Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32527 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32527 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a BATTIPAGLIA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a SALERNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/09/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del P.G., in persona del sostituto NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio quanto all’ipotesi associativa e l’inammissibilità nel resto;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME NOME che ha insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Salerno ha confermato la sentenza del GIP del Tribunale locale con la quale NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati condannati per il reato di associazione per delinquere, finalizzata alla commissione di un numero indetermiNOME di delitti in materia di stupefacenti, aventi a oggetto sostanze del tipo cocaina, crack, hashish e marijuana nella qualità di meri partecipi, oltre che per più reati fine ai sensi dell’art. 73, co. 1, d.P.R. n. 309/1990, aventi a oggetto sostanze dei medesimi tipi (fatti commessi in Baronissi, Pellezzano, Mercato San Severino e nei comuni limitrofi con operatività accertata dal 29 giugno 2021 (data del primo spaccio contestato) almeno fino al 30 marzo 2022
In particolare COGNOME era stato condanNOME alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione e ventisette giorni per i reati di cui ai capi 1), 5). 9), 10), 12 e 21); COGNOME in relazione ai reati di cui ai capi 1), 5), 9). 10) 11), 12) alla pena di anni cinque e mesi quattro e giorni ventisette già ridotta per il rito.
Nella sentenza impugnata si è dato conto, per quanto di interesse in relazione ai motivi di ricorso, delle invocate richieste di assoluzione anche ai sent i i dell’art. 530, co.2, cod. proc. pen., della richiesta di riqualificazione del reato associativo contestato nella fattispecie di cui al comma 6 dell’art. 74 d.P.R. n. 309/1990 oltre che del comma 5 del reato di cui all’art. 73 d.P.R. cit. in relazione ai reati fine, oltre che della ritenuta eccessività del trattamento sanzioNOMErio anche in relazione agli aumenti apportati per la continuazione.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell’interesse di COGNOME, affidato a’un unico con cui si lamenta la violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del reato associativo nella fattispecie di cui al comma 6 dell’art. 74 d.P.R. 309/1990 e dei reati fine nelle ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. cit. Secondo la difesa, la Corte di sarebbe limitata a richiamare il contenuto di alcune intercettazioni telefoniche e ambientali gacatiterciar all’evidenza equivoche. Secondo la difesa /doveva essere esclusa la responsabilità del COGNOME quanto al reato associativo / mancando gli elementi oggettivi necessari e potendosi al più ravvisare una ipotesi di concorso di persone nel reato. Si evidenzia, inoltre, che nelle more del processo è intervenuta la
sentenza n. 4052/24 resa dalla Seconda Sezione Penale del Tribunale di Salerno che ha assolto, per gli stessi fatti, quello che doveva essere il promotore dell’associazione, ossia COGNOME, perché il fatto non sussiste peraltro, riqualificando i fatti ai sensi dell’art. 73 comma 5 d.P.R. 309/1990.
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3. Con il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME si deducono motivi analoghi sia con riferimento all’ipotesi associativa contestata sia alla qualificazione dei reati fine. In particolare, si contesta il mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 74 co. 6 del P.R. n. 309/1990 e la mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione. Si era contestata con l’atto di appello la mancata consapevolezza in capo al COGNOME di agire per il sodalizio e di sostenere con le proprie condotte e incrementare l’esistenza in vita della consorteria. A titolo esemplificativo, si era evidenziato che l’asserito capo promotore, COGNOME, nel chiedere a COGNOME la cortesia di tenere “la borsa” facesse in modo di non “far capire niente a NOME“, ossia al COGNOME. La sentenza non spiega come si possa conciliare la partecipazione al sodalizig< di un soggetto che percepisce emolumenti rispetto a "prestazioni occasionali". Difetta inoltre l'elemento organizzativo dato che COGNOME non si rendeva disponibile quarte() era a lavoro o in compagnia della propria fidanzata gk le richieste di ausilio erano caratterizzate dalla ECIA.ce occasionalità e le modalità con le quali le richieste venivano avanzate, 2 mancanza di un coordinamento regolato da direttive specifiche.
Depone poi a favore dell'esclusione di una struttura organizzata l'esiguità delle risorse economiche. Si sottolinea, inoltre, che nelle more del giudizio è intervenuta la sentenza n. 4052 del 2024 con la quale il Tribunale di Salerno, con il rito ordinario, ha assolto per i medesimi fatti il COGNOME dal reato di cui all'art. 74 d.P.R. n. 309/1990 perché il fatto non sussiste e riqualificati i reati fine nell'alveo dell'ipotesi di cui al comma 5 dell'art. 73 d.P.R. n. 309/1990. Dunque, benché sub piudice, il NOME sarebbe parte di una associazione senza un capo promotore in ragione del fatto che COGNOME è stato assolto.
Era stata, inoltre, evidenziata la mancanza di pluralità di canali di approvvigionamento, l'indeterminatezza della clientela, l'ambito circoscritto in cui avvenivano le cessionig la mancanza di contatti con organismi criminali di elevato spessore e di modalità di azione particolarmente insidiose e sul punto si contesta il vizio motivazionale, come pure, con riferimento alla suscettibilità di espansione dell'attività di spaccio, a fondamento dell'impossibilità di ravvisare l'ipotesi attenuata, è stata posta
una mera valutazione e non un dato certo sul quale fondare la potenzialità lesiva della suddetta azione criminosa.
Il P.G., in persona del sostituto NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte chiedendo l'annullamento con rinvio quanto all'ipotesi associativa e l'inammissibilità nel resto. L'AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME, ha depositato conclusioni scritte, insistendo nell'accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN FATTO
I ricorsi, che possono essere trattati congiuntamente, non superano il vaglio di ammissibilità.
Occorre preliminarmente ribadire che le censure proposte non possono che essere scrutinate nei limiti consentiti in questa sede, tenuto conto della conformità delle valutazioni espresse nelle sentenze conformi e dell'intero compendio acquisito per effetto della scelta del rito abbreviato operato. Va richiamato in proposito il principio secondo cui, in caso di c.d. "doppia conforme" la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice e operando frequenti riferimenti ai passaggi logico-giuridici della prima sentenza, concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 06/09/2019)
Quant'o detto vale a maggior ragione quando, come nel caso di specie, i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e chiarite nella decisione impugnata.
Rimangono, dunque, estranei al vaglio di questa Corte gli aspetti del giudizio che si risolvono nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi probatori che afferiscono al merito / salvo che risulti viziato il percorso giustificativo circa la loro capacità dimostrativa, con la conseguente inammissibilità delle censure volte a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio. Come pure rimangono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento · della decisione impugnata e l'adozione autonoma di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601), non potendo questo giudice sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, COGNOME, Rv. 253099).
.Va poi sottolineato che gran parte delle doglianze difensive attengono alla lettura del compendio probatorio esamiNOME dai giudici del merito, prevalentemente rappresentato da intercettazioni. Rispetto ad esse va riaffermato il principio secondo cui l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche ove criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (cfr. Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715). L'interpretazione e la valutazione costituiscono, per l'appunto, questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 2, n. 50701 del 4/10/2016, COGNOME, Rv. 268389).
Con i ricorsi, le difese si sono limitate a negare la natura dei rapporti tra i sodali senzaneppure prospettare ricostruzioni alternative e fatti idonei a disarticolare la ricostruzione conforme operata dai giudizi del doppio grado di giudizio, alla luce degli elementi probatori utilizzabili, che sono stati analiticamente esaminati.
Con riferimento, poi, al discrimine tra il reato associativo di cui all'art. 74 d.P.R. n. 309/1990 e il concorso in attività continuata, va ribadito l'orientamento secondo cui l'elemento differenziale si rinviene principalmente nella organizzazione poiché la condotta punibile a titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti non può ridursi a un semplice accordo delle volontà, ma deve consistere in un quid pluris, che si sostanzia nella predisposizione di una struttura organizzata stabile che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (Sez. 6 n. 27433 del 10/01/2017, Avellino, Rv. 270396, in cui si è precisato che la costituzione dell'associazione non coincide con l'accordo dei compartecipi,
ma con la nascita di un'organizzazione permanente, frutto del concerto di intenti e di azione tra gli associati). Va, tuttavia, precisato che a tal fine, non è richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, essendo sufficiente l'esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose con il contributo dei singoli associati (Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Rv. 258165; Sez. 2, n. 19146 del 20/02/2019, Rv. 275583).
E' stato, inoltre, affermato che il patto associativo non deve necessariamente consistere in un preventivo accordo formale, potendo anche essere non espresso e costituirsi di fatto fra soggetti consapevoli che le attività proprie e altrui ricevono vicendevole ausilio e tutte insieme contribuiscono all'attuazione dello scopo comune (ez. 3, n. 32485 del 24/5/2022, Rv. 283691-02; n. 47291 del 11/6/2021, COGNOME, Rv. 28261001, in cui si è precisato che la prova del vincolo permanente, nascente dall'accordo associativo, può essere data anche mediante l'accertamento di fatti concludenti, quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequent viaggi per i rifornimenti della droga, le basi logistiche, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (Sez. 6, n. 42937 del 23/9/2021, Rv. 282122-01; Sez. 4, n. 50570 del 16/12/2019, Rv. 278440-02).
6. Nella specie, in punto di affermazione della responsabilità degli imputati i ricorsi sono versati in fatto e non si confrontano con l'apparato motivazionale posto dalla Corte territoriale a fondamento del giudizio espresso. Il giudice di appello, da pag. 30 e ss., dopo avere proceduto alla precisa ricostruzione di tutti i reati fine, sia con riferimento alla consapevolezza della natura della sostanza detenuta e affidata in custodia nonché delle armi, ha passato in rassegna gli episodi di cessione che risultano dalle intercettazioni, operando la propria valutazione secondo i parametri di valutazione della cd. "droga parlata" e dando atto, tra l'altro, dei riscontri esterni rappresentati dall'esame degli acquirenti oltre che dati oggettivi degli accertamenti di P.G.
Il passaggio del ricorso proposto da COGNOME laddove si afferma che COGNOME avrebbe chiesto a COGNOME la cortesia di tenere il borsone all'interno del quale erano custoditi armi e droga senza "fare capire niente a NOME", è
frutto di una lettura parcellizzata della motivazione nella quale si dà atto che / se è vero che in un primo momento COGNOME si era espresso nel senso su indicato, "il COGNOME, all'arrivo di NOME parlava dell'arresto di NOME COGNOME lamentando la perdita di 3.000 euro e gli mostra la borsa dicendogli che non la deve vedere nessuno… COGNOME si incontra anche con il COGNOME al quale chiede espressamente la custodia del borsone mostrandogli esplicitamente la pistola". A questo aggiungeva la Corte che era proprio COGNOME, come risultava dalle intercettazioni, a dire alla moglie che non bisognava dire nulla "del borsone" e del suo contenuto in quanto lo sapevano solo in tre (COGNOME, COGNOME e COGNOME).
A quanto detto la sentenza impugnata aggiungeva che il giorno dopo l'avvenuta consegna del borsone COGNOME diceva alla moglie che doveva andare da NOME per dividere la roba e preparava davanti a lui e a COGNOME grammi di cocaina da porta a NOME (capo 5), epopo pochi giorni sempre COGNOME chiedeva a COGNOME COGNOME COGNOME di andare a prendere la borsa per prendere 10 grammi rimarcando "ivà sono 20 mila" riferito al valore di mercato della droga contenuta nella borsa.
La ricostruzione del detto episodio i in uno alla complessiva valutazione degli altri reati-fine / induceva la Corte territoriale a concludere nel senso della partecipazione all'associazione dei due ricorrenti i quali non solo assicuravano il supporto logistico di cocaina del valore di 20 mila euro, come detto da COGNOME, ma anche di un'arma clandestina, in un momento di fibrillazione del sodalizio, determiNOME dall'avvenuto arresto di uno dei sodali. Sul punto la Corte ha valorizzato il profilo secondo cui non solo l'interlocuzione diretta con un vertice del sodalizio ma vieppiù la diretta percezione della disponibilità dell'arma non potevano non evocare in capo ai ricorrenti "il livello" del sodalizio. Non ha mancato di evidenziare la Corte come i due ricorrenti hanno pure partecipato alla suddivisione dello stupefacente; inoltre, venivano resi edotti della perdita subita a seguito dell'arresto dell'COGNOME e si sono prodigati per il recupero del corrispettivo dello stupefacente. Gli stessi, inoltre, come risultato dai reati fine, sono stati disponibili non solo a cedere la sostanza stupefacente ma anche a recuperare crediti maturati in relazione a precedenti cessioni.
Con motivazione esente da censure la Corte territoriale, nell'affermare la piena partecipazione dei due ricorrenti ha fatto buon governo dei principi giurisprudenziali affermati da questa Corte.
