Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34939 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34939 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di POTENZA nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nata a POTENZA il DATA_NASCITA nel procedimento a carico di quest’ultima
COGNOME NOME nato a POTENZA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/02/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Potenza Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, AVV_NOTAIO, ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata in accoglimento dei primi due motivi del ricorso dell’Ufficio requirente e il rigetto del ricorso dell’indagata.
Ritenuto in fatto
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Potenza, in funzione di giudice del Riesame, in parziale accoglimento dell’istanza ex art. 309 cod. proc. pen., escludeva i gravi indizi di colpevolezza per il capo 1) della rubrica provvisoria – associazione per delinquere – e per tutte le condotte di falso ideologico in atto pubblico per induzione in errore del pubblico ufficiale (artt. 48 e 479 cod. pen.), relative alla certificazione informatica ‘Eipass 7 moduli user’, sostituendo la misura custodiale degli arresti domiciliari a cui era sottoposta COGNOME NOME con la misura interdittiva ex art. 290 cod. proc. pen..
Avverso l’ordinanza propongono ricorso per cassazione il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Potenza e COGNOME NOME, a patrocinio di difensori abilitati.
3.Il ricorso del Pubblico Ministero si compone di quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo è dedotta inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine alla struttura del reato di cui all’art. 416 cod. pen. e carenza, contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione. Nel dettaglio, è evidenziato un passaggio contraddittorio dell’ordinanza nella parte in cui, riconoscendo il ruolo centrale del RAGIONE_SOCIALE nella ramificata vicenda criminosa che ha coinvolto NOME centri formativi impegnati nel procacciamento di false certificazioni nelle distinte attività formative, nega poi la rilevanza a tali scopi dell’ apporto dei referenti, responsabili dei suddetti centri, qualificandolo come meramente occasionale. Viene poi censurata la valorizzazione dell’assenza di una cassa comune del gruppo al fine di escludere il reato associativo perché non decisiva. Inoltre, dopo aver ricordato il discrimen tra concorso di persone nel reato continuato ed illecito associativo, fissato dalla giurisprudenza di legittimità nella stabilità del vincolo e nell’indeterminatezza del programma criminoso anche oltre la commissione dei reati scopo programmati, si enumerano gli elementi rilevanti e si sottolinea come, nel caso di specie, risulterebbe incontroversa l’integrazione degli estremi del reato associativo , negata dall’ordinanza impugnata con una motivazione meramente apparente.
3.2. Nel second o motivo è affrontata la natura della certificazione ‘ Eipass 7 moduli user ‘, a cui l’ordinanza impugnata ha negato natura di atto fidefacente idoneo ad integrare la fattispecie di cui all’art. 479 cod. pen. sulla base di una inosservanza o erronea applicazione delle norme giuridiche che disciplinano il rilascio di tali certificazioni, riportate ed esaminate nel motivo, che l’autorità procedente avrebbe dovuto prendere in considerazione nell’applicazione della legge penale, e nella conseguente individuazione della fattispecie configurabile. L’impianto
motivazionale è poi censurato come carente, illogico e contraddittorio, mancando un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione del giudice per le indagini preliminari, tale da potersi reputare meramente apparente.
3.3. Il terzo motivo di ricorso deduce inosservanza o erronea applicazione di norme giuridiche che l’autorità procedente avrebbe dovuto prendere in considerazione nell’applicazione della legge penale, relativamente alla qualificazione della natura fidefacente dei documenti oggetto di contraffazione; qualificazione che non potrebbe escludersi, considerata sia la tipologia di atti oggetto di contraffazione, sia la veste dei soggetti emittenti (la Regione Campania ed enti accreditati da quelli soggettivamente pubblici), coerentemente con i riportati principi della giurisprudenza di legittimità.
