Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18125 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18125 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a CAMPOBELLO DI MAZARA il 26/08/1955 COGNOME Sebastiano nato a PALAGONIA il 13/02/1957 avverso la sentenza del 27/09/2024 della Corte d’appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il Sostituto Procuratore generale conclude per l’inammissibilita’ dei ricorsi. udito il difensore E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di palermo in difesa di botto NOMECOGNOME che chiede l’accoglimento del ricorso.
E’ presente l’avvocato NOME del foro di marsala in difesa di NOME COGNOME che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’1/12/2022, il Tribunale di Marsala ha ritenuto responsabile COGNOME NOME del reato di cui all’art. 74 dPR 309/90 fino alla data dall’8.6.2016 (capo 1 della rubrica), di plurimi episodi riguardanti il traffico di sostanze stupefacenti del tipo hashish (come contestati ai capi 2, 3, 4, 5, 7, 9, 10 della rubrica), del reato di detenzione di munizioni per armi comuni da sparo (capo 14 della rubrica), condannando l’imputato alla pena di anni 24 di reclusione; ha ritenuto responsabile COGNOME Sebastiano del reato di cui al capo 12 della rubrica, riguardante il tentativo di importazione dalla Spagna di kg. 300 di hashish, condannando quest’ultimo alla pena di anni 4 di reclusione.
La Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia emessa a carico di COGNOME, ritenuti assorbiti i fatti di cui ai capi 4 e 5 della rubrica nella fattispecie di cui al capo 3, ha rideterminato la pena inflitta all’imputato in quella di anni 23 e mesi 7 di reclusione; ha confermato la pronuncia di condanna a carico di COGNOME Sebastiano.
A Mistretta NOME era contestato di avere preso parte ad un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (capo 1 della rubrica), unitamente ad altri imputati giudicati separatamente, dedita all’acquisto ed all’importazione dall’estero d’imponenti quantitativi di sostanza stupefacente di tipo hashish.
Alla stregua della imputazione, l’attività illecita era realizzata grazie alla collaborazione di uno stabile fornitore di origini marocchine, residente in Spagna, noto con il nome di COGNOME. In taluni casi le importazioni non erano state portate a compimento: di qui l’accusa formalizzata a carico di COGNOME, ai capi 2 e 9 della rubrica, della fattispecie di cui agli artt. 56, 73, commi 1, 1bis e 4, dPR 309/90, aggravata ai sensi dell’art. 80, comma 2, dPR 309/90.
Il giudice di primo grado aveva riconosciuto l’esistenza del sodalizio e la partecipazione ad esso di COGNOME NOME per un periodo di tempo piø limitato rispetto alla contestazione originaria, precisamente dall’anno 2013 e fino alla data dell’8/6/2016, diversamente da quanto indicato nell’imputazione, alla stregua della quale la vita dell’organizzazione si era protratta fino all’anno 2017. Aveva infatti ritenuto il primo giudice che non vi fosse la prova certa della permanenza del numero legale di associati dopo la data dell’8/6/2016.
A COGNOME era invece contestato di avere posto in essere un tentativo d’importazione di 300 kg. di hashish dalla Spagna, fatto aggravato ai sensi dell’art. 80, comma 2, dPR 309/90. I giudici, nelle conformi frasi di merito, hanno ritenuto dimostrato detto episodio, posto in essere in concorso con COGNOME NOME e COGNOME, fornitore dello stupefacente
Il compendio probatorio in atti sul quale risulta basato sul convincemento espresso dai giudici di merito Ł costituito principalmente dagli esiti delle intercettazioni delle conversazioni tra i soggetti coinvolti nelle vicende che lavorano e dalle risultanze delle indagini condotte dal personale di polizia, consiste in attività di osservazione e pedinamento, culminate, talvolta, in sequestri della sostanza stupefacente.
Avverso la pronuncia della Corte d’appello hanno proposto ricorso per Cassazione gli imputati sopra indicati, articolando i seguenti motivi di doglianza (in sintesi, giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Mistretta NOME
I) In relazione al capo 1 della rubrica: inosservanza o errata applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale.
La sentenza a carico del ricorrente sarebbe nulla per errata applicazione dell’art. 74 dPR 309/90, avendo i giudici di merito ritenuto la fattispecie di reato in assenza di elementi atti a dimostrare la ricorrenza dei requisiti essenziali del sodalizio, quali la consapevolezza da parte degli aderenti di contribuire alla fondazione ed al mantenimento di una societas sceleris , l’esistenza di un fondo comune e di un accordo sulla ripartizione degli utili, l’attribuzione di ruoli, la durata e la permanenza del vincolo solidaristico, l’esistenza di una struttura, sia puri minimi e rudimentale, in grado di assicurare il perseguimento delle finalità dell’organizzazione.
Nell’analizzare le risultanze riguardanti l’esistenza del sodalizio, la Corte di merito si Ł a lungo soffermata sulla figura di COGNOME NOME NOME, considerato un ‘factotum’ dell’organizzazione, traendo dalla considerazione delle condotte serbate da questi e da alcune sue affermazioni – specie quelle nelle quali si dichiarava a disposizione di COGNOME – la dimostrazione del vincolo associativo che legava i partecipanti. Le circostanze considerate, tuttavia, non sarebbero idonee a rivelare l’elemento soggettivo del reato e l’ affetto societatis tra i partecipanti. Analoghe considerazioni possono svolgersi con riferimento alla posizione di COGNOME NOMECOGNOME odierno ricorrente, il quale ha avuto contatti soltanto con COGNOME NOME e con i fornitori esteri COGNOME COGNOME Nel corso dei dialoghi intercettati con COGNOME mai ha dimostrato di voler
contribuire con le sue azioni al mantenimento del sodalizio. Pertanto, oltre a difettare la prova della esistenza di una struttura dotata di mezzi comuni e basi logistiche serventi rispetto agli scopi del sodalizio, mancherebbe in atti la dimostrazione che i presunti aderenti fossero consapevoli di essere inseriti in un contesto associativo ed animati dalla volontà di assicurare, con la propria duratura disponibilità, il perseguimento del programma criminoso.
In ordine alla partecipazione del non meglio identificato COGNOME non Ł emerso che egli fosse stabile uno fornitore del gruppo; invero, non Ł sostenibile, alla stregua delle risultanze in atti, che abbia provveduto a garantire ulteriori forniture oltre a quella contestata al capo 3 della rubrica.
Sempre in relazione alla contestazione associativa, la Corte territoriale ha omesso di esprimere ogni valutazione in ordine all’accertamento risultante dalla sentenza definitiva, prodotta in udienza nel giudizio di appello, da cui si evince come COGNOME COGNOME a cui si addebitava di essere capo e organizzatore del sodalizio, sia stato assolto in via definitiva dal reato associativo (cfr. sent. n.6681/2022 del 1/12/2022, e messa dalla Corte di Appello di Palermo – Prima Sezione – nell’ambito del proc 4724/2021 RG Corte app.).
II) Erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 99, comma 4, cod. penna.; violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancanza concessione delle circostanze attenuanti generiche ed alla mancanza esclusione dell’aggravante dell’essere l’associazione armata.
Ai fini del riconoscimento dell’aggravante della recidiva, non Ł sufficiente il dato meramente oggettivo rappresentato dalla reiterazione dell’illecito, ma Ł necessario che il nuovo delitto risulti espressione di una maggiore colpevolezza e pericolosità del reo. La Corte di appello, nel rigettare la richiesta di esclusione della recidiva, non ha fatto buon governo dei principi stabilità in sede di legittimità, essendosi limitata, al pari del primo giudice, a prendere atto delle precedenti condanne risultanti a carico dell’imputato nel certificato penale.
In relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, i giudici sarebbero incorsi nella violazione dei principi che sovrintendono all’adeguatezza e proporzionalità della pena, siccome imposti dagli artt. 3 e 27 Costo.
In relazione al riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 74, comma 4, dPR 309/90, la Corte di appello non ha offerto compiuta risposta alle doglianze difensive nelle quali si poneva in evidenza il fatto che la disponibilità delle armi non fosse propria dell’associazione. L’erroneo convincimento maturato dai giudici sarebbe scaturito da una richiesta del ricorrente rivolta ad altri di procurargli un’arma da consegnare al nipote. Dal tenore della conversazione intercettata si evince chiaramente come la richiesta fosse stata avanzata a titolo personale.
III) Erronea applicazione della legge penale; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento agli episodi di tentata importazione di sostanza stupefacente contestati ai capi 2 e 9 della rubrica.
In base ai principi stabilità in sede di legittimità, il delitto consumato di importazione dall’estero di stupefacenti si realizza anche prima della materiale traditio allorquando il soggetto agente abbia acquisito la proprietà della droga in uno Stato estero, assumendosi l’onere della gestione dell’attività del suo trasporto nel territorio nazionale.
Nella giurisprudenza formatasi in materia di tentata importazione, solo quelle trattative che hanno carattere di effettività e di idonea offensività sono suscettibili di determinare la venuta ad esistenza del reato.
In entrambi gli episodi contestati, alla luce delle conversazioni intercettate, rimangono incerti aspetti essenziali degli accordi riguardanti il quantitativo dello stupefacente, il prezzo concordato e le modalità di trasporto, sicchØ non Ł possibile ritenere che ricorrano ipotesi di una ‘trattativa affidante’.
Per altro verso, l’individuazione della fattispecie del tentativo in entrambi gli episodi addebitati al ricorrente dilaterebbe oltre misura la soglia di punibilità dei fatti in violazione del principio della necessaria offensività della condotta.
Si nota, infine, come in relazione a detti episodi il concorrente nel reato, COGNOME COGNOME sia stato assolto in via definitiva con la sentenza della Corte d’appello di Palermo sopra richiamata ( sent. n.6681/2022 del 1/12/2022).
IV) Erronea applicazione della legge penale; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento all’episodio contestato al capo 3 dell’imputazione.
In relazione al capo 3 della rubrica, si addebita al ricorrente di avere acquistato o, comunque, ricevuto 260 kg di hashish in concorso con NOME COGNOME, fatto commesso in data 22/05/2013 in diverse località dell’Italia e in Spagna. I denunciati difetti di motivazione della sentenza impugnata si individuano nella parte in cui si sostiene che NOME abbia svolto il ruolo di staffetta del TIR su cui era occultato il carico di stupefacente proveniente dalla Spagna. Il convincemento espresso dai giudici di merito Ł basato sul fatto che Mistretta fu visto dalle Forze di polizia nelle vicinanze del casello di accesso dell’autostrada A10, mentre sostava a bordo della sua auto in una stazione di servizio. Dalla conversazione registrata successivamente tra Mistretta e COGNOME si Ł desunto che egli stesso svolgendo l’attività di staffetta del conducente del TIR, che si trovava parcheggiato nel medesimo luogo.
Tale ricostruzione, tuttavia, non appare convincente sul piano logico: non si comprende, infatti, come la polizia, che svolgeva l’attività di osservazione in loco , abbia potuto perdere le tracce dell’autocarro prima di verificare ove fosse destinato e custodito lo stupefacente ivi asseritamente occultato. In mancanza di elementi che facciano ritenere che lo stupefacente in questione fosse quello ritrovato successivamente nell’abitazione del coimputato COGNOME NOME COGNOME il quale ha affermato di essere l’unico possessore della sostanza stupefacente – non Ł sostenibile il coinvolgimento del ricorrente nell’episodio di cui si tratta.
V) Erronea applicazione della legge penale; mancanza, contraddittorietà ed illogicità motivazione in relazione all’episodio di cui al capo 7 della rubrica.
Il giudice di prime cure ha errato nel ritenere che il ricorrente fosse coinvolto nell’episodio della cessione di sostanza stupefacente a COGNOME NOME. In data 01/10/2013 era intercettata una conversazione tra il Tamburello ed il Mistretta, in cui gli interlocutori affermavano che COGNOME aveva venduto ad un comune amico un quantitativo imprecisato di sostanza stupefacente; l’acquirente era stato successivamente individuato in COGNOME NOME.
Orbene, il Tribunale non tiene conto dell’univoco significato della conversazione intercettata, dalla quale si evince come la sostanza stupefacente fosse stata ceduta a COGNOME da altri. L’impegno personale assunto da COGNOME nella vicenda riguardava il solo pagamento della sostanza da parte dell’amico, il quale si era dimostrato riluttante a saldare il debito.
VI) Erronea applicazione della legge penale; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità motivazione in relazione al fatto di cui al capo 14 della rubrica.
Il ritrovamento di munizioni di vario tipo presso il domicilio del ricorrente, non può ritenersi collegato al possesso di armi da parte del Mistretta.
VII) Si invoca la dichiaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione. Ad eccezione del reato associativo di cui al capo 1 della rubrica, sostenendo la difesa, tutti gli altri fatti sarebbero estinti, essendo decorso il termine massimo di prescrizione.
COGNOME Sebastiano ha articolato un motivo unico di ricorso contenente diverse censure.
Violazione degli artt. 192, comma 2, 530, 533, 546, comma 1, lett. e), cod. proc. penna.; 73 e 80, comma 2, dPR 309/90 in relazione al fatto di cui al capo 12 della rubrica.
La Corte d’appello avrebbe dovuto assolvere l’imputato dal reato sub capo 12 della rubrica –
riguardante il tentativo d’importazione dall’estero di sostanza stupefacente in concorso con altri – con la formula ‘per non avere commesso il fatto’ o ‘perchØ il fatto non sussiste’. Invero, difetterebbe la prova certa della responsabilità penale dell’odierno ricorrente in ordine alla fattispecie in contestazione e la decisione di condanna sarebbe, in piø punti, assecondata da una motivazione manifestamente illogica e lacunosa.
In particolare, la Corte d’appello avrebbe violato i principi giurisprudenziali di legittimità che presiedono alla corretta applicazione degli artt. 110, 56 cod. penna. e 73 dPR 309/90 in relazione all’ipotesi delittuosa del tentativo di importazione di sostanze stupefacenti dall’estero.
I giudici di merito hanno sostenuto che tra i fornitori dello stupefacente di tipo hashish che si trovavano in Spagna – rimasti ignoti e mai sottoposti ad intercettazione – e COGNOME Giacomo, richiedente della partita di droga, era stato raggiunto un accordo sul prezzo, sul luogo di consegna e sulle modalità di trasporto dello stupefacente.
In realtà, emergerebbe da una disamina attenta delle risultanze in atti che: sul prezzo non vi era stato un incontro di volontà tra fornitori ed acquirente, avendo la stessa Corte d’appello osservato che i primi richiedevano il pagamento di euro 1.200 al kg ed il secondo offriva di pagare euro 880 al kg (divario che, sull’intera fornitura richiesta, assumeva i contorni di una notevole una sproporzione economica: la cifra offerta era, infatti, pari a complessivi euro 264.000 a fronte dei 360.000 richiesti); non era stato convenuto un luogo preciso nel quale avrebbe dovuto realizzarsi la consegna del materiale (Napoli, Milano o Roma, oltre ad una ulteriore località per la consegna individuata nei pressi di Campobello di Mazara); le modalità di trasporto e la consegna della partita di droga erano rimaste incerte.
