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Associazione mafiosa: validità misura cautelare

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto indagato per associazione mafiosa e tentata estorsione, confermando la misura della custodia cautelare in carcere. La sentenza ribadisce che i gravi indizi di colpevolezza possono essere desunti anche da sentenze non ancora passate in giudicato e che il ricorso in Cassazione non può riesaminare nel merito le prove, ma solo verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Mafiosa: La Cassazione Conferma la Misura Cautelare

Con la sentenza n. 11088 del 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di associazione mafiosa, ribadendo principi fondamentali in materia di misure cautelari e limiti del giudizio di legittimità. La decisione conferma che la valutazione degli indizi di colpevolezza spetta ai giudici di merito e non può essere rimessa in discussione in Cassazione, a meno che non emergano vizi logici macroscopici o violazioni di legge.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere perché ritenuto gravemente indiziato di partecipazione a un’associazione mafiosa, in particolare a una ‘ndrina operante nel territorio calabrese. Oltre a ciò, gli veniva contestato il delitto di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di un imprenditore concorrente nel settore del noleggio con conducente (NCC).

Il Tribunale del riesame aveva confermato l’ordinanza del GIP, ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, articolando diverse censure.

I Motivi del Ricorso

La difesa dell’indagato ha contestato la decisione del Tribunale del riesame su più fronti, sostenendo:

1. Violazione di legge: L’esistenza del clan mafioso sarebbe stata desunta acriticamente da una sentenza di primo grado non ancora definitiva.
2. Genericità delle prove: Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia sarebbero state generiche e imprecise, e il materiale intercettivo privo di reale valore probatorio.
3. Errata interpretazione: Le intercettazioni sarebbero state interpretate in modo errato, attribuendo un interesse mafioso ad attività che avrebbero avuto solo un interesse personale.
4. Insussistenza del reato di estorsione: Gli elementi raccolti non sarebbero stati sufficienti a collegare l’atto intimidatorio né al clan né all’indagato.

Le motivazioni della Cassazione in tema di associazione mafiosa

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni difensive. I giudici hanno chiarito che il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari è consentito solo per violazione di legge o per manifesta illogicità della motivazione, non per proporre una diversa lettura delle prove. Le censure della difesa, secondo la Corte, miravano proprio a una rivalutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.

La Corte ha specificato che:

Validità di sentenze non definitive: I gravi indizi di colpevolezza possono legittimamente essere desunti anche da una sentenza di condanna non ancora irrevocabile. L’irrevocabilità non è un requisito per utilizzare una sentenza come elemento probatorio in fase cautelare.
Valutazione del collaboratore: Il Tribunale ha correttamente valutato l’attendibilità del collaboratore di giustizia, le cui dichiarazioni erano basate su conoscenza diretta dei fatti e corroborate da altre risultanze investigative, come le conversazioni intercettate tra l’indagato e la sua compagna, e le emergenze documentali sull’operatività del clan nel settore NCC.
Contributo concreto al sodalizio: È stato adeguatamente illustrato il coinvolgimento attivo e stabile dell’indagato nella gestione del settore dei trasporti per conto del clan. L’atto intimidatorio contro il concorrente è stato considerato un indizio dirimente, volto a consolidare il controllo del territorio e delle attività economiche da parte del sodalizio.

Le Conclusioni

La Corte ha concluso che il Tribunale del riesame ha operato una valutazione logica e coerente degli elementi a disposizione, delineando un quadro indiziario solido sia per il reato di associazione mafiosa sia per la tentata estorsione. Il provvedimento impugnato è stato quindi ritenuto immune da vizi. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. Questa sentenza riafferma un principio cardine: il giudizio di Cassazione non è un ‘terzo grado’ di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione del diritto.

È possibile basare una misura cautelare su una sentenza non ancora passata in giudicato?
Sì, la Corte di Cassazione ha affermato che i gravi indizi di colpevolezza, necessari per l’applicazione di una misura cautelare, possono essere desunti anche dal semplice dispositivo di una sentenza di condanna, ancorché non sia stata ancora depositata la motivazione e non sia divenuta irrevocabile.

Un ricorso in Cassazione può contestare il modo in cui il Tribunale ha valutato le prove?
No, il ricorso per cassazione è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione. Non può essere utilizzato per proporre una ricostruzione dei fatti diversa o per ottenere una nuova valutazione delle prove già esaminate dal giudice di merito.

Quali elementi sono stati ritenuti decisivi per confermare la custodia in carcere per associazione mafiosa?
La conferma della misura si è basata su un insieme di elementi: le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia ritenute credibili e riscontrate, le conversazioni intercettate che confermavano i legami associativi e, in particolare, il coinvolgimento dell’indagato in un atto intimidatorio specifico finalizzato a consolidare il controllo del clan su un determinato settore economico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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