3.4. Quanto alle esigenze cautelari, il pubblico ministero ha evidenziato nel quarto motivo la specifica ricorrenza di quelle di cui all’art. 274 lett. c) cod. proc. pen., da valutarsi in relazione al più ampio e grave quadro indiziario, delineato con i primi tre motivi.
Il ricorso dei difensori di COGNOME NOME si articola in tre motivi.
4.1 . Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b ) ed e) cod. proc. pen. in ordine alla carenza di motivazione sulla concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione. L’ordinanza avrebbe infatti omesso di motivare in merito all’attualità del requisito cautelare, che nel caso di specie difetterebbe poiché, essendo stata applicata la misura interdittiva ai responsabili degli enti certificatori accreditati, e non avendo la COGNOME titolo certificativo autonomo, crollerebbe la pericolosità ed attitudine a delinquere dell’indagata; si tratterebbe di elemento non valutato dal giudice cautelare.
4.2. Con il secondo motivo è lamentata illogicità e carenza di motivazione in relazione al ruolo attribuito alla COGNOME, per la quale il pericolo di reiterazione criminosa sarebbe stato ingiustamente ritenuto attuale; non si sarebbe considerata l’assenza di collegamenti tra l’indagata e l’attività del COGNOME e del COGNOME, presso i cui recapiti venivano svolte le false prove d’esame .
4.3. Il terzo ed ultimo motivo deduce il vizio di cui all’art. 606 comma 1 lett. b ) ed e) cod. proc. pen. sempre in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, allegando l’inesistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati (necessarie per integrare il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione) , non essendo la scuola RAGIONE_SOCIALE titolata ad erogare certificazioni , perché impegnata solo in un’opera di scouting ; e non essendovi, in atti, la prova di contatti dell’indagata con NOME enti abilitati , i cui titolari sono stati raggiunti da misura interdittiva.
5.La difesa della COGNOME, in data 19 settembre 2025, ha inoltrato memoria difensiva riferita a COGNOME NOME, coindagato nel medesimo procedimento penale ed autonomamente ricorrente contro il medesimo provvedimento.
Considerato in diritto
1.Per gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell’art. 273 cod. proc. pen., devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa che – contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non valgono, di per sé, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. 2, n. 28865 del 14/06/2013, Cardella, Rv. 256657). In questo quadro, qualora sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, a questa Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare -ovvero ad escludere – la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; conf.: Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828) senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le altre, Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, COGNOME, Rv. 199391; Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, COGNOME, Rv. 211027; Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 2000, Alberti, Rv. 215331). Il controllo di logicità, dunque, «deve rimanere “all’interno” del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate» (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460-01; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 4, n. 18807 del 23/03/2017, COGNOME, non mass. sul punto, nonché Sez.2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976-01).
E il detto limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare “in concreto” la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, Martorana, Rv. 210019).
1.1.Occorre ancora premettere che il collegio intende dare continuità al principio di diritto, recentemente convalidato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale in tema di impugnazioni cautelari, sussiste l’interesse del pubblico ministero a proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame che, pur avendo confermato la sussistenza della gravità indiziaria in relazione a taluni dei delitti contestati e disposto il mantenimento della misura cautelare, abbia, purtuttavia, annullato parzialmente il provvedimento genetico in relazione ad NOME delitti per i quali la misura stessa risultava adottata (sez.5, n. 4748 del 11/12/2024, P., Rv.287525 , a cui è d’uopo rinviare per l’articolata motivazione; nello stesso senso, sez. 4, n. 22694 del 21/04/2023, Petito, Rv. 284775; sez. 5, n. 19540 del 20/04/2022, COGNOME, Rv. 283073; sez. 1, n. 20286 del 17/06/2020, Petito, Rv. 280123).
2.Tracciate le coordinate ermeneutiche alle quali ci si atterrà nello scrutinio dei motivi d’impugnazione delle parti del procedimento , il ricorso del pubblico ministero è in buona parte fondato, per quanto di ragione.
