Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33145 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33145 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
Deposituta in Cancelleria
Oggi27 AGO. 2024
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Trani il 13.9.1976 NOMECOGNOME nato a Barletta il 20.10.1986 NOMECOGNOME nato in Albania il 22.6.1989
avverso la sentenza in data 10.3.2023 della Corte di Appello di Bari
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; sentiti i difensori, avv. NOME COGNOME per COGNOME e, in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME anche per COGNOME e avv. NOME COGNOME per COGNOME, che hanno concluso per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 10.3.2023 la Corte di Appello di Bari ha confermato la penale responsabilità di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/1990 quali partecipi ad un associazione dedita al narcotraffico operante tra l’Italia e l’Albania (capo A
nonché per vari reati fine tutti unificati dal vincolo della continuazione, di cui q di cui ai capi B) e H) sono stati ritenuti con riferimento alle singole posizioni i gravi in quanto contraddistinti dall’ingente quantitativo, ma ha ridotto in parzia riforma della pronuncia resa all’esito del primo grado di giudizio svoltosi con rit abbreviato, la pena ascritta ai primi due imputati a 8 anni di reclusione ed C 30.000 di multa e al COGNOME a 7 anni e 4 mesi di reclusione ed C 36.000 di multa
Avverso il suddetto provvedimento gli imputati, ognuno per il tramite del proprio difensore, hanno proposto ricorso per cassazione, il cui contenuto viene di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp.att. cod.proc.pen..
NOME COGNOME ha articolato tre motivi.
2.1. Con il primo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legg riferito all’art. 74 d.P.R. 309/1990 e al vizio motivazionale, la sussistenza d sodalizio criminoso non solo rilevando la mancanza di una serie di indicatori univocamente accreditati dall’elaborazione giurisprudenziale, quali una cassa comune, una contabilità da cui desumere costi, introiti e guadagni suddivisi tra i partecipi, di una reciproca assistenza tra costoro, così come di un’area territorial deputata allo spaccio su cui venisse esercitato il controllo, ma evidenziando altresì come nessuno degli elementi al riguardo indicati dalla Corte di appello potesse assurgere al rango di prova. Lamenta nello specifico, quanto al pactunn sceleris, comunque privo di qualunque risultanza in ordine alla sua conclusione da parte degli assunti partecipi, che tanto le cd. utenze dedicate quanto le autovetture costituiscano mezzi usualmente impiegati anche per la comune attività di spaccio concorsuale, che le auto fossero prive di qualsivoglia doppio fondo o intervento meccanico che consentisse di ritenerle funzionali al trasporto della droga, che il termine “ragazzi” impiegato dall’ignoto utilizzatore di un’utenza intercettata pe definire gli imputati stanziati a Trani non lasciasse sottintendere alcun appartenenza di costoro ad gruppo comune al dichiarante e che quindi si trattasse di un coacervo di fattori rappresentati in modo frammentario ed inconferente rispetto alla finalità probatoria perseguita. Contesta altresì la sua intrane all’associazione rilevando che nessun contatto risultava essere stato mai intrattenuto con gli altri partecipi e soprattutto che dall’analisi dei singoli rea emergeva come il ruolo di depositario della sostanza stupefacente non trovasse alcun riscontro considerato l’esito negativo della perquisizione eseguita presso il box nella su titolarità dove non era stata rinvenuta alcuna confezione di droga, né alcuna prova che la merce da caricare sulle singole autovetture adibite al trasporto provenisse dalla sua autorimessa Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Con il secondo motivo deduce la mancanza di motivazione in relazione sia al trattamento sanzionatorio essendo stata fissata la pena base fissata in dieci anni e dunque misura ben distante dal minimo edittale, ed essendo stati applicati aumenti analoghi per i reati satellite quantunque si trattasse di delitti con diver
regime sanzionatorio e differentemente circostanziati, sia al giudizio di equivalenza tra le opposte circostanze che la difesa aveva espressamente richiesto nell’atto di appello di commutare in termini di prevalenza delle attenuanti, laddove ben avrebbe potuto essere valorizzata la rinuncia dell’imputato ai motivi di gravame relativi ai reati-fine.
Il ricorso di NOME COGNOME si compone di quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo deduce il vizio di violazione di legge riferito agli ar 73 d.P.R. 309/1990 e 110 cod. pen. e il vizio motivazionale in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato sub B) sostenendo che la Corte di appello aveva elevato ad elementi di prova circostanze fattuali non solo di per sé prive di valenza anche soltanto indiziaria, ma altresì distoniche rispetto al modus operandi che aveva caratterizzato gli altri reati fine, nonché tra loro no convergenti. Rileva come nessuna valenza dimostrativa del mandato conferito allo COGNOME di importare dall’Albania recandosi a Durazzo oltre 4 kg. di eroina suddivisa in 12 panetti per poi consegnargliela il 27.9.2017, nonostante tale ultimo passaggio non si fosse concretizzato per essere il mandatario al suo arrivo in Italia arrestato in flagranza, potessero rivestire i contatti telefonici del 20 settembre cui si limitava via sms a raggiungerlo presso il suo ufficio, del 21 settembre e del 27 settembre, essendone il contenuto rimasto ignoto, tanto più alla luce della logica spiegazione data, costituita dal suo rapporto sentimentale con una donna albanese che pochi mesi dopo era diventata sua moglie.