La Corte di merito Ł addivenuta ad una ricostruzione manifestamente illogica e lacunosa nella parte in cui ha affermato che COGNOME Sebastiano fosse l’unico corriere dello stupefacente individuato da COGNOME per il trasporto, nonostante tra i due non fosse intervenuto alcun accordo economico sul compenso richiesto dall’odierno ricorrente. Ha poi trascurato di offrire risposta alla mirata doglianza difensiva, riportata nell’atto di appello, in cui si evidenziava come COGNOME NOME aveva intrattenuto rapporti con altro soggetto – conto COGNOME NOME, già condannato per traffico di sostanze stupefacenti – per lo svolgimento del ruolo di corriere dello stupefacente nello stesso periodo. Infine, non Ł stato nemmeno individuato con precisione il quantitativo di hashish oggetto della contrattazione illecita tra il fornitore COGNOME e COGNOME COGNOME, distinguendo la Corte d’appello il ‘carico grande” – “i cui contorni”, si legge in motivazione, “non sono emersi con sufficiente chiarezza nel corso delle captazioni” – dal ‘carico piccolo’, che sarebbe stato pari a non meno di kg. 300, rendendo ancora piø incerto l’oggetto della trattativa ed insoddisfacente la giustificazione attinente alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 80, comma 2, dPR 309/90.
Alla luce di tali circostanze, la Corte di merito Ł incorsa in un evidente errore di diritto con riferimento alla fattispecie del tentativo di importazione addebitato al ricorrente, in quanto, in base a un orientamento espresso in materia dalla Corte di legittimità, perchØ possa configurare la fattispecie in esame, l’accordo deve risultare completo in relazione ad ogni aspetto essenziale; inoltre, in caso di importazione, deve essere dimostrato il conseguimento del controllo della sostanza stupefacente, essendo necessario non solo l’incontro delle volontà, ma anche il conseguimento del controllo sulla sostanza stupefacente.
Anche volendo aderire al criterio giurisprudenziale consensualistico citato dalla Corte d’appello, valido per le condotte di acquisto dello stupefacente e non per le condotte di importazione, si deve osservare come nella fattispecie in esame non sia stata raggiunta la prova effettiva di alcun accordo sul prezzo della sostanza oggetto della trattativa e su altri aspetti essenziali dell’acquisto. Pertanto, la trattativa estrinsecatasi nell’arco temporale di circa un anno – dall’ottobre 2016 all’ottobre 2017 –
Ł rimasta a livello del tutto embrionale e priva di un accordo contrattuale ‘affidante’.
Ulteriori aspetti di criticità nella motivazione offerta si rinvengono con riferimento alla prova della designazione ricorrente del quale corriere dello stupefacente. La Corte di merito non ha valutato la deduzione difensiva esposta nell’atto di appello, secondo la quale non vi Ł prova che tra il ricorrente e COGNOME fosse intervenuto un accordo sul compenso che il secondo avrebbe dovuto ricevere dal primo per il suo ruolo di corriere; nØ i Giudici di merito hanno indicato in motivazione una prova certa in ordine al fatto che l’attuale appellante avesse accettato di ricoprire tale ruolo. La Corte di merito, inoltre, non ha fornito alcuna risposta critico-valutativa sull’eccezione difensiva portata nell’atto di appello (cfr. pagg. 9 e 10 dell’appello), riguardante la circostanza che COGNOME ha intrattenuto, nel periodo della vicenda che occupa, numerosi contatti telefonici con racconto COGNOME NOME (già condannato per traffico internazionale di stupefacenti), perchØ ricoprisse il ruolo di corriere nella vicenda oggetto di contestazione.
Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta a cui si Ł riportato in udienza, ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
La difesa di COGNOME ha depositato motivi nuovi, nei quali, oltre a richiamare le ragioni di doglianza svolte nel ricorso, ha aggiunto come le vicende che lavorano attengano ad ipotesi riconducibili alla cd ‘droga parlata’, derivando gli elementi dimostrativi sottoposti al vaglio dei giudici di merito esclusivamente da risultati conoscitivi acquisiti mediante intercettazioni telefoniche o tra presenti. In tal caso, rammenta la difesa, si pretende un maggiore impegno valutativo e giustificativo da parte dei giudici di merito, rimasto sostanzialmente inattuato in sentenza.
Si evidenzia inoltre, come, in seguito all’assoluzione dal reato associativo di COGNOME – oltre che di Messina – sarebbe venuta meno, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’esistenza stessa del sodalizio criminoso capeggiato dal primo.
La difesa di COGNOME ha depositato una prima memoria conclusiva ed una seconda memoria conclusiva anche di replica alle argomentazioni contenute nella requisitoria scritta del PG.
Nella prima memoria, nel riportarsi ai motivi di doglianza ed insistendo nel loro accoglimento, ha evidenziato come i precedenti giurisprudenziali citati nella requisitoria del PG fossero non conducenti ai fini dell’esatto inquadramento giuridico del caso, facendo riferimento all’ipotesi del tentativo in generale e non al tentativo di importazione di sostanza stupefacente dall’estero.
Nella seconda memoria ha precisato come i precedenti di legittimità richiamati dal PG fossero rafforzativi delle ragioni poste a fondamento della richiesta di annullamento della sentenza impugnata, dovendo, alla stregua dei principi ivi espressi, ritenersi insussistente, nel caso in esame, la fattispecie del tentativo. Sarebbe, infatti, pacificamente emerso dagli atti che non fosse stato raggiunto un preciso accordo tra acquirente e fornitori riguardante gli elementi essenziali dell’affare illecito e del trasferimento dello stupefacente.
Le difese dei ricorrenti hanno depositato motivi nuovi ed una memoria conclusiva, insistendo nell’accoglimento delle ragioni dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con riferimento alla posizione del ricorrente COGNOME Ł preliminare rispetto ad ogni altra questione fornire risposta alla richiesta di declaratoria di estinzione dei reati diversi dall’art. 74 d.P.R. 309/90, avanzata dalla difesa dell’imputato nell’ultimo motivo di ricorso.
La richiesta, destituita di fondamento, deve essere rigettata per le ragioni di seguito illustrate.
L’episodio piø risalente di tentata acquisizione ed importazione di una partita di sostanza stupefacente Ł quello contestato al capo 2 della rubrica, avente ad oggetto 200 kg di hashish. In relazione a detto capo, alla stregua della contestazione, la condotta si Ł protratta dall’1/3/2013 al 7/5/13.
Sono state ritenute sussistenti nei fatti le circostanze aggravanti di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. 309/90, che comporta l’aumento della metà della pena, e della recidiva qualificata, che comporta l’aumento di 2/3 della pena.
Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, deve aversi riguardo alla pena massima edittale stabilita per il reato consumato o tentato, su cui va operato l’aumento massimo di pena previsto per le circostanze aggravanti ad effetto speciale (ex multis Sez. 4, n. 101 del 11/12/2015, dep. 07/01/2016, Rv. 265578).
Nella ricorrenza di due aggravanti ad effetto speciale deve trovare applicazione, anche ai fini della prescrizione, il criterio moderatore di cui all’art. 63, comma 4, cod. pen. (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 23831 del 14/05/2019 Rv. 275986: ‘Ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, deve aversi riguardo, in caso di concorso fra circostanze ad effetto speciale, all’aumento di pena massimo previsto dall’art. 63, comma quarto, cod. pen., per il concorso di circostanze della stessa specie, a nulla rilevando che l’aumento previsto da tale disposizione, una volta applicato quello per la circostanza piø grave, sia facoltativo e non possa eccedere il limite di un terzo’).
Pertanto, ad anni 4 (pena edittale massima per la fattispecie di cui agli artt. 56 cod. pen. e 73, comma 4, d.P.R. 309/90) bisognerà, ai fini della determinazione del termine ordinario di prescrizione, aggiungere 2/3 per la recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen. (aggravante piø grave) ed 1/3 per l’aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. 309/90. Il termine di prescrizione ordinario Ł, dunque, pari ad anni 8 mesi 10 e giorni 20; tale termine deve essere ulteriormente aumentato nella misura di 2/3 ai sensi dell’art. 161 cod. pen., incidendo l’aumento per la recidiva anche sul termine massimo di prescrizione (cfr., da ultimo, Sez. 4, n. 44610 del 21/09/2023, BissicŁ, Rv. 285267:’La recidiva reiterata, in quanto circostanza a effetto speciale, incide sia sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, ex art. 157, comma secondo, cod. pen., sia, in presenza di atti interruttivi, su quello del termine massimo, ex art. 161, comma secondo, cod. pen., senza che tale duplice valenza comporti violazione del principio del “ne bis in idem” sostanziale o dell’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, come interpretato dalla sentenza della Corte EDU del 10 febbraio 2009 nel caso Zolotoukhine c. Russia, nel cui ambito di tutela non rientra l’istituto della prescrizione’).
Il termine massimo di prescrizione del reato contestato al capo 2 della rubrica – pari ad anni 14, mesi 9 e giorni 23 in base al calcolo indicato – non Ł interamente decorso, venendo a maturazione il 24 dicembre 2027 ove si consideri la data di decorrenza piø risalente (1/3/2013).
Vale per l’episodio tentato di cui al capo 9 della rubrica, riguardante la tentata importazione di 150 kg di hashish, per il quale sono state ritenute sussistenti le aggravanti della recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen. e dell’art. 80, comma 2, d.P.R. 309/90, il calcolo sopra illustrato (il termine massimo di prescrizione, pari ad anni 14, mesi 9 e giorni 23, da farsi decorrere dal 2 ottobre 2013, non Ł ancora maturato).
Egualmente, non risultano estinti per intervenuta prescrizione gli ulteriori episodi contestati ai capi 3, 7, 10 della rubrica: per il reato sub capo 3 della rubrica (nel quale sono stati ritenuti assorbiti i fatti di cui ai capi 4 e 5), riguardante l’acquisto, il trasporto e l’importazione di kg. 260 di hashish, il termine massimo di prescrizione, per effetto delle ritenute aggravanti dell’ingente quantitativo e della recidiva qualificata, Ł di anni 22, mesi 2 e giorni 20, da farsi decorrere dal 22 maggio 2013; per il reato sub capo 7 della rubrica, riguardante la vendita e la cessione di un quantitativo imprecisato di sostanza stupefacente del tipo hashish a COGNOME NOME, il termine massimo di prescrizione, per effetto dell’aumento per la ritenuta recidiva ex art. 99, comma 4, d.P.R.
309/90, Ł pari ad anni 16 e mesi 8 da farsi decorrere dal 7 agosto 2013; per il reato sub capo 10, riguardante l’acquisto, il trasporto e l’importazione di kg. 57,73 di hashish, il termine massimo di prescrizione, per effetto delle ritenute aggravanti dell’ingente quantitativo e della recidiva qualificata, Ł di anni 22, mesi 2 e giorni 20, da farsi decorrere dal 7 dicembre 2015.
Il reato di detenzione di munizioni per armi comuni da sparo, per il quale Ł stata contestata la violazione degli artt. 2 e 7 l. 895/1967, Ł punito con la pena massima edittale di anni 5 e mesi 4 di reclusione. Il termine massimo di prescrizione, considerati gli aumenti determinati dal riconoscimento della recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen. Ł pari ad anni 14, mesi 9 e giorni 23 da farsi decorrere dal 13 novembre 2019.
Per completezza argomentativa, Ł d’uopo rilevare la mancata decorrenza del termine massimo di prescrizione anche del reato ascritto a COGNOME Sebastiano, riguardante la tentata importazione del carico di 300 kg di hashish, commesso dall’ottobre 2016 al novembre 2017 (capo 12). Vale il calcolo operato per i capi 2 e 9 della rubrica, essendo state ritenute a carico dell’imputato le aggravanti della recidiva ex art. 99, comma 4, d.P.R. 309/90 e dell’ingente quantitativo dello stupefacente.
Passando al merito della regiudicanda, devono essere respinti i motivi di ricorso nei quali la difesa di COGNOME si duole dell’erronea applicazione della legge penale e del vizio motivazionale con riferimento ai reati di cui ai capi 2, 3, 7 e 9 della rubrica. Le doglianze illustrate nel ricorso, infatti, sono in parte infondate, in parte inammissibili per le ragioni che di seguito saranno illustrate.
Le argomentazioni poste a fondamento della ritenuta responsabilità dell’imputato in relazione ai fatti di cui ai capi 2 e 9 della rubrica (oggetto del motivo terzo di ricorso), che attengono ad episodi riguardanti il tentativo di acquisto e di importazione nel territorio nazionale di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo hashish, non sono meritevoli di essere censurate.
In base a condivisibile principio espresso in materia dalla giurisprudenza di legittimità, integra il tentativo di importazione di sostanze stupefacenti quella condotta che, collocandosi in una fase antecedente all’acquisizione della proprietà della droga destinata ad essere trasferita nel territorio nazionale, si presenti come idonea ed univocamente diretta alla conclusione dell’accordo traslativo, manifestandosi attraverso una trattativa che, per i suoi caratteri di concretezza ed effettività, sia suscettibile di rivelare l’affidamento dei contraenti sull’esito positivo della sua conclusione [Sez. 1, n. 6180 del 27/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278484:’Integra il tentativo di importazione di sostanze stupefacenti la condotta che, collocandosi in una fase antecedente all’acquisto della proprietà della droga destinata ad essere trasferita nel territorio nazionale, si presenti come idonea ed univocamente diretta alla conclusione di tale accordo traslativo, dando vita ad una trattativa sul cui positivo esito risulti che per la natura, la qualità ed il numero dei contatti intervenuti, i contraenti abbiano riposto concreto affidamento. (Nella specie, la Corte ha ritenuto non sussistere un’ipotesi di trattativa affidante, in relazione all’incontro avvenuto tra l’imputato, in permesso premio in relazione ad una condanna per associazione mafiosa, e un “broker” albanese, durante il quale i due avevano discusso del possibile avvio di una fornitura di cannabis, senza, tuttavia, alcuna precisazione di quantità, qualità e prezzo, che sarebbero stati determinati solo a seguito di specifici accordi tra il “broker” e fiduciari del capo-mafia, incaricati di proseguire le negoziazioni dopo il suo rientro in carcere)’; conforme a Sez. 3, n. 7806 del 15/11/2017, dep. 2018, Pmt ed altri, Rv. 272446, così massimata: ‘Integra il tentativo di importazione di sostanze stupefacenti la condotta che, collocandosi in una fase antecedente all’acquisto della proprietà della droga destinata ad essere trasferita nel territorio nazionale, si presenti come idonea ed univocamente diretta alla conclusione di tale accordo traslativo, dando vita ad una trattativa sul cui positivo esito risulti che – per la natura, la qualità ed il numero dei contatti intervenuti – i contraenti abbiano riposto concreto affidamento (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza cautelare impugnata che aveva escluso,
sul piano indiziario, la fattispecie tentata in esame pur in presenza di numerosi contatti telefonici fra i potenziali acquirenti per il finanziamento dell’operazione, di trasferte all’estero, di incontri con gli intermediari ed, altresì, di “assaggi” di campioni di sostanza stupefacente)’].
Si Ł precisato che la trattativa, affinchØ possa rivelarsi ‘affidante’, prima che si verifichi l’incontro della volontà del fornitore e dell’acquirente, momento che segna, secondo il principio consensualistico, il confine con l’acquisto e, pertanto, con la consumazione del reato, debba essere connotata da univocità e idoneità rispetto al raggiungimento del reciproco consenso.
Tale carattere potrà essere in concreto ravvisato, con esame rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, al cospetto di circostanze che dimostrino una seria volontà di raggiungere l’accordo e, pertanto, tutte le volte in cui, per la natura, la qualità ed il numero dei contatti intervenuti tra le parti della trattativa, risulti che costoro confidino nell’esito positivo della conclusione dell’accordo (sul momento consumativo del reato di importazione si veda anche quanto si dirà nel successivo paragrafo 6.3, riguardante la posizione di COGNOME).
Le specifiche condotte suscettibili di rivelare la serietà della volontà di concludere un accordo sono state individuate, nei casi esaminati da questa Corte, nel fatto che gli acquirenti si siano recati all’estero, che abbiano incontrato i venditori, che abbiano assaggiato il prodotto, che abbiano discusso dell’affare in piø occasioni, prospettando il prezzo, il quantitativo ed il luogo di consegna, pur senza concretamente addivenire al momento perfezionativo dell’accordo, dovendo, in tale ultimo caso, ritenersi la consumazione del reato (così, in motivazione, la già citata Sez. 3, n. 7806/2017).
Si tratta, peraltro, di una elencazione non esaustiva, dovendosi ritenere che la casistica sia destinata ad accrescersi ove il giudice di merito individui, in base al suo prudente apprezzamento, ulteriori circostanze fattuali suscettibili di rivelare la serietà e la concretezza delle trattative e, quindi, l’idoneità e l’univocità degli atti rispetto allo scopo, elementi costitutivi del tentativo.
2.1. Ebbene, la Corte di merito, conformemente al primo giudice, ha dato conto della serietà delle trattative intervenute in entrambi i casi, con ampi richiami al contenuto delle conversazioni intercettate, la cui interpretazione, improntata a criteri scevri da aporie logiche, non Ł suscettibile di essere censurata in questa sede.
Con riferimento all’episodio di cui al capo 2 della rubrica vengono in rilievo, alla stregua di quanto argomentato nelle sentenze di merito, le conversazioni intercettate dalle quali si comprende che COGNOME, nei primi giorni di aprile del 2013, intraprese un viaggio all’estero – precisamente in Marocco – per incontrare il fornitore COGNOME. Giunto in Marocco ebbe alcune interlocuzioni infruttuose con COGNOME, il quale, in data 9 aprile 2013 chiamò COGNOME alla presenza di COGNOME, rivelandogli che c’erano ‘cose buone’ e ricevendo la raccomandazione di COGNOME di garantire la buona qualità del prodotto (‘deve essere buona’). La conversazione, la quale evidentemente aveva ad oggetto la partita di droga, proseguì tra COGNOME e COGNOME con riferimenti al prezzo di acquisto (pari a 800-850 euro).
Al ritorno dalla trasferta in Marocco, COGNOME NOME, si attivò, unitamente a COGNOME, per ingaggiare il corriere deputato a trasportare la droga da Barcellona, individuato in COGNOME. Questi, per provvedere al noleggio dell’auto destinata al trasporto dello stupefacente, ricevette da COGNOME l’importo di euro 1600, a mezzo vaglia postali. Giunto in Spagna, il corriere constatò che i fornitori non avevano voluto consegnargli la merce perchØ l’autovettura era inidonea al trasporto, mettendo subito al corrente COGNOME dell’accaduto (cfr. sulla ricostruzione del fatto le pagine 6 e seguenti della motivazione).
Alla stregua degli elementi rappresentati in sentenza, correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che la trattativa intercorsa con i fornitori spagnoli della sostanza fosse tale, alla luce delle coordinate ermeneutiche stabilite in sede di legittimità, da integrare gli estremi del tentativo.
L’effettività e la serietà dell’operazione, infatti, Ł stata reputata evidente non solo sulla base
della circostanza che, nel corso della trattativa, si era fatto riferimento al quantitativo di hashish da acquistare (200-250 kg) ed al prezzo da corrispondere (800-850 euro), ma anche in virtø del successivo trasferimento del corriere in Spagna, incaricato di provvedere al carico della droga sulla vettura presa a noleggio.
Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento al fatto di cui al capo 9 della rubrica, avente ad oggetto la tentata importazione di 150 kg di hashish.
Anche in relazione a detto episodio le critiche difensive sono volte a prospettare una non consentita alternativa interpretazione delle emergenze probatorie, che contrasta con la ricostruzione del fatto offerta in sentenza, del tutto logica e rispettosa dei criteri illustrati in precedenza
In merito a detto episodio, la Corte d’appello ha posto in evidenza come, anche in questo caso, il COGNOME si fosse incontrato con COGNOME, all’estero, per la riuscita dell’operazione illecita. L’esistenza di una trattativa in corso per l’acquisizione di una nuova partita di hashish, dopo il precedente fallimento, viene desunta da una lunga conversazione registrata in data 2 ottobre 2013, progr. n. 66, intervenuta tra COGNOME e COGNOME. In detta conversazione i colloquianti, oltre a scambiarsi informazioni sullo stato dei preparativi (COGNOME dice che Ł tutto pronto e chiede a COGNOME se c’Ł il trasportatore, COGNOME risponde che avrebbe avvertito dopo qualche giorno ‘COGNOME‘, soprannome di COGNOME), fanno chiari riferimenti al quantitativo di stupefacente da acquisire (5-10 sacchi, contenenti, secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito, 25-30 kg di sostanza stupefacente ognuno) ed alla somma da pagare (euro 1200 al chilogrammo, compatibile con il prezzo di mercato della c.d. droga leggera).
Il giudice di primo grado, nell’analizzare la conversazione richiamata, ha puntualmente argomentato il carattere ‘affidante’ della trattativa, evidenziando che: COGNOME NOME si incontrò con il fornitore recandosi appositamente all’estero (dapprima in Spagna e poi verosimilmente in Marocco); il ricorrente ed i compartecipi avevano determinato in almeno 150 kg il quantitativo di sostanza da importare, facendo riferimento al numero di sacchi che avrebbe contenuto lo stupefacente, i quali, sulla base di elementi tratti da pregresse conversazioni, avevano una capienza di 25-30 kg ognuno; il prezzo di euro 1.200 al chilogrammo era compatibile, in base alle emergenze in atti, con i valori di mercato della sostanza stupefacente di tipo hashish.
