Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33738 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33738 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/02/2024 del TRIB. LIBERTA di ANCONA
data per letta la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che riportandosi alla memoria depositata ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Ancona, in funzione di giudice del riesame, con la ordinanza emessa il 27 marzo 2024 confermava il provvedimento applicativo della custodia cautelare in carcere emesso dal Giudice per le indagini preliminari, nei confronti di NOME COGNOME, ritenuta gravemente indiziata del delitto di partecipazione all’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti, dal settembre 2022 all’attualità, nonché in relazione a ventiquattro episodi di furto in abitazione, dei quali tre tentati, pluriaggravati, commessi dal 13 ottobre 2022 al 10 febbraio 2023 , in varie località (capi da B e Y).
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di tre motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 275, commi 3 e 3-bis, cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
Lamenta il motivo che il Tribunale del riesame avrebbe disatteso il dettato normativo richiedente adeguatezza e proporzionalità della misura cautelare scelta rispetto alle concrete esigenze di cautela, tanto più che per il delitto associativo contestato non sussiste alcuna presunzione legale di idoneità esclusiva della misura estrema.
Il Tribunale del riesame non avrebbe dato conto delle ragioni per le quali non fosse applicabile il regime degli arresti donniciliari con il braccialetto elettronic offrendo una motivazione apparente, facendo riferimento solo ad una prognosi negativa quanto all’adempimento spontaneo da parte della indagata del rispetto della misura domiciliare.
Difetterebbe, quindi, il buon governo dei principi in tema di extrema ratio della custodia in carcere, come anche mancherebbe una adeguata motivazione in ordine alla insussistenza dei presupposti per la sospensione condizionale e per la determinazione inferiore a tre anni di reclusione della pena, condizioni ostative alla misura detentiva.
Il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 416 e 624-bis cod. pen. e vizio di motivazione.
Lamenta la ricorrente che non sia stato indicato dalla ordinanza impugnata il contributo offerto dalla ricorrente ai delitti, risultando la valutazione della gravi indiziaria inficiata dall’utilizzo di un metodo ricostruttivo degli eventi che risu genericamente richiamato e comunque debole, fondandosi sul posizionamento dell’utenza cellulare che non ricollega lo stesso con certezza alla indagata. Da ciò la conseguenza non logica che l’ubicazione dell’utenza cellulare in luogo contiguo o prossimo a quello in cui veniva perpetrato il furto consenta di affermare la sussistenza della gravità indiziaria, senza che mai l’indagata sia colta nell’atto di consumare il reato o, almeno, sia certamente presente nell’abitazione in cui il furto veniva perpetrato.
Il solo posizionamento dell’utenza, in assenza di altri elementi, non può integrare la gravità indiziaria ex art. 192, comma 2, cod. proc. pen. risultando al più consistere in un sospetto, incorrendo quindi il Tribunale del riesame in contraddittorietà logica, oltre che in travisamento, difettando la certezza dell’indizio e l’assenza della pluralità convergente.
Il terzo motivo lamenta violazione di legge in relazione all’art. 416 cod. pen. e vizio di motivazione, difettando la prova dell’esistenza della adesione della ricorrente al sodalizio criminoso, come anche della stessa sussistenza dell’associazione criminale, per deficit di permanenza, per l’esistenza di due gruppi con distinte aree di azione, per assenza della sede, per mancata indicazione del momento della costituzione, per difetto di individuazione dei compiti e di ripartizione dei proventi illeciti.
Il ricorso è stato trattato, con intervento delle parti, ai sensi dell’art. comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’art. 9 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del dl. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, riportandosi alla memoria depositata, ha concluso per il rigetto del ricorso. Il difensore della ricorrente, avvocato AVV_NOTAIO, non compariva, depositando tempestivamente una memoria con la quale illustrava le ragioni di ricorso e ne chiedeva l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Vanno analizzati congiuntamente e previamente il secondo e il terzo motivo, data la priorità logica rispetto al primo motivo.
2.1 Va premesso come pacifico sia l’orientamento che, a partire da Sezioni Unite n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828, in tema di misure cautelari personali, a fronte di un ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame, in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ne definisce così l’ambito di delibazione. La Corte ha il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la
N
valutazione degli elementi indizianti, rispetto ai canoni della logica e ai principi d diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (nello stesso senso, Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, COGNOME, Rv. 237012; Sez. F., n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976).
Va anche evidenziato come questo Collegio aderisca all’orientamento autorevole di Sez. U, COGNOME: «Il quadro di gravità indiziaria ai fini cautelari, concetto differente da quello enunciato nell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., che allude alla c.d. prova logica o critica, ha, sotto il profilo gnoseologico, una propria autonomia, non rappresenta altro che l’insieme degli elementi conoscitivi, sia di natura rappresentativa che logica, la cui valenza è strumentale alla decisione de libertate, rimane delimitato dai confini di questa e non si proietta necessariamente nel diverso e futuro contesto dibattimentale relativo al definitivo giudizio di merito» (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, COGNOME, Rv. 234598).