2.1. Il primo motivo di censura, che attiene all’annullamento dell’ordinanza cautelare con riferimento alla configurabilità del substrato indiziario del delitto di associazione per delinquere, coglie nel segno.
Nell’ampio e risalente panorama della giurisprudenza di legittimità, per quanto di interesse in questa sede, mette conto rammentare che l’associazione per delinquere si caratterizza per tre fondamentali elementi, costituiti da un vincolo associativo tendenzialmente permanente, o comunque stabile, tra almeno tre persone, destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati, dall’indeterminatezza del programma criminoso che distingue il reato associativo dall’accordo che sorregge il concorso di persone nel reato, e dall’esistenza di una struttura organizzativa, sia pur minima, ma idonea e soprattutto adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira ( ex multis , sez.2, n. 16339 del 17/01/2013, COGNOME e NOME, Rv.255359; sez.2, n. 20451 del 03/04/2013, COGNOME e NOME, Rv.256054;sez. 6, n. 3886 del 07/11/2011, COGNOME e NOME, Rv. 251562); non è di ostacolo alla configurabilità del reato la diversità o persino la contrapposizione degli scopi personali perseguiti dai componenti, i quali rilevano esclusivamente come motivi a delinquere (sez.3, n. 2039 del 02/02/2018, PG/COGNOME NOME, Rv. 274816); né si esige una partecipazione degli associati ad un’uguale, o quantomeno proporzionale, divisione degli utili conseguiti dall’organizzazione (sez. 1, n. 7063 del 05/05/1995, COGNOME e NOME, Rv. 201907). Per la sussistenza del delitto di associazione per delinquere non rileva l’avvicendamento delle persone che ne fanno parte, ovvero che ad una associazione inizialmente costituita fra determinate persone, altra persona si aggreghi nel corso del tempo, o taluna nel corso del tempo da essa receda, prima o dopo che alcuno dei delitti del programma venga commesso, ovvero che tutti i membri di essa si conoscano personalmente, o tutti concorrano alla consumazione di ogni singolo delitto ed agiscano nello stesso luogo, atteso che, essendo ciascuno punito ‘per il solo fatto di partecipare
all’associazione’, la quale concreta un reato di natura permanente, ciò che è essenziale è che la associazione rimanga sempre formata da un minimo di tre persone e che ciascuna, qualunque sia il momento della sua volontaria aggregazione, sia consapevole di far parte di un tale sodalizio (sez.3, n. 345 del 13/02/1970, Cerrato, Rv. 115071). Non sono decisivi ai fini del riconoscimento della esistenza dell’associazione per delinquere NOME parametri, quali la distribuzione dei compiti tra gli associati, la presenza di capi promotori od organizzatori, la conoscenza reciproca tra i partecipanti e, tanto meno, la ‘comunanza di vita’ tra di essi (sez. 1, n. 1913 del 14/11/1980, Ferrari, Rv. 147954); non rilevano la consumazione o meno dei delitti formanti oggetto del pactum sceleris, la rudimentalità delle strutture associative, le circostanze che i compartecipi non abbiano la medesima residenza, non si riuniscano, non si conoscano, non operino sullo stesso territorio, abbiano rapporti tra loro per interposta persona, abbiano contrasti di interessi (sez. 1, n. 6393 del 24/03/1983, Nuvoletta, Rv.159857). Ed ai fini della configurabilità di un’associazione per delinquere, legittimamente il giudice può dedurre i requisiti della stabilità del vincolo associativo, trascendente la commissione dei singoli reati-fine, e dell’indeterminatezza del programma criminoso, che segna la distinzione con il concorso di persone, dal susseguirsi ininterrotto, per un apprezzabile lasso di tempo, delle condotte integranti detti reati ad opera di soggetti stabilmente collegati (così Sez. 2, n. 53000 del 04/10/2016, Basso, Rv. 268540). Anche con riferimento al reato di partecipazione ad associazione per delinquere ex art. 416 cod. pen. è applicabile il principio ripetutamente affermato in ordine al reato di partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso, secondo cui la condotta di partecipazione all’associazione criminosa è a forma libera e può realizzarsi in forme e contenuti diversi; il partecipe può anche non avere la conoscenza dei capi o degli NOME affiliati essendo sufficiente che, anche in modo non rituale, di fatto si inserisca nel gruppo per realizzarne consapevolmente gli scopi (v., per tutte, Sez. 3, n. 2351 del 18/11/2022, Almanza, Rv. 284057 e in motivazione; Sez. 2, n. 55141 del 16/07/2018, Galati, Rv., 274250, e Sez. 2, n. 4976 del 17/01/1997, Accardo, Rv. 207845).
L’unico elemento da cui non può prescindersi è la consapevolezza dei singoli associati di partecipare, insieme ad almeno altre due persone, a un organismo stabile e organizzato nei sensi sopra precisati. In questa direzione va letta la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, per la configurabilità dell’associazione, non è richiesta la conoscenza reciproca fra tutti gli associati, essendo sufficiente la consapevolezza e la volontà di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà, a una società criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale (sia pure in tema di associazione finalizzata al narcotraffico, cfr. sez. 5, n. 2910 del 04/12/2024, COGNOME, Rv. 287482; Sez. 6, n. 11733 del 16/02/2012, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 252232; Sez. 6, n. 50133 del 21/11/2013, COGNOME, Rv.
258645).
Orbene, la lettura dei provvedimenti giurisdizionali in rassegna e, in particolare, quello del primo giudice, restituisce le evidenze che seguono.
RAGIONE_SOCIALE è l’Organismo di Certificazione che eroga il programma internazionale RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE – che certifica competenze tecniche in materia informatica, gran parte delle quali sono utilizzabili in vari settori della Pubblica amministrazione. Svolge tali attività direttamente o per il tramite delle agenzie formative accreditate. Tali certificazioni -tra le quali vi sono le RAGIONE_SOCIALE 7 MODULI USER ed RAGIONE_SOCIALE PERSONALE ATA -sono util i all’inserimento nelle graduatorie per il personale ATA, ovvero il personale Amministrativo, Tecnico ed Ausiliario in ambito educativo e scolastico. Analoga attività svolge RAGIONE_SOCIALE, organismo abilitato al rilascio della C.I.A.D. – Certificazione Internazionale Alfabetizzazione Digitale, tra cui la certificazione denominata DIGCOMP 2.2 -presupposto per l’accesso per le figure professionali di Assistente amministrativo, assistente tecnico ed operatore scolastico.
Il provvedimento genetico (pag. 89 e segg.) ha nel dettaglio illustrato il robusto compendio indiziario, rappresentato essenzialmente da risultanze intercettive e riscontri documentali, relativo all’esistenza di una organizzazione collaudata, stabile nel tempo, con ripartizione di compiti, nel cui contesto COGNOME e COGNOME, titolari del RAGIONE_SOCIALE, acquisivano la clientela, resa edotta dell’illecito meccanismo di ottenimento delle certificazioni con la corresponsione di una mercede; provvedevano ad interessare, secondo la tipologia della certificazione richiesta, alternativamente ma con sistematicità in base al l’accertato radicamento dei rapporti, la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE -nelle quali operavano regolarmente NOME ed NOME ed Infante COGNOME NOME, coniuge di NOME COGNOME – enti autorizzati a vendere l’offerta formativa ed accreditati dalla RAGIONE_SOCIALE e dagli NOME enti certificatori, che a loro volta confezionavano le certificazioni dopo la predisposizione ed attuazione di uno sperimentato apparato di collaboratori (tra cui, sia pure occasionalmente, il fratello e la cognata della COGNOME, es. pag. 150, pag.171) che , con l’uso delle pertinenti credenziali di accesso informatico, ‘si sostituivano’ a i clienti-candidati (che, nel caso delle certificazioni RAGIONE_SOCIALE, avrebbero avuto l’obbligo, poi non rispettato, di svolgere l’esame presso la sede dell’agenzia di formazione) nel sostegno della