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Associazione per delinquere: il ruolo del corriere basta?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato accusato di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico. La Corte ha stabilito che, per configurare la partecipazione, non è necessario un ruolo apicale: anche la funzione di corriere, se svolta con sistematicità e fiducia da parte dei vertici per il trasporto di ingenti quantitativi, costituisce un grave indizio di colpevolezza. La breve durata del coinvolgimento è stata ritenuta irrilevante.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per Delinquere: Il Ruolo di Corriere è Sufficiente per la Partecipazione?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha chiarito che, ai fini della configurabilità della partecipazione a un sodalizio criminale, non è necessario ricoprire ruoli di vertice. Anche la condotta di chi agisce come semplice “corriere” può integrare un grave quadro indiziario, a patto che emergano elementi di stabilità e fiducia nel rapporto con l’organizzazione. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto a misura di custodia cautelare in carcere per la sua presunta partecipazione a una vasta organizzazione criminale dedita al narcotraffico internazionale, con basi operative in Italia e ramificazioni in diversi paesi europei e in Australia. L’indagato, secondo l’accusa, svolgeva il ruolo di corriere, occupandosi del trasporto di ingenti quantitativi di cocaina (in un episodio, ben 100 kg) e del trasferimento di denaro per conto dell’associazione, comunicando tramite telefoni criptati.

La difesa aveva impugnato l’ordinanza del Tribunale del Riesame, sostenendo che il coinvolgimento del proprio assistito fosse marginale e limitato nel tempo. In particolare, si evidenziava come egli avesse operato solo per un breve periodo, per soli tre episodi di trasporto, senza mai essere coinvolto nella gestione della “cassa” o nel reinvestimento dei proventi illeciti. Si trattava, secondo la difesa, di un ruolo meramente esecutivo, non sufficiente a dimostrare un inserimento stabile nell’organizzazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale del Riesame e ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza per il reato di partecipazione ad associazione per delinquere. I giudici hanno ritenuto la motivazione dell’ordinanza impugnata pienamente logica e coerente, basata su solidi elementi probatori.

L’importanza del ruolo nell’associazione per delinquere

La Cassazione ha sottolineato che la qualifica di “partecipe” non dipende dalla gerarchia interna al gruppo criminale. Anche un ruolo apparentemente subordinato come quello del corriere può essere fondamentale per l’operatività dell’associazione. Nel caso specifico, all’indagato erano stati affidati trasporti di quantitativi di droga così rilevanti da presupporre necessariamente un rapporto di massima fiducia (“fiducia”) con i vertici del sodalizio. Inoltre, è emerso che l’indagato si interfacciava non solo con altri sodali, ma direttamente con uno dei promotori e organizzatori del gruppo.

Il concetto di “affectio societatis”

Per dimostrare la partecipazione a un’associazione criminale, è necessario provare la cosiddetta affectio societatis, ovvero la consapevole volontà dell’individuo di far parte del gruppo in modo stabile. Secondo la Corte, questa volontà può essere desunta da elementi oggettivi. La sistematicità dei trasporti, la delicatezza degli incarichi e l’estrema fiducia riposta nell’indagato dai capi sono stati considerati elementi sufficienti a dimostrare la sua piena appartenenza all’organizzazione.

Irrilevanza della durata della partecipazione

La difesa aveva insistito sulla breve durata del coinvolgimento dell’indagato. Tuttavia, la Cassazione ha ribadito un suo consolidato orientamento: la durata del periodo di osservazione delle condotte è irrilevante. Anche un coinvolgimento in un singolo reato-fine può essere sufficiente a integrare la partecipazione, se le modalità della condotta rivelano un ruolo stabile e funzionale alle dinamiche operative del gruppo. Ciò che conta è l’esistenza di un “sistema collaudato” a cui l’agente ha fatto riferimento, anche solo per un periodo limitato.

La valutazione delle esigenze cautelari

La Corte ha anche confermato la misura della custodia in carcere, ritenendola l’unica adeguata a fronteggiare le esigenze cautelari. I giudici hanno basato la loro decisione sulla gravità dei fatti, legati a un’associazione internazionale, e sulla “spiccata capacità a delinquere” dimostrata dall’indagato.

La “doppia presunzione” di legge

Per reati come l’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, opera la cosiddetta “doppia presunzione” prevista dall’art. 275, comma 3, c.p.p. La legge presume sia la sussistenza delle esigenze cautelari, sia l’inadeguatezza di misure meno afflittive del carcere. Elementi a favore dell’indagato, come lo stato di incensuratezza o l’annullamento di un sequestro preventivo, non sono stati ritenuti sufficienti a superare tale presunzione, corroborata da elementi concreti di pericolosità.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di guardare alla sostanza del contributo offerto dal singolo all’organizzazione criminale, piuttosto che a una formale qualifica gerarchica. L’affidamento di compiti cruciali, come il trasporto di centinaia di chili di cocaina, è un indicatore inequivocabile di un inserimento organico nel sodalizio. Il ruolo del corriere, in contesti di narcotraffico strutturato, non è quello di un collaboratore occasionale, ma di un anello indispensabile della catena criminale. La logica del provvedimento evidenzia come la fiducia sia la vera moneta di scambio in queste organizzazioni, e chi ne gode è a tutti gli effetti un partecipe. Anche la decisione sulle misure cautelari è coerente: il pericolo di reiterazione del reato, in un contesto così radicato, non può essere neutralizzato con misure più blande come gli arresti domiciliari, poiché i legami con l’ambiente criminale potrebbero essere facilmente riallacciati.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce che la lotta all’associazione per delinquere deve colpire tutti i membri che forniscono un contributo stabile e consapevole, indipendentemente dal ruolo ricoperto. Per gli operatori del diritto, insegna che la prova della partecipazione si costruisce analizzando la funzionalità e la fiducia insite nel compito svolto. Per i cittadini, è un monito sulla gravità di qualsiasi forma di collaborazione con organizzazioni criminali, anche quelle che possono apparire come semplici commissioni, perché il sistema giudiziario le valuta come un pieno e consapevole inserimento nel patto criminale.

Svolgere il ruolo di semplice “corriere” della droga esclude la partecipazione a un’associazione per delinquere?
No. Secondo la Corte di Cassazione, anche il ruolo di corriere può integrare la partecipazione all’associazione, specialmente quando implica il trasporto di ingenti quantitativi di stupefacenti. Tale compito presuppone un elevato grado di fiducia da parte dei vertici e dimostra un inserimento stabile e funzionale nella struttura criminale.

Un coinvolgimento limitato nel tempo o a pochi episodi illeciti è sufficiente a provare la partecipazione all’associazione?
Sì. La Corte ha chiarito che la durata del coinvolgimento è irrilevante. Anche la partecipazione a un solo reato-fine può essere sufficiente a dimostrare l’appartenenza al sodalizio, se le modalità della condotta rivelano che l’individuo si è consapevolmente servito dell’organizzazione e ha agito secondo le sue dinamiche operative, inserendosi in un sistema già collaudato.

Perché è stata confermata la custodia in carcere nonostante l’indagato fosse incensurato?
La custodia in carcere è stata confermata a causa della gravità del reato di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, per il quale la legge prevede una “doppia presunzione” di pericolosità e di adeguatezza della sola misura carceraria. Elementi come l’incensuratezza non sono stati ritenuti sufficienti a vincere tale presunzione, data la gravità dei fatti, il ruolo rilevante ricoperto dall’indagato e la sua spiccata capacità a delinquere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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