Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6741 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6741 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Cosenza il 16/12/1994
avverso l’ordinanza del 11/06/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Catanzaro ha respinto l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di associazione dedita al narcotraffico e per una serie di reati fine.
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Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono una vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in relazione alla partecipazione all’associazione dedita al narcotraffico, con il ruolo di organizzatore. Nella prospettazione difensiva difettano gravi indizi sia dell’inserimento nell’associazione sia del ruolo contestato.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono i vizi di violazione di legge di difetto di motivazione in relazione alle esigenze cautelari, di cui non è motivata la concretezza e l’attualità. L’adeguatezza della misura è fondata sul pericolo di recidivanza, indicato in modo generico, mentre erroneo è il riferimento al fatto che il ricorrente riceveva la clientela presso la propria abitazione, in quanto tale elemento non emerge dagli atti. Né è stata valutata la circostanza che il ricorrente è attinto da misura custodiale carceraria già da due anni nell’ambito di altro procedimento e che ciò annulla qualsivoglia esigenza di cautela per la materiale impossibilità di commettere reati dello stesso tipo.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Preliminarmente si osserva che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, la Corte di cassazione è tenuta a verificare, nei limiti consentiti dalla peculiare natura del giudizio di legittimità, se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno determinato ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, verificando il rispetto dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Nel caso di specie il Tribunale, dopo aver riportato gli elementi di prova relativi alla esistenza di una associazione che controlla lo spaccio di stupefacenti a Cosenza, tratteggia la posizione del ricorrente senza offrire una adeguata motivazione in ordine ai gravi indizi della sua partecipazione a tale associazione.
Premesso che egli, nell’ambito di altro procedimento, è accusato di essere partecipe di una associazione di ‘ndrangheta, il Tribunale rileva che è anche intraneo alla parallela associazione dedita al narcotraffico, facente capo, prima a NOME COGNOME e, poi, nel periodo di sottoposizione di quest’ultimo a misura cautelare, a NOME COGNOME e, in particolare, al sottogruppo capeggiato da NOME COGNOME.
Gli elementi dimostrativi del suo ruolo nell’associazione sono limitati a un colloquio telefonico, da cui emerge che intendeva reintrodurre l’hashish nel territorio cosentino, dove, in quel periodo, scarseggiava e alla circostanza che si è interfacciato direttamente con NOME COGNOME che gli ha delegato l’acquisto di una partita di hashish. Da tale ultimo elemento è tratto il ruolo di organizzatore. Oltre a ciò, l’ordinanza dà rilievo alla commissione di una serie di episodi di spaccio, non contestata.
La qualificazione di tali elementi come indicativi della partecipazione all’associazione si poggia su un presupposto, di cui si dà conto nella prima parte dell’ordinanza, secondo cui chi esercita l’attività di spaccio a Cosenza lo fa – e può farlo – solo perché partecipe di un sistema associativo, che controlla in modo capillare l’attività di spaccio, vietando di operare al di fuori delle regole imposte sul territorio (il cosiddetto “sottobanco”).
In altri termini, secondo il Tribunale, non esiste attività di narcotraffico nel territorio cosentino collocabile al di fuori di questo sistema: il traffico è realizzato attraverso singoli gruppi “accreditati”, che, sebbene autonomi, sono tutti riconducibili all’associazione confederata.
Al riguardo va osservato che, come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, risulta del tutto congetturale nella ordinanza genetica la dimostrazione che qualunque episodio di spaccio che si verifichi nel territorio della provincia di Cosenza debba essere sempre riferito all’organizzazione criminale che controlla il mercato illecito degli stupefacenti, con l’ulteriore corollario che tutti coloro che risultino comunque coinvolti in una qualche attività di spaccio di sostanze stupefacenti in quell’ambito territoriale siano, solo per questa ragione, soggetti che necessariamente fanno parte dell’associazione (Sez. 6, n. 42295 del 02/10/2024).
Quanto al ruolo, va richiamata la giurisprudenza secondo cui riveste la qualifica di organizzatore colui che coordina l’attività di altri associati o, anche colui che, pur non coordinando altri, ha il potere di determinare, in autonomia rispetto al “capo” del gruppo, sia le cessioni di droga alle quali quest’ultimo partecipi, sia la gestione di pagamenti e di controversie relative a forniture rilevanti per l’operatività del sodalizio (Sez. 3, n. 18370 del 19/01/2024, Scuotto, Rv. 286272 – 02).
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Non risulta nel provvedimento impugnato né che il ricorrente coordinasse altri associati (peraltro la composizione del gruppo di cui fa parte non è nemmeno accennata, poiché l’ordinanza contiene un unico riferimento al suo vertice, NOME COGNOME) né che egli avesse l’autonomia decisionale richiesta per rivestire il ruolo contestato.
In conclusione, quindi, l’ordinanza impugnata va annullata essendo necessaria una rivalutazione del quadro indiziario con riferimento alla ravvisata partecipazione del ricorrente al reato associativo e al suo ruolo.
All’esito del pregiudiziale esame del quadro indiziario, il Tribunale provvederà anche alla rivalutazione delle esigenze cautelari.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 09/01/2025.