Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30399 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30399 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOMECOGNOME nato a San Bonifacio il 29/06/1968
Fabbro NOME nata in Bielorussia il 09/03/1976
avverso la sentenza del 01/07/2024 del la Corte d’appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; lette le conclusioni, per il ricorrente COGNOME, dell’Avv. NOME COGNOME che insiste per l’accoglimento del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 1 luglio 2024 , la Corte d’appello di Venezia ha confermato la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Verona del l’8 febbraio 202 1, che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato la penale responsabilità di NOME COGNOME e NOME COGNOME per il reato di cui agli artt. 81
cpv. cod. pen., 416 cod. pen. (capo a) e 2 d.lgs. n. 74 del 2000 (capi B e C), e li aveva condannati, rispettivamente, alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione e di due anni e otto mesi di reclusione, concesse le circostanze attenuanti generiche ed applicata la diminuente per il rito.
Secondo quanto ricostruito dai Giudici di merito, NOME COGNOME e NOME COGNOME avrebbero: 1) promosso ed organizzato un’associazione per delinquere finalizzata a realizzare una frode IVA, in particolare costituendo la società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , di cui erano amministratori di fatto, e poi avvalendosi di tre società ‘cartiere’, la RAGIONE_SOCIALE‘, la RAGIONE_SOCIALE‘ e la ‘RAGIONE_SOCIALE‘, le quali acquistavano prodotti petroliferi senza applicare l’IVA, in quanto dichiaravano falsamente lo status di esportatori abituali, quindi li rivendevano alla precisata ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ed infine non versavano l’IVA dovuta per tali cessioni, dal settembre 2018 e in permanenza (capo A); 2) indicato nella dichiarazione annuale IVA per l’anno d’imposta 2018, presentata il 17 aprile 2019, relati va alla società ‘RAGIONE_SOCIALE, di cui erano amministratori di fatto, elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse da RAGIONE_SOCIALE per un imponibile pari a 3.114.687,18 euro, e IVA pari a 685.231,18 euro (capo B); 3) indicato nella dichiarazione trimestrale IVA per il periodo d’imposta 1 gennaio 2019/31 marzo 2019, presentata il 22 maggio 2019, relativa alla società RAGIONE_SOCIALE, di cui erano amministratori di fatto, elementi passivi fittizi avv alendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse dalla RAGIONE_SOCIALE , RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, per un imponibile pari a 17.189.097,95 euro, e IVA pari a 3.781.601,549 euro (capo C).
Hanno presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia indicata in epigrafe NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME
Ha presentato memoria NOME COGNOME con atto a firma dell’Avv. NOME COGNOME
Il ricorso di NOME COGNOME è articolato in quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza di un’associazione per delinquere.
Si deduce che erroneamente la sentenza impugnata individua la «stabile organizzazione» dell’associazione per delinquere nella società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, in quanto la stessa intratteneva rapporti con numerosi altri fornitori, diversi dalle tre società ‘cartiere’. Si precisa che, come evidenziato nell’atto di appello, la RAGIONE_SOCIALE‘ ha ricevuto da fornitori diversi dalle tre ‘cartiere’ prodotti, nel 2018, pari a
tredici milioni e mezzo di euro, e, nel 2019, pari a dodici milioni e mezzo di euro, e che, come dichiarato dall’impiegata NOME COGNOME la RAGIONE_SOCIALE‘, tra il 2018 e il 2019, ha intrattenuto rapporti con circa quindici fornitori.
3.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza della qualifica di promotore dell’associazione delinquenziale in capo al ricorrente.
Si deduce che la sentenza impugnata incorre nel vizio di mancanza di motivazione sul punto, nonostante l’espressa doglianza formulata con l’atto di appello, perché offre alla stessa una risposta meramente assertiva. Si segnala che la Corte d’appello non indica con quali atti si sarebbe realizzato il ruolo organizzativo o dirigenziale dell’imputato. Si aggiunge che, con riferimento alla gestione delle ‘cartiere’, un ruolo apicale e predominante spetta a tale ‘Totò’, come riconosciuto dalla sentenza di primo grado.
3.3. Con il terzo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., avuto riguardo ancora alla ritenuta sussistenza di un’associazione per delinquere.
Si deduce che illegittimamente la Corte d’appello, ai fini dell’affermazione dell’esistenza di una struttura associativa, richiama la sentenza di primo grado, laddove aveva affermato: «sintomatica della intenzione di proseguire a tempo indeterminato nell’operatività delittuosa è l’individuazione della nuova cartiera RAGIONE_SOCIALE» (cfr. sentenza impugnata, pag. 20 e pag. 21). Si rileva, precisamente, che la sentenza impugnata non ha risposto alla censura formulata nell’atto di appello, la quale aveva denunciato l’illegittimità del richiamo alla creazione della società ‘RAGIONE_SOCIALE, quale azione indicativa della esistenza di un’organizzazione proiettata a commettere un numero indeterminato di delitti, siccome a detto ente non è effettuato alcun riferimento nei capi di imputazione.
3.4. Con il quarto motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza dell’avvenuta ‘retrocessione’ dell’IVA da parte delle società ‘cartiere’.
Si deduce che la sentenza impugnata ha omesso di rispondere alle censure esposte nell’atto di appello in ordine alla mancata prova delle ‘retrocessioni’ dell’IVA dalle società ‘cartiere’ ai gestori di ‘RAGIONE_SOCIALE‘. Si premette che l’omissione è rilevante perché la sentenza di primo grado ha individuato il ‘profitto’ realizzato dall’associazione per delinquere nella ‘retrocessione’ ai gestori di ‘RAGIONE_SOCIALE‘ dei versamenti IVA da questa effettuati. Si osserva, poi, che, dalle conversazioni intercettate, sebbene l’attività di captazione si sia protratta per sei mesi, risulta come la somma ‘retrocessa’ in contanti sarebbe pari a 35.000,00/40.000,00 euro, e che, però, tale importo è sproporzionato rispetto
all’evasione dell’IVA contestata e ritenuta, siccome pari a milioni di euro. Si aggiunge che del tutto apodittica è l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui le intercettazioni sono riuscite a dare dimostrazione di una parte soltanto dell’evasione dell’IVA effettivamente realizzata: la somma di cui è traccia nelle captazioni è marcatamente incongrua, per difetto, rispetto a quella che si assume oggetto di evasione e ‘retrocessione’.
Il ricorso di NOME COGNOME è articolato in tre motivi.
4.1. Con il primo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza della condotta di partecipazione ad un’associazione per delinquere.
Si deduce che la sentenza impugnata ha espresso una motivazione meramente assertiva per rispondere ai motivi di appello che contestavano l’affermazione della sussistenza della condotta di partecipazione ad un’associazione per delinquere con riguardo all’attuale ricorrente, perché si è limitata a fare rinvio alle osservazioni esposte in relazione alla posizione di NOME COGNOME sebbene i due si siano visti ascrivere ruoli diversi.
4.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza della qualifica di amministratrice di fatto.
Si deduce che la sentenza impugnata non indica elementi sintomatici dell’assunzione, da parte dell’attuale ricorrente, dell’incarico gestorio. Si precisa che, a norma dell’art. 2639 cod. civ., ai fini dell’attribuzione della qualifica di amministratore di fatto di una società, è necessaria la presenza gli elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società medesima. Si osserva che, nella specie, la Corte d’appello si limita a rilevare che le interlocuzioni della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ con le società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ erano effettuate dagli imputati con il fine di dare alle stesse una apparente regolarità; e null’altro aggiunge in ordine al compimento di atti gestori da parte dell’imputata.
4.3. Con il terzo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., in ordine alla determinazione della pena.
Si deduce che la sentenza impugnata ha confermato la pena irrogata con una motivazione di stile ed indifferenziata per tutti i reati in contestazione.
La memoria presentata nell’interesse del ricorrente NOME COGNOME in particolare, contesta le osservazioni esposte nella requisitoria del Procuratore generale della Corte di cassazione.
Si osserva, in particolare, che le censure esposte nel ricorso non si traducono in una rilettura nel merito della sentenza di appello, ma evidenziano, per i primi tre motivi, omesse risposte alle doglianze formulate nell’atto di gravame e, per il quarto motivo, il travisamento del dato relativo alle somme ‘retrocesse’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono entrambi inammissibili per le ragioni di seguito precisate.
Il ricorso di NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile perché espone censure prive di specificità e diverse da quelle consentite in sede di legittimità, o comunque manifestamente infondate.
2.1. Per ragioni di economia e chiarezza espositiva, è opportuno procedere all’esame delle censure in modo unitario.
Le doglianze formulate nel primo, nel terzo e nel quarto motivo, segnatamente, contestano la ritenuta sussistenza della associazione per delinquere di cui l’attuale ricorrente è stato r eputato esponente apicale, deducendo che gli elementi addotti dalla sentenza impugnata sono inidonei a fondare detta conclusione, in particolare perché la ‘RAGIONE_SOCIALE intratteneva rapporti con numerosi fornitori diversi dalle società ‘cartiere’, perché la costituzione della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ è dato non valorizzabile quale indizio, in quanto tale ditta è estranea a tutte le imputazioni, e perché le ‘retrocessioni’ di somme dalle società ‘cartiere’ alla ‘RAGIONE_SOCIALE sono state provate solo per importi enormemente minori rispetto a quelli oggetto di evasione.
Le doglianze esposte nel secondo motivo, invece, contestano la ritenuta sussistenza della qualifica apicale de ll’attuale ricorrente, deducendo, in particolare, l’assenza di indicazioni in ordine agli atti mediante i quali si sarebbe estrinsecato il ruolo organizzativo o dirigenziale del medesimo.
2.2. La sentenza impugnata indica una pluralità di elementi a fondamento delle proprie conclusioni in ordine alla sussistenza dell’associazione per delinquere di cui l’attuale ricorrente è stato ritenuto esponente apicale , nonché all’attribu zione al medesimo del ruolo di promotore e di organizzatore.
2.2.1. La Corte d’appello rappresenta, innanzitutto , che l’attività illecita ha il suo fulcro nelle operazioni della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, la quale era formalmente amministrata da NOME COGNOME ma di fatto gestita da NOME COGNOME e da NOME COGNOME e le cui quote erano nella titolarità della prima per il 98% e degli altri due per l’1% ciascuno, nell’ambito di un contesto di ‘frode carosello’.
Precisa che il meccanismo di ‘frode carosello’ era così articolato : a) ‘RAGIONE_SOCIALE ha acquistato consistenti partite di prodotti petroliferi , per diversi milioni di
euro, da ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , corrispondendo a queste l’IVA indicata nelle pertinenti fatture ; b) ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘, in precedenza, siccome si erano dichiarate soggetti ‘esportatori abituali’, avevano acquistato da terzi i precisati prodotti in regime di esenzione di IVA, e, però, invece di cederli fuori del territorio italiano, li hanno venduti a ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , con addebito d’IVA , incasso della stessa e correlativa assunzione dell’obbligo di corrispondere le somme all’Erario, ma non hanno versato alcunché, restando evasori totali; c) ‘RAGIONE_SOCIALE‘, all’esito di queste operazioni, avendo versato l’IVA a ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘RAGIONE_SOCIALE e ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ha portato le somme corrisposte a tale titolo in detrazione, ed ha inoltre ottenuto, in contanti, la ‘retrocessione’ di tali somme o comunque di parte di esse ad opera dei gestori di dette tre società.
Il Giudice di secondo grado, poi, rimarca in particolare che: a) NOME COGNOME, formale amministratrice di RAGIONE_SOCIALE non ha mai presentato dichiarazioni dei redditi, e risulta aver percepito esclusivamente modestissimi redditi da lavoro dipendente da società aventi sede presso lo stesso indirizzo in cui si trovava la sede operativa di RAGIONE_SOCIALE‘; b) P aolo COGNOME risulta percettore solo di redditi da fabbricati e di modestissimi redditi da lavoro dipendente; c) NOME COGNOME risulta percettrice di modestissimi redditi da lavoro dipendente; d) ‘RAGIONE_SOCIALE‘ è passata nel volgere di un biennio, in concomit anza con gli acquisiti da ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘, da un volume di affari pari a circa 5 milioni di euro, a un volume di affari pari a circa 53 milioni di euro; e) ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘ erano mere società ‘cartiere’ perché del tutto prive di dipendenti, di dotazioni strumentali in proprietà o anche solo in locazione, né hanno mai presentato dichiarazioni fiscali; f) gli imputati, nel novembre 2019, avevano attivato una nuova soc ietà ‘cartiera’, la ‘RAGIONE_SOCIALE‘, la quale nell’arco di quattro mesi, fino al febbraio 2020, aveva emesso in favore di ‘RAGIONE_SOCIALE‘ fatture per oltre 18 milioni di euro; g) significativi elementi sono emersi anche dalle intercettazioni telefoniche e tra presenti effettuate nel corso delle indagini.
Quanto al contenuto delle conversazioni intercettate, la Corte distrettuale evidenzia che dalle stesse si evincono: 1) il ruolo di co-gestore svolo da NOME COGNOME con riguardo alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, e la collaborazione fornita al medesimo da NOME COGNOME; 2) la piena consapevolezza, da parte di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, della natura di ‘cartiere’ delle società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘, e della destinazione delle stesse ad operare per brevi periodi; 3) la ricezione di somme in contanti da parte di NOME COGNOME e di NOME COGNOME; 4 ) l’esistenza di un «telefono bianco» in uso a NOME COGNOME.
Si richiamano tra le altre: a) la conversazione n. 15760 dell’8 marzo 2017, relativa alla decisione assunta da NOME COGNOME e NOME COGNOME, amministratore di fatto di ‘RAGIONE_SOCIALE‘, di come suddividere le rivendite di carburanti per formare il ‘ciclo di fatturazioni’ su cui si è impe rniato il meccanismo fraudolento; b) la conversazione n. 953 del 20 febbraio 2019, dalla quale si evince come NOME COGNOME si avvalesse di NOME COGNOME come «braccio destro» nella gestione di RAGIONE_SOCIALE‘; c) la conversazione n. 1543 del 13 marzo 2019, durante la quale NOME COGNOME nel ricevere denaro contante dal sodale NOME COGNOME, referente della ‘RAGIONE_SOCIALE, diceva , ridendo, che avrebbe annotato l’importo «proprio nel foglio dei registri IVA … proprio così », al che l’interlocutore replicava, anch’egli ridendo, che si trattava di «una presa per il culo … la classica presa per il culo … Agenzia delle Entrate»; d) la conversazione n. 4135 del 18 marzo 2019, durante la quale NOME COGNOME e NOME COGNOME concordava no che le impiegate di RAGIONE_SOCIALE‘, indicate come la «ragazze», «non devono sapere niente di quella roba lì», facendo riferimento al «discorso dell’IVA» ; e) la conversazione tra presenti n. 2996 del 27 marzo 2019, in cui NOME COGNOME domandava per quanto tempo le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE avrebbero continuato ad operare, NOME COGNOME rispondeva che le stesse avrebbero cessato di operare di lì a pochi mesi, e tale «NOME», rimasto non identificato, precisava «fino a settembre, ottobre», in linea con quanto già concordato, riscuotendo un commento adesivo della donna («ottimo»); f) la conversazione n. 5021 del 5 aprile 2019, nella quale NOME COGNOME diceva di «aumentare» il volume di affari della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ secondo le indicazioni di «Totò»; g) la conversazione n. 5172 del 10 aprile 2019, in cui NOME COGNOME parlava con NOME COGNOME e il marito di questa dell’intenzione di aumentare i volumi di affari delle società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘, e di immettere denaro contante, per 100.000 o 200.000 euro, nelle casse di queste due società; h) la conversazione n. 12611 del 14 aprile 2019, durante la quale NOME COGNOME precisava a NOME COGNOME dell’avvenuto versamento in contanti di 2.500,00 euro, e del prossimo versamento di ulteriori 5.500,00 euro; i) le conversazioni n. 13127 e 13128 del 17 aprile 2019, intercorse tra NOME COGNOME e il revisore contabile NOME COGNOME durante le quali la donna spiegava con precisione le ‘tecniche operative’ del gruppo, affermando ch e le società ‘cartiere’ erano destinate a rimanere in vita fin quando avessero avuto il «cassetto fiscale», ossia nei limiti in cui potevano fruire del credito IVA conseguentemente al deposito del le dichiarazioni di ‘esportatori abituali’, per poi essere sostituite da altre società operanti con identiche modalità, inducendo l’uomo a concludere, ad alta voce, che allora l’IVA «non la versa nessuno»; l) le conversazioni n. 10025 e 10026 del 14 maggio 2019, in cui le due dipendenti della ‘RAGIONE_SOCIALE, COGNOME e COGNOME manifestando la preoccupazione di essere coinvolte nelle indagini per essere
iniziata una verifica fiscale, avevano espressamente detto di non avere «nessun documento IVA di nessuno dei nostri fornitori» ed avevano fatto riferimento all’esistenza di un «telefono bianco» in uso a NOME COGNOME sottintendendone la destinazione per contatti ‘compromettenti’; m) la conversazione n. 10186 del 15 maggio 2019, il giorno dopo l’inizio della verifica fiscale, nella quale NOME COGNOME aveva esplicitamente ammesso come le società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE fosse ro tutte «cartiere».
2.2.2. La sentenza impugnata, a questo punto, esamina le doglianze formulate con l’atto di appello di NOME COGNOME e spiega perché devono ritenersi sussistenti sia un’associazione per delinquere in cui quest’ultimo operava , sia la qualifica, in capo al medesimo, di promotore ed organizzatore del sodalizio illecito.
La Corte d’appello p remette che le censure contenute negli appelli di NOME COGNOME e di NOME COGNOME si concentrano su aspetti di ‘contorno’, ma omettono di confrontarsi sia con il dato costituito dall’assoluta ‘fittizietà’ delle società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘, sia con il contenuto di numerose conversazioni intercettate.
Osserva, poi, in particolare, che: a) i rapporti tra ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘, società i cui amministratori sono stati sottoposti a misure cautelari per reati concernenti ‘frodi carosello’, in epoca anteriore ai fatti oggetto delle imputazioni, così come i rapporti tra ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘, in epoca successiva ai reati fine oggetto del presente processo, costituiscono gli uni un significativo antefatto delle vicende delittuose contestate e gli altri indice della volontà di proseguire nelle attività illecite; b) numerose sono le conversazioni in cui i sodali fanno espresso riferimento alla disponibilità di denaro contante e alla consegna dello stesso (si citano le conversazioni di cui ai numeri 500, 590, 593, 1091, 1543, 1700, 1701); c) la contenuta entità degli importi in contanti ‘retrocessi’ ai due attuali ricorrenti, documentati da lle conversazioni intercettate, rispetto all’ammontare dell’IVA evasa non esclude altre e più consistenti ‘retrocessioni’ di denaro , attesa l’esistenza di forme di riservatezza nelle comunicazioni, evidenz iate dall’esistenza del «telefono bianco» e dalla cura nell’occultare la natura delittuosa delle operazioni alle dipendenti di RAGIONE_SOCIALE, rilevabile dalla conversazione n. 4135 del 18 marzo 2019 ; d) in ogni caso, per affermare l’illiceità delle operazioni, è sufficiente l’avvenuta evasione dell’IVA, nella specie verificatasi per ingenti importi (le fatture per operazioni soggettivamente inesistenti utilizzate nella dichiarazione IVA per l’anno 20 18 hanno ad oggetto un imponibile pari a 3.114.687,18 euro, e IVA pari a 685.231,18 euro, mentre quelle utilizzate nella dichiarazione trimestrale IVA per il periodo d’imposta 1 gennaio 2019/31 marzo 2019, hanno ad oggetto un imponibile pari a 17.189.097,95 euro, e IVA pari a 3.781.601,549 euro).
Il Giudice di secondo grado, quindi, espone che deve ravvisarsi l’esistenza di un’associazione per delinquere, perché sono rilevabili: 1) l’esistenza di una stabile struttura organizzativa, caratterizzate dalla disponibilità di una pluralità di mezzi, in particolare costituiti dal la società RAGIONE_SOCIALE‘, effettivamente operante sul mercato, e dal le tre società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ossia RAGIONE_SOCIALE‘, RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘, nonché dal «telefono bianco», destinato ad essere utilizzato per le conversazioni ‘riservate’; 2) la pluralità di soggetti agenti in cooperazione tra di loro, quali i due attuali ricorrenti, la formale rappresentante legale di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME il di lei marito, i mediatori e i referenti delle ‘cartiere’, come NOME COGNOME e il «NOME» non identificato, nonché i legali rappresentanti di queste ultime, NOME COGNOME e NOME COGNOME; 3) la indeterminata serialità di frodi programmate, e già realizzate per ingenti importi.
La Corte distrettuale, ancora, spiega che la presenza di ulteriori clienti con i quali ‘RAGIONE_SOCIALE aveva effettivi rapporti commerciali non esclude la configurabilità del reato di cui all’art. 416 cod. pen., posto lo «stabile impiego di detta struttura per la perpetrazione di attivit à fraudolente in danno dell’erario». Precisa, inoltre, che la concentrazione delle condotte in un arco temporale contenuto non è neppure essa circostanza ostativa alla configurabilità di un’associazione per delinquere , atteso il sistematico avvicendamento delle società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, programmato e descritto nelle conversazioni n. 13127 e 13128 del 17 aprile 2019 da NOME COGNOME al revisore contabile NOME COGNOME chiaramente indicativo dell’intenzione degli associati di operare indefinitamente nel tempo.
Ancora, la sentenza impugnata rappresenta che NOME COGNOME ha operato come «vero e proprio dominus dell’organizzazione», e quindi, deve ritenersi la qualifica apicale contestatagli e ritenuta dal Giudice di primo grado, perché detto imputato ha «gestito a piacimento il rapporto con le interposte, concordando con i correi la tempistica e la complessiva strategia operativa».
2.3. Le conclusioni della sentenza impugnata sono immuni da vizi.
Innanzitutto, per quanto concerne l’esistenza dell’associazione per delinquere di cui al capo A), la sentenza impugnata perviene ad una conclusione fondata su elementi precisi e congrui, sulla base di accettabili massime di esperienza.
In particolare, legittimamente si afferma che l’esistenza di un’associazione per delinquere non è esclusa dalla presenza di rapporti della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ con fornitori diversi dalle tre società ‘cartiere’ (‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘). Invero, non è manifestamente illogico ritenere che ‘RAGIONE_SOCIALE‘ sia stata utilizzata sia per operazioni lecite, sia per operazioni illecite, e che l’ingente entità di queste ultime evidenzi la funzione di detta società ‘anche’ quale risorsa strutturalmente destinata allo svolgimento di attività illecite di un gruppo criminale; del resto, in linea generale, è agevole osservare che la partecipazione
ad un’associazione per delinquere è configurabile anche quando il medesimo soggetto svolge, in contemporanea, attività perfettamente lecite.
La critica relativa alla valorizzazione della costituzione della società ‘RAGIONE_SOCIALE, quale nuova società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ destinata a essere strumento per la realizzazione di ulteriori ‘frodi carosello’, è, insieme, manifestamente infondata e priva di specificità. È manifestamente infondata, perché la condotta della precostituzione di un nuovo ‘strumento operativo’ per realizzare le ‘frodi carosello’ è comunque indicativa della volontà di proseguire nello svolgimento di attività illecite e di destinarvi appositi mezzi funzionali alla loro realizzazione, indipendentemente dal concreto utilizzo del nuovo ‘schermo’. Ma è anche priva di specificità, perché, nella specie, per il perfezionamento del reato associativo, può legittimamente ritenersi sufficiente la condotta già realizzata attraverso l’utilizzo delle tre ditte ‘cartiere’ RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e ‘RAGIONE_SOCIALE‘ . Invero, queste tre società hanno consentito a ‘RAGIONE_SOCIALE‘ di utilizzare fatture per operazioni soggettivamente inesistenti per ingenti importi (pari, per l’anno 2018, ad un imponibile per 3.114.687,18 euro, e IVA per 685.231,18 euro, e, per il primo trimestre del 2019, ad un imponibile per 17.189.097,95 euro, e IVA per 3.781.601,549 euro), emettendo fatture nell’arco di diversi mesi (secondo quanto indicato le imputazioni dal 25 ottobre 2018 al 30 marzo 2019) e con un programma di ‘successione operativa’ tra le stesse. Inoltre, la cessazione dell’utilizzo di queste fatture per operazioni soggettivamente inesistenti è avvenuta con la presentazione della dichiarazione trimestrale IVA in data 22 maggio 2019, ossia in sostanziale concomitanza con l’inizio della verifica fiscali presso la ‘RAGIONE_SOCIALE; e tale fatto è logicamente idoneo a spiegare il ‘fermo’ o la ‘ sospensione ‘ dell’attività illecita.
Le censure in ordine all’assenza di prova concernente ‘retrocessioni’ in contanti dell’IVA dalle società ‘cartiere alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ è anch’essa, insieme, manifestamente infondata e priva di specificità. Da un lato, infatti, ‘retrocessioni’ di contanti sono comunque state accertate dai Giudici di merito. Sotto l’ altro profilo, poi, va rilevato che, per accertare l’esistenza di un’associazione per delinquere, non è indispensabile individuare il profitto concretamente conseguito dai partecipi.
Anche per quanto attiene alla qualifica di promotore ed organizzatore attribuita a NOME COGNOME la sentenza impugnata perviene ad una conclusione fondata su elementi precisi e congrui, sulla base di accettabili massime di esperienza.
Precisamente, la sentenza impugnata ha evidenziato che l’imputato appena indicato ha svolto un ruolo organizzativo, concordando con i correi le strategie operative ed il rapporto con le società ‘cartiere’. E detto rilievo trova il suo fondamento esplicito anche nelle conversazioni intercettate, e di cui si è esposta
una sintesi in precedenza, nel § 2.2.1. (cfr., ad esempio, la conversazione tra presenti n. 2996 del 27 marzo 2019). Può inoltre aggiungersi, per mera completezza, che un ulteriore estrinsecazione dell’attività organizzativa è ravvisabile nell’impiego di u na prestanome, NOME COGNOME quale formale amministratrice della RAGIONE_SOCIALE , ossia della società da lui gestita in modo puntuale anche nei rapporti con le impiegate, come risulta, ad esempio, dalla conversazione n. n. 4135 del 18 marzo 2019. Deve quindi escludersi che la Corte d’appello sia incorsa in un vizio di omessa o comunque lacunosa motivazione in ordine all’individuazione degli atti e delle attività mediante le quali si è estrinsecata la condotta organizzativa dell’attuale ricorrente NOME COGNOME
Il ricorso di NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile perché espone censure prive di specificità e diverse da quelle consentite in sede di legittimità, o comunque manifestamente infondate.
3.1. Del tutto prive di specificità sono le censure formulate nel primo motivo, le quali contestano la ritenuta sussistenza, a carico dell’attuale ricorrente, della condotta di partecipazione ad associazione per delinquere, deducendo che la motivazione sarebbe assertiva e meramente apparente.
La sentenza impugnata, infatti, ha richiamato gli elementi esposti con riguardo alla posizione del concorrente NOME COGNOME perché ha osservato che gli argomenti svolti in relazione alla posizione di quest’ultimo sono sostanzialmente coincidenti con quelli dedotti da NOME COGNOME per negare l’esistenza dell’associazione per delinquere e la sussistenza dei reati fine, e perché in quella sede sono state riportate le conversazioni intercettate di cui è parte la donna e da cui sono inferibili gli specifici elementi indizianti a carico della stessa. E in quella sede, come sintetizzato in precedenza nei §§ 2.2, 2.2.1, 2.2.2 e 2.3, sono stati evidenziati, in maniera puntuale ed argomentata, elementi indicativi non solo dell’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di frodi in materia di IVA, ma anche, e specificamente, della consapevole e fattiva partecipazione a detta organizzazione di NOME COGNOME.
3.2. Prive di specificità, e comunque manifestamente infondate, sono le censure enunciate nel secondo motivo, le quali contestano la ritenuta sussistenza della qualifica di amministratrice di fatto della RAGIONE_SOCIALE in capo a NOME COGNOME deducendo che non rilevabili atti gestori idonei per l’attribuzione della qualifica di amministratore di fatto, a norma dell’art. 2639 cod. civ .
Invero, la sentenza impugnata, come sinteticamente esposto in precedenza, nei §§ 2.2, 2.2.1, 2.2.2 e 2.3, e in particolare nel riportare il contenuto delle conversazioni intercettate, ha evidenziato che NOME COGNOME oltre ad essere perfettamente consapevole ed attiva partecipe della frode, compiva anche
specifiche attività gestionali relative a lla ‘RAGIONE_SOCIALE‘. E, a titolo di esempio, si può richiamare il concorso nella decisione di «aumentare» i volumi di affari delle società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘, attese le immediate ricadute di questa strategia sul volume di affari, e, quindi, sulle dichiarazioni della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, siccome destinataria delle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse dalle due precisate ‘cartiere’ (in proposito, la Corte d’appello cita le conversazioni n. 5021 del 5 aprile 2019 e n. 5172 del 10 aprile 2019). Ma anche la ‘gestione’ dei rapporti con le impiegate della società, come si evince dalla conversazione n. 4135 del 18 marzo 2019.
3.3. Prive di specificità e comunque manifestamente infondate sono le censure esposte nel terzo motivo, le quali denunciano la determinazione del trattamento sanzionatorio, deducendo la sostanziale assenza di motivazione sul punto.
La pena è stata così determinata: pena base, quattro anni di reclusione; riduzione, per le circostanze attenuanti generiche, a tre anni di reclusione; aumento di sei mesi per ciascuno dei due reati satellite; riduzione, per il rito, alla misura finale di due anni e otto mesi di reclusione. La sentenza impugnata evidenzia che: a) la determinazione della pena base in misura superiore al minimo edittale è giustificata dalla gravità dei fatti, attesi l’ entità del danno cagionato all’Erario, e il contributo della ricorrente alle attività illecite; b) la riduzione della pena per le circostanze attenuanti generiche è stata applicata in misura prossima al massimo; c) gli aumenti di pena per la continuazione sono contenuti. E tale motivazione, siccome fondata su elementi precisi e congrui, è incensurabile in questa sede.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende, a carico di ciascuno di essi, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20/06/2025.