Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30559 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30559 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 23/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato ad Avellino il 01/06/1985
avverso l’ordinanza emessa il 28/04/2025 dal Tribunale di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28 aprile 2025 il Tribunale di Napoli ha confermato il provvedimento emesso il 31 marzo 2025 dal Giudice per le indagini preliminari della stessa città, con cui è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere a NOME COGNOME indagato per i reati di cui all’art. 74, comma 2, d.P.R. n. 309/1990, così qualificata la condotta di cui al capo A) della rubrica, esclusa l’aggravante ex art. 74, comma 4, d.P.R. cit., e per i reati di cui agli artt.
110, 81 cpv. cod. pen., 73, commi 1 e 4, d.P.R. cit. (capo F) e agli artt. 110 cod. pen., 73, comma 1, d.P.R. cit. (capo L).
Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, che ha dedotto i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato la violazione di legge, perché il fatto contestato non integrerebbe gli estremi del delitto di partecipazione all’associazione, ma, al più, un’ipotesi di concorso di persone. La lettura delle conversazioni escluderebbe la commissione dei reati di cui ai capi F) e L) da parte del ricorrente. Questi, infatti, in occasione della condotta del 22 novembre 2022 (capo F), non sarebbe stato identificato dalla Polizia giudiziaria e dalle conversazioni del 22 e 24 novembre 2022 tra NOME COGNOME e suo zio NOME COGNOME si ricaverebbe solo che NOME COGNOME si sarebbe recato nell’abitazione di NOME COGNOME per la fornitura di hashish e per l’acquisto di cocaina. Con riguardo alla condotta di cui al capo L), commessa il 14 febbraio 2023, l’elemento, ritenuto decisivo, ma in realtà debole, sarebbe costituito dall’avere il ricorrente riferito che NOME COGNOME, per la consegna dello stupefacente, aveva chiesto 200 euro. Ad ogni modo, anche a volere ritenere la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati fine, la verifica operata dal Tribunale, sarebbe censurabile, poiché non sarebbe stata individuata una struttura organizzativa idonea a realizzare le finalità illecite perseguite dall’associazione di riferimento. La realizzazione del programma criminoso, sulla base della motivazione del provvedimento impugnato, sarebbe legata ad iniziative occasionali e personali di NOME COGNOME senza una progettualità di lungo termine e un relativo sostrato organizzativo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Con il secondo motivo ha dedotto la manifesta illogicità della motivazione in ordine all’adeguatezza della custodia cautelare in carcere. Il Tribunale non ha ritenuto ravvisabili, nel caso di specie, elementi idonei a giustificare la concessione degli arresti domiciliari, avendo valorizzato impropriamente la gravità dei fatti accertati, ritenuta assorbente, rispetto agli specifici elementi evidenziati dalla difesa, quali il fatto che la condotta del ricorrente si sarebbe arrestata al febbraio 2023 e, quindi, a due anni prima dell’applicazione della misura; la mancata successiva commissione di altre condotte illecite e la risalenza nel tempo (2006) delle due condanne riportate dal ricorrente. Peraltro, al momento dell’applicazione della misura (8 aprile 2025) il ricorrente svolgeva regolare e retribuita attività lavorativa e stava espiando la pena con la misura alternativa dell’affidamento in prova, concessa dal Tribunale di sorveglianza di Napoli il 22 novembre 2022, che aveva escluso collegamenti con la criminalità organizzata e specifici elementi significativi di pericolosità.
Il 22 luglio 2025 sono stati depositati motivi nuovi, con cui sono state sostanzialmente reiterate le deduzioni formulate nel ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto i motivi, in esso articolati, sono nel complesso infondati.
2. Il primo motivo non rientra tra quelli consentiti.
Secondo giurisprudenza consolidata, questa Corte non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari e all’adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è, cioè, circoscritto all’esame d contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia l congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (ex multis: Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828 – 01; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01).
Alla luce di siffatte coordinate ermeneutiche deve rilevarsi che l’ordinanza impugnata è immune da vizi, sindacabili in questa sede.
Il Tribunale ha osservato che dal materiale investigativo raccolto, diffusamente passato in rassegna, emergevano elementi sintomatici della presenza di un gruppo assolutamente coeso, che agisce per il perseguimento non occasionale ed episodico, ma stabile, di un programma delittuoso avente ad oggetto la commercializzazione di sostanze stupefacenti, con base operativa in Altavilla Irpina. In particolare, il Collegio della cautela ha sottolineato che l continuità e l’assoluta ripetitività dei rapporti illeciti fra i soggetti coinvol singoli episodi criminosi in materia di stupefacenti, la pluralità delle condotte delittuose realizzate, la stabilità dei vincoli delinquenziali, la finalizzazione d contatti allo svolgimento dell’attività delittuosa programmata, l’utilizzo di un linguaggio codificato, la presenza di un’organizzazione, sia pure rudimentale, di uomini e mezzi (dispositivi cellulari e sim card, intestate fittiziamente a soggetti extracomunitari) erano tutti elementi idonei a dimostrare in termini di gravità indiziaria la sussistenza e l’operatività del sodalizio criminoso contestato.
Il gruppo era guidato da NOME COGNOME che, benché detenuto, sovrintendeva all’attività illecita, tenendo i rapporti con i clienti, c acquistavano la droga all’ingrosso, e dettando le direttive da osservare
scrupolosamente nell’esecuzione delle singole operazioni di compravendita. Ciò grazie all’aiuto dei suoi stretti congiunti, ossia la moglie NOME COGNOME e il nipote NOME COGNOME che, liberi sul territorio, mantenevano i contatti con gli altri sodali e consentivano a questi di relazionarsi con lo stesso COGNOME.
Significativo è stato ritenuto il sequestro, eseguito presso l’abitazione di NOME COGNOME della somma di 252.000,00 euro, riferibile agli illeciti traffici connessi agli stupefacenti, come si evinceva dai dialoghi captati tra la donna e COGNOME e, segnatamente, dalle loro preoccupazioni che il danaro, facente parte della cassa e indispensabile per operare nuovi acquisti, potesse costituire oggetto di interventi repressivi e di sequestro da parte degli inquirenti. Il che testimoniava non solo le notevoli disponibilità finanziarie di cui l’organizzazione disponeva, ma anche il ruolo di cassiere svolto da NOME COGNOME almeno in costanza di detenzione del marito NOMECOGNOME
Sintomatice dell’esistenza del vincolo associativo è stata ritenuta anche l’assistenza legale fornita in caso di arresto.
Alla luce di quanto precede è evidente che entrambi i Giudici della cautela hanno posto a base della loro analisi il medesimo inquadramento della fattispecie e coerentemente hanno dato rilievo sul piano probatorio ad elementi effettivamente idonei a dimostrare l’esistenza di uno stabile sodalizio, dedito al narcotraffico. Nell’evidenziare dati, quali la reiterazione continua delle condotte di spaccio, l’esistenza di profili organizzativi, l’utilizzo di un linguaggio conosciuto dai sodali, i menzionati Giudici hanno valorizzato elementi legittimamente intesi come rappresentativi dell’operatività di un gruppo di soggetti, che agiva per il perseguimento non occasionale ed episodico, ma stabile, di un programma delittuoso, avente ad oggetto un numero indeterminato di reati in materia di stupefacenti. Ciò equivale alla puntuale rappresentazione di un’associazione per delinquere di cui all’art. 74 d.P.R. 309 del 1990.
2.1. Con particolare riferimento al ricorrente, il Tribunale ha evidenziato che gli elementi acquisiti dimostravano non solo la costante disponibilità dell’indagato, per un apprezzabile lasso temporale, a rifornire il gruppo criminoso di sostanze stupefacenti e a commercializzare le sostanze, ma anche gli stretti rapporti di affari intercorsi tra il ricorrente e NOME COGNOME direttamente o per il tramite del nipote. Il ricorrente era stato sempre disponibile per assicurare strumenti o persone e, inoltre, quando NOME COGNOME che fungeva da corriere per l’indagato, era stato arrestato, COGNOME aveva comunicato al nipote la paura di una contestazione per associazione a delinquere per tutto il gruppo e aveva fatto immediatamente riferimento allo stesso COGNOME temendo che anche quest’ultimo fosse ormai sottoposto ad intercettazione.
Il Tribunale ha aggiunto che il ricorrente aveva fornito un contributo significativo alla vita del sodalizio, anche assicurando la fornitura costante di schede telefoniche intestate a cittadini extracomunitari, che erano state di vitale importanza per la realizzazione del programma criminoso, in quanto avevano consentito a COGNOME e agli altri associati di conversare con utenze dedicate, al fine di eludere eventuali intercettazioni. Peraltro, COGNOME aveva incaricato il ricorrente di nominare un difensore a COGNOME circostanza sintomatica dell’assistenza legale fornita dal gruppo e della consapevolezza del ricorrente di contribuire al mantenimento dell’associazione e alla realizzazione del suo programma criminoso.
A fronte di siffatte argomentazioni, con cui il Tribunale ha adeguatamente illustrato le ragioni della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione del ricorrente al sodalizio, il medesimo ricorrente si è limitato a svilire la portata degli elementi valorizzati e a proporre una diversa valutazione degli stessi, non consentita in questa sede.
Il secondo motivo, con cui il ricorrente ha censurato l’applicazione della custodia cautelare in carcere, è infondato.
Al riguardo, il Tribunale ha richiamato la presunzione di pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., aggiungendo che non risultavano elementi da cui evincere un allontanamento dell’indagato dal contesto criminoso, in cui è inserito. Peraltro, le modalità della condotta, il pregnante contributo, fornito dal ricorrente, evidenziavano una significativa pericolosità, resa ancor più evidente dai precedenti specifici da cui il medesimo è gravato.
Il Tribunale ha aggiunto che la gravità dei fatti accertati e il contesto delinquenziale rendevano le misure meno afflittive palesemente inadeguate, compresi gli arresti donniciliari, anche con strumenti elettronici di controllo, giacché questi ultimi non consentono la localizzazione dei detenuti in ipotesi di allontanamento dal domicilio coatto, né segnalano eventuali violazioni delle prescrizioni connesse alla misura, come il divieto di comunicazione con persone estranee al nucleo familiare. A nulla rilevava che il ricorrente, all’atto di esecuzione della misura, fosse in espiazione pena con misura alternativa di affidamento in prova, trattandosi di istituto che si basa su presupposti diversi rispetto alla misura cautelare impugnata.
Siffatta motivazione, con cui il Collego della cautela, oltre a richiamare la presunzione dettata dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., ha desunto la sussistenza del pericolo attuale e concreto di recidiva dalla gravità delle condotte e dalla personalità dell’indagato, è congrua rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
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Non è superfluo ricordare, inoltre, che il Tribunale, nel ritenere persistenti le esigenze cautelari sulla base della prognosi positiva di commissione di reati
analoghi da parte del ricorrente, ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte, secondo cui, in tema di misure cautelari riguardanti il
reato di associazione finalizzata al narcotraffico, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha
ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti
criminali, che caratterizzano l’associazione di appartenenza, e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo
uno degli elementi rilevanti (Sez. 3, n. 16357 del 12/01/2021, PMT c/COGNOME,
Rv. 281293 – 01).
Valutazione, questa, che il Tribunale ha effettuato, giungendo all’anzidetta conclusione sulla base, come detto, non solo della presunzione di cui all’art. 275
cit. ma anche del difetto di elementi da cui evincere un allontanamento del
ricorrente dal gruppo e della «significativa» pericolosità sociale dell’indagato.
Con tale apparato giustificativo il ricorrente non si è adeguatamente confrontato, posto che, nella sostanza, si è limitato a contestare il ragionamento articolato dal Giudice del riesame, senza evidenziare, però, profili di effettiva illogicità.
Il rigetto del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria è onerata degli adempimenti di cui all’art. 94, comma iter, disp. attuaz. cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempinnenti di cui all’art. 94, comma 1ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 23 luglio 2025.