prova. Identico modus operandi è stato seguito per il conseguimento fraudolento di attestati di superamento degli esami universitari dell’RAGIONE_SOCIALE, sia pure riqualificato nel delitto di procacciamento e presentazione di lavori od elaborati altrui, di cui agli artt. 1 e 2 della L. n. 475 del 1925, attribuito, per quanto di interesse in questa sede, ai soli COGNOME e COGNOME; mentre diversa metodica artificiosa è stata adottata nell’ambito delle intese con la RAGIONE_SOCIALE, i cui referenti erano COGNOME NOME e COGNOME NOME, alla quale il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha, con continuità, procurato ampia clientela alla quale sono state assicurate la possibilità di sequela dell’ iter del tirocinio senza frequentare le lezioni e la fasulla attestazione delle regolari presenze al corso , indispensabili per l’ottenimento della qualifica di operatore socio-sanitario; è stata infine accertata, in sede di svolgimento d ell’ esame, l’abilità comunicativa degli indagati con i componenti della commissione, finalizzata ad edulcorarne l’approccio con il candidato. In tal guisa, i funzionari della Regione Campania sono stati
ripetutamente tratti in inganno e indotti ad attestare falsamente la regolare acquisizione dei requisiti professionali dell’operatore sociosanitario.
Al lume dei canoni esegetici scolpiti dalla giurisprudenza tradizionale in materia di reati associativi, l ‘impianto motivazionale dell’ordinanza impugnata si rivela affetto, dunque, dai vizi di intrinseca contraddittorietà (cfr. per es.pag. 90) e manifesta illogicità denunciati dalla Procura della Repubblica, perché, per un verso, il reato di associazione per delinquere è a forma libera, e può realizzarsi in forme e contenuti diversi; l’ analisi della sussistenza del legame associativo di rilievo penale non può essere circoscritto, riduttivamente, al rapporto intercorrente tra i soggetti facenti parte del singolo ente, quasi a reciderne l’interazione con le persone deputate allo svolgimento di ruoli consolidati, convergenti e sinergici, nella prospettiva della realizzazione del generico ed unitario programma delittuoso prestabilito, sol perché riconducibili a diversa realtà imprenditoriale. Per altro verso, non rileva la ‘circolarità dei rapporti’, perché ciò che conta è che ciascuno dei componenti del gruppo sia consapevole di far parte di un sodalizio, nel senso descritto, con almeno due persone che, nel caso in esame, e a tutto concedere, sono individuabili proprio nella COGNOME e nel COGNOME, a loro volta coscienti di collaborare e confrontarsi con gli NOME indagati nel contesto di un progetto operativo comune, perseguito attraverso le rispettive aziende in funzionamento ; non rileva l’esistenza di una ‘cassa comune’ tra gli associati, poiché soddisfa la bisogna la sussistenza di una struttura organizzativa stabile, anche di carattere rudimentale, strumentale alla commissione di un numero indeterminato di delitti e il perseguimento di finalità di lucro non ne costituisce un requisito indefettibile, ancorchè di regola presente e, in ogni caso, l’incameramento e la distribuzione dei profitti tra i compartecipi può avvenire con le più svariate modalità; non è necessario il perfezionamento dei reati-fine -peraltro, in base alle argomentazioni dell’ordinanza del Tribunale, molteplici nella fattispecie in disamina – né hanno rilevanza quali tra di essi siano commessi e il quomodo della loro consumazione.