I rilievi difensivi, infondati, non scalfiscono il costrutto argomentativo dei giudici di merito: come detto in precedenza, la difesa, oltre a richiamare l’attenzione di questa Corte su aspetti valutativi, di esclusiva spettanza dei giudici di merito, non ha saputo fornire valide argomentazioni, ancorate a specifiche risultanze processuali, in grado di rivelare la fallacia del ragionamento seguito in sentenza. Invero, non sono dirimenti, ai fini della esclusione della fattispecie del tentativo, le lamentate discrasie in ordine al preciso quantitativo della sostanza stupefacente oggetto di trattative e all’approssimazione del prezzo nei due casi esaminati. Non solo tali aspetti hanno trovato puntuale giustificazione nella sentenza impugnata (si veda quanto argomentato dal giudice di appello a pag. 7 della motivazione in ordine alla volontà degli acquirenti di saggiare la qualità della sostanza prima di addivenire alla determinazione del quantitativo preciso da acquistare), ma non risultano in grado di escludere il carattere serio e concreto delle trattative, connotate da continui rapporti tra acquirenti e fornitori, da viaggi finalizzati alla conclusione dell’affare, dall’apprestamento di misure e mezzi per il trasporto della droga (noleggio della vettura), dall’individuazione del soggetto deputato a svolgere il ruolo di corriere.
Le doglianze riguardanti gli ulteriori episodi di acquisto, trasporto e importazione della sostanza stupefacente, per i quali Ł intervenuta pronuncia di condanna (motivi 4 e 5 di ricorso), sono inammissibili.
Prospettando una diversa interpretazione del contenuto delle conversazioni captate ed
un’alternativa ricostruzione dei fatti, la difesa sollecita una non consentita rilettura delle emergenze probatorie acquisite nel corso dell’istruttoria dibattimentale, a fronte di un apparato argomentativo della sentenza impugnata sostenuto da considerazioni coerenti con le acquisizioni probatorie illustrate in motivazione e scevre da profili di manifesta irragionevolezza (cfr. Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482:’In tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito’).
Con riferimento al fatto di cui al capo 3 della rubrica (riguardante l’acquisto, l’importazione ed il trasporto di kg 260 di sostanza stupefacente del tipo hashish, rinvenuta e sequestrata presso l’abitazione di Cadelo Maurizio Carmelo) trascura di considerare la difesa i passaggi argomentativi nei quali sono posti in rilievo i contatti e le conversazioni che hanno preceduto il servizio di osservazione del personale di polizia, attestanti le intese previamente intervenute tra i compartecipi nel reato, dalle quali si evince come la sostanza, giunta nel territorio nazionale, dovesse essere collocata presso Cadelo (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata: nella conversazione del 17/5/2023, pochi giorni prima dell’arrivo del TIR, COGNOME chiese a COGNOME se si sarebbero dovuti appoggiare da ‘Tappetto’, soprannome di Cadelo, ricevendo risposta affermativa; in data 21/5/2013 COGNOME comunicò a Cadelo che era ‘con il camion’ e che ‘gli invitati al matrimonio saranno 200 e rotti’ – frase criptica nella quale i giudici di merito, con argomentare logico, hanno ritenuto d’individuare un riferimento al peso della sostanza stupefacente).
In relazione alla intervenuta condanna per il capo 7 della rubrica, oggetto egualmente delle critiche difensive, la Corte di merito ha ritenuto infondati i motivi di doglianza proposti dalla difesa, qui sostanzialmente reiterati in assenza di spunti critici suscettibili di disarticolare il costrutto argomentativo della sentenza impugnata.
L’episodio contestato nel capo suddetto ha ad oggetto la cessione di un quantitativo imprecisato di sostanza stupefacente a COGNOME NOME. Il primo giudice e la Corte d’appello, attraverso una puntuale analisi delle conversazioni d’interesse, hanno posto in evidenza come la cessione in favore di COGNOME fosse avvenuta dopo l’intervento di COGNOME, che aveva detto a COGNOME di consegnare la droga a COGNOME, determinando fibrillazione tra i compartecipi a causa del mancato pagamento da parte di quest’ultimo.
Infine, i rilievi contenuti nei motivi aggiunti, riguardanti la prospettata assenza di un attento vaglio critico delle risultanze probatorie collegate agli accertamenti svolti mediante intercettazioni, risultano essere palesemente smentiti dall’accurata analisi del testo delle conversazioni operato dai giudici di merito, i quali, nell’interpretare il significato dei colloqui, hanno fatto ricorso a criteri del tutto coerenti ed immuni da vizi logici.
Deve peraltro osservarsi come la problematica inerente alla c.d. ‘droga parlata’ sia stata introdotta per la prima volta innanzi a questa Corte con i motivi nuovi. E’ d’uopo richiamare il consolidato principio di legittimità, in base al quale la facoltà del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali, dei quali i motivi ulteriori devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, anche per ragioni eventualmente non evidenziate, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti già dedotti, pena la loro inammissibilità (cfr. Sez. 2, n. 1417 del 11/10/2012, dep. 2013, Platamone, Rv. 254301).
4. Le censure riguardanti l’addebito concernente la detenzione di munizioni (motivo sesto di ricorso riguardante il capo 14 della rubrica) Ł parimenti inammissibile: la doglianza Ł del tutto generica, risultando priva della illustrazione delle ragioni fondanti la prospettata insussistenza del
reato.
E’ invece fondato il motivo di ricorso attinente alla contestazione associativa elevata a carico del ricorrente.
In relazione a detta contestazione, la Corte di appello Ł rimasta silente con riferimento alla produzione documentale avvenuta in udienza, riguardante la sentenza passata in giudicato a carico di COGNOME COGNOME il quale Ł stato assolto dal reato associativo.
Risulta, invero, dalla consultazione degli atti come la Corte d’appello di Palermo, con sentenza n.6681/2022 del 1/12/2022, munita di attestato d’irrevocabilità, abbia confermato la pronuncia assolutoria resa in primo grado a carico di COGNOME COGNOME in relazione alla contestazione di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90.
La circostanza avrebbe dovuto formare oggetto di considerazione nell’ambito delle lagnanze portate dalla difesa di COGNOME in relazione alla sussistenza e operatività dell’associazione, atteso anche il ruolo di capo ed organizzatore attribuito all’originario coimputato COGNOME COGNOME
E’ evidente come l’assenza di pronuncia su tale aspetto integri un vizio motivazionale, che impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata perchØ sia colmata la lacuna argomentativa.
Sono assorbite nella decisione di annullamento sul punto le ulteriori questioni poste dalla difesa nel motivo secondo di ricorso, riguardanti il trattamento sanzionatorio, il riconoscimento dell’aggravante dell’essere l’associazione armata e quella concernente la riconosciuta recidiva, dovendo la Corte di merito provvedere a riesaminare tali aspetti – eventualmente anche rideterminando la pena – all’esito della rivalutazione del fatto di cui al capo 1 della rubrica.
Il ricorso proposto da COGNOME deve essere rigettato per infondatezza dei motivi.
Come già ricordato in precedenza, il ricorrente Ł stato ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del tentativo di importazione di kg 300 di sostanza stupefacente del tipo hashish, in concorso con COGNOME Giacomo ed il fornitore estero, noto con il nome di COGNOME, non meglio identificato.
La Corte di merito, nel ripercorrere nel dettaglio le fasi della vicenda (si vedano le pagine 21 e seguenti della sentenza impugnata), ha posto in rilievo il carattere affidante e serio delle trattative intervenute tra il potenziale acquirente – COGNOME NOME – ed il fornitore COGNOME il quale risultava essere abituale referente di COGNOME, avendo già provveduto ad effettuare precedenti forniture andate a buon fine.
Dalle conversazioni intercettate i giudici di merito hanno desunto elementi per definire i termini della trattativa, condotta non solo attraverso comunicazioni telefoniche, ma anche con incontri di persona in Spagna, dove COGNOME Giacomo si era recato almeno due volte allo scopo di addivenire alla conclusione dell’accordo.
Con riferimento al quantitativo della sostanza da importare, i giudici hanno sostenuto che l’importazione avesse ad oggetto almeno 300 kg. di hashish; con riferimento al prezzo da corrispondere, a fronte della richiesta di euro 1200 al chilogrammo, hanno stabilito che COGNOME avesse offerto di pagare la minor somma di euro 880 al chilogrammo.
6.1. L’individuazione del quantitativo della sostanza stupefacente da acquistare e del prezzo da corrispondere Ł stato desunto dal contenuto delle conversazioni intercettate, che hanno formato oggetto di approfondita analisi nella sentenza di primo grado (pagine 451 e seguenti, dove sono riportate tutte le conversazioni d’interesse, accompagnate dal commento del giudice, che ha illustrato il loro significato).
L’inizio delle trattative Ł segnato da una prima conversazione, registrata in data 25 ottobre
2016, intercorsa tra COGNOME ed il fornitore spagnolo, in cui i colloquianti discutevano della possibilità di effettuare il trasporto in Sicilia di un carico composto da ‘tre’, di materiale ‘buono’ e ‘commerciale’. COGNOME assicurava di avere già un amico, munito di un mezzo proprio, disposto ad effettuare il trasporto. In una successiva conversazione, avvenuta pochi minuti dopo, il fornitore, su richiesta di COGNOME, precisava che l’affare riguardava ‘dieci’ (si vedano le pagine 451 e seguenti della sentenza di primo grado).
In base alla interpretazione fornita dal primo giudice, condivisa dal giudice di appello, il numero tre era riferito ai quintali offerti ed il numero dieci era riferito ai pacchi da trasportare, i quali, sulla base del contenuto di pregresse conversazioni intercettate nel contesto in esame, contenevano ognuno 25-30 chili di sostanza stupefacente. Il dato quantitativo di trecento chilogrammi Ł stato desunto anche da successive conversazioni intercettate nel corso della lunga trattativa (cfr. pag. 564 della sentenza di primo grado, dove si legge che COGNOME nel colloquio registrato in data 1/12/2016, aveva fatto riferimento a “trecento” e “tre grandi’).
Orbene, già queste prime indicazioni provenienti dai giudici di merito, fondate su una interpretazione delle conversazioni intercettate sostenuta da argomentazioni logiche stringenti e prive di aporie, rendono conto del fatto che la trattativa intrapresa dalle parti si attestasse su un dato quantitativo preciso, suscettibile di integrare, per le sue dimensioni ed anche per i riferimenti alla qualità della sostanza (‘buona’, ‘commerciale’), la ritenuta aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. 309/90.
La difesa ha diffusamente contestato nel ricorso gli assunti riferiti alla individuazione del quantitativo della sostanza e della ricorrenza dell’aggravante dell’ingente quantitativo. Ebbene, i rilievi in base ai quali i giudici avrebbero equivocato il significato delle conversazioni intercettate sono destituiti di fondamento: la Corte d’appello ha spiegato che, nel corso dei plurimi contatti con il fornitore spagnolo, oltre a discorrere del carico di trecento chilogrammi, le parti avevano fatto riferimento anche ad un ulteriore possibile affare illecito, riguardante un quantitativo ancora maggiore (il c.d. ‘carico grande’). La circostanza, tuttavia, non interferisce con la vicenda che occupa. Le puntuali spiegazioni offerte dai giudici di merito con riferimento al carico di trecento chilogrammi, oggetto di contestazione, non soffrono dei vizi lamentati dalla difesa: rispetto a tale fatto il convincimento maturato dai giudici Ł basato su inferenze derivanti da una logica, non censurabile, interpretazione delle conversazioni registrate.
Quanto alla ricorrenza dell’aggravante dell’ingente quantitativo, occorre richiamare il consolidato orientamento di questa Corte, in base al quale, in tema di traffico di sostanze stupefacenti, sia pure accertato esclusivamente mediante intercettazioni (c.d. droga parlata), Ł possibile per il giudice ritenere la sussistenza dell’aggravante allorchØ, sulla base del complessivo compendio probatorio, valutato con particolare rigore, emerga che il traffico abbia superato la “soglia minima” oltre la quale Ł configurabile l’aggravante (cfr. ex multis Sez. 4, n. 21377 del 09/07/2020, COGNOME, Rv. 279512).
La considerazioni espresse sul punto nelle sentenze di merito sono rispettose del principio richiamato, avendo i giudici valorizzato, dopo attenta analisi, precise circostanze suscettibili di rivelare il superamento del valore soglia, pari, nel caso di c.d. ‘droghe leggere’ a 2000 grammi di principio attivo (Sez. U, n. 14722 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 279005).
6.2. Del pari infondate si appalesano le censure difensive riguardanti gli ulteriori aspetti della trattativa, volte a sostenere la mancanza di serietà e concretezza degli accordi che hanno riguardato l’episodio di che trattasi.
In relazione al prezzo della sostanza, i giudici di merito hanno osservato, come, alla stregua delle conversazioni intercettate, l’acquirente avesse chiesto al referente spagnolo di addivenire ad un prezzo piø basso di vendita. Quanto al luogo di consegna, le parti avevano convenuto che lo
stupefacente avrebbe dovuto essere portato dal fornitore in una delle principali città italiane, dove l’uomo di fiducia di COGNOME, individuato in Botto Sebastiano, si sarebbe dovuto recare per acquisire il materiale possesso della sostanza e curarne il trasporto in Sicilia.
Anche con riferimento a tali aspetti le doglianze difensive non hanno capacità disarticolante del ragionamento seguito dai giudici di merito: la concretezza e affidabilità della trattativa, con argomentare logico, Ł stata desunta da una serie di elementi univocamente conducenti ai fini della dimostrazione del tentativo. Il fatto che durante le fasi che precedettero l’accordo vi fossero aspetti ancora da definire in modo puntuale, non esclude che non vi fosse una volontà diretta ad addivenire alla effettiva conclusione dell’operazione. A questo proposito valgono le considerazioni svolte dalla Corte d’appello alle pagine 21 e 22 della sentenza impugnata, dove sono elencate le circostanze suscettibili di rivelare il carattere ‘affidante’ della trattativa: la vicenda matura nell’ambito di rapporti già collaudati, che avevano dato luogo a precedenti operazioni di trasferimento della droga, essendo COGNOME stabile referente di COGNOME in Spagna; COGNOME si era recato di persona all’estero per definire l’accordo; il quantitativo era stato determinato in 300 chilogrammi; i dettagli dell’operazione prevedevano il trasferimento della sostanza in Italia, con successivo intervento del corriere per il trasporto a destinazione.
6.3. In diritto, come già detto in precedenza (cfr. paragrafo 2 della presente parte), Ł suscettibile di integrare la fattispecie dell’importazione della sostanza stupefacente nella forma tentata la condotta che, collocandosi in una fase antecedente all’acquisto della proprietà della droga destinata ad essere trasferita nel territorio nazionale, si presenti come idonea ed univocamente diretta alla conclusione dell’accordo traslativo. E’ quindi rimesso all’apprezzamento dei giudici di merito, in base a valutazioni da svolgersi in fatto, l’individuazione di quei caratteri della condotta che rivelino serietà e concretezza (cfr. la già citata Sez. 3, n. 7806/2017, Rv. 272446).
La Corte d’appello ed il primo giudice non si sono discostati da detto orientamento, che qui deve essere ribadito, rendendo conto in motivazione delle circostanze che rivelavano il carattere ‘affidante’ della trattativa.
La difesa critica l’impostazione seguita in sentenza, richiamando il contenuto di una recente pronuncia di questa Corte, in tema di importazione di sostanza stupefacente (Sez. 6, n. 40044 del 29/09/2022, COGNOME, Rv. 283942), la quale, superando il maggioritario principio consensualistico, ritiene necessario, ai fini del perfezionamento del reato,il conseguimento da parte dell’importatore ‘della materiale disponibilità della sostanza e del controllo delle successive operazioni di trasporto e di introduzione della sostanza acquistata al di qua dei confini nazionali’.
La pronuncia citata dalla difesa, tuttavia, perviene a conclusioni non dissimili da quelle finora enunciate, seguite dalla Corte di merito nel caso specifico, allorquando definisce i confini con l’ipotesi del tentativo di importazione, affermando: «tutte le condotte che si collocano in una fase antecedente il conseguimento della disponibilità della sostanza potranno configurare un tentativo punibile di importazione solo nel caso in cui le trattative intercorse siano connotate da serietà ed affidabilità, risultando, secondo il paradigma legale descritto dall’art. 56 cod. pen., univoche e idonee a determinare l’introduzione dello stupefacente nel territorio nazionale (cfr. Sez. 1 , n. 6180 del 27/11/2019, dep. 2020, COGNOME Rv. 278484). L’individuazione degli elementi “qualificanti” le trattative intercorse non può che essere rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito il quale deciderà sulla base degli elementi di fatto emergenti dal compendio probatorio. Tuttavia, a solo titolo esemplificativo, può, comunque, riconoscersi il carattere “affidante” e, dunque, la serietà della trattativa nel caso in cui questa sia culminata nel raggiungimento di un accordo su qualità, quantità, prezzo e modalità di consegna della droga (cfr. Sez. 1, n. 1498 del 07/03/1996, Carista, Rv. 204927) ovvero anche, con riferimento alla fase antecedente il raggiungimento di tale accordo, nel caso in cui l’analisi della natura, della qualità, del numero e delle modalità dei contatti intercorsi sia idonea a
legittimare in un contraente di media diligenza un affidamento sul buon fine dell’operazione di approvvigionamento all’estero. A tal fine potranno rilevare, ad esempio, il numero, la frequenza, le modalità ed il contenuto dei contatti tra le parti o i loro intermediari, le trasferte all’estero, gli incontri tra le parti o i loro intermediari, gli “assaggi” di campioni di sostanza stupefacente, il versamento di “acconti” sul prezzo convenuto. Non sarà, pertanto, configurabile un tentativo punibile con riferimento a quelle condotte “preparatorie”, quali, ad esempio, meri contatti informativi con uno o piø fornitori o anche il semplice invio di denaro al fine di “sondare” il mercato, che non siano idonee a rivelare una seria volontà delle parti in merito all’approvvigionamento all’estero della sostanza» (così al paragrafo 2.1 della citata sentenza COGNOME)
Da quanto precede deriva che rimane indifferente al tema della configurazione del tentativo di importazione l’applicazione del principio consensualistico o di quello che richiede l’acquisizione del controllo sulla sostanza all’estero ai fini della consumazione del reato, dovendosi in ogni caso verificare, nella fattispecie del tentativo, secondo il paradigma descritto dall’art. 56 cod. pen., l’idoneità e l’univocità degli atti rispetto alla conclusione dell’accordo – nel caso in cui si acceda alla teoria consensualistica – o all’acquisizione del controllo della sostanza nel caso in cui si acceda all’altra teoria.
In conclusione, necessariamente il tentativo d’importazione di sostanza stupefacente riguarda le condotte attuate nella fase delle trattative tra venditore ed acquirente; la valutazione circa la idoneità ed univocità degli atti deve essere condotta, alla stregua di quanto stabilisce l’art. 56 cod. pen., prendendo in considerazione circostanze – non preventivamente determinabili e rimesse al prudente apprezzamento del giudice di merito – suscettibili di rivelare la serietà e la concretezza della volontà delle parti di concludere l’accordo e di ottenere la disponibilità della sostanza stupefacente.
Facendo buon governo dei principi di diritto finora enunciati, la Corte territoriale ha valutato, con argomentare logico, l’idoneità e l’univocità dei comportamenti serbati dai compartecipi nel corso delle trattative – elencati alle pagine 21 e 22 del provvedimento impugnato – rispetto al raggiungimento del fine della conclusione dell’accordo e dell’ottenimento della disponibilità della sostanza stupefacente, validamente sostenendo la serietà e la concretezza di detti comportamenti.
Quanto al ruolo svolto nella vicenda dal ricorrente, i giudici di merito hanno evidenziato come l’imputato si fosse reso piø volte disponibile, nel corso della trattativa condotta da COGNOME, a svolgere il compito di corriere.
Fin dal principio della vicenda l’acquirente aveva individuato COGNOME come soggetto deputato al trasporto della sostanza: subito dopo la conversazione del 25 ottobre 2016 citata sopra, nella quale COGNOME informava COGNOME di avere la disponibilità di un corriere munito di un mezzo proprio, il primo contattava telefonicamente COGNOME NOME.
Nell’ambito delle numerosissime conversazioni intercettate, i giudici hanno dato conto di una serie di circostanze suscettibili di rivelare il ruolo di corriere che il ricorrente aveva accettato di svolgere nella vicenda, dimostrandosi piø volte disponibile in tal senso ed interessandosi all’evoluzione delle trattative, di cui chiedeva notizie a Tamburello (si vedano le pagine 23, 24 e 25 della sentenza di appello, fitte di riferimenti agli elementi di prova sui quali Ł stato fondato il convincimento dei giudici).
Le argomentazioni svolte nelle conformi sentenze di merito risultano, dunque, immuni dai vizi lamentati dalla difesa e puntualmente ancorate alle risultanze probatorie.
Il fatto che nel corso della trattativa COGNOME abbia intrattenuto anche altri contatti con tale COGNOME NOME, non Ł circostanza suscettibile di sovvertire la logicità della ricostruzione offerta in sentenza; neppure consente di ritenere minata la congruenza di tale ricostruzione il fatto che non
siano state registrate conversazioni riguardanti l’accordo raggiunto tra COGNOME e COGNOME in ordine all’esatto compenso per l’attività di corriere. Si tratta di elementi non dirimenti a fronte della congerie di circostanze indicate nella sentenza impugnata afferenti alla costante disponibilità dimostrata dal ricorrente di ricoprire l’incarico di corriere nella vicenda che occupa.
Si osserva che, in sede di legittimità, non Ł censurabile una sentenza per il suo silenzio su alcune specifiche deduzioni prospettate col gravame quando le stesse risultano disattese dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata. Infatti, per la validità della decisione non Ł necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione di ogni argomento posto a base della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizioprevisto dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa ricostruzione (ex multis, Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, Sirica, Rv. 276741).
Sulla base di quanto precede, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di COGNOME limitatamente al reato associativo, con rinvio alla Corte d’appello di Palermo per nuovo giudizio sul punto. E’ rigettato nel resto il ricorso di COGNOME
E’ rigettato il ricorso di COGNOME, che, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME limitatamente al reato associativo, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo per nuovo giudizio sul punto. Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME Rigetta il ricorso di COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 06/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME