Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 620 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 620 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nata a Cosenza il 30/09/1986
avverso l’ordinanza del 06/06/2024 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e i motivi del ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria difensiva dell’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME con la quale ha contestato il contenuto della requisitoria del Procuratore generale insistendo per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Catanzaro, decidendo sulla richiesta di riesame, ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere applicata ad NOME COGNOME dal Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Catanzaro, per il delitto di partecipazione ad associazione dedita al narcotraffico, con le aggravanti di cui agli art. 80 d. P.R. n. 309 del 1990 e art. 416-bis.1 cod. pen. (capo 1) e un reato-fine in materia di stupefacenti (capo 230).
Avverso detta ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, articolando i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge e vizio di motivazione per l’insussistenza degli elementi costitutivi sia dell’associazione dedita al narcotraffico, con riferimento al sottogruppo cosiddetto COGNOME–COGNOME; sia della consapevole condotta partecipativa della ricorrente. Infatti, il provvedimento impugnato non ha menzionato utenze, veicoli, apporto economico alla cosiddetta bacinella comune e relazioni con i vertici della parallela consorteria riconducibili ad NOME COGNOME risultando al contrario le sue frizioni con i sodali, l’assenza di poteri direttivi e la sua mancata collocazione nel contesto associativo da parte dei collaboratori di giustizia, di cui sono state travisate le dichiarazioni.
Peraltro, risulta che NOME COGNOME si è successivamente sposata con NOME COGNOME con il quale ha commesso un delitto estraneo alla compagine associativa oggetto di esame.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art.416-bis.1 cod. pen. in quanto il provvedimento impugnato non ha esaminato la censura difensiva circa l’esclusione dell’aggravante anche sotto il profilo dell’adesione psicologica di NOME COGNOME
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle esigenze cautelari non essendo stato valutato il tempo trascorso dall’ultimo episodio contestato (maggio 2021) anche alla luce dall’ interruzione dei rapporti con il compagno e con altri associati, visto lo smantellamento dell’intera associazione, elementi tali da consentire l’applicazione di misure meno afflittive.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale, le parti hanno depositato le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere rigettato.
il primo motivo di ricorso, relativo alla gravità indiziaria, è infondato.
2.1. Va ribadito il pacifico principio, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti l’ adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976).
2.2. L’ordinanza impugnata, prima di esaminare la posizione della ricorrente e dei reati a lei contestati in via provvisoria, ha dedicato ampio spazio alla ricostruzione del contesto in cui questa si inserisce descrivendo, nella parte generale, due compagini criminali: a) la confederazione di ‘ndrangheta, operante nel Comune di Cosenza e dintorni – acclarata da numerose sentenze irrevocabili con gruppi ‘ndranghetisti, funzionalmente autonomi, ma organicamente legati e riconducibili al vertice rappresentato da NOME COGNOME (capo 401); b) il cd. Sistema Cosenza, costituito da una vasta associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (capo 1), che si affianca alla prima, riferibile al gruppo degli Italiani – cui appartiene anche quello degli COGNOME o “Banana” – che si avvale di diversi gruppi nel settore del narcotraffico, che si spartiscono il territorio, tra i quali quello del ricorrente, la cui forza di intimidazione deri proprio dal vincolo associativo e dall’ imposizione di condizioni di assoggettamento e di omertà, attraverso la commissione di una serie eterogenea ed indeterminata di delitti.
2.3. Il provvedimento impugnato ha fondato la gravità indiziaria, per il solo capo 1), sulle dichiarazioni, reciprocamente riscontrate, dei collaboratori di giustizia, descrivendo non solo il funzionamento dell’associazione criminale e il rigoroso rapporto tra le varie entità che vi appartengono, ma anche il Gruppo diretto dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME, che gestisce il narcotraffico nel territorio di Mendicino, comune del cosentino, secondo le regole stabilite dalla compagine criminale in ordine ai canali di approvvigionamento, alle aree di appartenenza, alle percentuali da versare alla cassa comune, consapevoli che
quando l’acquisto di stupefacente avviene da soggetti diversi da quelli consentiti, cioè “sottobanco”, sono previste gravi sanzioni corporali o economiche.
Diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, i giudici di merito, dopo avere esposto le dichiarazioni dei singoli collaboratori di giustizia, che avevano conoscenza diretta dell’illecita attività perpetrata dal Sistema per averne fatto parte, hanno specificamente indicato, alle pagg. 25-33, come dalle intercettazioni, confermate da servizi di osservazione, arresti e sequestri di droga, risultasse la gravità indiziaria, in relazione al capo 1), in ordine all’esistenza del sotto-gruppo COGNOME–COGNOME dotato di una propria precisa organizzazione e una base logistica collocata nell’abitazione della coppia; diversi partecipi (i fratelli COGNOME agli arres domiciliari, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME) e precisi ruoli e mezzi per il trasporto della droga (pagg. 28 e 29); mantenimento garantito dalla stessa COGNOME in corso di detenzione (pag. 31), oltre che commissione di numerosi reati-fine.
NOME COGNOME aveva avuto un ruolo prima colloborativo con il marito sia nell’attività di smercio dello stupefacente che nella gestione del cd “recuperocrediti” dagli acquirenti, sviluppatosi in diversi anni vista la fitta rete di clienti; a seguito dell’arresto dell’uomo, nell’aprile 2021, aveva assunto la direzione del sotto-gruppo utilizzando l’utenza telefonica monitorata per i contatti con gli acquirenti, che poi smistava ai singoli spacciatori, tenendo al corrente COGNOME, pur in carcere, di quanto avveniva nella piazza di spaccio di Mendicino da lei gestita, impartendo ordini nonostante le incomprensioni o le resistenze di alcuni spacciatori (NOME COGNOME richiama NOME affinchè ubbidisca alla COGNOME e riceve da lei l’incarico dello spaccio della cocaina ritenendolo più affidabile, pag. 26).
A fronte di questo apparato argomentativo il ricorso si affida a critiche del tutto generiche in ordine sia alla errata qualificazione dell’associazione nei termini di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, di cui invece risultano tutti i requisi secondo il costante orientamento di questa Corte; sia alla condotta consapevolmente partecipativa di NOME COGNOME desumibile dal contenuto delle intercettazioni, dalle preoccupazioni per le dichiarazioni rese dal fratello ai Carabinieri e dal suo ruolo direttivo di un sottogruppo che partecipava alla gestione monopolistica della catena di distribuzione dello stupefacente nel cosentino.
Sono recessive o del tutto ininfluenti che la ricorrente avesse avuto frizioni con alcuni sodali; che utenze e mezzi fossero intestati ad altri circostanza che, al contrario, costituiscono sintomo della posizione apicale della Presta; che i collaboratori di giustizia non l’avessero collocata nel contestato associativo o si fosse pois sposata con NOME COGNOME.
Il secondo motivo di ricorso, relativo alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis cod. pen. è manifestamente infondato oltre che genericamente proposto.
Il Tribunale con argomenti logici e coerenti, con i quali il ricorso non si misura, a pag. 3 ha ritenuto sussistente l’aggravante dando atto come, alla luce del ricco compendio probatorio, il traffico di stupefacenti costituisse parte del programma criminoso dell’associazione mafiosa, per la cui realizzazione erano stati reclutati anche soggetti non rientranti nel sodalizio ndranghetistico, come NOME COGNOME pienamente consapevoli della caratura criminale degli altri componenti, soprattutto quando assumevano la posizione apicale di singoli sotto-gruppi, vista la rigida spartizione del territorio per l’attività di spaccio.
Il terzo motivo di ricorso, sulle esigenze cautelari, è aspecifico e reiterativo in quanto si limita a contestare gli argomenti logicamente affrontati e risolti dal provvedimento impugnato che spiega nel dettaglio l’attualità del pericolo di recidiva valorizzando: a) le modalità stabili e le pervasive relazioni criminali emerse dal compendio investigativo registrate dal Tribunale fino al maggio 2021; b) il ruolo apicale assunto dalla ricorrente oltre che la professionalità dimostrata nel corso delle indagini; c) la capacità di approvvigionamento di rilevanti quantitativi di stupefacente con stabile smercio della droga; d) la presenza di precedenti anche per fatti successivi a quelli contestati; e) l’ampia rete di rapporti personali ed economici con gli associati.
Sulla base di tale giudizio il provvedimento ha inoltre correttamente applicato al caso di specie la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, secondo i canoni elaborati dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 23935 del 04/05/2022, Rv. 283176), tale da rendere il mero decorso del tempo, peraltro non particolarmente risalente, di valenza neutra ove non accompagnato, come nella specie, da altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità (Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, Rv. 282004).
Alla stregua di tali argomenti il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 5 dicembre 2024
La Consigliera estensora
Il Presidente