3. Il secondo motivo del ricorso dell’Ufficio di Procura è fondato.
Rimane oscura e nel complesso contraddittoria l’esclusione della valenza di atto pubblico a riguardo delle certificazioni RAGIONE_SOCIALE 7 MODULI USER, affermata in modo lapidario a pag. 111 del provvedimento impugnato, sul mero rilievo che non potrebbe esservi estesa la medesima qualificazione attribuita dalla legge alle certificazioni RAGIONE_SOCIALE e ID CERT. Come correttamente posto in risalto dal pubblico ministero ricorrente, tra i certificati emessi da RAGIONE_SOCIALE – alla cui documentazione è riconosciuto valore di atto pubblico dal Tribunale del riesame -sono inclusi gli RAGIONE_SOCIALE 7 MODULI USER, al pari delle certificazioni RAGIONE_SOCIALE PERSONALE ATA, in relazione alle quali non è stato mosso alcun rilievo. Non è dato comprendere, in altre parole, la ragione per la quale, una volta riconosciuta portata di atti pubblici a tutte le certificazioni della RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima debba essere ribadita per una sottocategoria e negata per l’altra.
Ancora, è opportuno evidenziare che l ‘atto pubblico contemplato dagli artt. 476 e 479 cod. pen. è quello caratterizzato dalla produttività di effetti costitutivi, traslativi, dispositivi, modificativi od estintivi rispetto a situazioni giuridiche di rilevanza pubblicistica. Difatti, già, e con esegesi mai messa in discussione, Sez. U, n. 544 del 29/10/1983, dep. 19/01/1984, Mario, Rv. 162200, definiva l’atto pubblico come quell’atto caratterizzato dalla produttività di effetti costitutivi, traslativi, modificativi o estintivi di situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica e, in via congiuntiva o anche alternativa, dalla documentazione di attività compiuta dal pubblico ufficiale o di fatti avvenuti alla sua presenza o da lui percepiti; diversamente, il certificato si riduce a semplice attestazione di verità o di scienza, priva di contenuto negoziale e svincolata dal compimento di attività direttamente percepite od eseguite dal pubblico ufficiale, relativa a fatti dei quali è stata aliunde già accertata la esistenza. In altre parole, la qualificazione come certificato amministrativo attiene all’ atto proveniente da un pubblico ufficiale se l’atto non attesti i risultati di un accertamento compiuto dal pubblico ufficiale redigente, ma riproduca attestazioni già documentate; e se l’atto, pur quando riproduca informazioni desunte da NOME atti già documentati, non abbia una propria distinta e autonoma efficacia giuridica, ma si limiti a riprodurre anche gli effetti dell’atto preesistente (Sez. 2, n. 46273 del 15/11/2011, Battaglia, Rv. 251549). Nel caso in esame, non vi è dubbio che i ‘certificati’ emessi da RAGIONE_SOCIALE -società a cui è riconosciuta dallo Stato e dalla Unione Europea l’idoneità a rilasciare certificazioni informatiche utili a stimare il grado di preparazione informatica delle persone che le conseguono (pag.100 ordinanza applicativa) – non fossero meramente riproduttivi di NOME atti -e fossero caratterizzati da una propria, autonoma efficacia giuridica, relativa alla costituzione di un diritto a ‘spendere’ i l titolo così conseguito in ambito concorsuale nei vari, pertinenti settori della pubblica amministrazione. Tanto depone, a sua volta, per un apprezzamento di illogicità intrinseca della soluzione adottata dal Tribunale, perché dalle emergenze investigative, riportate negli elaborati decisori della fase incidentale, la produzione di tali, significativi effetti giuridici è correlata all’emissione di tutte le certificazioni informatiche, le RAGIONE_SOCIALE 7 MODULI USER e le RAGIONE_SOCIALE PERSONALE ATA; né il tribunale ha esplicitato le ragioni per le quali mera portata ‘derivativa’ debba essere assegnata alle certificazioni RAGIONE_SOCIALE 7 MODULI USER, la cui falsificazione ideologica è stata apoditticamente ricondotta al paradigma normativo dell’art. 480 cod. pen..
4.Il terzo motivo, concentrato sulla portata fidefaciente delle certificazioni e delle attestazioni rilasciate con induzione in errore dei pubblici ufficiali, è inammissibile per genericità e carenza di interesse. Il pubblico ministero, che pure è insorto contro l’ordinanza del Tribunale per titoli di reato che già consentirebbero l’applicazione delle misure cautelari personali e pur in presenza di un titolo cautelare pendente, applicato per più delitti di cui agli artt. 48,479 cod. pen., non ha affrontato il profilo dell’interesse sotteso al riconoscimento della circostanza aggravante ad effetto speciale in parola nella fase cautelare, con particolare riferimento alla sua incidenza sui termini di durata della misura, modulati sulla fase procedimentale in corso e,
dunque, a prescindere dalla considerazione delle fasi successive (cfr. per il principio espresso, sez. 6, n. 33473 del 06/06/2018, P, Rv. 274057; e, sia pure a riguardo dell’interesse concreto all’appello cautelare, sez.1, n. 20286 del 17/06/2020, Petito, Rv.280123).
5. L’esame del quarto ed ultimo motivo di ricorso, inerente alle esigenze cautelari, rimane assorbito dalle conclusioni adottate per i primi due fondati motivi di ricorso, essendo necessaria e conseguenziale la rivalutazione del quadro cautelare all’esito della configurabilità dei gravi indizi di colpevolezza per le fattispecie allo stato escluse dal provvedimento impugnato.
6.Il ricorso della COGNOME è invece destituito di fondamento.
6.1.Deve essere rimarcato che la denuncia di insussistenza di gravi indizi di colpevolezza, anche con riferimento alla corretta qualificazione giuridica attribuita ai fatti, o di assenza di esigenze cautelari, è ammissibile solo se la censura riporta l’indicazione precisa e puntuale di specifiche violazioni di norme di legge, ovvero l’indicazione puntuale di manifeste illogicità della motivazione del provvedimento, esulando dal giudizio di legittimità sia le doglianze che attengono alla ricostruzione dei fatti sia quelle che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito (cfr. Sez. 3, n. 40873 del 21.10.2010, Merja, Rv 248698). Pertanto, l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., è soltanto quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, senza possibilità, per la Corte di cassazione, di verificare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074). Da tanto consegue, in particolare, che minime lacune argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga meritevoli di ponderazione e tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono dar luogo all’annullamento dell’ordinanza impugnata.
I motivi di ricorso, unitariamente concentrati sulla confutazione delle argomentazioni espresse a riguardo della sussistenza delle esigenze cautelari e dell’adeguatezza e proporzione della misura interdittiva applicata, si risolvono, per la gran parte, in censure non consentite in sede di legittimità e nel complesso caratterizzate da genericità estrinseca perché inadatte ad un compiuto confronto con le proposizioni dell’ordinanza impugnata.
L’elaborato del Tribunale della cautela, che ha fatto propria l’ampia dissertazione dell’ordinanza genetica (pag.88 e segg.) , ha descritto con dovizia di particolari il ruolo di vertice dell’i ndagata nell’assetto finalizzato all”organizzazione dei falsi procacciando e fidelizzando i clienti, promettendo loro il sicuro superamento delle prove d’esame funzionali al conseguimento delle certificazioni’ e ne ha esaltato i compiti di protagonista nei ‘rapporti con i titolari e dipendenti dei centri campani complici delle falsificazioni’. Non è necessario indulgere in inutili ripetizioni per rilevare allora l’inconsistenza di semplici note di dissenso funzionali ad una lettura
alternativa e riduttiva delle emergenze indiziarie, come quelle che sostengono che il RAGIONE_SOCIALE svolgesse mera attività di scouting ; che al l’indagata fosse inibito di curare direttamente il rilascio delle certificazioni in quanto non accreditata presso le amministrazioni pubbliche o gli enti abilitati; che dei guadagni più consistenti beneficiassero i centri di formazione accreditati; che il RAGIONE_SOCIALE svolgesse anche prestazioni lecite; che le attività intercettive non abbiano provato i collegamenti con tali COGNOME e COGNOME, che nemmeno figurano tra gli indagati elencati dal provvedimento genetico, presso le cui residenze risulterebbero eseguite talune delle plurime, false prove d’esame.
Quanto, invece, alla configurazione del quadro delle esigenze di cautela di cui all’art. 274 lett. c) cod. proc. pen., occorre rimarcare che l’orientamento oramai consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità – ed al quale il Collegio intende aderire – è nel senso per cui il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c) c.p.p. non è identificabile nell’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socioambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza, che esula dalle facoltà del giudice ( ex multis tra le più recenti Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 277242; Sez. 1, n. 14840 del 22/01/2020, COGNOME, Rv. 279122; Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282769; Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991). In NOME termini, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma indica, invece, la continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare (Sez. 2, Sentenza n. 5054 del 24/11/2020, dep. 2021, Barletta, Rv. 280566). Né il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie deve essere inteso come pericolo di reiterazione dello stesso fatto reato, atteso che l’oggetto del ” periculum ” è la reiterazione di astratti reati della stessa specie e non del concreto fatto reato oggetto di contestazione ( ex multis , sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, Pedato, Rv.274403); appunto, quest’ultimo, che incide sulla stima del l’irrilevanza dell’avvenuta, contestuale sottoposizione a misura cautelare dei coindagati, vuoi per l ‘ontologica provvisorietà e revocabilità del regime cautelare, vuoi perché in tema di esigenze cautelari, la posizione processuale di ciascun coindagato o coimputato è autonoma, in quanto la valutazione da esprimere ex art. 274 cod. proc. pen., con particolare riguardo al pericolo di recidivanza, si fonda, oltre che sulla diversa entità del contributo materiale e/o morale assicurato da ognuno
dei concorrenti alla realizzazione dell’illecito, anche su profili strettamente attinenti alla personalità del singolo (cfr. sez. 4, n. 13404 del 14/02/2024, Nisi, Rv. 286363).
Sono infondate, dunque, le critiche avanzate sul punto dalla ricorrente all’ordinanza impugnata, che ha sottolineato la molteplicità delle condotte illecite realizzate, la loro durata, il ricorso ad ‘espedienti surrettizi’ volti a far conseguire, indebitamente, i risultati ambiti dai discenti; la disinvolta ‘disponibilità nel falsificare le certificazioni dei discenti per fini di lucro’; la posizione apicale da lei assunta nella gestione dell’attività criminale con i centri campani; la spregiudicatezza mostrata nel corso dei dialoghi intercettati; tutti indicatori concordi, in linea con parametri di ragionevolezza inferenziale, nell’illustrare un profilo di persistente allarme e di ‘specifica capacità delinquenziale’ , idoneo a giustificare il ricorso alla misura personale interdittiva, peraltro rispettosa del criterio del minor sacrificio per la libertà personale a cui si deve ispirare l’intervento cautelare (Corte Cost. sent. n. 231 del 2011).
Per mera completezza espositiva, va dato atto dell’irricevibilità della memoria depositata il 19 settembre 2025, perché tardiva (non rispettosa dei 5 giorni liberi prima dell’udienza in camera di consiglio) e riferita ad altro ricorrente.
L’accoglimento in parte qua dell’impugnazione del pubblico ministero comporta l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del riesame di Potenza. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di reiezione del ricorso, consegue invece la condanna della ricorrente COGNOME al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente ai reati di associazione a delinquere e di falso in atto pubblico ad oggetto le certificazioni Eipass 7 Modello User, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Potenza. Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero nel resto.
Rigetta il ricorso di COGNOME NOME e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 24/09/2025
Il consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME