente”, si sono formati, anche nell’ambito della giurisprudenza di legittimità, orientamenti non completamente coincidenti.
In particolare, questa Sezione ha ritenuto che «In tema di misure cautelari, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma .3, cod. proc. pen.» (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, COGNOME, Rv. 285272 – 01). In senso difforme, Sez. 3, n. 16357 del 12/01/2021, PMT c. Amato, Rv. 281293 – 01: «In tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione finalizzata al traffico d stupefacenti, la prognosi di pericolosità non !3i rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicchè la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.».
5.3. Peraltro, pure seguendo il primo degli orientamenti indicati, nel caso di specie l’ordinanza impugnata risulta immune dalle censure motivazionali dedotte dall’indagata. Infatti, il Tribunale cautelare ha evidenziato che “dagli atti emerge il pieno e spregiudicato inserimento in ambienti criminali, in assoluta indifferenza al sequestro della sostanza stupefacente e agli arresti avvenuti nel corso delle indagini”, che non è emersa “la rescissione dal contesto delinquenziale di appartenenza”, che emerge la “spiccata propensione al crimine di settore quale si ricava dalla non occasionalità del fatto e dell’inserimento della prevenuta in ambiti criminali nei quali ha dimostrato di avere estrema dimestichezza nel rapportarsi sia con il fronte dell’approvvigionamento dello stupefacente che con quello della commercializzazione sul territorio”. Elemento che “anche a prescindere dalle presunzioni di legge” integrano “concreti e specifici profili cautelari che impongono l’assoggettamento della ricorrente al regime custodiale”.
L’ordinanza impugnata ha anche affrontato il tema – dedotto dall’indagata della possibilità di adeguatamente soddisfare le esigenze attraverso la misura degli arresti domiciliari anche con il “braccialetto elettronico”, escludendone, con motivazione anche in questo caso non illogica, la praticabilità. Ciò in considerazione, tra l’altro, della circostanza che “parte delle condotte criminose di
cui si è resa responsabile la ricorrente sono a carattere sostanzialmente “domestico” (basti pensare agli episodi di spaccio domestico e al coinvolgimento dei componenti della famiglia) sicchè è impedita qualsiasi prognosi favorevole circa la capacità di misure di natura fiduciaria di neutralizzare a spinta al delitto (pag. 30).
6. All’infondatezza del ricorso segue la condanna dell’indagata al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2023
Il AVV_NOTAIO estensore