Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36658 Anno 2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36658 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 820/2025
NOME COGNOME
UP – 25/09/2025
NOME COGNOME
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sui ricorsi proposti dal AVV_NOTAIO generale presso la Corte di appello di AVV_NOTAIO, nei confronti di: COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nata a Crotone il DATA_NASCITA,
e sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Crotone in data DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 4 novembre 2024 della Corte di appello di AVV_NOTAIO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilitˆ dei ricorsi proposti da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e dal AVV_NOTAIO generale di AVV_NOTAIO; il rigetto dei ricorsi proposti da COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME;
uditi gli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, del foro di Crotone, che hanno concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso proposti nell’interesse di COGNOME NOME;
udito l’AVV_NOTAIO, del foro di Crotone, quale sostituto dell’AVV_NOTAIO del foro di Crotone, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, e la declaratoria di inammissibilitˆ di quello proposto dal AVV_NOTAIO generale di AVV_NOTAIO;
udito l’AVV_NOTAIO, del foro di Crotone, quale sostituto dell’AVV_NOTAIO del foro di Crotone, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME;
udito l’AVV_NOTAIO, del foro di Crotone, quale sostituto dell’AVV_NOTAIO, del foro di Catania, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, e la declaratoria di inammissibilitˆ di quello proposto dal AVV_NOTAIO generale di AVV_NOTAIO;
udito l’AVV_NOTAIO, del foro di Crotone, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME;
udito l’AVV_NOTAIO, del foro di Crotone, anche quale sostituto dell’AVV_NOTAIO del foro di Crotone, che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME e NOME COGNOME, nonchŽ la declaratoria di inammissibilitˆ di quello proposto dal AVV_NOTAIO generale di AVV_NOTAIO nei confronti del COGNOME e di COGNOME NOME;
udito l’AVV_NOTAIO, del foro di Roma, quale sostituto dell’AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME;
udito l’AVV_NOTAIO, del foro di Crotone, quale sostituto dell’AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME.
1. Con sentenza del 4 novembre 2024 la Corte di appello di AVV_NOTAIO, in riforma della sentenza emessa il 28 aprile 2023 dal Giudice dellÕudienza preliminare del Tribunale di AVV_NOTAIO, per quanto di interesse: 1) ha assolto NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dal reato di cui al capo 1, per non aver commesso il fatto; 2) ha assolto NOME COGNOME dai reati di cui ai capi 2, 3 e 4 per non aver commesso il fatto.
Inoltre, esclusa l’aggravante di cui al comma 3 dellÕart. 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ha rideterminato la pena inflitta a: 1) NOME COGNOME in anni diciannove e mesi quattro di reclusione; 2) NOME COGNOME, previa riqualificazione della condotta di cui al capo 1 in quella di mero partecipe, in anni nove e mesi sei di reclusione; 3) NOME COGNOME in anni sei, mesi undici e giorni venti di reclusione; 4) NOME COGNOME, previa riqualificazione della condotta di cui al capo 1 in quella di mero partecipe, in anni nove di reclusione; 5) NOME COGNOME in quella di anni sei di reclusione ed euro 20.000 di multa; 6) NOME COGNOME in quella di anni quattro, mesi cinque e giorni dieci di reclusione; 7) NOME COGNOME in quella di anni cinque di reclusione ed euro 20.000 di multa; 8) NOME COGNOME in quella di anni quattro di reclusione ed euro 20.000 di multa.
1.1. Più in particolare, e per quanto di interesse, i giudici di merito hanno ritenuto provate, a partire da agosto 2020 (salvo le precisazioni di cui si dirˆ), lÕesistenza e lÕoperativitˆ di una associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, eroina, hashish e marijuana (capo 1), promossa ed organizzata da NOME COGNOME.
LÕesistenza e lÕoperativitˆ del sodalizio sono state desunte essenzialmente dallÕanalisi di una serie di conversazioni intercettate (e dalle attivitˆ di polizia compiute a riscontro), ritenute utili: 1) a fornire la prova della consumazione dei c.d. reati Ð fine; 2) a dimostrare lÕesistenza di una struttura organizzativa funzionale al perseguimento di un programma delittuoso aperto, consistente appunto nella commissione di reati in materia di stupefacenti; 3) a delineare i ruoli dei singoli associati, ovvero NOME COGNOME (non ricorrente), NOME COGNOME, NOME, NOME ed NOME COGNOME, oltre che ad attribuire la posizione apicale al solo NOME COGNOME.
Per quanto di interesse, la Corte di appello ha invece assolto NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dal reato associativo di cui al capo 1, per non aver commesso il fatto: premesso che la contestazione individua come momento di inizio della permanenza il mese di agosto 2020, la Corte territoriale ha esaminato le singole posizioni alla luce dei (soli) fatti ricadenti
in quello specifico segmento temporale, ritenendoli non espressivi del contegno associativo.
Avverso il provvedimento propone due distinti ricorsi per cassazione il Sostituto AVV_NOTAIO generale presso la Corte di appello, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Iniziando dal ricorso depositato il 17 dicembre 2024, con il primo motivo lamenta violazione della legge penale e vizio della motivazione, quanto alla assoluzione di NOME COGNOME e NOME COGNOME dal reato di cui al capo 1.
Il Sostituto AVV_NOTAIO osserva che la partecipazione è contestata ai due imputati a partire da maggio 2020, in considerazione dei giˆ avviati contatti con gli COGNOME. Conseguentemente, la Corte territoriale avrebbe dovuto prendere in considerazione anche le condotte collocate nel mese di luglio 2020 (capi 9, 10, 11 e 12).
Che si sia trattato di un rapporto di stabile fornitura lo si deduce anche dai dialoghi intercettati a febbraio 2021, allorquando NOME COGNOME, a seguito dell’arresto del La COGNOME, si interrogava sulla necessitˆ di individuare un nuovo canale di rifornimento dello stupefacente.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo alla assoluzione di NOME COGNOME dal reato associativo, in quanto le condotte valutabili a tali fini non sono collocate fuori dalla imputazione.
Il ricorrente deduce l’omessa analisi di una serie di dialoghi intercettati proprio nel mese di agosto 2020 (nonchŽ tra febbraio e marzo 2021, in cui pure si commentavano vicende di rilievo come perquisizioni e sequestri), in cui la COGNOME forniva ripetute indicazioni circa le cautele da adottare per eludere i controlli di polizia giudiziaria e forniva il suo ausilio nella coltivazione di una piantagione di marijuana (fatto per il quale comunque avrebbe potuto essere condannata).
2.3. Passando al ricorso depositato il 19 dicembre 2024, con il primo motivo, formulato in relazione alle assoluzioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME dal reato di cui al capo 1, si evidenzia come la Corte di appello sia giunta a ribaltare la decisione del Tribunale senza offrire la motivazione puntuale che è richiesta, in tali casi, dalla giurisprudenza di legittimitˆ.
Giˆ il Tribunale, infatti, aveva correttamente valutato il dialogo di cui al prog. 15 del 23 febbraio 2021, che documenta, a seguito dellÕarresto del RAGIONE_SOCIALE, i timori di NOME COGNOME, a riprova del fatto che il rapporto di fornitura è proseguito nel tempo.
2.4. Il secondo motivo è formulato in relazione alle assoluzioni di COGNOME NOME e NOME COGNOME dal reato di cui al capo 1.
Quanto alla COGNOME, dopo aver richiamato una serie di conversazioni intercettate, il AVV_NOTAIO ricorrente sottolinea l’erroneitˆ dell’affermazione della Corte territoriale, nella parte in cui assume cessato il contributo della donna in epoca antecedente ad agosto 2020.
Quanto alla posizione di NOME COGNOME, il ricorrente lamenta che la partecipazione al sodalizio ben avrebbe potuto essere argomentata sulla scorta dei soli dialoghi intercettati a partire da agosto 2020, essendo peraltro noto che la NOME per la condotta di partecipazione non richiede necessariamente il concorso nella consumazione di reati scopo.
Si osserva, infine, che lÕannullamento della sentenza per questi imputati dovrˆ estendere i suoi effetti alla ulteriore statuizione, relativa alla circostanza aggravante di cui al comma 3 dellÕart. 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
3.1. Con il primo motivo lamenta violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione con riguardo allÕaffermazione di NOME per il reato di cui al capo 1.
Senza analizzare le doglianze contenute nellÕatto di appello, la Corte territoriale si è limitata ad elencare gli elementi ritenuti sintomatici dell’esistenza della associazione, e neppure ne ha verificato in concreto l’effettiva capacitˆ dimostrativa; verifica ancor più necessaria ove si consideri che quegli elementi ben possono caratterizzare il concorso di persone nei reati di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
La Corte avrebbe dovuto tenere in considerazione, invece, il limitato segmento temporale di operativitˆ (da marzo ad agosto 2020), lÕassenza di una cassa comune, di forme di controllo del territorio e di suddivisione degli utili.
Carente appare anche la ricostruzione del profilo associativo del ricorrente, avuto riguardo al limitato numero di condotte attribuitegli (due cessioni e la coltivazione di due piantagioni), al suo tenore di vita ed al mancato sequestro di sostanza stupefacente nei suoi confronti.
3.2. Con il secondo motivo deduce violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione (poichŽ contraddittoria e manifestamente illogica) con riguardo al mancato riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Le singole quantitˆ cedute, la scarsezza dei mezzi, il limitatissimo arco temporale sono indici che avrebbero dovuto indurre i giudici di merito a ritenere l’ipotesi di cui al giˆ menzionato comma 6.
3.3. Con il terzo motivo lamenta violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione, con riguardo al mancato riconoscimento della fattispecie lieve di cui al comma 5 dell’articolo 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione ai reati di cui ai capi 5, 6, 8, 17 e 40.
Quanto ai reati di cui ai capi 5 e 6, assume trattarsi di coltivazioni rudimentali ed esigue, tali da non destare alcun allarme sociale; quanto alle cessioni di cocaina di cui ai capi 17 e 40, hanno riguardato quantitˆ modeste, come reso evidente anche dal controvalore degli scambi.
Nessuna motivazione, invece, è stata offerta dalla Corte per il reato di cui al capo 8.
3.4. Infine, con il quarto ed ultimo motivo lamenta violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione quanto al trattamento sanzionatorio poichŽ, seguendo le stesse indicazioni contenute nella sentenza impugnata, la pena finale avrebbe dovuto essere pari ad anni 5 di reclusione e non, invece, ad anni 6, mesi 11 e giorni 20.
Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
4.1. Con il primo motivo lamenta violazione della legge penale e vizio della motivazione, in relazione alla condanna per il reato associativo.
Osserva il ricorrente, con argomenti in parte comuni a quelli formulati nel ricorso di NOME COGNOME, che la sentenza impugnata non valuta adeguatamente la circostanza per cui le vicende di cui ai capi 2, 3, 5 e 6 non sono a lui riferibili, posto che i sequestri furono eseguiti in danno di altri soggetti.
Più in generale, la Corte si è limitata ad elencare gli elementi ritenuti sintomatici dell’esistenza della associazione senza verificarne in concreto l’effettiva capacitˆ dimostrativa; verifica ancor più necessaria ove si consideri che quegli elementi ben possono caratterizzare il semplice concorso di persone nei reati di cui all’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Inoltre, gli indici valutati dalla Corte territoriale per dimostrare l’esistenza di una struttura organizzativa, non sono conducenti in ordine alla consapevolezza di ciascun affiliato di operare nell’ambito della associazione e di contribuire all’attuazione di un programma delittuoso aperto.
Il ricorrente osserva, infine, come un analogo deficit motivazionale riguardi la prova dellÕ , e dunque del superamento di un accordo che non sia limitato alla sola consumazione dei singoli reati Ð scopo (questi ultimi erroneamente valutati come sufficienti a sostenere la contestazione associativa).
4.2. Con il secondo motivo deduce vizio della motivazione, non avendo la Corte territoriale offerto risposta alcuna alle deduzioni svolte con lÕatto di appello, in ordine agli elementi costitutivi del reato associativo, anche in considerazione della mancata individuazione del momento costitutivo nonchŽ del capo promotore.
Si lamenta sul punto lÕinsufficienza della motivazione, che non è riuscita a tratteggiare i caratteri della posizione apicale: operazione, questa, che si pretende di compiere valorizzando lÕintervento del ricorrente in sole tre occasioni, a riprova della non centralitˆ della sua figura nel traffico di stupefacenti.
NŽ i giudici di merito hanno sostenuto la decisione ricorrendo agli indicatori dellÕavvenuto esercizio, in concreto, di un potere direttivo allÕinterno del sodalizio, come invece richiesto dalla giurisprudenza di legittimitˆ.
4.3. Con il terzo motivo assume il carattere apparente della motivazione con riguardo al mancato riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e di quella di cui al comma 5 dell’art. 73 stesso d.P.R., con argomenti analoghi a quelli proposti con il ricorso di NOME COGNOME, valorizzando i modesti guadagni, le quantitˆ cedute, lÕincapacitˆ di imporsi sul territorio.
4.4. Con il quarto ed ultimo motivo lamenta difetto assoluto di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio: il ricorrente, con lÕatto di appello, aveva censurato lÕeccessivitˆ della pena inflitta, e lÕingiustificato diniego delle attenuanti generiche, avuto riguardo alle ammissioni di NOME, allÕassenza di sequestri nei suoi confronti, alla scarsa disponibilitˆ economica.
Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
5.1. Con un unico complesso motivo lamenta violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione, con riguardo al mancato riconoscimento della fattispecie lieve di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in relazione ai reati di cui ai capi 23, 24, 25, 27 e 28.
Tali condotte di cessione, oltre ad avere ad oggetto quantitˆ assai modeste (come reso evidente anche dagli importi delle singole operazioni), non sono collocabili, come ammette la stessa Corte territoriale, nel contesto associativo, e pertanto per esse non vale la motivazione che fa leva su tale contesto per escludere la tenuitˆ del fatto.
Con riferimento, invece, alla condotta di cui al capo 12, si rileva lÕassoluto difetto di motivazione.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
6.1. Con il primo motivo deduce la nullitˆ della sentenza, per difetto assoluto di motivazione (o comunque per il suo carattere apparente), avendo la Corte territoriale effettuato un generico rinvio alla sentenza di primo grado senza indicare le ragioni che hanno condotto a condividerne le valutazioni e, più in generale, senza i presupposti richiesti dalla giurisprudenza di legittimitˆ per ricorrere alla cosiddetta motivazione .
6.2. Con il secondo complesso motivo deduce violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione con riguardo al reato associativo, ai cosiddetti reati scopo ed al trattamento sanzionatorio.
Quanto al reato associativo, con motivo comune a quello proposto nellÕinteresse di NOME COGNOME, deduce che i giudici di merito non hanno considerato che la mera reiterazione di singole condotte di cessione, peraltro in un segmento temporale limitato e nell’assenza di relazioni tra tutti i soggetti coinvolti (spesso tra loro in disaccordo), non consente di ritenere provata l’esistenza del vincolo associativo, ma al più una ipotesi di concorso di persone nei singoli reati, eventualmente in continuazione.
Quanto alle condotte contestate ai capi 2 e 3, l’affermazione di NOME si fonda sul travisamento del contenuto delle intercettazioni nelle quali non vi è alcun riferimento allo stupefacente, nŽ alla sua consegna ad NOME COGNOME.
Quanto, invece, alle ulteriori ipotesi delittuose, si segnala che il ricorrente dimora nel medesimo stabile in cui si afferma sia stato consegnato o prelevato lo stupefacente, ma tuttavia con altro e distinto ingresso, ragion per cui non è possibile attribuirgli univocamente tali condotte.
Con riferimento, infine, al trattamento sanzionatorio si segnala che in modo del tutto arbitrario la Corte territoriale ha scelto di determinare la pena base fissandola nella media delle pene comminate ad altri imputati.
Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
7.1. Con il primo motivo lamenta violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione con riguardo allÕesistenza dellÕassociazione per delinquere di cui al capo 1 ed al suo profilo partecipativo.
La Corte territoriale avrebbe dovuto valutare i conflitti e le rivalitˆ esistenti tra gli imputati Ð tradottisi nella competizione tra le singole piazze di spaccio – per trarne argomento circa lÕinsussistenza di una regia comune e dello stesso sodalizio.
Quanto, invece, al profilo partecipativo, gli indici valorizzati dalla Corte territoriale (una volta esclusa la NOME per il reato di cui al capo 2 e al capo 8, questÕultimo in alcun modo valutato dai giudici nonostante lo specifico motivo) darebbero prova, al più, di un soggetto che interviene in via estemporanea, eseguendo gli ordini impartiti, e ponendosi in contrasto con gli interessi del fratello NOME.
7.2. Con il secondo motivo deduce violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione quanto alla affermazione di NOME per i singoli delitti scopo, contestati al capo 4 (in relazione al quale è stata dedotta una possibile interpretazione alternativa del riferimento alle Òtute biancheÓ), ai capi 5 e 6 (per lÕinsufficienza dei dialoghi a dimostrare il concorso nelle coltivazioni), al capo 8 (su cui si registra la mancanza fisica della motivazione), al capo 14 (in relazione al quale la Corte territoriale non ha motivato in ordine alla applicazione dellÕart. 49 cod. pen., pur dedotta con il gravame di merito).
7.3. Con il terzo motivo lamenta violazione della legge penale sostanziale in relazione agli aumenti stabiliti per i reati c.d. satellite, poichŽ tra loro uguali pur a fronte delle assai diverse forbici edittali.
Deduce, infine, lÕerroneo diniego delle circostanze attenuanti generiche, fondato sulla sola recidiva (peraltro non applicata), senza considerazione alcuna del mancato sequestro di somme di denaro nei confronti dello stesso ricorrente e della sua indisponibilitˆ di risorse economiche.
7.4. Con memoria del 4 settembre 2025 il ricorrente ha ulteriormente illustrato i motivi di ricorso relativi al delitto associativo, segnalando anche che il suo concorso nei reati scopo si arresta al mese di agosto 2020.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
8.1. Con un unico motivo deduce violazione della legge penale, sostanziale e processuale, e vizio della motivazione (poichŽ mancante, contraddittoria e manifestamente illogica).
Nel condividere la ricostruzione effettuata dal Giudice dell’udienza preliminare, la Corte di appello ha ÒlettoÓ le risultanze investigative in termini ingiustificatamente accusatori, offrendo una motivazione apparente, priva di qualsivoglia riferimento al caso di specie, come tale da far ritenere la nullitˆ della sentenza.
Ricorre per cassazione, a mezzo del proprio difensore, anche NOME COGNOME lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
9.1. Con il primo motivo deduce violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione con riguardo allÕaffermazione di NOME per il reato di cui al capo 10: i giudici di merito hanno tratto la prova dellÕavvenuta cessione di 50 grammi di sostanza del tipo cocaina dallÕanalisi di una sola conversazione intercettata (prog. 130, “a me hanno dato 50 grammi a 45”), travisandone il significato.
Secondo il ricorrente, infatti, il tenore del dialogo è tale da far ritenere che la cessione allo COGNOME avvenne ad opera di altri soggetti, non identificati, come rilevato con specifico motivo di appello, completamente ignorato da parte della Corte territoriale.
9.2. Con il secondo motivo deduce violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione con riguardo allÕaffermazione di NOME per i reati di cui ai capi 9 e 11.
Quanto alla cessione di cui al capo 9, i giudici di merito hanno immotivatamente ritenuto provata la finalitˆ di spaccio, sulla scorta di una sola intercettazione e senza elementi esterni di conferma.
Quanto, invece, al reato di cui al capo 11, la condotta di cessione è stata erroneamente ritenuta pur mancando la prova del perfezionamento dellÕaccordo tra venditore ed acquirente.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
10.1. Con un unico complesso motivo deduce vizio della motivazione in ordine alla identificazione del ricorrente nel ÒNOMEÓ indicato dal COGNOME come colui con il quale condivide lo stupefacente offerto in vendita.
Identificazione effettuata in ragione di una conversazione successiva di ben sette mesi, in cui, senza che vi sia il supporto di elementi oggettivi, si registra un isolato riferimento a NOME, come colui il quale opera insieme ad NOME COGNOME.
Infine, lamenta lÕillogico e contraddittorio diniego delle attenuanti generiche, in considerazione del fatto che lÕunica fornitura Ð non perfezionatasi, peraltro Ð è quella contestata al capo 11.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione orale, e le parti hanno formulato le conclusioni come in epigrafe indicate.
I ricorsi proposti dal AVV_NOTAIO generale presso la Corte di appello, da COGNOME NOME e COGNOME NOME, vanno accolti nei limiti e per le ragioni che si vanno esponendo.
1.1. Allo scrutinio dei motivi è utile premettere che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in presenza di una doppia conforme, ai fini del controllo di legittimitˆ sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo e le motivazioni dei due provvedimenti si integrano a formare un corpo unico, con il conseguente obbligo per il ricorrente di confrontarsi in maniera puntuale con i contenuti delle due sentenze (Sez. 4, n. 26493 del 13/06/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 26800 del 26/06/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 6560 del 8/10/2020, COGNOME, Rv. 280654 Ð 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 Ð 01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 Ð 01; Sez. 1, n. 8868 del 26/6/2000, COGNOME, Rv. 216906 Ð 01; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, COGNOME, Rv. 209145 – 01).
Ci˜ si verifica quando, come nella specie, i giudici del gravame hanno esaminato le censure proposte dagli appellanti con criteri omogenei a quelli del primo giudice e operato frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordando nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione.
Il ricorso proposto dal AVV_NOTAIO generale è fondato, limitatamente alla posizione di NOME COGNOME.
2.1. Ricorrendo avverso l’assoluzione del COGNOME e del COGNOME, il AVV_NOTAIO generale evidenzia che la Corte di appello non ha sostenuto il ribaltamento della decisione con una motivazione puntuale e adeguata, e che la contestazione nei loro confronti individua come momento iniziale della loro partecipazione allÕassociazione il mese di maggio 2020 (“a partire dal mese di maggio rifornivano stabilmente il sodalizio”).
Conseguentemente, analizzando i contatti registrati a partire dal mese di aprile, e diversamente valutando la conversazione registrata a febbraio 2021, i giudici di merito, si osserva, avrebbero dovuto condannare il COGNOME ed il COGNOME per il reato di cui al capo 1, quali stabili fornitori del sodalizio.
2.1.1. Ci˜ posto, va subito osservato che la motivazione indicata dal ricorrente come quella con cui la Corte territoriale non si sarebbe confrontata è
relativa ai reati di cui ai capi 9 e ss. (cfr., p. 4 ricorso e pp. 29 e 30 sentenza di primo grado).
Inoltre, non incombeva sulla Corte di appello lÕobbligo di sostenere la decisione assolutoria con la c.d. motivazione rafforzata, essendo sufficiente una motivazione puntuale e adeguata, ovvero tale da fornire una razionale giustificazione delle conclusioni difformi cui è giunta.
Quanto al modo in cui tale obbligo pu˜ dirsi adempiuto, si connota come tanto più stringente quanto più ampia e argomentata è la motivazione della sentenza riformata: nella specie, come si dirˆ a proposito degli altri motivi di ricorso, la motivazione con cui la Corte di appello ha ribaltato la condanna, sullo specifico tema del profilo associativo del fornitore, si rapporta adeguatamente a quella resa dal Tribunale, dove l’esistenza del vincolo è affermata apoditticamente, senza alcuno sforzo argomentativo (p. 17 sentenza di primo grado).
2.1.2. Nel resto, il motivo è inammissibile, poichŽ interamente versato in fatto, e tendente a prospettare una diversa valutazione dei dialoghi intercettati, di cui si afferma, immotivatamente, l’attitudine a dimostrare, tanto sul piano oggettivo quanto su quello soggettivo, il profilo associativo dei due imputati. AffinchŽ, infatti, si possa prospettare la partecipazione nel sodalizio, e quindi una condotta che vada oltre le singole forniture di stupefacente, è necessario accertare la stabilitˆ, la ciclicitˆ e la durata nel tempo del rapporto di fornitura, la natura ed il peso delle transazioni (alla luce del programma associativo) e quindi la instaurazione di un rapporto di affidamento tra fornitori ed acquirenti.
Invero, costituisce il principio secondo cui integra la partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilitˆ a fornire le sostanze oggetto del traffico del sodalizio, tale da determinare un durevole rapporto tra fornitore e spacciatori, sempre che si accerti la coscienza e volontˆ di far parte dell’associazione, di contribuire al suo mantenimento e di favorire la realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga (Sez. 4, n. 34543 del 18/05/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 19272 del 12/06/2020, COGNOME, Rv. 279249 – 01; Sez. 6, n. 41612 del 19/06/2013, COGNOME, Rv. 257798 Ð 01; cfr., anche Sez. 5, n. 33139 del 28/09/2020, COGNOME, Rv, 280450 – 01, che attribuisce specifico rilievo al contenuto economico delle transazioni e alla rilevanza obiettiva del ruolo assunto nel sodalizio criminale per il rapporto sistematico con elementi di spicco dello stesso).
Il vincolo associativo, quindi, è ipotizzabile non solo nel caso in cui i sodali agiscono, in via parallela, per la realizzazione di uno scopo comune (i profitti derivanti dallo spaccio della droga), ma anche in presenza di un rapporto continuativo di fornitura di sostanze stupefacenti in cui le parti perseguano propri
interessi di profitto; quindi, anche tra soggetti che si pongono in posizioni contrattuali contrapposte nella catena del traffico di stupefacenti (come i fornitori all’ingrosso e i compratori dediti alla distribuzione), a condizione che i fatti costituiscano espressione di un progetto indeterminato volto al fine comune del conseguimento del lucro da essi derivante, e che gli interessati siano consapevoli del ruolo svolto nell’economia del fenomeno associativo (Sez. 1, n. 30463 del 07/07/2011, COGNOME, Rv. 251013 – 01; Sez. 6, n. 20069 del 11/02/2008, NOME, Rv. 239643 – 01).
Gli elementi di fatto dal cui esame pu˜ trarsi prova dell’esistenza del vincolo associativo tra fornitori ed acquirenti, sono stati individuati, in via esemplificativa, nella durata dell’accordo criminoso tra i soggetti, nelle modalitˆ dell’approvvigionamento continuativo di stupefacenti, nel contenuto economico delle transazioni, nella rilevanza obiettiva che il contraente riveste per il sodalizio criminale (Sez. 6, n. 34497 del 17/09/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 51500 del 11/10/2018, COGNOME, Rv. 275719 – 01; Sez. 3, n. 21755 del 12/03/2014, NOME, Rv. 259881 – 01).
Senza confrontarsi con tali coordinate interpretative, in ricorso si afferma che, essendosi registrati dei (meri) contatti giˆ dal mese di aprile, la trattativa intavolata nel mese di luglio dimostrerebbe l’avvio di una collaborazione proseguita fino a febbraio. Ma giˆ la Corte territoriale aveva sottolineato (p. 33 sentenza impugnata) che mancando elementi su cui poter valutare l’esito di quella trattativa – si noti culminata con la condanna per la condotta di offerta in vendita – il dialogo registrato nel 2021 doveva essere letto non tanto quanto espressione del perdurare del rapporto di fornitura, ma come indicativo della volontˆ degli COGNOME di tornare a rivolgersi al COGNOME, dopo l’arresto del La COGNOME.
Il ricorso presenta gli stessi profili di inammissibilitˆ anche in relazione all’elemento psicologico del reato, solo affermato in conseguenza della rilettura dei dialoghi intercettati.
2.2. Alle stesse conclusioni deve giungersi con riguardo alla posizione di NOME COGNOME: ritenuto dal Tribunale uno dei gestori della piazza di spaccio di INDIRIZZO (p. 16); lo COGNOME è stato assolto dal reato associativo in quanto la Corte territoriale, preso atto del proscioglimento in ordine alle condotte di cessione ricadenti temporalmente nella imputazione, ha rilevato che certamente l’imputato prese parte al sodalizio, ma in un periodo precedente.
I giudici di appello, inoltre, hanno ritenuto che non residuassero indici della protrazione della condotta associativa – con lo specifico ruolo in contestazione per il periodo successivo ad agosto 2020.
A fronte di tale motivazione, con doglianza costruita in fatto, il ricorrente si limita ad indicare la presenza di conversazioni dalle quali far discendere la prova della partecipazione dello COGNOME, e di cui sollecita l’apprezzamento diretto.
D’altra parte, vero è che non pu˜ condividersi il generico assunto per cui l’assoluzione dell’imputato dai reati – fine è di per sŽ sintomatica dell’estraneitˆ dal sodalizio (Sez. 4, n. 8092 del 28/01/2014, Prezioso, Rv. 259129 – 01 Sez. 1, n. 5036 del 3/04/1997, Pesce, Rv. 207792 – 01).
Ma è anche vero che una volta escluso che il profilo associativo possa essere costruito sul concorso nei singoli reati scopo, il giudice di merito dovrˆ comunque indicare (e quindi il ricorrente avverso l’assoluzione dovrˆ dedurre) in cosa è consistito il contributo, stabile e consapevole, offerto dall’imputato alla realizzazione del programma delittuoso, onere che risulta del tutto disatteso dal ricorrente.
2.3. Il ricorso della parte pubblica è invece fondato quanto alla assoluzione di NOME COGNOME.
Va innanzitutto sottolineato come la stessa sentenza impugnata (p. 32) ricorda che, in tema di reati associativi, le fonti di prova non debbono necessariamente coincidere temporalmente con il periodo oggetto della contestazione, nel senso che anche fatti “esterni” possono essere valutati, ma nei limiti in cui concorrano a dimostrare la partecipazione nel periodo di interesse (Sez. 1, n. 19703 del 14/11/2023, dep. 2024, Salto, Rv. 286395 Ð 01; Sez. 2, n. 21460 del 19/03/2019, COGNOME, Rv. 275586 – 01; cfr., Sez. 2, n. 7870 del 28/01/2020, COGNOME, Rv. 277962 – 01, secondo cui è consentito il riesame finanche di prove acquisite e valutate nel corso di un precedente procedimento per il delitto di cui all’art. 416cod. pen., conclusosi con sentenza assolutoria, purchŽ indicative della partecipazione in relazione ad un differente arco temporale).
Pur richiamando tale principio, e pur sottolineando l’operativitˆ della associazione anche in un periodo anteriore a quello oggetto di contestazione (pp. 32 e 34 sentenza impugnata), la Corte territoriale ha poi assolto la COGNOME ritenendo il suo “preteso contributo” non ricadente nel segmento temporale di interesse.
Sembra inoltre dubitare, la Corte di appello, anche della rilevanza associativa della condotta accertata in fatto (il che segna la differenza con la posizione di NOME COGNOME), e consistita nell’ausilio prestato per la coltivazione di un campo di marijuana e nell’aiuto fornito al figlio NOME COGNOME, per eludere le investigazioni.
A fronte di tale motivazione, coglie nel segno il AVV_NOTAIO generale quando lamenta, innanzitutto, l’autonoma rilevanza penale della condotta di coltivazione, e quando sottolinea la circostanza che l’ausilio fu prestato (anche) in favore del
figlio NOME COGNOME – soggetto, peraltro, posto in posizione apicale nel sodalizio.
Ma, ancor più a monte, deduce fondatamente un vero e proprio travisamento per omissione di una serie di conversazioni, in parte pure citate dal primo giudice (pp. 22, 34 e 37), intercettate a partire dal mese di agosto 2020, e dunque ricadenti nel periodo in contestazione. Conversazioni di cui illustra pure la decisivitˆ, tenendo presenti i motivi della assoluzione: si tratta, infatti, di dialoghi relativi alla prosecuzione nell’attivitˆ di coltivazione ed all’aiuto fornito al fine di eludere le investigazioni, ovvero a condotte descritte in fatto nella stessa imputazione, e che i giudici hanno invece ritenuto collocate in altro segmento temporale.
La Corte territoriale, quindi, avrebbe dovuto innanzitutto verificare se la condotta ricadente nella imputazione, eventualmente letta alla luce di quella tenuta nel periodo precedente, e valutata nella sua poliedricitˆ, fosse o meno espressiva della stabile adesione al programma delittuoso aperto, proprio del sodalizio di cui al capo 1; ferma restando, in quest’ultimo caso, la necessitˆ di valutare l’autonoma rilevanza penale delle singole condotte.
A tal fine, in particolare, avrebbe dovuto verificare anche, con specifico riferimento alle condotte di ausilio, se si sono tradotte, puramente e semplicemente, nell’aiuto ad un singolo associato o se, piuttosto, relazionandosi ed interagendo sistematicamente con gli accoliti, queste possono essere ritenute espressive dello stabile inserimento nella struttura organizzativa e della volontˆ di prendervi parte (cfr., in relazione al confine tra le fattispecie di favoreggiamento e i reati associativi, Sez. 1, n. 48560 del 04/07/2023, COGNOME, Rv. 285461 – 01; Sez. 1, n. 43249 del 13/04/2018, COGNOME, Rv. 274374 – 01; cfr., con specifico riferimento alla associazione finalizzata al narcotraffico, Sez. 6, n. 33753 del 25/05/2023, Bulla, Rv. 285152 – 01).
2.4. LÕesito complessivo dei ricorsi, relativamente al reato associativo, determina infine anche l’infondatezza dellÕulteriore doglianza, relativa allÕaggravante di cui al comma 3 dellÕart. 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, che la parte pubblica ha proposto esclusivamente in ragione della ritenuta partecipazione anche degli imputati per i quali ha proposto il ricorso.
Per linearitˆ espositiva è utile a questo punto passare allo scrutinio dei motivi proposti relativamente al reato di cui al capo 1, poichŽ comuni a più ricorrenti.
3.1. Osserva innanzitutto il Collegio che nŽ il codice penale (artt. 416 e 416-) nŽ il d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 contengono una definizione
dell’associazione per delinquere, che è venuta delineandosi, nei suoi elementi costitutivi, per effetto dellÕattivitˆ interpretativa.
Con specifico riferimento al citato art. 74, gli elementi costitutivi del delitto di associazione sono stati quindi individuati: a) in un accordo criminoso (c. d.
), che crei un vincolo di natura permanente fra tre o più persone; b) nel perseguimento di un programma criminoso volto al compimento di una serie indeterminata di delitti in materia di stupefacenti; c) nellÕesistenza di un minimo di organizzazione avente carattere stabile e, quindi, destinata a perdurare anche dopo la consumazione dei singoli delitti scopo.
LÕaccordo illecito, come meglio si dirˆ analizzando i motivi, pu˜ costituirsi di fatto fra soggetti consapevoli che le attivitˆ proprie ed altrui ricevono vicendevole ausilio e tutte insieme contribuiscono allÕattuazione dello scopo comune.
Attuazione che, peraltro, non è richiesta, nel senso che si pu˜ rispondere di associazione anche senza la commissione dei singoli reati scopo, seppur tale ultimo aspetto possa agevolarne lÕidentificazione.
Una delle regole di giudizio e d’inferenza logica dell’esistenza di un sodalizio finalizzato al traffico di sostanze stupefacenti è, infatti, costituita dalla valorizzazione di indici quali le comuni modalitˆ esecutive e la ripetitivitˆ delle condotte integranti i reati scopo oggetto del programma criminoso.
Nella stessa prospettiva, la ripetuta e non occasionale commissione, in concorso con altri partecipi, di reati-fine dell’associazione, seppur non necessaria, pu˜ offrire la prova della condotta del partecipe, posto che, attraverso essi, si manifesta in concreto l’operativitˆ della compagine criminale (Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 279505 Ð 02; Sez. 3, n. 42228 del 03/02/2015, COGNOME, Rv. 265346 Ð 01; cfr., anche Sez. 3, n. 9036 del 31/01/2022, COGNOME, Rv. 282838 Ð 01, con la precisazione che tali condotte debbono essere espressive di forme di interazione nell’ambito del gruppo organizzato).
Se ne è dedotto, coerentemente, che la prova della partecipazione pu˜ essere data anche con mezzi e modi diversi dalla prova del concorso nei singoli traffici (Sez. 4, n. 11470 del 09/03/2021, COGNOME, Rv. 280703 Ð 02; Sez. 3, n. 40749 del 05/03/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 264826 – 01); trattandosi, infatti, di reato a forma libera, rileva qualsiasi comportamento che apporti contributo, ancorchŽ minimo ma non insignificante alla vita della struttura, consapevolmente funzionale al programma delittuoso, a nulla rilevando che questo non integri, di per sŽ, alcun reato Ð fine.
In ordine, poi, allÕelemento organizzativo, non è richiesta la presenza di una complessa ed articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilitˆ economiche, ma è sufficiente lÕesistenza di strutture sia pure rudimentali, deducibile dalla predisposizione di mezzi, anche semplici ed elementari, per il
perseguimento del fine comune: una struttura che, quindi, fornisca un supporto stabile alle singole deliberazioni criminose, per la necessitˆ che il sodalizio si protragga per un apprezzabile periodo di tempo idoneo a consentire ad esso di operare validamente (Sez. 2, n. 19146 del 20/02/2019, COGNOME, Rv. 275583 Ð 01; Sez. 5, n. 11899 del 05/11/1997, COGNOME, Rv. 209646 Ð 01; Sez. 6, n. 9320 del 12/05/1995, COGNOME, Rv. 202038 Ð 01).
Quanto, invece, allÕelemento psicologico, va detto che il dolo del delitto di associazione a delinquere è dato dalla coscienza e volontˆ di partecipare attivamente alla realizzazione dellÕaccordo e, quindi, del programma delinquenziale in modo stabile e permanente.
PoichŽ, infatti, per la costituzione del sodalizio non è necessaria la esplicita manifestazione di una volontˆ associativa, la consapevolezza dell’associato pu˜ essere provata attraverso comportamenti significativi che si concretino in una attiva e stabile partecipazione (Sez. 1, n. 45297 del 05/11/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 10076 del 24/09/1998, Burgio, Rv. 213978 – 01).
3.2. Nel caso in esame i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione di tali principi di diritto, ritenendo provata lÕesistenza e lÕoperativitˆ di una associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina ed eroina (capo 1), organizzata da NOME COGNOME.
Associazione contestata come operante in Crotone a partire da agosto 2020, ma che la Corte di appello ha ritenuto attiva giˆ nei mesi precedenti, in cui si registrarono una serie di transazioni illecite (cfr., ad es., pp. 32 e 34 sentenza impugnata).
LÕesistenza e lÕoperativitˆ del sodalizio sono state desunte essenzialmente dallÕanalisi di una serie di conversazioni intercettate, ritenute utili sia a fornire la prova della consumazione dei c.d. reati Ð fine (capi da 2 ad 40), sia dellÕesistenza di una struttura organizzativa funzionale al perseguimento di un programma delittuoso aperto, consistente appunto nella commissione di reati in materia di stupefacenti.
Dai dialoghi captati, e dagli elementi di conferma è stato innanzitutto possibile delineare la distribuzione dei ruoli di ciascun associato.
La posizione apicale, quale organizzatore, come detto, è stata riconosciuta in capo a NOME COGNOME, soggetto che intratteneva rapporti con i fornitori (ad es., COGNOME e COGNOME), che si occupava di diversificare le fonti di approvvigionamento, che interveniva anche nella consumazione di singoli reati fine (capi 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39 e 40) e che impartiva direttive agli accoliti.
Secondo i giudici di merito hanno inoltre preso parte al sodalizio: 1) NOME COGNOME (non ricorrente) e NOME COGNOME, nella veste di custodi dello
stupefacente, con il compito di trasportarlo presso i titolari delle piazze di spaccio, in esecuzione degli ordini provenienti da NOME COGNOME; 2) NOME, NOME ed NOME COGNOME, ripetutamente coinvolti, oltre che nella gestione operativa dei punti di spaccio, nella stessa consumazione di più reati scopo Ð anche in un segmento temporale anteriore (condotte di coltivazione, acquisto e cessione: NOME COGNOME in relazione ai reati di cui ai capi 4, 5, 6, 8 e 14; NOME COGNOME in relazione ai reati di cui ai capi 5, 6, 8, 17 e 40; NOME COGNOME, in relazione ai reati di cui ai capi 2, 3, 14, 22, 26, 40).
Oltre che nella distribuzione di tali compiti, indici univoci dellÕesistenza di una struttura deputata al perseguimento del programma, sono stati individuati (su cui v. pp. 14, 16, 17 e 18 sentenza di primo grado): a) nellÕesistenza di luoghi e mezzi, anche economici, destinati alla realizzazione delle attivitˆ delittuose, come quelli utilizzati per custodire (ad es., il magazzino di COGNOME) o per vendere lo stupefacente, attraverso la individuazione di 3 distinti punti di spaccio (p. 17 sentenza del Tribunale); b) nellÕadozione di un collaudato , in relazione allÕadozione ed allÕutilizzo condiviso di un linguaggio convenzionale per identificare lo stupefacente (ad es., il riferimento alle ÓmaglietteÓ o a ÒtuteÓ di colore verde o bianche); c) nella esistenza di una rete di vendita dello stupefacente (in parte derivante dalla gestione in proprio di alcune coltivazioni: capi 4, 5 e 6); d) nellÕaccesso a diversi canali di fornitura; e) nell’esistenza di una cassa comune per ripartire i profitti tra i correi.
DallÕanalisi di tali indicatori è stata desunta anche la c.d.
.
3.3. Osserva il Collegio che un simile percorso motivazionale, che appare coerente con i principi di diritto poc’anzi ripercorsi, resiste alle critiche difensive.
I ricorrenti, infatti, propongono una analisi parcellizzata degli indicatori valorizzati dai giudici di merito, senza riuscire ad ÒisolareÓ uno specifico vizio della motivazione rilevabile ai sensi dellÕart. 606 cod. proc. pen. (pur formalmente denunciato nei ricorsi proposti nellÕinteresse di NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME).
Tale certamente non è il riferimento all’esistenza di contrasti all’interno del sodalizio (ricorso di NOME COGNOME), da cui si vorrebbe argomentare l’assenza di forme di condivisione, di un unico centro di decisione e, quindi, di un programma delittuoso perseguito dai correi.
Con motivazione non manifestamente illogica, infatti, la Corte territoriale ha evidenziato che i contrasti e le rivalitˆ erano insorti proprio per effetto del mancato rispetto dello schema organizzativo condiviso, fermo restando che i sodali facevano riferimento, anche nei momenti di fibrillazione, proprio alla figura di NOME COGNOME, che curava gli approvvigionamenti e da cui ricevevano ordini
anche nel periodo in cui fu sottoposto a quarantena – facendosi sostituire, temporaneamente, da NOME COGNOME.
D’altra parte, l’esistenza di interessi conflittuali tra i singoli componenti del sodalizio dedito al narcotraffico – e finanche il loro agire in gruppi separati tra loro in competizione (come pure deducono alcuni ricorrenti) – non è ostativa al riconoscimento dell’associazione, in quanto nell’ambito della struttura organizzata non assumono rilievo gli scopi soggettivi e personali, perseguiti da ciascun partecipe, atteso che ci˜ che distingue la fattispecie associativa è il mezzo con cui le diverse finalitˆ personali vengono perseguite (Sez. 6, n. 22046 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 276068 – 02, in relazione alla presenza di contrapposte pretese creditorie e debitorie tra i singoli partecipi; conf. anche Sez. 6, n. 20069 del 11/02/2008, COGNOME, Rv. 239643 – 01, Sez. 6, n. 35786 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 237476 – 01 e Sez. 6, n. 2851 del 16/12/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 229510 – 01, secondo cui l’associazione pu˜ essere riconosciuta anche tra soggetti che agiscono in gruppi separati, eventualmente in concorrenza tra loro).
Ancora, i ricorrenti, con varietˆ di accenti, lamentano lÕindebita valorizzazione in chiave associativa di condotte estemporanee, commesse da soggetti sempre diversi Ð che neppure si conoscono tutti Ð e per un segmento temporale indicato come ÒristrettoÓ, di certo non indicativo della permanenza del vincolo (ricorsi NOME e NOME COGNOME).
Cos’ facendo, per˜, non si confrontano con le specifiche deduzioni dei giudici di merito, fondate su elementi di prova di cui, in definitiva, si sollecita una non consentita rivisitazione: oltre a sottolineare la consumazione di numerosi reati scopo, in più punti i giudici di merito fanno riferimento ad ulteriori attivitˆ, di rilievo associativo, svolte costantemente nel tempo (anche in epoca anteriore ad agosto 2020, essendosi ritenuto il sodalizio in vita giˆ nel periodo compreso tra marzo ed aprile 2020), come ad esempio la gestione delle coltivazioni e la custodia dello stupefacente in luoghi diversi da quelli destinati allo spaccio, frequentati dai clienti anche con cadenza quotidiana (per quest’ultimo profilo, p. 18 sentenza di primo grado).
Quanto alla collocazione temporale delle condotte – da agosto 2020 a marzo 2021 Ð è utile richiamare il pacifico insegnamento giurisprudenziale secondo cui la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose pu˜ essere anche breve, purchŽ dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benchŽ per un periodo di tempo limitato (Sez. 6, n. 13093 del 13/11/2024, dep. 2025, Catania, non mass.; Sez. 4, n. 36466 del 03/07/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 42937 del 23/9/2021, COGNOME, Rv. 282122 – 01; Sez. 4, n. 50570 del 16/12/2019, COGNOME, Rv. 278440-02); cos’ come per la prova della intraneitˆ
pu˜ essere sufficiente anche l’adesione e l’apporto di un contributo per una fase temporalmente limitata (Sez. 3, n. 27910 del 27/03/2019, COGNOME, Rv. 276677 – 01).
DÕaltra parte, come correttamente ritenuto dai giudici di merito, a rilevare in concreto non è tanto il segmento temporale di osservazione, quanto piuttosto la valutazione degli elementi emersi in quel periodo, da cui è stato possibile trarre, si osserva, ripetuta conferma della stabilitˆ dellÕaccordo.
La prova dellÕesistenza di uno stabile accordo non è di certo incompatibile, inoltre, con la deduzione difensiva – comunque versata in fatto – secondo cui mancherebbe la “conoscenza tra tutti i presunti associati” (p. 12 ricorso NOME COGNOME): è ormai risalente nel tempo, oltre che incontrastato, l’insegnamento secondo il quale in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, ai fini della configurabilitˆ della condotta di partecipazione non è richiesta la prova della conoscenza reciproca di tutti gli associati, ma è sufficiente la consapevolezza e volontˆ di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontˆ, ad una societˆ criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale (Sez. 5, n. 2910 del 04/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287482 – 01; Sez. 6, n. 11733 del 16/02/2012, Abboubi, Rv. 252232 01; Sez. 1, n. 7462 del 22/04/1985, COGNOME, Rv. 170231 – 01; nello stesso senso, quanto alle associazioni di tipo mafioso, Sez. 2, n. 55141 del 16/07/2018, Galati, Rv. 274250 – 01).
La tenuta della motivazione con cui è affermata la NOME per il reato di cui al capo 1 non è incrinata neppure dalla mancata individuazione del promotore e, più in generale, del momento costitutivo del sodalizio (vizi denunciati nel ricorso di NOME COGNOME).
Nei reati associativi, infatti, non è necessaria l’individuazione del momento genetico, ovvero della conclusione di un preventivo accordo (o di colui il quale lo promuove) di cui peraltro nella prassi difficilmente si ha la prova, quanto piuttosto della esistenza di fatto di una struttura in cui le iniziative dei singoli si fondono consapevolmente per darsi ausilio reciproco in vista del raggiungimento di un programma delittuoso aperto.
In questa prospettiva, si è efficacemente osservato, proprio in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, che il patto non deve necessariamente consistere in un preventivo accordo formale, ma pu˜ essere anche non espresso e costituirsi di fatto fra soggetti consapevoli che le attivitˆ proprie ed altrui ricevono vicendevole ausilio e tutte insieme contribuiscono all’attuazione dello scopo comune (Sez. 3, n. 32485 del 24/05/2022, Chiorazzi, Rv. 283691 – 02; Sez. 1, n. 23424 del 19/12/2002, dep. 2003, Aletto, Rv. 224589 – 01; Sez. 1, n. 3133 del 12/11/1997, dep. 1998, COGNOME, Rv. 210186 – 01).
Ci˜ che ha rilevanza, si è ulteriormente osservato, non è un accordo consacrato in atti di costituzione, statuto, regolamento, iniziazione o in altre manifestazioni di formale adesione, ma la sua concretizzazione, ovvero l’esistenza, di fatto, della struttura prevista dalla legge (Sez. 4, n. 37291 del 31/05/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 43327 del 08/10/2013, COGNOME, Rv. 256969 Ð 01; in motivazione, Sez. 6, n. 8046 del 08/05/1995, COGNOME, non mass. sul punto).
La decisione impugnata si pone in linea con gli orientamenti della giurisprudenza di legittimitˆ anche in relazione al discrimine con il concorso di persone nel reato continuato (il cui malgoverno è censurato, ad es., nei ricorsi di NOME, NOME e NOME COGNOME).
Invero, il criterio distintivo tra il delitto di associazione per delinquere e il concorso di persone nel reato continuato, deve incentrarsi essenzialmente nel carattere dell’accordo criminoso, che, nella seconda ipotesi, si concretizza in via meramente occasionale ed accidentale, essendo diretto alla commissione di uno o più reati determinati (eventualmente ispirati da un medesimo disegno criminoso, che, tutti, comprenda e preveda), con la realizzazione dei quali, si esaurisce l’accordo dei correi – con cessazione di ogni motivo di pericolo di allarme sociale mentre nella prima, l’accordo criminoso risulta diretto all’attuazione di un più vasto programma criminoso, per la commissione di una serie indeterminata di delitti, con la permanenza di un vincolo associativo tra i partecipanti, anche indipendentemente ed al di fuori dell’effettiva commissione dei singoli reati programmati, che, come detto, non è richiesta per la sussistenza del reato (Sez. 2, n. 22906 del 08/03/2023, Bronzellino, Rv. 284724 Ð 01; Sez. 2, n. 933 del 11/10/2013, Debbiche, Rv. 258009 – 01).
Se da un lato la stabilitˆ del vincolo associativo e dell’indeterminatezza del programma criminoso possono essere provati anche attraverso la valutazione dei reati scopo, dallÕaltro è necessario che, nel loro divenire, siano evocativi di un’organizzazione stabile e autonoma, nonchŽ di una capacitˆ progettuale che si aggiunge e persiste oltre la consumazione dei medesimi.
Pu˜ perci˜ dirsi, in sintesi, che, diversamente dal fenomeno associativo, nel concorso di persone nel reato continuato l’accordo criminoso è occasionale e limitato, in quanto diretto soltanto alla commissione di più reati determinati, ispirati da un unico disegno (cos’, Sez. 6, n. 36131 del 13/05/2014, Torchia, Rv. 260292 – 01).
SicchŽ, l’associazione, a differenza del concorso, rappresenta essa stessa una struttura idonea a costituire un supporto stabile all’attivitˆ criminale, per la permanenza del vincolo, per la stessa consapevolezza, da parte degli associati, della protrazione del vincolo associativo oltre la consumazione dei singoli reati scopo (c.d. ).
Come anticipato, i giudici di merito hanno ritenuto accertata la disponibilitˆ di mezzi e luoghi per l’esecuzione delle azioni delittuose, la suddivisione dei compiti tra gli associati, la condivisione di un protocollo comunicativo volto a dissimulare il reale contenuto dei dialoghi, nonchŽ l’adozione di un collaudato .
In tale contesto, le ripetute cessioni di stupefacente presso i 3 punti di spaccio, avvenute secondo una tecnica condivisa in uso ai sodali, avvalendosi di basi operative destinate alla custodia del narcotico, sono state ritenute indicative di una pur rudimentale struttura, operante in forza di regole precostituite.
Il profilo organizzativo è stato ulteriormente argomentato in ragione della presenza di forme di redistribuzione dei ricavi tra gli associati (ad es., pp. 16 e 18 sentenza di primo grado).
Di particolare attitudine dimostrativa è stata ritenuta, inoltre, la continua ricerca di nuove fonti di approvvigionamento, anche dopo i sequestri e gli arresti, segno della indeterminatezza del patto (ad es., pp. 29 e 32 sentenza impugnata).
Un simile percorso argomentativo, che di certo non si esaurisce nell’esame dei soli reati scopo (come affermano invece alcuni ricorrenti: ad es., ricorsi di NOME e NOME COGNOME), è esente dai vizi rilevabili con ricorso per cassazione, ed in definitiva opera buon governo del principio secondo il quale la prova del vincolo associativo pu˜ essere tratta anche dalle modalitˆ esecutive dei reati fine e dalla loro ripetitivitˆ, dalla natura dei rapporti tra i loro autori, dalla ripartizione di compiti e ruoli in vista del raggiungimento del programma comune, e pu˜ risolversi anche nell’accertamento di (Sez. 3, n. 47291 del 11/06/2021, COGNOME, Rv. 282610 – 01; Sez. 6, n. 9061 del 24/09/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255312 – 01).
I giudici di merito, infatti, hanno tratto da tali indicatori la prova del carattere non occasionale dellÕaccordo (solo genericamente contestato in ricorso), poichŽ teso a realizzare una serie non preventivamente determinata di delitti in materia di stupefacenti.
Elementi, questi, da cui, con motivazione non manifestamente illogica, è stata desunta anche la prova della coscienza e della volontˆ di far parte dell’associazione, contribuendo consapevolmente alla realizzazione del fine comune.
3.4. Altro motivo comune ai ricorrenti riguarda il mancato riconoscimento della fattispecie di cui allÕart. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (ad es., terzo motivo ricorso nellÕinteresse di NOME COGNOME; secondo motivo ricorso nellÕinteresse di NOME COGNOME).
Secondo un risalente e pacifico insegnamento di legittimitˆ, tale autonoma ipotesi delittuosa (Sez. U. 34475 del 23/6/2011, COGNOME, Rv. 250352 – 01) è configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la
commissione di fatti di lieve entitˆ, predisponendo modalitˆ strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravitˆ e che, in concreto, l’attivitˆ associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278098 Ð 01; Sez. 6, n. 49921 del 25/01/2018, C., Rv. 274287 – 02, in un caso in cui lÕipotesi lieve è stata esclusa valorizzando la concreta capacitˆ operativa, l’articolata organizzazione e la capacitˆ di approvvigionamento continuo e sistematico di sostanza stupefacente; Sez. 4, n. 53568 del 05/10/2017, COGNOME, Rv. 271708 Ð 01, in un caso in cui lÕesclusione è stata fondata valorizzando l’entitˆ delle forniture concordate; Sez. 6, n. 12537 del 19/01/2016, COGNOME, Rv. 267267 Ð 01).
La formulazione della norma lascia intendere che in tali casi il patto associativo, sia pur connotato, nella sua attuazione, da rudimentali profili organizzativi, deve fondarsi su una progettualitˆ relativa a fatti che non oltrepassino la soglia della lieve entitˆ: in tal senso depone il riferimento della norma incriminatrice al fatto che lÕassociazione deve essere “costituita” per commettere i reati di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
LÕaver attribuito rilevanza al momento genetico dell’associazione, conduce a ritenere che la “lieve entitˆ” dei fatti deve caratterizzare la struttura associativa sin dalla sua nascita e deve investire sia il momento dell’approvvigionamento, sia le fasi successive.
Assumono rilievo, quindi, sia il momento genetico, sia l’effettiva dinamica operativa del sodalizio: lÕipotesi lieve deve perci˜ confrontarsi anche con le potenzialitˆ dell’organizzazione, in relazione ai quantitativi di sostanze che il gruppo è in grado di procurarsi, eventualmente in maniera continuativa (Sez. 4, n. 34920 del 14/06/2017, B., Rv. 270803 Ð 01; Sez. 4, n. 38133 del 2/07/2013, COGNOME, Rv. 256289 Ð 01).
Contrariamente a quanto genericamente sostenuto dai ricorrenti, la Corte territoriale (pp. 34 e 35), facendo corretta applicazione di tali principi ha scrutinato entrambi i profili, escludendo lÕipotesi delittuosa di cui al menzionato comma 6, innanzitutto perchŽ i reati commessi in esecuzione del non sono caratterizzati dalla lieve entitˆ (cfr., ad es., il riferimento ai quantitativi sequestrati nel mese di agosto), come si avrˆ modo di vedere esaminando le censure relative al comma 5 dellÕart. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Nella stessa direzione, il Tribunale aveva segnalato la significativitˆ di alcune transazioni – capi 8 e 15 – comunque riferibili all’associazione, quantunque portate a termine nel periodo precedente quello di cui alla imputazione (p. 18 sentenza).
Inoltre, i giudici di merito hanno analizzato anche le specifiche caratteristiche dellÕassociazione, indicative della vocazione alla realizzazione di fatti di
non lieve entitˆ: ci˜ in ragione della capacitˆ del gruppo di soddisfare clientela in diverse piazze di spaccio, di procurarsi diversi canali di rifornimento e di cimentarsi in plurime attivitˆ, che spaziavano dalla coltivazione dello stupefacente alla vendita al minuto, in nulla ostacolate dalle restrizioni al tempo vigenti in ragione dellÕemergenza sanitaria.
Cos’ facendo, i giudici di merito si sono attenuti ai ricordati principi di diritto, con giudizio in fatto logicamente motivato, e pertanto insuscettibile di essere sottoposto al sindacato di legittimitˆ, per di più in presenza di censure versate in fatto (volte a sottolineare i quantitativi ceduti o gli importi o i corrispettivi di alcune transazioni), con cui i ricorrenti, senza confrontarsi con la più ampia motivazione, sollecitano una diversa valutazione di indici asseritamente pretermessi.
Gli ulteriori motivi di ricorso proposti nell’interesse di NOME COGNOME, condannato anche per i reati di cui ai capi 5, 6, 8, 17 e 40, sono solo in parte fondati.
4.1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, che la prova della condotta partecipativa è stata tratta dall’esame di elementi insufficienti (due episodi di cessione, il concorso nella coltivazione di due piantagioni), senza considerare “la mancanza di guadagno” e la sua estraneitˆ rispetto a condotte di approvvigionamento o ai provvedimenti di sequestro (p. 4 ricorso).
La censura è costruita in fatto (senza quindi dare contenuto alla dedotta violazione di legge), e si appunta sul rapporto tra le prove e la decisione, non invece, come avrebbe dovuto essere, tra la motivazione e la decisione: è pacifico, infatti, che il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non giˆ nei confronti della valutazione probatoria sottesa, riservata esclusivamente al giudice di merito, e quindi estranea al perimetro cognitivo della Corte di cassazione (da ultimo, Sez. 5, n. 34469 del 29/09/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 34290 del 23/09/2025).
D’altra parte, i giudici di merito hanno valorizzato non solo il concorso nei reati scopo, ma anche la fedele esecuzione, nel tempo, delle direttive impartite da NOME COGNOME, onde sottolineare la sicura integrazione del ricorrente nell’organigramma del sodalizio (p. 34 sentenza impugnata).
4.2. Il terzo motivo, nella parte in cui lamenta il mancato riconoscimento della ipotesi di cui al comma 5 dellÕart. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è aspecifico (mancando ogni confronto con la motivazione dei giudici di merito: pp. 34 e 35 sentenza impugnata), interamente versato in fatto e tendente ad ottenere, anche in questo caso, una non consentita rivalutazione del rapporto tra prove e decisione, non invece, come avrebbe dovuto essere, tra motivazione e decisione.
La sentenza va invece annullata limitatamente al reato di cui al capo otto: alle doglianze contenute nello specifico motivo di appello (p. 23 atto a firma AVV_NOTAIO), la Corte territoriale non ha risposto in alcun modo, neppure implicitamente.
4.3. Anche il quarto motivo, con cui si deduce violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla misura del trattamento sanzionatorio è fondato: il calcolo effettuato dalla Corte territoriale è erroneo, al pari di quello eseguito dal Giudice dell’udienza preliminare (che pure si proponeva di rettificare), non essendovi traccia della riduzione per le circostanze attenuanti generiche, concesse giˆ in primo grado nella massima estensione, ed essendo stato effettuato seguendo criteri la cui applicazione determinerebbe, comunque, una pena finale inferiore a quella indicata nella sentenza impugnata (salvo ovviamente il nuovo esame sul reato di cui al capo 8).
I restanti motivi di ricorso proposti nell’interesse di NOME COGNOME, condannato anche per i reati di cui ai capi 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39 e 40), sono inammissibili.
5.1. Oltre alla esistenza stessa dell’associazione, con i primi due motivi il ricorrente lamenta l’erroneo riconoscimento, nei suoi riguardi, del ruolo di organizzatore, che la Corte di appello ha affermato limitandosi ad elencare – senza contestualizzarli – tre episodi indicativi della posizione apicale rivestita nel sodalizio.
Osserva il Collegio che il motivo è inammissibile.
Sul punto è utile premettere che, nellÕambito dei fenomeni associativi, lÕorganizzatore è colui che si occupa della gestione complessiva del gruppo (o di uno specifico settore di operativitˆ), mediante un contributo teso a garantirne stabilitˆ ed efficienza.
Che lÕassunzione e lÕesercizio concreto del potere gestorio rappresenti il dato fondante del ruolo dellÕorganizzatore è dato pressochŽ pacifico in giurisprudenza, affermato in relazione alle diverse fattispecie associative (Sez. 2, n. 20098 del 03/06/2020, COGNOME, Rv. 279476 Ð 03; Sez. 1, n. 3137 del 19/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262487 Ð 01; Sez. 5, n. 39378 del 22/06/2012, COGNOME, Rv. 254317 Ð 01; Sez. 6, n. 25698 del 15/06/2011, COGNOME, Rv. 250515 Ð 01).
Dunque, alla nozione di organizzatore deve essere rapportato ogni contributo sistematicamente rivolto, in autonomia, allÕesistenza, alla stabilitˆ ed allÕefficienza dellÕazione del gruppo, sul piano delle risorse umane (coordinando gli altri consociati – o strumentali) occupandosi della gestione di settori nevralgici.
Anche sul piano squisitamente semantico, organizzare vuol dire imprimere un ordine ad una struttura più o meno complessa, mettendo gli elementi che la
compongono in connessione tra loro, in vista del raggiungimento di una fine comune.
Ci˜ posto, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, evidenziando una serie di indicatori fattuali ritenuti espressivi del concreto esercizio del potere direttivo (pp. 32 – 33 sentenza impugnata).
Lo COGNOME, infatti, oltre a tenere i contatti con i fornitori, poteva disporre delle risorse del gruppo ed impartire ripetutamente (e quindi non in via occasionale) direttive ai sodali, come accaduto, ad es., con NOME e NOME COGNOME, nonchŽ con COGNOME e COGNOME, ai quali forniva indicazioni per la custodia ed il trasporto dello stupefacente presso i punti di spaccio.
A NOME COGNOME, dovevano dunque rapportarsi gli altri sodali, sia per reperire nuove forme di approvvigionamento, sia nei momenti di fibrillazione del gruppo.
A fronte di tale congrua motivazione, tuttÕaltro che manifestamente illogica, il tentativo del ricorrente di svalutare il significato probatorio di tali risultanze si risolve nella prospettazione di una lettura alternativa a quella effettuata dalla Corte territoriale, in tal modo sollecitando una attivitˆ che è preclusa alla Corte di cassazione.
Va inoltre evidenziato che il motivo è aspecifico, nella misura in cui, appuntando l’attenzione sul numero degli episodi citati in via esemplificativa, non si confronta in alcun modo con la più ampia valutazione compiuta dai giudici di merito, i quali hanno altres’ evidenziato che lo COGNOME interveniva nella distribuzione dei ricavi (p. 33 sentenza impugnata), si occupava delle piantagioni di marijuana nonchŽ della gestione della piazza di spaccio di INDIRIZZO (p. 16 sentenza di primo grado).
NŽ si confronta, il ricorrente, con il pacifico principio secondo il quale il ruolo di organizzatore spetta a colui che coordina il contributo degli associati, ed a differenza di quello di promotore e di capo, assume una connotazione esecutiva (cfr., Sez. 4, n. 28167 del 16/06/2021, Careddu, Rv. 281736 – 02, con riguardo al ruolo di organizzatore riconosciuto a colui che coordinava i turni di spaccio sulla “piazza” gestita dal sodalizio), dimostrando cos’ di aver esercitato poteri di gestione in uno specifico e rilevante settore operativo del gruppo (Sez. 4, n. 52137 del 17/10/2017, Talbi, Rv. 271256 – 01).
5.2. Con il terzo motivo il ricorrente deduce il carattere apparente della motivazione con cui la Corte di appello ha escluso l’ipotesi di cui al comma 5 dell’articolo 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, peraltro in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale che esclude ogni incompatibilitˆ tra fatto lieve e svolgimento dell’attivitˆ di spaccio con carattere continuativo.
Come noto, lÕipotesi di cui allÕart. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (pacificamente ritenuta autonoma fattispecie di reato), è configurabile allorquando i fatti previsti dagli altri commi dello stesso articolo, per i mezzi, la modalitˆ o le circostanze dell’azione ovvero per la qualitˆ e quantitˆ delle sostanze, debbono ritenersi di lieve entitˆ.
I giudici di merito hanno ritenuto provato che le condotte di coltivazione, detenzione e di cessione riguardarono differenti tipologie di stupefacente, e si inserirono in una complessa attivitˆ di produzione, approvvigionamento e vendita attraverso diversi punti dedicati allo spaccio (pp. 34 e 35 e ss. sentenza impugnata)
SicchŽ, analizzando i dati probatori disponibili ed effettuando una valutazione complessiva delle condotte, reiterate nel tempo anche a fronte di sequestri ed arresti, i giudici di merito hanno negato la ricorrenza della fattispecie di cui al comma 5, avuto riguardo alla capacitˆ di approvvigionamento e diffusione dello stupefacente, ritenendola non compatibile con una condotta di minima offensivitˆ.
Nozione che, dÕaltra parte, deve essere rapportata ai principi costituzionali di offensivitˆ e di proporzionalitˆ della pena, come evidenziato anche da questa Sezione (Sez. 4, n. 50257 del 05/10/2023, Scorcia, Rv. 285706 Ð 01, in un caso in cui la minima offensivitˆ è stata esclusa avendo riguardo al livello di professionalitˆ del traffico, all’elevato grado di purezza della cocaina, ed al numero di dosi ricavabili).
Nella specie, come visto, le condotte accertate sono state ritenute espressione di un’attivitˆ organizzata – connotata di gravitˆ e svolta in maniera non occasionale – di spaccio di stupefacenti da reperire e diffondere nel mercato in modo sistematico.
In tal modo, i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del consolidato orientamento di legittimitˆ secondo il quale la fattispecie di cui al comma 5 è configurabile solo in ipotesi di minima offensivitˆ penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalitˆ, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911 – 01; Sez. 3, n. 33103 del 16/04/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 33415 del 19/05/2023, COGNOME, Rv. 284984 Ð 01).
Vero è, come sostiene il ricorrente, che la fattispecie del fatto di lieve entitˆ non è di per sŽ incompatibile con lo svolgimento di attivitˆ di spaccio di stupefacenti non occasionale, ma inserita in un’attivitˆ criminale organizzata o professionale (Sez. 4, n. 13548 del 27/02/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 28251 del 09/02/2017; Rv. 270397 Ð 01, che argomenta dal raffronto con lÕipotesi
di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309); ma è anche vero che, nella specie, la Corte territoriale ha compiuto una valutazione globale ed unitaria dei diversi indicatori di gravitˆ del fatto (come richiesto da Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076 Ð 01), assegnando carattere prevalente alle modalitˆ della condotta, nonchŽ ad altri indicatori che testimoniano l’inserimento dei ricorrenti in avviati traffici.
La Corte di appello, infatti, ha sottolineato la concreta capacitˆ di azione degli imputati, di relazionarsi con il mercato di riferimento, e di rifornire un elevato numero di assuntori tramite una rete di spaccio al minuto (Sez. 6 n. 13982 del 20/02/2018, COGNOME, Rv. 272529 – 01; cfr., anche Sez. 3, n. 23945 del 29/04/2015, COGNOME, Rv. 263651 – 01, con riguardo alla protrazione nel tempo dell’attivitˆ di spaccio, ai quantitativi di droga trattati, ed al possesso della strumentazione necessaria per il confezionamento delle dosi e per l’elevato numero di clienti).
Individuate, quindi, le ragioni dell’impossibilitˆ di considerare la fattispecie di minima offensivitˆ, il ricorrente si limita a contestare l’omessa valutazione complessiva del fatto e a formulare critiche alla possibilitˆ di valorizzare questo o quellÕindicatore, senza per˜ censurare lÕapprezzamento unitariamente svolto dalla Corte territoriale.
5.3. Con il quarto ed ultimo motivo lamenta difetto assoluto di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio.
Quanto alla determinazione della pena, se ne segnala genericamente la “sproporzione” (p. 18 ricorso), senza considerare che la Corte di appello ha sottolineato l’esistenza di svariati precedenti penali (specifici ed infraquinquennali), ed il ruolo nevralgico assunto nelle vicende delittuose per cui è processo.
Cos’ facendo i giudici di merito hanno richiamato l’attenzione sugli indici di gravitˆ di cui allÕart. 133 cod. pen. (p. 36 sentenza impugnata), per giustificare lo scostamento dal minimo edittale.
Questa Corte di legittimitˆ ha da tempo chiarito che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equitˆ e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.; in tali casi, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento” (Sez. 2, n. 25355 del 27/05/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 25895 del 28/05/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019,
COGNOME, Rv. 276288 Ð 01; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243 Ð 01; Sez. 4, n. 46412 del 5/11/2015, COGNOME, Rv. 265283 – 01; Sez. 4, n. 21294 del 20/3/2013, COGNOME, Rv. 256197- 01).
La graduazione della pena sfugge quindi al sindacato di legittimitˆ qualora, come nella specie, non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, fermo restando che l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, non essendo invece necessario – come invece parrebbe affermare il ricorrente – che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti (Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, COGNOME, Rv. 279549 Ð 02; conf., Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01).
Anche in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non pu˜ certo parlarsi di “mancanza grafica della motivazione” (p. 18 ricorso): la Corte territoriale ha richiamato la gravitˆ dei fatti, la pessima biografia penale e l’assenza di elementi positivamente valutabili (p. 36 sentenza impugnata).
Si tratta di una motivazione che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Sez. 3, n. 1913 del 20/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275509 Ð 03; conf., Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, COGNOME, Rv. 242419 – 01), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 4, n. 2997 del 19/12/2024, dep. 2025, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, COGNOME, Rv. 279549 Ð 02; conformi, Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01; Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, COGNOME, Rv. 249163 – 01; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, COGNOME, Rv. 248244 – 01).
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, condannato per diverse condotte art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capi 7, 12, 23, 24, 25, 27 e 28) è inammissibile.
6.1. Quanto al mancato riconoscimento della fattispecie lieve di cui al comma 5 dell’articolo 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, dopo aver sottolineato la modestia dei quantitativi trattati, il ricorrente deduce la “illogicitˆ della motivazione”, poichŽ facente leva sul contesto associativo in cui sarebbero maturate le condotte, e quindi in insanabile contrasto con il proscioglimento dal reato di cui al capo 1.
Ci˜ posto, come giˆ anticipato, la Corte territoriale ha ritenuto l’operativitˆ del sodalizio anche nel periodo anteriore all’agosto 2020, sottolineando l’intraneitˆ dello COGNOME, cui non è seguita una statuizione di condanna mancando la contestazione (p. 34).
In questa prospettiva, ferme le considerazioni giˆ spese a proposito dell’analogo motivo proposto da NOME e NOME COGNOME (in ragione dell’evidente tentativo di proporre, con argomenti in fatto, una non consentita valutazione del rapporto tra prove e decisione), il Collegio osserva che non solo la motivazione non è manifestamente illogica, ma è lo stesso ricorso che pretende di individuare un vizio della motivazione che, invece, non esamina nel suo snodo principale.
6.2. Nella parte in cui si deduce, invece, il vizio di omessa motivazione con riguardo all’affermazione di NOME per il reato di cui al capo 12, il motivo è manifestamente infondato: come si dirˆ affrontando l’omologa contestazione mossa ad NOME COGNOME, la Corte territoriale, infatti, ha trattato insieme i reati di cui ai capi 9 e 12, poichŽ relativi alla medesima transazione e fondati sull’analisi della stessa conversazione intercettata (pp. 28 e 29; cfr., anche p. 29 sentenza di primo grado).
Del resto, giˆ il motivo di appello, in cui si agitavano dubbi sul significato del dialogo, peccava di genericitˆ (p. 10): i giudici di merito, infatti, hanno sottolineato come il COGNOME, per convincere NOME COGNOME ad acquistare lo stupefacente, lo invitava a farlo provare, sottolineando, allo stesso fine, che una parte era stata giˆ ceduta al fratello, l’odierno ricorrente.
I restanti motivi di ricorso proposti nell’interesse di NOME COGNOME, condannato anche per i reati di cui ai capi 2, 3, 14, 22, 26, 40, sono inammissibili.
7.1. Quanto al profilo associativo del ricorrente, la censura, che coesiste e si intreccia con quella relativa all’esistenza del sodalizio, è incentrata sul rilievo del modesto segmento temporale in cui si collocano le condotte, e nell’esistenza di contrasti e rivendicazioni circa il comportamento dei correi.
Si tratta, come anticipato, di argomenti che non giovano al ricorrente, poichŽ non significativi di una condotta disgiunta da quelle unitariamente tese a perseguire il comune programma delittuoso.
Cos’ come non giova al ricorrente il riferimento al fatto di aver talvolta coltivato Òin autonomiaÓ interessi illeciti, sempre nel settore degli stupefacenti (p. 9, con censura sviluppata in fatto): ci˜ che infatti rileva è il consapevole contributo al programma delittuoso, che non si pone in contrasto, e che pu˜ anche coesistere, con il compimento di ulteriori attivitˆ illecite ma al di fuori di quel contesto organizzativo e relazionale (cfr., nel senso che il reato di associazione finalizzata
al traffico di sostanze stupefacenti è configurabile anche in caso di stabile collaborazione tra soggetti che partecipano, anche in posizione apicale, ad altri sodalizi impegnati nel medesimo settore criminoso o siano attivi, anche in forma non associata, in quel settore, Sez. 4, n. 50570 del 26/11/2019, COGNOME, Rv. 278440 Ð 01).
7.2. Il ricorrente lamenta la mancanza della motivazione, poichŽ nel rinviare all’analisi del Tribunale, ha tradito i principi espressi da questa Corte sulla c.d. motivazione ; lamenta, inoltre, la sua apparenza, nella parte in cui si è ritenuto di replicare, solo fittiziamente ed attraverso delle “ulteriori precisazioni”, agli argomenti contenuti nel gravame di merito (pp. 3 – 5 ricorso).
Il motivo è in parte intrinsecamente aspecifico (ad es., p. 5), ed in parte manifestamente infondato.
La giurisprudenza di legittimitˆ insegna che, in presenza di un atto di appello che non sia da ritenere inammissibile per carenza di specificitˆ, il giudice d’appello non pu˜ limitarsi al mero e tralatizio rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado, in quanto, anche laddove l’atto di gravame riproponga questioni giˆ di fatto dedotte e decise in primo grado, egli ha l’obbligo di motivare, onde non incorrere nel vizio di motivazione apparente, in modo puntuale e analitico su ogni punto devoluto ( , Sez. 2, n. 56395 del 23/11/2017, Floresta, Rv. 271700 Ð 01; Sez. 3, n. 27416 del 01/04/2014, NOME., Rv. 259666 Ð 01; Sez. 4, n. 6779 del 18/12/2013, dep. 2014, Balzamo, Rv. 259316 – 01).
Tali conclusioni si correlano alla individuazione dei limiti entro i quali è consentita la motivazione , che è ammessa quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltˆ di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione (Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216664 – 01).
Nella specie, la Corte di appello, seppur con motivazione sintetica (ma non certo mancante o apparente), come si avrˆ modo di vedere analizzando i restanti motivi, non si è limitata al mero e tralatizio rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado, come parrebbe sostenere il ricorrente; in altre parole, non si è affatto sottratta al dovere di prendere comunque cognizione e fornire una risposta autonoma ai temi devoluti con l’atto di appello, con motivazione che si salda con
quella di primo grado, sia in relazione al reato associativo (pp. 31 – 35), sia in relazione ai reati – scopo (pp. 26 e ss.), sia in relazione al trattamento sanzionatorio (p. 37).
7.3. Quanto ai reati di cui ai capi 2 e 3 (p. 13 ricorso), i motivi sono in parte aspecifici ed in parte manifestamente infondati.
Il Collegio rileva la generica prospettazione di un travisamento dei fatti (non delle prove), la cui deduzione non è consentita con il ricorso per cassazione, stante la preclusione, per il giudice di legittimitˆ, di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito.
E’ manifestamente infondata, aspecifica ed interamente versata in fatto, invece, la deduzione secondo la quale i dialoghi intercettati non consentono di affermare che si discutesse di sostanza stupefacente, e che questa fosse stata effettivamente consegnata ad NOME COGNOME: i giudici di merito, infatti, hanno sottolineato non solo il tenore di alcune conversazioni (inequivoco il riferimento a “15 pezzi di bianca”), lette in relazione alle immagini tratte dai sistemi di videosorveglianza, ma anche il ritrovamento ed il sequestro della sostanza, nei confronti dello COGNOME e del COGNOME, che la detenevano e la trasportavano per conto e su indicazione di NOME COGNOME.
7.4. Quanto alla affermazione di NOME relativa ai restanti reati scopo (capi 14, 22, 26, 40), l’unico motivo è articolato in fatto, e si esaurisce nel sostenere che il concorso dello COGNOME risulterebbe provato in ragione del solo accesso degli acquirenti – poi rinvenuti in possesso dello stupefacente – in un immobile che presenta due distinti ingressi e nel quale dimorano anche altri soggetti.
Ma, a ben vedere, il percorso argomentativo tracciato dalle conformi decisioni di merito è più articolato: i giudici territoriali hanno affermato la NOME di NOME COGNOME analizzando di volta in volta il contenuto di diverse intercettazioni, alcune delle quali di carattere persino autoaccusatorio (ad es., prog. 334), dalle quali è stato possibile, valutandole unitamente alle immagini dei sistemi di videosorveglianza, dedurre il coinvolgimento del ricorrente nelle diverse ipotesi (si vedano, ad es., le conversazioni a pp. 30, 35 e 40 della sentenza di primo grado, richiamate anche dalla Corte territoriale).
7.5. Quanto, infine, alla dosimetria della pena, la Corte di appello ha sinteticamente richiamato lÕattenzione sugli indici di gravitˆ di cui allÕart. 133 cod. pen, dopo averli illustrati – ovvero la pessima biografia penale e le plurime modalitˆ in cui si è tradotto il suo contributo al disegno associativo – per giustificare il modesto scostamento dal minimo edittale di anni 10, ritenuto adeguato (p. 37 sentenza impugnata), con congrua motivazione che, quindi, sfugge al sindacato di legittimitˆ.
I restanti motivi di ricorso proposti nell’interesse di NOME COGNOME, condannato anche per i reati di cui ai capi 4, 5, 6, 8 e 14, sono solo in parte fondati.
8.1. Quanto al profilo partecipativo (pp. 4 e 5 ricorso), la censura è versata in fatto, assume una connotazione puramente avversativa (come quando nega la costante esecuzione delle direttive ricevute) e sollecita una diversa valutazione degli indicatori fattuali scrutinati dai giudici di merito, senza peraltro considerare che costoro hanno sottolineato anche il costante contributo da questi offerto nella gestione delle varie piantagioni riferibili, nel tempo, al sodalizio (p. 34 sentenza impugnata).
La doglianza relativa alla collocazione temporale dei reati scopo, fatta per la prima volta nella memoria del 4 settembre 2025, non giova comunque alle ragioni del ricorrente, il cui ruolo associativo è tratteggiato anche a prescindere dal concorso nella consumazione dei singoli reati fine (registrata comunque fino ad agosto 2020); concorso non necessario, come visto, per ritenere integrata la condotta del partecipe.
8.2. I motivi riguardanti i reati di cui ai capi 4, 5, 6 e 14 sono reiterativi di analoghe censure contenute nell’atto di appello, e mancano del necessario confronto con l’ampia analisi compiuta dalle conformi decisioni di merito.
Più in particolare, quanto alla condotta di coltivazione di cui al capo 4, il ricorrente reputa erroneamente dimostrata dal riferimento fatto alla necessitˆ di “bagnare ancora una volta le tute bianche” (prog. 131).
La censura, assumendo una connotazione meramente avversativa, omette di considerare che i dialoghi intercettati, intercorsi con lo stesso ricorrente, contengono plurimi riferimenti alla condotta di coltivazione, che i giudici di merito, con motivazione tutt’altro che illogica, hanno desunto dai riferimenti al fatto che le “tute bianche” da bagnare fossero ingiallite, al connesso rischio di essere tratti in arresto, all’intervenuta maturazione di alcune piante, ed al compiacimento espresso per il loro sviluppo (prog. 309, “lo sai come si sono fatte? alberi”).
Quanto alla condotta di coltivazione di cui al capo 5 il ricorrente deduce la scarsa attitudine probatoria della conversazione n. 233, poichŽ relativa al mero “riempimento di un recipiente” e non inequivocabilmente collegata alla coltivazione oggetto del capo di accusa: anche in tal caso il motivo, oltre a sollecitare una non consentita rivisitazione dell’attitudine dimostrativa degli elementi di prova, non considera che la lettura delle numerose intercettazioni è stata compiuta alla luce della localizzazione delle vetture in uso ai correi, dei ripetuti accessi sui luoghi e dei commenti – intercorsi anche con NOME COGNOME – dell’intervenuto sequestro della piantagione di cui al capo 5 (quella di cui al capo 4 era stata in
precedenza distrutta: pp. 23 – 24 sentenza di primo grado), cos’ da collegare i dialoghi a quella specifica contestazione.
Ad analoghe conclusioni deve giungersi quanto alla condotta di coltivazione di cui al capo 6, poichŽ la correlazione tra il dialogo intercettato a maggio 2020 (in cui i NOME COGNOME discutevano della coltivazione) ed il rinvenimento, nel mese di agosto, della piantagione, è logicamente motivato in relazione al monitoraggio degli spostamenti della vettura in uso a NOME COGNOME, a fronte della generica contestazione contenuta nel motivo.
Quanto, infine, alla cessione contestata al capo 14, dall’esame delle conformi decisioni di merito si trae conferma quantomeno di un implicito riconoscimento della capacitˆ drogante, in quanto i correi lamentano la scarsa qualitˆ della “bianca”, in quanto “troppo dura”, cos’ confermandone lÕappartenenza al genere; sicchŽ, anche in considerazione del fatto che non sono emerse, nŽ in alcun modo dedotte, lamentele dell’acquirente, anche a prescindere da specifici accertamenti è possibile desumere tipologia e capacitˆ psicotropa della sostanza.
La sentenza va invece annullata limitatamente al reato di cui al capo otto, per le stesse ragioni giˆ evidenziate esaminando il ricorso proposto da NOME COGNOME, non avendo la Corte offerto risposta alcuna al motivo di appello (p. 7 atto a firma AVV_NOTAIO).
8.3. Il terzo motivo, riguardante il trattamento sanzionatorio, è fondato limitatamente alla motivazione relativa all’entitˆ degli aumenti art. 81 cod. pen.
La Corte di appello, pur dandone atto nel corpo della sentenza impugnata (p. 23), ha omesso ogni motivazione rispetto alla specifica censura contenuta nell’atto di appello (p. 8 atto a firma dell’AVV_NOTAIO): la sentenza, sul punto, va dunque annullata.
Quanto, invece, alle circostanze attenuanti generiche, il diniego è stato motivato in ragione della pessima biografia penale, dell’assenza di elementi positivi di valutazione, e dalle modalitˆ dell’azione: si tratta, pertanto, di una motivazione congrua, che fa riferimento agli indici di cui all’art. 133 cod. pen., e pertanto insindacabile in cassazione.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, condannato per il reato associativo di cui al capo 1, è inammissibile, poichŽ aspecifico.
9.1. Osserva il Collegio che l’affermazione di NOME dello COGNOME è ampiamente motivata dalla Corte territoriale, sia in punto di NOME (pp. 33 – 35), sia in punto di trattamento sanzionatorio (p. 37): il suo profilo associativo è stato infatti delineato in ragione del ruolo concretamente assunto, ovvero quello di custode dello stupefacente, addetto anche al trasporto della sostanza verso le
singole piazze di spaccio, in esecuzione delle direttive ricevute da NOME COGNOME.
Dopo aver denunciato, in maniera cumulativa e promiscua, i vizi di cui all’art. 606, comma 1, lett. b), c), e), cod. proc. pen., il ricorso si limita invece a prospettare, in termini generici, il carattere “apparente” della motivazione (p. 2 ricorso), in quanto la Corte territoriale non avrebbe esplicitato “l’iter logico” che ha condotto ad assumere la decisione impugnata, mentre invece “le risultanze investigative avrebbero meritato una maggiore e attenta valutazione” (p. 1).
Il ricorrente, pertanto, è venuto meno al dovere di confronto con la motivazione della sentenza impugnata.
Invero, la Corte di cassazione, nella sua più autorevole composizione, ha da tempo evidenziato che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultino intrinsecamente indeterminati, ma altres’ quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato, che non possono essere ignorate da chi propone lÕimpugnazione.
Il motivo, quindi, è assistito dalla necessaria specificitˆ quando risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificitˆ, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificitˆ con cui tali ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 Ð 01).
Contrariamente a quanto si rileva nella specie, l’impugnazione deve, in altri termini, esplicarsi attraverso una critica specifica, mirata e necessariamente puntuale della decisione impugnata e da essa deve trarre gli spazi argomentativi della domanda di una decisione corretta in diritto ed in fatto.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, condannato per diverse condotte art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capi 9, 10 e 11) è inammissibile.
10.1. Il primo motivo, con cui lamenta il travisamento della prova posta a fondamento della condanna per il reato di cui al capo 10 (relativo alla cessione di 50 grammi di cocaina a NOME COGNOME), è inammissibile, poichŽ aspecifico.
Il ricorrente afferma che nel corso del dialogo l’espressione dello COGNOME (“a me hanno dato 50 grammi a quarantacinque”) è indicativa del fatto che lo stupefacente gli fu ceduto da altro fornitore, ed in diverse circostanze di tempo e di luogo.
Osserva invece il Collegio che giˆ il Giudice dell’udienza preliminare (pp. 27 e ss. sentenza di primo grado), aveva ritenuto dimostrativi della cessione di 50 grammi di cocaina ben altri passaggi della conversazione, ovvero i riferimenti al prezzo complessivo della partita ed al prezzo per grammo, che seguivano la
richiesta di informazioni dello COGNOME (“questa qua a quanto me la fate?”), i dubbi espressi da quest’ultimo sulla qualitˆ (“questa qua è troppo polvere”) e le rassicurazioni del COGNOME (“non ti preoccupare… tutti questa abbiamo… falla provare… finisciti questa”).
D’altra parte, la frase su cui si appunta l’attenzione del ricorso si innesta nel tentativo dello COGNOME di spuntare un prezzo di favore in relazione all’acquisto dei trecento grammi di cui al capo 11 (p. 29 sentenza impugnata).
Il motivo, pertanto, pecca del necessario confronto con la motivazione, al pari di quello contenuto nell’atto di appello, parimenti aspecifico e comunque manifestamente infondato, con quel che ne consegue in punto di interesse a dedurre il vizio di omessa motivazione.
Soccorre al riguardo il pacifico insegnamento di legittimitˆ secondo il quale è inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile “ab origine” per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Bercigli, Rv. 277281 01; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, Liberti, Rv. 276745 – 01; Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015, Arcone, Rv. 265878 – 01).
10.2. Il secondo motivo, con cui lamenta violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo all’affermazione di NOME per i reati di cui ai capi 9 e 11 è inammissibile, poichŽ in parte aspecifico ed in parte manifestamente infondato.
10.2.1. Quanto al reato di cui al capo 9, il ricorrente deduce di essere stato condannato per aver ceduto a NOME COGNOME 30 grammi di cocaina, sulla scorta dell’analisi di un solo dialogo intercettato, ed in assenza di elementi esterni di conferma (c.d. droga parlata).
Osserva il Collegio che il dialogo in questione, di natura autoaccusatoria, in cui si è discusso di diverse transazioni, è particolarmente esplicito, contenendo riferimenti alla quantitˆ di stupefacente ceduto (“L’altra volta se ne è presa 30 grammiÉ NOME“), nonchŽ al tipo di sostanza (“questa qua è troppo polvere… sembra scaglia pure questa qua”) ed al prezzo praticato.
é vero, come si afferma in ricorso, che in tema di stupefacenti, qualora gli indizi a carico di un soggetto consistano in mere dichiarazioni captate nel corso di operazioni di intercettazione senza che sia operato il sequestro della sostanza stupefacente, la loro valutazione, ai sensi dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., deve essere compiuta dal giudice con particolare attenzione e rigore e, ove siano prospettate più ipotesi ricostruttive del fatto, la scelta che conduce alla condanna dell’imputato deve essere fondata in ogni caso su un dato probatorio “al di lˆ di
ogni ragionevole dubbio”, caratterizzato da alto grado di credibilitˆ razionale, con esclusione soltanto delle eventualitˆ più remote (Sez. 4, n. 20129 del 25/06/2020, COGNOME, Rv. 279251 – 01; Sez. 6, n. 27434 del 14/02/2017, Albano, Rv. 270299 – 01).
Tuttavia, nella specie quel dialogo si innesta in un più ampio compendio probatorio, in cui la prova dei traffici illeciti non è stata tratta esclusivamente dai dialoghi intercettati.
I giudici di merito, infatti, hanno s’ argomentato partendo dall’analisi di diverse conversazioni, tutte relative alle transazioni illecite, ma hanno anche valorizzato i numerosi sequestri di stupefacente, sia presso i locali in uso a COGNOME e COGNOME, sia nei confronti degli acquirenti, fermati all’uscita dalle abitazioni degli COGNOME, per come si argomenta giˆ nella sentenza di primo grado (cfr., pp. 17, in termini generali, nonchŽ, in via esemplificativa: p. 22 quanto ai reati di cui ai capi 2 e 3; p. 25, in relazione al reato di cui al capo 5; pp. 25 e 26, in relazione al reato di cui al capo 6; pp. 33 e 34, quanto ai reati di cui ai capi 19 e 20; p. 35, in relazione ai reati di cui ai capi 24 e 25; p. 36, in relazione ai reati di cui ai capi 27 e 28, contestati proprio al NOME COGNOME, ecc.).
Il contenuto dei dialoghi intercettati, in conclusione, è stato letto alla luce del più ampio contesto dimostrativo, con cui il ricorrente omette ogni confronto, e senza che la difesa abbia peraltro prospettato una diversa ipotesi ricostruttiva che sia stata ignorata dai giudici di merito.
In tal modo, è mancato il confronto con le conformi decisioni di merito, essendosi il ricorrente limitato, da un lato a riproporre le doglianze giˆ mosse con l’atto di appello, e dall’alto a ritenere l’insufficienza delle sole conversazioni intercettate.
10.2.2. Quanto al reato di cui al capo 11, avente ad oggetto la cessione di 300 grammi di cocaina, il ricorrente evidenzia che la trattativa non and˜ a buon fine e che non vi è prova dell’effettiva conclusione dell’affare, oltre che della “effettiva consegna della merce e del pagamento del prezzo” (p. 8 ricorso).
In tal modo il ricorrente mostra di non considerare che la condotta è stata qualificata, fin dal primo grado, come di offerta e messa in vendita (p. 29), con valutazione confermata dalla Corte territoriale (p. 29) che si è ampiamente diffusa sugli elementi di fatto da cui è possibile desumere la concretezza e serietˆ della trattativa, oltre alla effettiva disponibilitˆ dello stupefacente da parte della coppia COGNOME COGNOME.
Se da un lato il motivo, quindi, pecca del necessario confronto, dall’altro se ne deve rilevare anche la manifesta infondatezza: i giudici di merito hanno evocato il costante insegnamento giurisprudenziale, avallato anche dalle Sezioni Unite, secondo cui la condotta di offerta di sostanze si perfeziona nel momento in cui
l’agente manifesta la disponibilitˆ a procurare ad altri droga, indipendentemente dall’accettazione del destinatario, a condizione, tuttavia, che si tratti di un’offerta collegata ad una effettiva disponibilitˆ, sia pure non attuale, della droga, per tale intendendosi la possibilitˆ di procurare lo stupefacente ovvero di smistarlo in tempi ragionevoli e con modalitˆ che garantiscano il cessionario (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263716 – 01; conf., Sez. 3, n. 29695 del 13/05/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280244 – 03; Sez. 6, n. 39110 del 16/09/2014, Bonanno, Rv. 260463 – 01).
Sono dunque del tutto irrilevanti gli aspetti evidenziati in ricorso, come la consegna dello stupefacente, il pagamento del prezzo o la stessa conclusione della trattativa.
Il ricorso proposto da NOME COGNOME, condannato per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo 11), è inammissibile.
11.1. Il motivo, con cui il ricorrente lamenta vizio di motivazione quanto alla identificazione nella sua persona del “NOMENOME indicato nelle conversazioni intercettate, è inammissibile, poichŽ manifestamente infondato ed aspecifico.
Il ricorrente afferma che la distanza temporale tra le conversazioni intercettate, in difetto di ulteriori elementi di conferma, rende illogica l’argomentazione spesa dai giudici di merito: in tal modo, si limita a riproporre censure giˆ prospettate con l’atto di appello e motivatamente respinte con la sentenza impugnata, senza riuscire ad isolare, nel testo del provvedimento impugnato, uno dei tre vizi rilevabili in sede di legittimitˆ.
La Corte di appello, infatti, ha evidenziato che in un primo dialogo (prog. 130 del 16 luglio 2020) NOME COGNOME offriva in vendita a NOME COGNOME trecento grammi di cocaina – di cui disponeva effettivamente – salva la necessitˆ di concordare il prezzo con “NOME“, persona evidentemente conosciuta dallo COGNOME, osservano i giudici, tant’ è vero che egli non chiese al suo interlocutore di chi stesse parlando (p. 29 sentenza impugnata).
Che quest’ultimo debba essere identificato nell’odierno ricorrente la Corte di appello lo ha desunto dal fatto che sempre NOME COGNOME, proprio commentando una serie di arresti – tra cui quello del La COGNOME (appellato, appunto, come “NOME“) – aveva evocato sia il rischio di essere coinvolto nell’operazione di polizia giudiziaria, sia la necessitˆ di fare il punto sui canali di fornitura della cocaina, a tal fine alludendo ad “NOME” (ovvero al COGNOME), indicato come colui il quale operava con “NOME” ed era ancora libero (prog. n. 15 del 23 febbraio 2021 e n. 559 del 28 febbraio 2021).
Ricorre, infatti, il vizio di motivazione manifestamente illogica nel caso in cui vi sia una frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse, nel caso di
sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono; ricorre, invece, il vizio di motivazione contraddittoria quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno stesso fatto o ad un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza, ovvero nella stessa si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice – conducenti ad esiti diversi – siano state poste a base del suo convincimento (Sez. 5, n. 19318 del 20/01/2021, Cappella, Rv. 281105 Ð 01; Sez. 2, n. 12329 del 04/03/2010, COGNOME, Rv. 247229 Ð 01).
Non sembra al Collegio che il ricorrente abbia dedotto una frattura del discorso giustificativo o l’assenza dei necessari passaggi logici del ragionamento probatorio; peraltro, la Corte di cassazione, quando è dedotto un simile vizio, è giudice della motivazione e non delle prove, fermo restando che per l’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., cui fa riferimento il ricorso, l’area della sindacabilitˆ è ulteriormente circoscritta dall’aggettivo “manifesta” che connota l’illogicitˆ: le fratture devono quindi essere di evidenza tale da essere immediatamente percepibili.
11.2. Il motivo proposto, nella parte in cui il ricorrente lamenta vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è inammissibile.
Diversamente da quanto si deduce in ricorso, il diniego non è stato fondato soltanto sul ruolo di “stabile fornitore”, ma anche sulla pessima biografia penale e sulla assenza di elementi positivi di valutazione, che il ricorrente neppure indica, fermo restando che, come giˆ visto per altri ricorrenti, anche un solo elemento attinente alla personalitˆ del colpevole o all’entitˆ del reato ed alle modalitˆ di esecuzione pu˜ legittimamente fondare il diniego.
12. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla assoluzione di COGNOME NOME dal reato associativo con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di AVV_NOTAIO, con rigetto nel resto dei ricorsi proposti dal AVV_NOTAIO generale.
La sentenza va annullata nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente al reato di cui al capo otto, con effetto estensivo nei confronti di COGNOME NOME, e alla misura del trattamento sanzionatorio, con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di AVV_NOTAIO, con rigetto nel resto del ricorso.
La sentenza va inoltre annullata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al reato di cui al capo otto e alla continuazione tra i reati, con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di AVV_NOTAIO, con rigetto nel resto del ricorso.
Stante lÕinammissibilitˆ dei ricorsi proposti nellÕinteresse di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilitˆ (Corte cost., sent. n. 186 del 7 giugno 2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila ciascuno.
Con specifico riferimento alla posizione di NOME COGNOME, l’obbligo al pagamento di tali esborsi, in quanto generato dalla condanna inutilmente impugnata, non è inciso dagli effetti di un beneficio derivatogli , come appunto l’estensione degli effetti favorevoli derivanti dall’accoglimento del ricorso proposto dal coimputato (Sez. 3, n. 14244 del 17/03/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 30737 del 29/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267406 – 01; Sez. 1, n. 1385 del 19/12/1994, dep. 1995, COGNOME, Rv. 201490 – 01).
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla assoluzione di COGNOME NOME dal reato di cui al capo uno e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di AVV_NOTAIO. Rigetta nel resto i ricorsi proposti dal AVV_NOTAIO generale.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al reato di cui al capo otto, con effetto estensivo nei confronti di COGNOME NOME, e alla misura del trattamento sanzionatorio e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di AVV_NOTAIO. Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME NOME.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al reato di cui al capo otto e alla continuazione tra i reati e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di AVV_NOTAIO. Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME NOME.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, e condanna i suddetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Cos’ deciso in Roma, il 25 settembre 2025.
Il AVV_NOTAIO estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME