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Associazione per delinquere: frode IVA e società cartiere

La Corte di Cassazione conferma la condanna per associazione per delinquere finalizzata alla frode IVA. Il caso riguarda due soggetti, amministratori di fatto di una società petrolifera, che utilizzavano un sistema di ‘società cartiere’ per evadere l’imposta. La Corte ha ritenuto inammissibili i ricorsi, giudicando provata l’esistenza di una stabile struttura organizzativa volta alla commissione di un numero indeterminato di reati fiscali, consolidando i principi sulla configurabilità del reato associativo anche in contesti di frode carosello.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione per Delinquere: La Cassazione sulla Frode IVA Tramite Società Cartiere

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha confermato la condanna per associazione per delinquere a carico di due individui accusati di aver orchestrato una complessa frode IVA nel settore dei prodotti petroliferi. Questa decisione offre importanti chiarimenti sui criteri per identificare una stabile organizzazione criminale e sul ruolo degli amministratori di fatto. Analizziamo i dettagli di questo caso per comprendere meglio i confini del reato associativo in ambito fiscale.

I Fatti di Causa

Al centro della vicenda vi è una società operante nel commercio di prodotti petroliferi, gestita di fatto dai due imputati. Secondo l’accusa, confermata nei gradi di merito, questa società era il fulcro di una ‘frode carosello’. Il meccanismo fraudolento si basava sull’utilizzo di tre ‘società cartiere’. Queste ultime acquistavano prodotti petroliferi da terzi senza applicare l’IVA, dichiarando falsamente di essere ‘esportatori abituali’.

Successivamente, le società cartiere rivendevano i prodotti alla società principale, questa volta addebitando l’IVA in fattura. La società principale versava l’IVA alle cartiere e la portava in detrazione. Tuttavia, le società cartiere, dopo aver incassato l’IVA, non la versavano mai all’Erario, sparendo nel nulla dopo un breve periodo di attività. Gli imputati, quali gestori di fatto della società beneficiaria, ottenevano inoltre la ‘retrocessione’ in contanti di parte dell’IVA versata alle cartiere. Questo sistema ha permesso di evadere milioni di euro di imposte.

L’Analisi della Corte sull’Associazione per Delinquere

I ricorrenti avevano contestato la sussistenza stessa dell’associazione per delinquere, sostenendo che la loro società intratteneva rapporti commerciali anche con numerosi fornitori leciti e che le prove raccolte non dimostravano un patto associativo stabile. La Corte di Cassazione ha respinto queste argomentazioni, confermando la valutazione dei giudici di merito.

La sentenza chiarisce che la configurabilità del reato non è esclusa dal fatto che la struttura operativa (in questo caso, la società principale) venga utilizzata anche per operazioni lecite. Ciò che conta è lo ‘stabile impiego’ di tale struttura per la perpetrazione di attività fraudolente. La Corte ha individuato diversi elementi a sostegno dell’esistenza di una stabile organizzazione: una pluralità di mezzi (la società operativa, le tre cartiere, un ‘telefono bianco’ per comunicazioni riservate), una pluralità di soggetti agenti con ruoli definiti (gli amministratori di fatto, la prestanome, i referenti delle cartiere) e un programma criminoso indeterminato, volto a realizzare frodi in modo seriale.

Il Ruolo degli Amministratori di Fatto

Uno dei punti chiave della difesa era la presunta assenza di prove sul ruolo apicale e organizzativo di uno degli imputati. La Corte ha ritenuto infondata anche questa censura. Dalle intercettazioni telefoniche e ambientali è emerso chiaramente come l’imputato fosse il ‘vero e proprio dominus dell’organizzazione’. Egli gestiva a piacimento i rapporti con le società interposte, concordava con i correi la tempistica delle operazioni e la strategia complessiva. Inoltre, è stato provato il suo ruolo nell’utilizzo di una prestanome come amministratrice formale della società, a ulteriore conferma della sua attività di gestione e organizzazione occulta.

Analogamente, per la seconda imputata, la Corte ha confermato la sua piena partecipazione consapevole e fattiva, evidenziando il suo ruolo di ‘braccio destro’ e il suo coinvolgimento in specifiche attività gestionali, come la decisione di aumentare i volumi d’affari con le cartiere e la gestione dei rapporti con i dipendenti per occultare la natura illecita delle operazioni.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili perché manifestamente infondati e, in parte, non consentiti in sede di legittimità. I giudici hanno osservato che le censure dei ricorrenti si concentravano su aspetti ‘di contorno’, senza confrontarsi con il nucleo probatorio costituito dalla natura totalmente fittizia delle società cartiere e dal contenuto inequivocabile delle conversazioni intercettate.

La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata logica e completa. È stato sottolineato come la creazione di una nuova società cartiera, anche se non utilizzata a causa delle indagini, fosse un chiaro indice della volontà di proseguire l’attività illecita a tempo indeterminato. Riguardo alle ‘retrocessioni’ di denaro, la Corte ha precisato che, sebbene le intercettazioni avessero documentato solo una parte degli importi, ciò non escludeva l’esistenza di ulteriori e più consistenti passaggi di denaro, e che, in ogni caso, per la configurabilità del reato associativo non è indispensabile provare l’esatto profitto conseguito da ciascun partecipe.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce principi consolidati in materia di associazione per delinquere applicata ai reati fiscali. Viene confermato che per l’esistenza del sodalizio criminale è sufficiente un’organizzazione stabile, anche se rudimentale, finalizzata a commettere una serie indeterminata di delitti, e che l’uso di una struttura aziendale anche per fini leciti non esclude la responsabilità penale. La decisione sottolinea l’importanza delle prove logiche e delle intercettazioni nel delineare i ruoli e la consapevolezza dei singoli associati, specialmente nel caso di amministratori di fatto che agiscono dietro lo schermo di prestanome.

Quando si configura il reato di associazione per delinquere in ambito fiscale?
Secondo la sentenza, il reato si configura quando esiste una stabile struttura organizzativa (composta da persone e mezzi, come società operative e cartiere) con lo scopo di commettere una serie indeterminata di reati fiscali, come la frode IVA. Non è necessario che l’organizzazione sia dedita esclusivamente ad attività illecite.

L’uso di una società anche per affari leciti esclude il reato di associazione per delinquere?
No. La Corte ha specificato che l’esistenza di un’associazione per delinquere non è esclusa dalla presenza di rapporti commerciali leciti. Ciò che rileva è che la struttura societaria sia stabilmente impiegata, anche se non esclusivamente, per la realizzazione del programma criminale.

Come si prova il ruolo di promotore o amministratore di fatto in un’associazione criminale?
Il ruolo apicale può essere provato attraverso una pluralità di elementi, come le conversazioni intercettate che dimostrano la gestione dei rapporti con i complici, la definizione delle strategie operative, il coordinamento delle attività illecite e l’impiego di prestanome per occultare il proprio coinvolgimento diretto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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