In proposito, con riferimento allo specifico motivo di appello (invero la Corte territoriale ha rilevato che i motivi di gravame erano caratterizzati da genericità ai limiti della ammissibilità) è stato affermato che « In tema di
associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, ed in particolare dell' "affectio" di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi l'esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato» (Sez. 6 n. 42937 del 23/09/2021, Rv. 282122 – 01)
E' stato, peraltro, ben evidenziato, rispondendo all'argomento speso dinanzi al giudice del gravame e ribadito in questa sede i che la non immediata indisponibilità del COGNOME in una occasione o la richiesta di corrispettivo nell'occasione della custodia della borsa non sono fatti idonei a sovvertire l'assunto della partecipazione al sodalizio ma appaiono "compatibili con le normali e dialettiche dinamiche "sociali". Quanto al COGNOME è stato evidenziato che il suo arruolamento era avvenuto proprio nel momento di crisi della "perdita" dell'COGNOME, tratto in arresto e non è legato ad una contingenza ) dato che proprio COGNOME, parlando con COGNOME e COGNOME, manifestava il proprio disappunto per la perdita di 50 grammi di cocaina / circostanza questa di natura riservata che non si comunica a chiunque ma solo a chi partecipa e si affilia al progetto criminoso.
7. Con motivazione ampia e aderente ai principi sanciti da questa Corte in subiecta materia la Corte territoriale ha respinto i motivi, oggi riproposti relativamente all'inquadramento della fattispecie associativa nella ipotesi di cui al comma 6 e dei relativi reati fine nelle ipotesi di cui al comma 5 dell'art. 73 d.P.R. 309/1990.
Sul punto va ricordato che questa Corte di legittimità ha costantemente ribadito tEche è inammissibile il ricorso fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici e solo apparenti allorquando omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710). Infatti, in tal caso, difetta la necessaria correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'atto di impugnazione che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, Rv. 281521 -01 in cui si è ribadito il principio precisando che a tal fine non è sufficiente l'aggiunta di espressioni che contestino in termini meramente assertivi la correttezza
della sentenza impugnata laddove difettino di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e in diritto, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non sono stati accolti).
Nel caso in esame / la Corte territoriale, con motivazione che si salda con quella di primo grado, che non rimane in alcun modo travolta dalle generiche doglianze difensive, in termini coerenti con i principi più volte ribaditi da questa Corte di legittimità, offrendo argomentazioni ben più ampie di quelle fatte oggetto di critica, dopo avere escluso, in considerazione della professionalità della condotta, dei quantitativi movimenta dal sodalizio e di diretti contatti con il capo della consorteria dotata anche di armi clandestine, ha ritenuto di fare discendere l'esclusione dell'ipotesi di cui all'art. 74 co. 6 d.P.R. n. 309/1990, essendo "evidente che per dati ponderali movimenta -il, corrispettivi accertati, organizzazione e disponibilità di un'arma clandestina l'associazione / non avesse ad oggetto il piccolo spaccio".
E' noto che il reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti costituita al fine di commettere fatti di lieve entità ai sensi dell'art. 74, co. 6, d.P.R. n. 309/1990, è configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l'attività associativa si sia manifestata con condotte tutte rientranti nella previsione dell'art. 73, co. 5, d.P.R. cit. (Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019, Rv. 278098; Sez. 3, n. 44837 del 06/02/2018, Rv. 274696).
Infine, deve precisarsi – stante il tenore dei motivi con i quali si è anche lamentato un asserito "silenzio" motivazionale in ordine a specifiche osservazioni difensive – che in sede di legittimità non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che la stessa sia stata disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata (sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Rv. 275500).
Solo per completezza va rilevato che non può costituire oggetto di valutazione da parte di questa Corte di legittimità quello che viene definito un aspetto "singolare", ossia il fatto che dopo la pronuncia della Corte di appello, sia intervenuta sentenza resa dal Tribunale di Salerno che in esito al giudizio ordinario, ha assolto dal reato associativo quello che viene indicato come il "capo promotore dell'associazione, riqualificando i reati
fine riconducendoli nell'alveo di cui al comma 5 dell'art. 73 d.P.R. n. 309/1990. Si tratta, all'evidenza / di questione che, al netto della non definitività della sentenza della quale è stato allegato al ricorso il dispositivo, non è stata sottoposta – per ragioni di ordine temporale all'esame della Corte territoriale che non si è pronunciata e che non può costituire oggetto del sindacato di questa Corte di legittimità.
Alla inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Giudiziario