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Associazione narcotraffico: custodia cautelare confermata

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una donna contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per partecipazione a un’associazione narcotraffico. La Corte ha confermato la solidità dei gravi indizi di colpevolezza e la sussistenza delle esigenze cautelari, basandosi su intercettazioni e dichiarazioni di collaboratori di giustizia che delineavano il suo ruolo apicale all’interno del sodalizio criminale, specialmente dopo l’arresto del compagno. È stata inoltre ritenuta sussistente l’aggravante legata al contesto mafioso e si è stabilito che il solo decorso del tempo non è sufficiente a ridurre la sua pericolosità sociale.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Narcotraffico e Custodia in Carcere: La Cassazione Fa il Punto

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: i presupposti per l’applicazione della custodia cautelare in carcere in caso di accusa di partecipazione a un’associazione narcotraffico. La decisione offre importanti chiarimenti sui criteri di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e sulla persistenza delle esigenze cautelari, anche a distanza di tempo dai fatti contestati.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda una donna destinataria di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il delitto di partecipazione a un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso. L’indagata, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione contro la decisione del Tribunale del Riesame, che aveva confermato la misura restrittiva.

La difesa sosteneva l’insussistenza degli elementi costitutivi dell’associazione e della consapevole partecipazione della propria assistita, evidenziando l’assenza di prove concrete come utenze, veicoli o apporti economici alla cassa comune, oltre a frizioni con altri membri del sodalizio. Inoltre, veniva contestata la sussistenza dell’aggravante e la permanenza delle esigenze cautelari, dato il tempo trascorso dall’ultimo episodio contestato (risalente a maggio 2021).

I Motivi del Ricorso

Il ricorso si articolava su tre motivi principali:

1. Violazione di legge e vizio di motivazione sull’esistenza dell’associazione narcotraffico: Si lamentava che il provvedimento impugnato non avesse adeguatamente provato né l’esistenza di un sottogruppo criminale organizzato, né la partecipazione attiva e consapevole della ricorrente.
2. Insussistenza dell’aggravante mafiosa: La difesa contestava l’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 c.p., sostenendo che il Tribunale non avesse esaminato a fondo le censure relative all’assenza di un’adesione psicologica dell’indagata al contesto mafioso.
3. Carenza delle esigenze cautelari: Si evidenziava come il tempo trascorso, unito allo smantellamento dell’associazione e all’interruzione dei rapporti con gli altri associati, avrebbe dovuto condurre all’applicazione di una misura meno afflittiva del carcere.

Le Motivazioni della Cassazione sull’Associazione Narcotraffico

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo le argomentazioni del Tribunale del Riesame logiche, coerenti e giuridicamente corrette.

In primo luogo, riguardo alla gravità indiziaria, la Corte ha ribadito che il suo sindacato si limita a una verifica sulla logicità e correttezza giuridica della motivazione, senza poter riesaminare nel merito le prove. Il provvedimento impugnato aveva ampiamente descritto il contesto criminale, delineando una vasta associazione narcotraffico operante nel territorio, suddivisa in sottogruppi. Le prove a carico della ricorrente, basate su intercettazioni, servizi di osservazione e dichiarazioni di collaboratori di giustizia, erano state ritenute solide.

In particolare, è emerso che la donna aveva assunto un ruolo direttivo nel sottogruppo dopo l’arresto del compagno, gestendo la piazza di spaccio, impartendo ordini e mantenendo i contatti con gli acquirenti. Questo ruolo apicale, secondo la Corte, era un sintomo chiaro della sua piena integrazione nel sodalizio. Le frizioni con altri membri e il fatto che utenze o mezzi non fossero a lei intestati sono stati considerati elementi irrilevanti o, addirittura, indicativi della sua posizione di vertice.

Anche il secondo motivo, relativo all’aggravante mafiosa, è stato respinto. Il Tribunale aveva correttamente motivato che il traffico di stupefacenti era parte integrante del programma criminoso dell’associazione di stampo ‘ndranghetista, e che i soggetti reclutati, pur non essendo formalmente affiliati, erano pienamente consapevoli della caratura criminale del contesto in cui operavano.

Infine, per quanto riguarda le esigenze cautelari, la Cassazione ha confermato l’attualità del pericolo di recidiva. Il Tribunale aveva valorizzato elementi come le modalità stabili e pervasive delle relazioni criminali, il ruolo apicale della ricorrente, la sua professionalità nel delinquere e l’ampia rete di contatti. In un quadro del genere, opera la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere. Il mero decorso del tempo, se non accompagnato da altri elementi concreti che dimostrino un’attenuazione della pericolosità, è stato ritenuto di valenza neutra.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari per reati associativi: la valutazione della pericolosità sociale deve essere rigorosa e basata su elementi concreti. Un ruolo di vertice all’interno di un’associazione narcotraffico, la professionalità dimostrata e l’inserimento in una fitta rete di relazioni criminali sono fattori che giustificano il mantenimento della custodia in carcere. Il semplice passare del tempo, in assenza di prove di un reale distacco dal mondo criminale, non è sufficiente a scalfire il giudizio di pericolosità e a consentire la sostituzione della misura con una meno grave.

Quando è giustificata la custodia cautelare in carcere per associazione narcotraffico?
La custodia in carcere è giustificata in presenza di gravi indizi di colpevolezza e di concrete esigenze cautelari. La sentenza sottolinea che elementi come un ruolo apicale, la stabilità delle attività criminali, la professionalità dimostrata e una vasta rete di rapporti con altri associati creano una forte presunzione del pericolo di reiterazione del reato, rendendo adeguata la misura carceraria.

Il solo passare del tempo è sufficiente per ottenere una misura cautelare meno grave?
No. Secondo la Corte, il mero decorso del tempo ha una valenza neutra se non è accompagnato da altri elementi circostanziali specifici che possano dimostrare un’effettiva attenuazione della pericolosità sociale del soggetto. Nel caso di specie, la gravità dei fatti e il ruolo ricoperto hanno reso irrilevante il tempo trascorso.

Come viene valutata la prova della partecipazione a un’associazione criminale?
La prova viene valutata analizzando l’intero compendio probatorio, che include intercettazioni telefoniche, servizi di osservazione, arresti, sequestri e le dichiarazioni reciprocamente riscontrate dei collaboratori di giustizia. La Corte ha chiarito che anche eventuali frizioni con altri sodali non escludono la partecipazione, se il ruolo attivo e consapevole all’interno del gruppo è dimostrato da altre prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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