Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22312 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22312 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
SENTENZA
sul ricorso di NOMECOGNOME nato a Lamezia Terme il 11/01/1997, avverso l’ordinanza in data 28/11/2024 del Tribunale di Catanzaro, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; udito per l’indagato l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 28 novembre 2024 il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato l’ordinanza in data 14 ottobre 2024 del G.i.p. del Tribunale di Catanzaro che aveva applicato a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere per violazione dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 2), dell’art. 73 ci.P.R. n. 309 del 1990, aggravato dall’art. 416-bis.1 cod. pen. (capi 45, 46), disponendo l’annullamento solo per ia violazione dell’art. 73 d.P.R. n. 309 de; 1990 contestata ai capo 50).
Il ricorrente contesta innanzi tutto il vizio di motivazione in relazione ai gravi indizi di colpevolezza (primo motivo), l’applicazione dell’aggravante dell’art. 416-bis. 1 cod. pen. (secondo motivo), il vizio di motivazione in merito alle esigenze cautelari (terzo motivo).
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
I Giudici della cautela hanno accertato l’esistenza di un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti diretta da NOME COGNOME padre dell’odierno ricorrente, e NOME COGNOME, operante nella zona di Lamezia Terme, Cortale, Maida, e territori limitrofi. La complessa indagine è stata possibile grazie al cospicuo compendio captativo e ai numerosi servizi di osservazione, controllo e pedinamento da parte di varie forze dell’ordine. Sono stati progressivamente eseguiti numerosi arresti.
Il primo motivo di ricorso ha a oggetto l’identificazione del ricorrente in base all’interpretazione di due conversazioni tra il padre e un altro soggetto, “quello teneva l’erba da mio figlio” (progressivo 288) e “ma mio figlio, mio figlio è con te?” (progressivo 975). Il ricorrente ha lamentato che il Tribunale del riesame non aveva considerato che i figli erano tre e che tre erano le vetture intestate al padre e in uso all’intero nucleo familiare per cui non era certo neanche che fosse l’unico utilizzatore della Nissan Juke su cui era stato apposto il gps. Il motivo è generico e rivalutativo. In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (tra le più recenti, Sez. 3, n. 44398 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01). Il Tribunale del riesame ha affermato che il ricorrente era l’unico figlio implicato nel traffico di stupefacenti, per quanto emerso dalle indagini, perché un altro figlio era troppo piccolo, e ha spiegato come le conversazioni si riferissero all’attività di padre e figlio nella coltivazione e lavorazione della marijuana in località Vruca di Lamezia Terme. Era stato accertato che il ricorrente si era recato nel capannone a Vruca di proprietà di NOME COGNOME a bordo della Nissan .Juke e che proprio per questo NOME COGNOME aveva chiesto ad NOME COGNOME se il figlio NOME stesse lì con lui (progressivo 975, cit.). Il ricorrente non si è confrontato con tale motivazione e ha genericamente affermato che c’era un terzo fratello, senza tuttavia offrire elementi per validare un’eventuale ricostruzione alternativa dei fatti.
Sempre nel contesto di tale motivo, l’indagato ha censurato la decisione nella parte in cui la partecipazione al reato associativo era stata desunta dal solo reato fine del capo 45). L’assunto è inconsistente. Il titolo custodiale si fonda sul reato associativo e su due reati fine, il capo 45) in cui era stata scoperta la piantagione e la lavorazione di marijuana in due capannoni di Vruca e si era proceduto al sequestro di 60 chili di narcotico e all’arresto di NOME COGNOME e il capo 46) relativo alla produzione di 28 dei predetti 60 chili, in concorso con NOME COGNOME, classe ’71, nella serra in Corazzo di Maida. La giurisprudenza ritiene che, in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, anche il coinvolgimento in un solo reato-fine può integrare l’elemento oggettivo della partecipazione, nel caso in cui le connotazioni della condotta dell’agente, consapevolmente servitosi dell’organizzazione per commettere il fatto, ne rivelino, secondo massime di comune esperienza, un ruolo nelle dinamiche operative del gruppo criminale (Sez. 3, n. 36381 del 09/05/2019, Cruzado, Rv. 276701 – 06). Nel caso in esame, le condotte esaminate sono talmente pregnanti da giustificare la partecipazione al reato associativo. Il punto è stato esaurientemente trattato nell’ordinanza allorché sono state esaminate anche le cointeressenze familiari. Significativa in tal senso è la conversazione al progressivo 1010 in cui il padre parla con il proprio fratello e lamenta una pugnalata alle spalle del figlio.
Il secondo motivo è inammissibile per difetto di interesse ad agire. La giurisprudenza ammette il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame che abbia ritenuto sussistente una circostanza aggravante a effetto speciale, sempre che da questa conseguano immediati riflessi sull’an o sul quomodo della misura (Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284489 – 01; Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275028 01).
Nel caso in esame, l’unico effetto che l’aggravante può dispiegare è relativo alla presunzione, sia pure relativa, prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., ma, e si viene al terzo motivo, le esigenze cautelari che hanno giustificato l’applicazione della misura di massimo rigore sono state ravvisate dal Tribunale, a ben vedere, a prescindere dalla presunzione collegata all’aggravante contestata, perché, nonostante il tempo trascorso, si è ritenuto il pericolo concreto e attuale di recìdivanza per il livello di organizzazione criminale, le quantità di stupefacente movimentato, l’esistenza di stabili canali di rifornimento, e l’adeguatezza del carcere per il coinvolgimento dei familiari e per la possibilità di gestire, anche indirettamente, e a distanza, le attività di approvvigionamento e spaccio. La decisione è immune da vizi anche sotto questo profilo.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il
ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data
13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità del ricorso, in via
equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 27 marzo 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente