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Associazione per delinquere: i criteri distintivi

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha confermato che per configurare il reato sono sufficienti un accordo stabile e una minima struttura organizzativa, anche in presenza di un numero esiguo di associati. Elementi come l’uso continuativo di immobili, la divisione dei ruoli e i contatti costanti tra i membri sono stati ritenuti prove adeguate dell’esistenza del sodalizio criminoso, giustificando la misura cautelare.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per delinquere: quando un gruppo diventa un’organizzazione criminale?

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, torna a definire i confini tra il semplice concorso di persone nel reato e la più grave fattispecie di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La decisione sottolinea che non è necessario un apparato complesso o un gran numero di membri per integrare il reato, essendo sufficiente un accordo stabile e una minima struttura organizzativa. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti su quali elementi indiziari possano dimostrare l’esistenza di un sodalizio criminoso stabile.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un’ordinanza del Tribunale del Riesame di Milano che, accogliendo l’appello del Pubblico Ministero, applicava la misura della custodia cautelare in carcere a un individuo. L’accusa era quella di aver promosso e partecipato a un’associazione per delinquere dedita al narcotraffico, insieme ad altri tre soggetti. Le indagini, basate su intercettazioni telefoniche e video-riprese effettuate in un capannone, avevano rivelato una struttura organizzata per il reperimento, stoccaggio, confezionamento e distribuzione di sostanze stupefacenti. La difesa dell’indagato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che gli elementi raccolti non provassero l’esistenza di un’associazione stabile (pactum sceleris), ma al più singoli episodi di spaccio in concorso tra loro. Secondo i legali, mancava una struttura organizzativa dedicata e una chiara divisione dei ruoli.

L’analisi della Corte sull’associazione per delinquere

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendo la motivazione del Tribunale del Riesame logica e giuridicamente corretta. I giudici hanno ribadito i principi consolidati per distinguere il concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.) dalla partecipazione a un’associazione per delinquere (art. 74 d.P.R. 309/1990).

L’elemento chiave, secondo la Corte, è l’accordo associativo, che crea un vincolo permanente tra i membri, consapevoli di far parte di un sodalizio stabile destinato a realizzare un programma criminale duraturo. La struttura organizzativa, seppur minima, serve a dimostrare la serietà di tale accordo. Nel caso specifico, i seguenti elementi sono stati ritenuti indicatori sufficienti:

* Continuità dei contatti: Le frequenti comunicazioni, anche telefoniche, tra i membri.
* Uso di luoghi comuni: La sistematica frequentazione di luoghi specifici, come il capannone, per le attività illecite.
* Impiego promiscuo di beni: La disponibilità di veicoli, telefoni criptati e immobili funzionali al narcotraffico.
* Stabilità dei canali di approvvigionamento: La capacità di rifornirsi costantemente di stupefacenti.
* Divisione dei ruoli: L’esistenza di una ripartizione di compiti tra gli associati, con figure di vertice che distribuivano le mansioni.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha giudicato infondate le critiche della difesa. In primo luogo, ha chiarito che il numero esiguo di associati (quattro in questo caso) è irrilevante, poiché la legge ne richiede un minimo di tre. Anche l’argomento secondo cui gli immobili avessero altre destinazioni d’uso è stato respinto, in quanto le prove dimostravano il loro utilizzo funzionale al programma criminale.

Inoltre, la Corte ha dato particolare rilievo all’attività di “bonifica” degli ambienti, svolta dagli indagati dopo aver scoperto le microspie. Questo comportamento è stato interpretato non solo come prova della loro consapevolezza, ma anche come un concreto pericolo di inquinamento probatorio.

Per quanto riguarda le esigenze cautelari, la Corte ha confermato la valutazione del Tribunale. Il pericolo di recidiva è stato desunto dall’elevato spessore criminale dell’indagato, evidenziato da una recente condanna irrevocabile per un grave fatto di sangue e dai suoi legami con un gruppo mafioso. Infine, il pericolo di fuga è stato ritenuto concreto, poiché l’indagato si era reso immediatamente irreperibile dopo il suddetto fatto di sangue, dimostrando una propensione a sottrarsi alla giustizia.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza riafferma un principio fondamentale: per la configurabilità del reato di associazione per delinquere non è richiesta una struttura complessa e gerarchica, ma è sufficiente un accordo stabile tra almeno tre persone, supportato da una minima organizzazione di uomini e mezzi, finalizzato alla commissione di una serie indeterminata di delitti. La decisione chiarisce che la prova di tale accordo può essere desunta da una serie di indicatori fattuali che, valutati nel loro complesso, dimostrano l’esistenza di un vincolo permanente e di un programma criminale condiviso, andando oltre la semplice collaborazione estemporanea in singoli episodi delittuosi.

Quali sono gli elementi sufficienti per configurare un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico?
Secondo la sentenza, sono sufficienti un accordo stabile tra almeno tre persone per commettere una serie indeterminata di reati legati al traffico di stupefacenti e una minima struttura organizzativa (mezzi, luoghi, capitali) che dimostri la serietà di tale patto criminale.

Il numero ridotto di membri esclude il reato di associazione per delinquere?
No. La Corte ha specificato che il numero di quattro associati è superiore al minimo di tre richiesto dalla legge per la configurabilità del reato, rendendo irrilevante la presunta “esiguità” del gruppo.

Quali elementi hanno giustificato l’applicazione della misura cautelare in carcere?
La misura è stata giustificata dalla sussistenza di tre specifiche esigenze cautelari: il pericolo di inquinamento probatorio (dimostrato dal tentativo di “bonifica” dei locali), il pericolo di recidiva (basato sull’alto spessore criminale e una recente condanna irrevocabile dell’indagato) e il pericolo di fuga (desunto da un precedente episodio in cui si era reso irreperibile).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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