Pertanto, la delibazione attuale è funzionale alla verifica della tenuta logica del provvedimento cautelare di secondo grado, in relazione alla gravità indiziaria nei termini di qualificata probabilità di colpevolezza, nella prospettiva da ultimo evidenziata, ovviamente suscettibile di evoluzioni ricostruttive in sede dibattimentale.
2.2 Proprio la distinzione fra i concetti di gravità indiziaria ai fini cautelari e indizi gravi precisi e concordanti richiesti ai fini di prova, ex art. 192, comma 2, cod. proc. pen. sfugge al ricorso, che confonde le due nozioni, confusione che viene superata però dalla memoria successivamente depositata.
Non di meno, i motivi di ricorso in esame non si confrontano con una argomentazione serrata e non manifestamente illogica dell’ordinanza impugnata, che non si concentra su un unico elemento indiziario (come il posizionamento dell’utenza cellulare), cosicché la doglianza che lamenta la natura isolata di tale indizio è fallace.
A ben vedere il Tribunale del riesame enumera la pluralità degli elementi indiziari configuranti il quadro grave a carico della ricorrente: le riprese dell telecamere delle autovetture in uso agli indagati nei pressi dei luoghi dei furti, o dove è stata abbandonata la refurtiva; i controlli di polizia effettuati sugli occupanti le autovetture; le verifiche relative alle utenze in uso agli stessi, che risultavano muoversi in sincronia dal territorio laziale verso i luoghi dei furti, in zon marchigiana, attivando le celle dell’area dei delitti; l’esame dei tabulati che accertavano i contatti fra i sodali in coerenza con le spedizioni e i furti medesimi; i riconoscimenti fotografici effettuati dal personale dipendente delle strutture ricettive ove gli indagati si ‘appoggiavano’ nei pressi delle abitazioni destinatarie del furto, prima della consumazione dello stesso. Tutto ciò veniva anche
riscontrato dalle attività di intercettazione svolte. In sostanza, non risulta l denunciata unicità dell’indizio.
Quanto a COGNOME, costei viene indicata svolgere il ruolo di ‘palo’ a differenza del cognato COGNOME, che era esecutore materiale, facendo parte i due del medesimo gruppo, mentre NOME COGNOME, sorella e coniuge rispettivamente dei predetti, faceva parte di altro gruppo operante in altre zone, al fine di evitare che la scoperta, da parte degli investigatori, di uno dei gruppi operanti potesse riguardare anche gli altri associati: agire in gruppi separati consentiva minore vulnerabilità dell’organizzazione.
Anche viene citata, a proposito di COGNOME, una conversazione nella quale i due coniugi dialogano sul furto poco prima perpetrato con il coinvolgimento di NOME, per altro ripresa dalle telecamere dell’abitazione oggetto del furto del 15 gennaio 2023: il che anche smentisce la prospettazione del ricorso.
A fronte di tale motivazione, emerge in tutta evidenza l’aspecificità dell’impugnazione, che lamenta una genericità nella individualizzazione della indagata che non trova riscontro nella motivazione; né tanto meno si assiste alla denunciata ipotesi astratta di modus operandi, in quanto il Tribunale del riesame, in modo non manifestamente illogico né contraddittorio, valida l’esistenza di un metodo operativo dei correi che scaturisce dall’esame ripetuto delle stesse modalità di azione (partenza dal Lazio in gruppo dei sodali concorrenti nel reato, pernottamento, furto e rientro nel territorio laziale).
Quindi, il ruolo e il contributo offerto dalla indagata – delineato dal ripetuto spostamento collettivo, oltre che dalle circostanze in precedenza indicate, anche individualizzanti – alla commissione dei furti in ben ventiquattro occasioni integra, secondo il Tribunale del riesame, ed in modo non manifestamente illogico, il ruolo di partecipe dell’associazione per delinquere.
Sul punto il Tribunale del riesame fa buon governo di un principio per cui per l’associazione per delinquere ‘semplice’ si è evidenziato come singoli episodi di condotte illecite possano essere valutate in proiezione dinamica, anche quanto alla prova della esistenza del sodalizio e, quindi, del ruolo in esso svolto da un indagato (Sez. 3, n. 19198 del 28/02/2017, Forti, Rv. 269937 – 01).
Analogo principio è stato declinato in tema di associazione per delinquere di stampo mafioso, ritenendo le Sezioni Unite consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato mezzo rispetto ai reati fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che attraverso essi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima (Sez. U, Sentenza n. 10 del 28/03/2001, COGNOME, Rv. 218376 – 01; Sez. 2, n. 19435 del 31/03/2016, Ficara, Rv. 266670 – 01); nello stesso senso è stato affermato che la
partecipazione può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza dinamica, intesa come « prendere parte», purché si tratti di indizi gravi e precisi tra i quali, esemplificando, rientra anche la commissione di delitti-scopo, idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231670 – 01).
D’altro canto, analogo principio la Corte di cassazione ha formulato anche in relazione alla esistenza e alla partecipazione all’associazione criminale dedita al narcotraffico, affermando che a fronte di plurime commissioni, in concorso con altri partecipi, di fatti integranti i reati-fine dell’associazione, grava sul singol prova che il suo contributo non è dovuto ad un vincolo preesistente con i correi, fermo restando che, a motivo della natura permanente del reato associativo, detta prova non può consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro (Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 279505 – 02; Sez. 3, n. 42228 del 03/02/2015, Prota, Rv. 265346 – 01), tanto più che i fini della configurabilità del reato di partecipazione a un’associazione per delinquere non rileva la durata del vincolo tra il singolo e l’organizzazione, potendo ravvisarsi il reato anche in una partecipazione di breve periodo (Sez. 1, Sentenza n. 5445 del 07/11/2019, dep. 11/02/2020, Rv. 278471 – 01).
Anche il riferimento all’esistenza di una associazione per delinquere di tipo familiare, di natura ‘orizzontale’, come rileva il Tribunale del riesame, risult genericamente ‘attaccata’ dal ricorso, oltre a essere in sintonia con il principio per cui il vincolo di consanguineità e l’affectio familiae conseguente, a ben vedere, non risultano fattori neutri in sede penale, dovendo ritenersi che in tema di associazione per delinquere, l’esistenza della consorteria criminosa non è esclusa per il fatto che la stessa sia imperniata per lo più intorno a componenti della stessa famiglia, atteso che, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, rendono quest’ultimo ancora più pericoloso (Sez. 3, n. 48568 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 268184 – 01; mass. conf. N. 2772 del 1995 Rv. 201353 – 01, N. 35992 del 2011 Rv. 250773 – 01, N. 49007 del 2014 Rv. 261426 – 01).
Inoltre, quanto alla distinzione fra concorso di persone e partecipazione all’associazione criminale, corretta è l’ordinanza impugnata, che fa buon governo del principio per cui nel concorso l’accordo criminoso è occasionale e limitato, in quanto volto alla sola commissione di più reati ispirati da un medesimo disegno criminoso, mentre le condotte di partecipazione e promozione dell’associazione
per delinquere presentano i requisiti della stabilità del vincolo associativo e dell’indeterminatezza del programma criminoso, elementi che possono essere provati anche attraverso la valutazione dei reati scopo, ove indicativi di un’organizzazione stabile e autonoma, nonché di una capacità progettuale che si aggiunge e persiste oltre la consumazione dei medesimi (Sez. 2, n. 22906 del 08/03/2023, Bronzellino, Rv. 284724 – 01). Valutazione, quest’ultima, che emerge dalla ordinanza impugnata. Nel resto i motivi appaiono oltremodo generici.
2.3 Ne consegue la infondatezza complessiva dei motivi secondo e terzo.
Quanto al primo motivo, inerente alla motivazione relativa alla adeguatezza e proporzionalità della misura cautelare estrema, non si confronta con il fol. 6 dell’ordinanza impugnata, ove si chiarisce che l’indagata è gravata da precedenti penali specifici, ivi compresi i delitti di rapina, oltre a lesione, evasione, resisten a pubblico ufficiale, che integrano la prognosi di concreta reiterazione di delitti contro il patrimonio anche con violenza alla persona.
Il Tribunale del riesame, quindi, rileva la sussistenza di un pericolo di reiterazione così intenso, determinato anche dalla gravità delle condotte accertate costituenti titolo cautelare, non occasionali ma sistematiche, strutturate, collaudate e continuative, espressione di una significativa professionalità a delinquere.
A fronte di ciò la motivazione che esclude la possibilità degli arresti domiciliari con controllo elettronico va letta in uno a quella relativa alle esigenze cautelari, con la quale non si confronta il motivo di ricorso, che trascura il riferimento ai precedenti specifici e all’evasione, come anche sottovaluta il riferimento alla dimensione familiare dei delitti, a cominciare da quello associativo, legame criminale che evidentemente, senza illogicità manifesta della motivazione, non verrebbe a essere interrotto dalla opzione domiciliare.
Anche le doglianze – in tema di motivazione quanto alla esclusione della sospensione condizionale della pena e della dosimetria della pena irroganda superiore a tre anni di reclusione – risultano aspecifiche, in quanto non si confrontano con l’analisi delle ragioni di sussistenza delle esigenze cautelari indicate al fol. 6, né con la richiamata misura della pena, prevista per i delitti pe cui si procede, che escludono il beneficio della sospensione condizionale e una quantificazione inferiore ai tre anni. Si tratta di una motivazione non manifestamente illogica e anche corretta quanto al governo delle norme.
Ne consegue la manifesta infondatezza e la genericità del terzo motivo di ricorso.
Il ricorso è pertanto infondato e va rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 21/06/2024