3.2. Con il secondo motivo lamenta la contraddittorietà della motivazione che nessuna rilevanza aveva conferito alle acquisizioni probatorie disposte dal Gip ai sensi dell’art. 441 quinto comma cod. proc. pen., al fine di verificare gli effett rapporti tra l’imputato e l’avv. COGNOME menzionati nell’informativa di PG, rapport che dalla documentazione acquisita si erano rivelati di natura soltanto professionale in relazione ai mandato difensivo ricevuto: del tutto incongruo deve ritenersi secondo la difesa il ragionamento che annulla quelle stesse acquisizioni che erano state in precedenza ritenute necessarie ai fini del decidere.
2.3. Con il terzo motivo deduce il vizio di violazione di legge riferito all’art d.P.R. 309/1990 e il vizio motivazionale in ordine alla sua partecipazione al sodalizio rilevando come il ruolo attribuitogli di “addetto al trasferimento del stupefacente” altro non fosse che quello di corriere, ruolo questo che in quanto pacificamente ascritto ai coimputati COGNOME e COGNOME, entrambi ritenuti estranei all’associazione, non giustificava la disparità di valutazione della sua posizione. Evidenzia altresì come, non essendo per univoca interpretazione giurisprudenziale la commissione dei reati fine sufficiente a dimostrare la partecipazione all’associazione, non fossero state chiarite le ragioni per le quali tre ricorrenti insieme ad un ignoto albanese avessero concluso un pactum sceleris volto all’indeterminata realizzazione di reati in materia di stupefacenti, in assenza
di alcun indice rivelatore di un’associazione, quali una cassa comune da cui prelevare il danaro per gli acquisti e la conseguente ripartizione degli utili, u qualche contabilità del gruppo, basi logistiche o luoghi di custodia della droga tenuto conto che il garage del COGNOME era stato secondo la stessa sentenza impugnata utilizzato una volta soltanto, legami o controllo di specifiche zone, un rapporto di mutua assistenza dei compartecipi escluso, invece, dalle vicende dello stesso COGNOME che, una volta raggiunto dalla misura custodiale, era stato abbandonato dagli altri ed immediatamente sostituito con un altro soggetto. A tali rilievi aggiunge che neppure l’elemento temporale poteva essere ritenuto indice di un’attiva e stabile partecipazione tenuto conto che i reati contestati all’imputat erano stati commessi in un arco temporale molto ristretto e che il ruolo di corriere di per sé non è indice di intraneità al sodalizio.
2.4. Con il quarto motivo contesta la mancanza di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio per essere stata la pena base, pari a 10 anni di reclusione, fissata in misura ampiamente superiore al minimo edittale, tenuto conto che il correo COGNOME, giudicato in separato procedimento aveva ottenuto per lo stesso fatto una pena sensibilmente più mite, ovverosia 6 anni di reclusione. Svolge altresì censure sovrapponibili a quelle articolate dal Di COGNOME in relazione al giudizio di bilanciamento tra le opposte circostanze.
NOME COGNOME ha affidato le proprie doglianze a cinque motivi con il quali lamenta:
4.1. la violazione di legge e il vizio motivazionale in ordine all’identificazio dell’imputato nel soggetto ritratto da videoriprese effettuate con una telecamera posta a distanza ed in posizione più elevata rispetto alle scene filmate, mutuata dalle risultanze della perizia disposta dal PM ed affermata in termini assolutamente empirici sulla base della sola compatibilità dei fotogrammi in comparazione e del possesso, accertato in tempi e luoghi non coincidenti con la consumazione dei reati in contestazione, da parte del prevenuto dell’autovettura Fiat Stilo, senza aver considerato, pur dando atto della mancanza di condizioni adeguate per pervenire ad un riconoscimento facciale di assoluta certezza probatoria, la maggiore attendibilità scientifica dell’elaborato redatto dal perito di parte, pervenut conclusioni opposte e senza aver disposto una perizia antropometrica parametrizzata al fine di superare il contrasto tra le due diverse prospettazioni;
4.2. la manifesta illogicità motivazionale sconfinante nel travisamento della prova per aver ritenuto, ai fini dell’affermazione di responsabilità per il reato di al capo B), che il soggetto alla guida della Peugeot contenente il carico di stupefacente, con cui interloquiva il COGNOME, appellato con il nome di “NOME” fosse il COGNOME, rilevando che invece il suddetto nomignolo, non appartenente all’imputato, fosse stato indicato solo nella stesura dell’intercettazione in corso trascrizione e nella correlata richiesta di proroga e non in quella definitiva dov
veniva chiamato “guagliò”, rielaborazione questa priva, secondo la difesa, di qualsivoglia aggancio probatorio non essendo stati indicati gli atti comprovanti l’errore in cui sarebbero incorsi gli estensori della richiesta di proroga tenuto con che “NOME” figurava in numerose altre conversazioni telefoniche; contesta in ogni caso che potesse essere elevato a riscontro di tale arbitraria conclusione la circostanza che l’imputato non avesse giustificato la sua presenza in Italia, attribuendosi in tal modo al “diritto al silenzio” una valenza non consentita;
4.3. il sovvertimento dell’onere probatorio in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo C) per aver tratto la relativa dimostrazio da una prova negativa, ovverosia dalla rinuncia della difesa a sentire il proprietario della Fiat Stilo così da chiarire le ragioni per le quali l’auto fosse nella disponib del Mustafà e i rapporti intercorrenti tra costoro trattandosi di circostanza, laddov in ogni caso la Corte di appello avrebbe potuto esercitare d’ufficio i suoi poteri rinnovazione istruttoria disponendo l’audizione del teste come del resto richiestole con l’atto di appello; osserva in ogni caso come a sostegno dell’irrilevanza del possesso di fatto della vettura militasse la pronuncia di assoluzione dell’imputato resa dal Gup del Tribunale di Lecce all’esito di un separato procedimento nei confronti del medesimo COGNOME avente ad oggetto traffici di stupefacenti anch’essi caratterizzati dalla presenza del veicolo suddetto;
4.4. il vizio di violazione di legge riferito all’art. 74 d.P.R. 309/1990 e il motivazionale in ordine sia alla configurabilità dell’associazione articolando censure dello stesso tenore di quelle formulate dal COGNOME e dal COGNOME, sia alla sua intraneità rilevando come la brevità dell’arco temporale pari a soli du mesi in cui si era registrata la presenza dell’imputato, le mansioni esclusivamente operative affidategli e la mancanza di rapporti con gli altri sodali ad eccezion del solo COGNOME consentissero di parificare la sua posizione a quella del COGNOME ritenuto estraneo alla consorteria criminosa, non potendosi la condotta di partecipazione ritenersi integrata dalla disponibilità manifestata nei confronti di u singolo associato;
4.5. il vizio di violazione di legge e il vizio motivazionale in ordine al trattamento sanzionatorio contestando sia il diniego delle attenuanti generiche in regime di prevalenza con le contestate aggravanti senza che si fossero considerati gli elementi di segno positivo indicati dalla difesa, quali la condotta processual dell’imputato, l’assenza di ulteriori pendenze giudiziali, il ruolo marginale da cost ricoperto e la brevità del suo operato all’interno del sodalizio, sia gli aumen indifferenziati applicati ai fini della continuazione per i reati di cui ai capi A malgrado il diverso regime sanzionatorio.
Con memoria in data 25.3.2024 i difensori di NOME COGNOME hanno articolato un ulteriore motivo in ordine all’identificazione del ricorrente qu autore dei reati in contestazione deducendo il vizio di violazione di legge riferi
all’art. 238 bis cod. proc. pen. e il vizio motivazionale in ragione della natu soltanto apparente delle argomentazioni rese. Rilevano che l’ulteriore elemento rispetto alle conclusioni del perito del PM su cui era fondata la asserita certezza dell’identificazione, ovverosia il fatto che si trattasse dello stesso soggetto trova alla guida della Fiat Stilo grigia ripresa in plurimi video come l’auto utilizzata p reati in questione, era contraddetto dall’esito assolutorio del separato procedimento definito con sentenza irrevocabile del Tribunale di Lecce (n.510/2022) in relazione ai tre reati ivi contestati ai capi 3, 4 e 8, commessi data 11.10.2017, 14.12.2017 e in data antecedente e prossima al 25.2.2018, essendo stato affermato in tale pronuncia che non si potesse ritenere risolutiva ai fini della sua identificazione, non essendo stato rilevato il volto del guidatore, circostanza che il COGNOME fosse stato trovato alla guida della suddetta autovettura alcuni mesi dopo i fatti, essendo notorio che negli ambienti orbitanti intorno alla criminalità le automobili sono condivise da più soggetti. Deducono altresì in relazione al reato di cui al capo E) il travisamento della prova risultando dall richiesta di proroga delle intercettazioni, sulla base delle trascrizioni della PG, c l’uomo, di origine albanese, incontrato dal COGNOME fosse stato appellato come NOME: sostengono perciò che meramente congetturale risulti l’affermazione della Corte di appello secondo cui la PG sarebbe stata indotta in errore nel trascrivere il dialogo che era stato al contrario ascoltato dagli operatori i quali peralt avanzavano dubbi sulla nazionalità dell’ignoto interlocutore definendolo come “un uomo dall’accento verosimilmente albanese”, così come fondate su un indinnostrato sillogismo con il reato del 30 gennaio 2018 risultava l’identificazione dell’imputato cui i giudici di appello erano pervenuti al di là delle risultanze de richiesta di proroga delle intercettazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Potendosi procedere nella disamina dei singoli motivi di doglianza alla trattazione congiunta delle censure fra loro sovrapponibili, deve essere in primo luogo rilevata l’infondatezza delle contestazioni rivolte alla configurabilità delitto associativo, comuni a tutti e tre i ricorsi.
La giurisprudenza di questa Corte ha individuato gli elementi qualificanti dell’associazione finalizzata al narcotraffico, ritenendo che la stessa si caratterizzata da tre fondamentali elementi, costituiti: a)- da un vincol associativo tendenzialmente permanente, o comunque stabile, da realizzare attraverso il coordinamento degli apporti personali e destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati; b)- dall’indeterminatezza del programma criminoso, che distingue il reato associativo dall’accordo che sorregge il concorso di persone nel reato; c)- dall’esistenza di una struttura
o
organizzativa, sia pur minima, ma idonea e soprattutto adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira, in cui ciascun associato, a conoscenza quantomeno dei tratti essenziali del sodalizio, si metta stabilmente a disposizione di quest’ultimo fornendo il proprio contributo personale (cfr., ex plurimis, Sez. 6 n. 7387 del 3/12/2013, Pompei, Rv. 258796; Sez. 6, n. 7187 del 27/11/2003, COGNOME, Rv. 228600, Sez. 3, n. 34678 del 06/07/2005, COGNOME, Rv. 232473).
Alla luce di tale premessa ermeneutica di cui la Corte pugliese ha effettuato puntuale declinazione evidenziando una pluralità di elementi sintomatici dell’esistenza del sodalizio criminoso tra i coimputati, costituito un’organizzazione verticistica facente capo al titolare dell’utenza telefonica indicata in sentenza, dietro le cui direttive operavano i tre ricorrenti con funzio organizzative del sottobosco di volta in volta assoldato per le attività di traspor e di smercio della droga importata dall’Albania, nonché quanto al COGNOME anche di depositario delle sostanze stupefacenti, le doglianze difensive, lungi dal focalizzare gli elementi costitutivi dell’associazione, si appuntano, avvitandosi intorno alla pretesa carenza di alcuni degli indicatori di una sottostante associazione ovvero alla premessa metodologica secondo la quale l’esistenza di quest’ultima è stata desunta dall’analisi dei reati fine, sul giudizio valutat effettuato dalla sentenza impugnata, senza comunque individuare una qualsivoglia frattura o deficit del percorso logico argomentativo ivi sviluppato.
Premesso che ai fini della configurabilità dell’associazione finalizzata al traffic illecito di sostanze stupefacenti, non è richiesto un patto espresso fra gli associat potendo desumersi la prova del vincolo dalle modalità esecutive dei reati-fine e dalla loro ripetitività, dalla natura dei rapporti tra i loro autori, dalla riparti compiti e ruoli fra i vari soggetti in vista del raggiungimento del comune obiettiv di effettuare attività di commercio di droga (Sez. 6, Sentenza n. 9061 del 24/09/2012 – dep. 25/02/2013, COGNOME, Rv. 255312), non colgono nel segno le censure volte a stigmatizzare l’assenza di una cassa comune o la mancata partecipazione agli utili da parte dei singoli componenti o, ancora, di legami con specifiche aree territoriali sulle quali esercitare un controllo attraverso la rivend della merce al dettaglio, non essendo necessario che ricorrano congiuntamente tutti gli indicatori individuati dalla copiosa elaborazione giurisprudenziale, ten conto che le configurazioni delle possibili compagini associative nel campo degli stupefacenti non si conformano nella realtà fenomenica ad un unico modello, ma si plasmano diversamente a seconda della tipologia di traffico praticato, dell’ampiezza del settore di mercato occupato, così come della natura complessa ovvero soltanto rudimentale della struttura organizzativa che di volta in volta possono assumere.
Emerge dalla analitica ricostruzione delle sentenze di merito che nel caso di specie non si è in presenza di un sodalizio dedito allo smercio dello stupefacente
su piazza, conformazione questa che certamente avrebbe richiesto il dominio di un’area geograficamente localizzata così come pretendono le difese, quanto invece di una consorteria strutturata al fine di importare dall’Albania, ove i soda avevano stabili contatti, droga di varia tipologia per poi smerciarla in grandi parti in diverse parti d’Italia, così come si evince dai reati fine, alla luce dalle plu intercettazioni passate in rassegna, nonché dei sequestri tutti aventi ad oggetto ingenti quantitativi di stupefacente che, in quanto susseguitisi in un ristretto ar temporale, sono di per sè indicativi dell’ampia capacità organizzativa e di una collaudata professionalità. E se è vero che deve sussistere, ai fini della sua operatività, una qualche forma di finanziamento per gli approvvigionamenti che l’associazione si prefigge di acquisire in conformità al programma criminoso che, come in ogni consorteria, ha ad oggetto un numero indeterminato di attività delittuose, è chiaro che nel caso di specie tale aspetto non possa essere emerso, essendo rimasta ignota l’identità del dominus posto al suo vertice, menzionato soltanto come “l’utilizzatore dell’utenza albanese” espressamente indicata, senza che tuttavia la sua mancata identificazione abbia impedito di far venire alla luce la articolazione sottostante.
Del resto, la Corte territoriale evidenzia con rigorosa coerenza argomentativa la sussistenza di indici inequivoci di una struttura organizzativa che proprio perché dedita all’importazione e allo smercio di merce cd. “all’ingrosso” necessitava di ben pochi elementi per la sua concreta operatività, nella specie costituiti da telefoni e utenze dedicate e da luoghi per il ricovero e/o il deposito delle partite di drog acquisite e destinate al successivo smercio, cui si aggiunge la disponibilità di autovetture utilizzate per il trasporto che, in ragione delle ovvie esigenze d clandestinità, risultavano rigorosamente intestate a soggetti terzi.
Anche con riferimento al pactum sceleris le dispiegate censure, di natura squisitamente contestativa, non scalfiscono i plurimi ed univoci elementi da cui è stata desunta l’esistenza di uno stabile accordo: sono invero i protocolli collaudat nel compimento delle singole operazioni, l’incessante susseguirsi degli approvvigionamenti ) le capacità di provvedere all’immediata sostituzione dei corrieri, in caso di impedimenti o di arresti di taluno di essi, a nulla rilevando costoro non fossero partecipi del sodalizio ma rispondendo al contrario tale caratteristica alla tipologia dello smercio destinato a luoghi sempre diversi, diversificazione dei compiti tra i tre imputati – il COGNOME essendo incarica di provvedere allo stoccaggio e alla custodia della droga importata, il COGNOME occupandosi dello smistamento dei carichi e delle vendite e il COGNOME facendosi carico di mantenere i contatti con i fornitori albanesi e dei trasporti provvedendo sia a reclutare i corrieri che ad effettuarli quando necessario personalmente -, gl indicatori analiticamente messi in luce dalla sentenza impugnata.
E se risponde al consolidato orientamento giurisprudenziale il principio secondo cui la prova del vincolo permanente, nascente dall’accordo associativo, può essere desunta dall’accertamento di “facta concludentia” (Sez. 5, Sentenza n. 8033 del 15/11/2012, COGNOME, Rv. 255207; Sez. 3, Sentenza n. 47291 del 11/06/2021, COGNOME, Rv. 282610), deriva d’altra parte proprio dalla rilevata comunanza di scopo, dalla permanenza del vincolo tra i suoi componenti e dalla progettata commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti il tratto distintivo del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. 309 1990, rispett fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti, cui le difese vorrebbero ricondurre il reato in contestazione senza confrontarsi con gli elementi diffusamente passati in rassegna da entrambi i giudici di merito.
2. In ordine agli ulteriori motivi articolati dalle varie difese che, in qu concernenti l’affermazione di responsabilità dei rispettivi assistiti, devono esser necessariamente passati singolarmente in rassegna, occorre premettere che la quasi totalità di essi sono accomunati dalla natura essenzialmente valutativa delle dispiegate censure, rivolte cioè all’apprezzamento delle risultanze istruttorie reso dai giudici del gravame nel corretto esercizio della propria discrezionalità in quanto controbilanciato da adeguata e coerente motivazione. Invero, secondo i principi consolidati di questa Corte, la sentenza non può essere annullata sulla base di mere prospettazioni alternative che si risolvano in una rilettura orientata degl elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferi rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, perché considerati maggiormente plausibili, o perché assertivamente ritenuti dotati di una migliore capacit esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzat Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, rv. 234148).
Il controllo della logicità della motivazione che spetta a questa Corte attiene, infatti, unicamente alla coerenza strutturale della decisione di cui va saggiata l tenuta sotto il profilo logico-argomentativo e, come tale, è limitato alla verif della rispondenza dell’atto impugnato ai due requisiti che lo rendono insindacabile, ovverosia l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, esulando perciò dal sindacato di legittimità la ricostruzione fatti e l’apprezzamento della prova da parte del giudice di merito (Sez. 2, Sentenza n. 21644 del 13/02/2013, COGNOME, Rv. 255542). In altri termini affinchè il vizio lamentato sia deducibile in sede di legittimità occorre dimostrare che il test del provvedimento impugnato è manifestamente carente di motivazione e/o di logica e non già opporre alla logica valutazione effettuata dal giudice di merito una
diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. Un. Di Francesco Rv. 205621). D’altra parte, in tanto è consentita alla Corte di Cassazione la disamina delle prove in quanto ne venga dedotto il travisamento, vizio configurabile esclusivamente quando si introduce nel processo una informazione che non esiste o si adduca un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, o si ometta la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia.
Discende da tali premesse che: a) il vizio di motivazione non può essere utilizzato per spingere l’indagine di legittimità oltre il testo del provvediment impugnato, nemmeno quando ciò sa strumentale ad una diversa ricomposizione del quadro probatorio che secondo gli auspici del ricorrente, miri ad una decisione diversa da quella impugnata; b) oggetto di cognizione in sede di legittimità non è il fatto come ricostruibile in base alle prove in fase di merito, bensì come ricostruito nel provvedimento impugnato; c) l’esame delle prove può avere luogo solo quando se ne deduca il travisamento purchè l’atto processuale sia allegato al ricorso o ne venga trascritto integralmente il contenuto e possa scardinare la tenuta logica del provvedimento gravato; d) il vizio di illogicità, ove invocato, deve essere manifesto, non valendo la prospettazione di ricostruzioni e valutazioni alternative del medesimo fatto
Nella statuizione di inammissibilità incorrono certamente le doglianze articolate dal COGNOME nella seconda parte del primo motivo in ordine alla sua partecipazione all’associazione.
Se il ruolo di stabile depositario e custode della droga detenuta in luoghi ben noti agli altri sodali giustifica la mancanza di intercettazioni a suo carico, non pu d’altra parte ritenersi che la suddetta conclusione possa essere inficiata dalle contestazioni articolate in ordine al mancato rinvenimento di droga all’esito delle perquisizioni compiute nei box nella sua disponibilità, dal quale secondo la prospettazione accusatoria la droga è stata prelevata e caricata sulle auto utilizzate per il trasporto finale agli acquirenti in occasione di ben tre dei quatt reati-fine accertati. Inopinatamente la difesa ripropone in questa sede la medesima censura formulata con l’atto di appello, tralasciando il puntuale e dirimente rilievo dei giudici distrettuali in ordine al fatto che le perquisiz richiamate erano tutte ampiamente successive rispetto ai reati in contestazione che, valutato congiuntamente alla presenza dell’imputato ogni volta sui luoghi, ripreso nell’atto di caricare la merce nell’auto oppure intercettato nel compimento di tale condotta o comunque nel dare precise indicazioni ai suoi complici nell’identificazione dell’autorimessa di interesse, non consente di ritenere l’accertamento della sua intraneità al sodalizio, così come dell’utilizzazione di tal locali per l’occultamento dello stupefacente acquisito dal gruppo e destinato alla successiva rivendita, affett0 da alcuna manifesta illogicità.
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Ad analoga sorte si destinano le doglianze articolate con il terzo motivo dal COGNOME che vorrebbe vedere annullata la sua partecipazione all’associazione in ragione del ruolo ivi ricoperto quale corriere analogamente a quello dei coimputati COGNOME e COGNOME che erano stati ritenuti estranei al gruppo. Tuttavia la difesa non si confronta con le concomitanti funzioni di pianificazione delle attività degli altri coimputati e di interlocutore diretto dei fornitori albanesi, attività pur avendo comportato la derubricazione della sua posizione da organizzatore a mero partecipe proprio in ragione delle complementari mansioni esecutive svolte in occasione dei trasporti di merce che si rendevano necessari, devono ritenersi ampiamente sintomatiche della sua adesione al patto associativo e del suo stabile inserimento all’interno del sodalizio criminoso.
Ampiamente generiche risultano altresì le doglianze articolate con il primo motivo dal COGNOME in ordine alla sua responsabilità per il reato sub B) che non può per il sol fatto delle diverse modalità che avevano caratterizzato l’importazione della sostanza stupefacente rispetto agli altri reati-fine condurre al vizi motivazionale lamentato dalla difesa.
Plurime ed univoche sono, per contro, le risultanze istruttorie che, ricomposte in un quadro coerente ed organico, vengono assemblate dai giudici di merito nella dimostrazione del pieno coinvolgimento dell’imputato nell’operazione criminosa, fondato sulla contemporanea presenza del prevenuto e dello COGNOME in Albania, senza che quest’ultimo avesse saputo fornire alcuna plausibile giustificazione del suo viaggio, effettuato su richiesta del COGNOME che, a sua detta, voleva la sua compagnia senza che egli lo avesse invece mai incontrato, sulla precarietà delle condizioni economiche dello COGNOME non compatibili con un viaggio di piacere all’estero, sul rinvenimento nella cabina occupata dallo COGNOME di un panetto di eroina della stessa qualità degli altri undici panetti trovati dopo il suo sbarco nella sua abitazione, sulla disponibilità da parte de COGNOME dell’auto dello COGNOME entrata ed uscita dall’area portuale di Bari in concomitanza con la partenza e l’arrivo del primo, sui contatti telefonici intrattenuti dal COGNOME con i fornitori albanesi prima dell’arresto dell COGNOME, sui pregressi rapporti tra i due e sui precedenti viaggi compiuti da entrambi nella terra oltre Adriatico pur utilizzando la medesima cautela del viaggio in contestazione, ovverosia avendo evitato di far coincidere le rispettive partenze. A fronte di tale composito quadro probatorio, il ricorrente non offre la necessaria rappresentazione e dimostrazione di alcuna evidenza, pretermessa ovvero infedelmente riprodotta dal giudicante, di per sé dotata di univoca ed immediata valenza esplicativa, tale cioè da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della sentenza gravata in ragione dell’intrinseca incompatibilità degli enunciati, ma si limita ad articolare censure parte meramente contestative in parte fattuali, volte solo ad ottenere una
rivalutazione di elementi già adeguatamente passati in rassegna dalla Corte di appello.
Quanto alla circostanza che il Tribunale abbia ritenuto di acquisire documentazione per verificare i rapporti tra il COGNOME e l’avv. COGNOME, oggetto del secondo motivo, nulla viene dedotto sulla rilevanza, fermamente esclusa dalla Corte di appello, della suddetta documentazione, restando la dispiegata censura relegata ad un piano di assoluta genericità.
Passando alla disamina del ricorso del COGNOME, inammissibili risultano le doglianze sulla sua identificazione fondate sulla riproduzione dei rilievi formulati dal consulente della difesa sulla assunta incompatibilità tra i fotogrammi riportati nell’informativa di reato e i caratteri fisiognomici dell’imputato, oggetto del prim motivo di ricorso.
Quanto al vizio di violazione di legge riferito all’art. 192 cod. proc. pen. dev ribadirsi che è inammissibile il motivo in cui si deduca la violazione dell’art. 19 cod. proc. pen. per censurare l’omessa o erronea valutazione di ogni elemento di prova acquisito o acquisibile, in una prospettiva atomistica ed indipendentemente da un raffronto con il complessivo quadro istruttorio, in quanto i limit all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui all’art. 606, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità. (Sez. U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 04). E ciò in quanto non solo la specificità del motivo di cui all’art. 606 comma 1, lett. e), dettato in tema di ricorso per cassazione al fine di definirne l’ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude che l’ambito della predetta disposizione possa essere dilatato per effetto delle citate regole processuali concernenti la motivazione’ ma altresì perché la deducibilità per cassazione è ammissibile solo per la violazione di norme processuali “stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza”, sia perché la puntuale indicazione di cui alla lettera e) ricollega a tale limite ogni vizio motivazionale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto invece al vizio motivazionale le dispiegate censure, lungi dall’ individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, che deve non solo essere identificabile come illogicità manifesta della motivazione o come omissione argomentativa, ma deve rivestire altresì valenza decisiva, si risolvono nel mero dissenso valutativo dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie compiuto dai giudici distrettuali. La censura così come formulata è inammissibile non potendo essere contestata la preminenza attribuita sul piano scientifico éll’elaborato del consulente tecnico del PM d’ufficio rispetto quella del perito di parte, trattandosi di apprezzamento supportato da idonea a diffusa motivazione con la quale vengono evidenziate, oltre alle incongruenze tra
le concessioni poste in premessa e le deduzioni finali, la laconicità delle differenti conclusioni del perito di parte e soprattutto la mancanza di confronto con le “percentuali di afferenza” compiutamente argomentate anche sul piano matematico e comunque saldamente ancorate a basi scientifiche dal Prof. COGNOME per pervenire al giudizio di forte compatibilità tra i caratteri somatici del sogget ripreso dalle telecamere e l’imputato. Giudizio quest’ultimo che in ogni caso non viene supinamente recepito, essendo accompagnato dall’accertamento compiuto in concreto dai giudici del gravame che evidenziano con compiutezza di ragionamento il carattere particolarmente sporgente delle orecchie dell’imputato, la peculiare attaccatura dei capelli denominata in gergo “picco della vedova” nonché l’identità dei capi di abbigliamento indossati tanto nei videograrnmi quanto nelle fotografie ritraenti il prevenuto, tutti elementi deponenti nel sens dell’identità tra le differenti immagini e con le caratteristiche dell’imputato
Manifestamente infondate risultano altresì le contestazioni articolate dalla difesa con i motivi aggiunti, strettamente connessi al motivo in disamina, le quali fanno leva sulla pronuncia di assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto emessa con sentenza irrevocabile dal Tribunale di Lecce n.510/2022 essendo anche in tale procedimento sorta questione sull’identificazione del Mustafà con il guidatore della Fiat Stilo grigia.
Del tutto coerente deve ritenersi l’irrilevanza della suddetta assoluzione ritenuta dalla Corte di appello. Al di là del rilievo che trattasi di un div procedimento su reati autonomi e distinti da quelli sub judice, deve in ogni caso evidenziarsi come ben diversi fossero in quel giudizio gli elementi posti a base del riconoscimento del prevenuto, esaurendosi nei soli video ritraenti, a vari mesi di distanza dalle date dei commessi reati, la suddetta autovettura: risultanza questa che è stata ritenuta insufficiente in quel giudizio ad affermare la responsabilità de prevenuto. Al contrario nel procedimento in esame non soltanto le videoriprese risultano effettuate a pochissimi giorni di distanza dall’ultimo delitto contestazione, risalendo il reato sub H) alla data dell’11.4.2018, ma in ogni caso sono state ritenute elementi di ulteriore riscontro rispetto alle conclusioni perita come sopra esaminate.
7. Inammissibile in ragione della sua genericità è anche il secondo motivo che non supera né i plurimi riscontri sulla presenza del COGNOME, appenafientrato dall’Albania / nei luoghi in cui si sono svolte le condotte criminose di cui al capo B) del procedimento riunito, e segnatamente a Trani in prossimità del box di proprietà del COGNOME a bordo della vettura su cui veniva caricata la merce, né l’erroneità della trascrizione del nominativo “NOME” con cui sarebbe stato apostrofato dal COGNOME, venendo messo compiutamente in evidenza dalla sentenza impugnata come si trattasse di una trascrizione provvisoria delle intercettazioni eseguite, puntualmente eliminata nella stesura definitiva (e non
già sostituita con il termine “guagliò”, come inopinatamente assume ora la difesa, venendo solo chiarito dalla Corte barese che l’appellativo “guagliò”, figurante nella precedente parte della conversazione intercettata, era l’unico con cui il COGNOME si rivolgeva al COGNOME), fermo restando che l’NOME che aveva generato la confusione si trovava in quel periodo in Albania.
Alla stessa sorte non si sottrae neanche il terzo motivo.
Al riguardo è sufficiente rilevare che la completezza e la piena affidabilità logica dei risultati del ragionamento probatorio seguito dalla Corte territoriale giustificano la decisione contraria alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale sul riliev che, nel giudizio di appello, essa costituisce, per consolidato indirizzo ermeneutico, un istituto eccezionale fondato sulla presunzione che l’indagine istruttoria sia stata esauriente con le acquisizioni del dibattimento di primo grado, sicché il potere del Giudice di disporre la rinnovazione è subordinato alla rigorosa condizione che egli ritenga, contro la predetta presunzione, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (per tutte, Sez. U, n. 2780 del 24 gennaio 1996, COGNOME, Rv. 203974 e Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 – dep. 25/03/2016, COGNOME, Rv. 266820). Siffatta impossibilità può sussistere solo quando i dati probatori siano incerti ed in tal senso l’incombente richiesto deve, per superare il vaglio di ammissibilità, rivestire valenza decisiva o perché idoneo a superare tale incertezza o perché volto a scardinare l’impianto probatorio già acquisito.
Dovendo la valutazione della decisività essere compiuta in concreto, sulla base di un giudizio ex ante che ne evidenzi le potenzialità di ribaltamento degli altr elementi probatori utilizzati elidendone l’efficacia dimostrativa ovvero superando i contrasti emergenti dal già acquisito quadro istruttorio, occorre rilevare che le deduzioni difensive non offrono argomenti idonei a suffragare quale valenza dirimente rivestissero le ragioni per le quali l’imputato si trovasse in possesso di un’auto di proprietà di un terzo, circostanza questa in punto di fatto pacifica, tant più alla luce del fatto che tutti gli imputati erano soliti utilizzare per il tra della droga vetture cautelativamente intestate ad altri soggetti.
9. Quanto, infine, all’intraneità del COGNOME al sodalizio criminoso, neanche in tal caso le doglianze difensive riescono ad evidenziare il carattere decisivo dei rilievi effettuati, non valendo ad inficiare il ragionamento probatorio seguito da giudici di merito né la limitata durata delle indagini, protrattesi comunque per un arco temporale significativo ad evidenziare il contributo fattivamente prestato dall’imputato all’operatività dell’associazione stante la sua partecipazione ad operazioni aventi ad oggetto quantitativi ingenti di droga, né l’asserit intrattenimento di rapporti con il solo COGNOME dovendosi invece considerare che si trattava di forme di interazione, niente affatto occasionali, nell’ambito di u gruppo organizzato e non di relazioni di tipo diretto ed immediato, oltre al fatto che in relazione al reato sub B) del procedimento riunito egli ha collaborato anche
con il COGNOME né le mansioni meramente esecutive svolte che nulla levano alla delicatezza delle operazioni cui prendeva parte e al rapporto fiduciario intrattenuto con gli altri sodali.
Le censure risultano in ogni caso ampiamente generiche al cospetto di una motivazione che mette pienamente in luce, con solidi riferimenti probatori, costituiti dal contenuto delle conversazioni intercettate e delle videoriprese acquisite, gli elementi costitutivi del reato, ovverosia la durevole comunanza di scopo, il ruolo rivestito al suo interno e il contributo fattivamente prestato al dinamiche operative dell’associazione.
10. In ordine al trattamento sanzionatorio censurato da tutti e tre gli imputati con contestazioni fra loro sovrapponibili deve rilevarsi, quanto alla quantificazione della pena-base, che il discostamento dal minimo edittale, pur ridotto rispetto a quello determinato dal Tribunale in accoglimento dei corrispondenti motivi di gravame in ragione della condizione di incensuratezza degli imputati, risulta ampiamente motivato con la valorizzazione di elementi rivelatori della gravità del fatto, quali il dato quantitativo dello stupefacente di volta in volta movimentato le modalità professionali dei traffici e il contesto organizzato di matric internazionale, operando i prevenuti tra l’Italia e l’Albania dalla quale proveniva l merce importata sul territorio nazionale. A fronte di tale puntuale motivazione, che di per sé costituisce la compiuta rappresentazione di un corretto uso del potere discrezionale, le censure difensive rivelano tutta la loro inconsistenza non venendo indicato alcun parametro che il Giudice del merito avrebbe dovuto valutare e che invece non ha esaminato per un maggiore contenimento della misura sanzionatoria inflitta, considerato che sono inammissibili le doglianze che, nel giudizio di cassazione, mirino ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Cass. sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Né può essere invocata, con riferimento all’ulteriore doglianza articolata dalla difesa del COGNOME, la disparità di trattamento sanzionatorio rispetto al coimputato COGNOME non venendo indicati, alla luce del principio sancito dall’art. 27 Cost. secondo il quale il trattamento penale è personale, gli elementi di perfetta sovrapponibilità delle due posizioni, o di supposta discriminazione, in ordine alla determinazione della pena con la specificità che il motivo di impugnazione necessariamente richiede, plurimi essendo gli elementi che concorrono alla sua determinazione, dall’entità del contributo fornito al sodalizio criminoso ai profi strettamente attinenti alla personalità del singolo, fermo restando che, essendo stato il concorrente giudicato in un procedimento separato, l’autonomia dei giudizi non consente di ravvisare alla radice il vizio motivazionale che non può che essere interno allo stesso provvedimento impugnato.
o
Ad analoga statuizione si destinano le contestazioni in ordine agli aumenti fissati ai fini della continuazione, rimasti immutati a quelli indicati dal giudic
prime cure, senza che nessuna doglianza specifica fosse stata articolata sul punto con i motivi di appello essendosi i ricorrenti limitati a richiedere nei rispettivi
di gravame la riduzione, sic et simpliciter, degli aumenti applicati ai sensi dell’art.81 cod. pen.., senza alcuna indicazione delle ragioni sottostanti alla
devoluta censura con puntuale indicazione degli elementi idonei al suo accoglimento. Va al riguardo ribadito che il difetto di motivazione della sentenza
di appello in ordine a motivi generici, seppur proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per cassazione, poiché i motivi
generici restano viziati da inammissibilità originaria, quand’anche il giudice dell’impugnazione non abbia pronunciato in concreto tale sanzione (Sez. 5,
Sentenza n. 44201 del 29/09/2022, Testa, Rv. 283808; Sez. 3, Sentenza n. 10709
del 25/11/2014, COGNOME Rv. 262700)
Neppure di alcuna censura è passibile la conferma del giudizio di bilanciamento, che non solo non presenta alcuna contraddittorietà rispetto alla
diminuzione della pena, stante il diverso risultato cui sarebbe approdato il trattamento sanzionatorio finale con il riconoscimento del regime di prevalenza delle attenuanti generiche sulle ritenute aggravanti, ma che comunque non risulta supportato nella richiesta rivolta alla Corte distrettuale da alcuna specificità, ta non potendosi ritenere l’addotto ruolo marginale del singolo imputato sconfessato dal complessivo tessuto motivazionale della sentenza impugnata nonché di per sé incompatibile con il delitto associativo: va infatti rilevato che il giudice di me non è tenuto a specificare le ragioni che hanno indotto a dichiarare la equivalenza piuttosto che la prevalenza, a meno che non vi sia stata una specifica richiesta della parte, con indicazione di circostanze di fatto tali da legittimare la richies stessa (Sez. 7, n. 11210 del 20/10/2017 – dep. 13/03/2018, Z, Rv. 272460).
I ricorsi devono essere in conclusione rigettati, seguendo a tale esito l’onere delle spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali Così deciso in data 30.5.2024