LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Associazione per delinquere: i rapporti con i sodali

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una misura di custodia cautelare per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La sentenza sottolinea che, per configurare la partecipazione al sodalizio, non è sufficiente provare un legame con un solo associato, ma è necessario dimostrare un inserimento stabile nella struttura organizzativa, evidenziato da rapporti continuativi con più membri e lo svolgimento di ruoli definiti, come in questo caso di gestione di una piazza di spaccio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per Delinquere e Traffico di Stupefacenti: la Prova della Partecipazione

Con la sentenza n. 5321 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri per accertare la partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La pronuncia chiarisce che il semplice rapporto con un singolo affiliato non basta a escludere il vincolo associativo, se altri elementi dimostrano un inserimento stabile e funzionale dell’indagato nella struttura criminale.

I fatti del caso

Il caso riguarda un soggetto destinatario di una misura di custodia cautelare in carcere per la sua presunta partecipazione a un sodalizio criminale dedito al narcotraffico, con il ruolo di ‘pusher’ e custode dello stupefacente. L’indagato ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame, che ha confermato il provvedimento restrittivo. Successivamente, ha adito la Corte di Cassazione, lamentando un’errata valutazione dei gravi indizi di colpevolezza.

Le argomentazioni della difesa

La difesa sosteneva che il coinvolgimento dell’indagato fosse limitato a un rapporto esclusivo con un altro coindagato e che dalle intercettazioni non emergesse né un inserimento organico nella compagine, né la necessaria affectio societatis (la volontà di far parte del gruppo). A supporto della tesi, veniva evidenziato come il Tribunale del Riesame avesse annullato un’ordinanza simile per un altro soggetto proprio per l’insussistenza di prove di un legame associativo esteso.

La configurazione dell’associazione per delinquere per la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e inammissibile. I giudici hanno ritenuto adeguata e logica la motivazione del Tribunale del Riesame, che aveva evidenziato come l’indagato non fosse legato solo a un sodale, ma avesse rapporti diretti anche con altri associati, incluso il capo del gruppo. Le intercettazioni telefoniche e ambientali avevano fatto emergere un ruolo attivo e ben definito dell’indagato all’interno dell’organizzazione.

Il ruolo attivo come prova della partecipazione

L’attività dell’indagato non si limitava a semplici contatti, ma includeva:

* Il prelievo dello stupefacente dalla ‘base operativa’ del gruppo.
* Il trasporto della sostanza presso l’abitazione di un altro affiliato.
* La partecipazione a riunioni operative.
* La rendicontazione analitica delle attività di vendita, con indicazione di acquirenti e importi.

Questi elementi, secondo la Corte, dimostrano in modo inequivocabile un inserimento stabile e consapevole nella struttura criminale, superando la tesi difensiva del mero rapporto individuale.

Le motivazioni della decisione

La Corte ha ribadito un principio consolidato: in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, la ripetuta commissione di reati-fine in concorso con altri partecipi costituisce un grave indizio di appartenenza al sodalizio. Tale presunzione può essere superata solo con la prova contraria dell’assenza di un vincolo associativo stabile e preesistente. Nel caso di specie, l’esistenza di un’organizzazione articolata, con una chiara ripartizione dei compiti e la predisposizione di mezzi idonei (come le piazze di spaccio), rafforzava ulteriormente la configurabilità del reato associativo. La Corte ha inoltre respinto come generiche le censure sulle esigenze cautelari, evidenziando la ‘biografia criminale’ dell’indagato e il suo ruolo significativo all’interno del gruppo come elementi che giustificavano ampiamente la misura detentiva.

Le conclusioni

Questa sentenza conferma che, per distinguere il concorso di persone nel reato dalla partecipazione a un’associazione per delinquere, è fondamentale analizzare la stabilità del vincolo e l’esistenza di una struttura organizzativa permanente. Non è sufficiente limitare l’analisi ai rapporti individuali, ma occorre valutare l’insieme delle interazioni e il ruolo funzionale svolto dal singolo all’interno del programma criminoso del gruppo. La prova della partecipazione può quindi derivare da un insieme di elementi logici, come la pluralità di contatti con gli associati, lo svolgimento di compiti specifici e la condivisione delle strategie operative del sodalizio.

Il rapporto con un solo membro di un’associazione criminale è sufficiente a escludere la partecipazione al sodalizio?
No. Secondo la Corte, anche se il rapporto principale è con un solo membro, la partecipazione all’associazione può essere provata se emergono altri elementi che dimostrano un inserimento stabile nella struttura, come rapporti con altri associati (incluso il capo) e lo svolgimento di ruoli funzionali al programma criminale del gruppo.

Quando la commissione ripetuta di reati di spaccio può essere considerata prova di partecipazione a un’associazione per delinquere?
La commissione ripetuta di reati-fine, come lo spaccio, in concorso con altri partecipi, può integrare l’esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti di partecipazione al reato associativo. Questa presunzione può essere vinta solo dalla prova contraria che dimostri l’assenza di un vincolo stabile e preesistente tra i correi.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso relativo alle esigenze cautelari?
La Corte ha giudicato il motivo inammissibile perché le censure erano generiche. Il Tribunale del riesame aveva adeguatamente motivato la permanenza delle esigenze cautelari basandosi su elementi concreti come la ‘biografia criminale’ dell’indagato (precedenti per associazione mafiosa e narcotraffico), la sua ‘professionalità’ nel settore e il ruolo significativo che gli era stato riconosciuto dal capo dell’associazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati