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Associazione mafiosa: unione di clan e confini legali

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo accusato di essere a capo di un’organizzazione criminale, nata dall’unione di tre gruppi. La Corte ha confermato la sussistenza di un’unica associazione mafiosa e di una parallela associazione per il narcotraffico, ritenendo irrilevante, ai fini cautelari, la censura su un’aggravante e logica la ricostruzione di un tentato omicidio legato al controllo del territorio.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Mafiosa: Quando Tre Gruppi Diventano Uno

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 8627 del 2024, offre un’analisi cruciale sulla configurabilità di un’unica associazione mafiosa anche quando questa è composta da gruppi criminali originariamente autonomi. Questa pronuncia è fondamentale per comprendere i criteri con cui la giustizia valuta le complesse strutture criminali moderne, dove la federazione tra clan è sempre più comune. Il caso esaminato riguardava un ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un soggetto ritenuto vertice di un’organizzazione operante in una nota zona di Napoli, frutto dell’aggregazione di tre distinti gruppi.

I Fatti del Caso

L’indagato era accusato di essere uno dei capi di un’organizzazione camorristica dedita al controllo del territorio, al traffico di stupefacenti, estorsioni e altri gravi reati. Secondo l’accusa, confermata dal Tribunale del riesame, tre gruppi criminali, pur mantenendo una certa autonomia operativa, si erano federati in un’unica entità per gestire gli affari illeciti e rapportarsi come un soggetto unitario con altre organizzazioni criminali.

La difesa del ricorrente contestava questa ricostruzione, sollevando quattro motivi principali:
1. L’insussistenza di un’unica associazione mafiosa stabile, sostenendo si trattasse solo di una collaborazione temporanea tra gruppi con interessi talvolta contrapposti.
2. L’erronea duplicazione delle accuse, contestando l’esistenza di un’associazione separata per il narcotraffico (ex art. 74 D.P.R. 309/90) accanto a quella mafiosa.
3. L’illegittimità dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa per chi è già accusato di essere parte dell’associazione stessa.
4. La mancanza di prove sul suo ruolo di mandante in un tentato omicidio, affermando di essere intervenuto per evitare il delitto.

La Struttura Unitaria dell’Associazione Mafiosa

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. Il punto centrale della decisione riguarda la configurabilità di un’unica associazione mafiosa. I giudici hanno stabilito che l’esistenza di sottogruppi dotati di autonomia non esclude la presenza di una struttura sovraordinata e unitaria. Elementi come le dichiarazioni concordanti dei collaboratori di giustizia, l’esistenza di una ‘cassa comune’, i ‘summit’ tra i capi per dirimere controversie e l’espressione, nelle intercettazioni, di un senso di appartenenza a un’unica entità sono stati ritenuti prove sufficienti di una stabilità organizzativa e funzionale che va oltre la semplice collaborazione occasionale.

Concomitanza di Reati Associativi

La Corte ha inoltre confermato la possibilità che coesistano due diverse associazioni criminali: una di stampo mafioso (art. 416-bis c.p.), con finalità più ampie di controllo del territorio, e una specificamente finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/90). La seconda può costituire uno dei principali settori di interesse della prima, ma mantenere una sua struttura e organizzazione specifica. La Cassazione ha ritenuto logico che il sodalizio mafioso utilizzi il metodo mafioso per esercitare un predominio che va oltre la mera commercializzazione di droga, implicando un controllo territoriale più vasto e articolato.

Inammissibilità del Motivo sull’Aggravante

Di particolare interesse è la decisione sul terzo motivo. La Corte lo ha dichiarato inammissibile per ‘carenza di interesse’. Poiché l’indagato era già destinatario di una misura cautelare basata sulla grave accusa di associazione mafiosa, che prevede una presunzione di necessità della custodia in carcere, l’eventuale esclusione dell’aggravante contestata non avrebbe modificato in alcun modo la sua situazione. In altre parole, non avrebbe ottenuto alcun vantaggio pratico dall’accoglimento del motivo.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su una valutazione di coerenza e logicità del provvedimento impugnato. I giudici di legittimità hanno ritenuto che il Tribunale del riesame avesse fornito elementi oggettivi e plurimi a sostegno della gravità indiziaria. La gestione unitaria delle crisi interne, come le recriminazioni tra i capi per la gestione degli affari durante la detenzione di uno di essi, è stata interpretata come un chiaro sintomo dell’esistenza di un’associazione unitaria e non di meri rapporti occasionali. Per quanto riguarda il tentato omicidio, la ricostruzione dei fatti (la consegna dell’arma, l’incontro tra i vertici prima dell’agguato) è stata giudicata coerente con la necessità dell’organizzazione di reagire a chi sfidava il suo controllo, rendendo la versione della difesa una mera lettura alternativa e non un’evidenza di illogicità della decisione cautelare.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce principi consolidati e ne chiarisce l’applicazione a fenomeni criminali complessi. In sintesi, la Corte stabilisce che: 1) Un’associazione mafiosa può esistere anche come ‘federazione’ di gruppi autonomi, purché vi siano stabilità, scopo comune e una struttura sovraordinata. 2) La contestazione simultanea di associazione mafiosa e associazione per il narcotraffico è legittima quando le due strutture, pur collegate, hanno ambiti e operatività distinti. 3) L’interesse a ricorrere deve essere concreto e attuale; non è sufficiente contestare un capo d’accusa se la sua esclusione non porta a un miglioramento effettivo della posizione dell’imputato, specialmente in fase cautelare.

Quando più gruppi criminali autonomi possono essere considerati un’unica associazione mafiosa?
Secondo la sentenza, ciò avviene quando, nonostante l’autonomia dei singoli gruppi, esistono elementi che provano una stabilità organizzativa e funzionale unitaria. Tali elementi includono una cassa comune, incontri al vertice per decisioni strategiche, la gestione unitaria delle crisi interne e un senso di appartenenza comune, dimostrando l’esistenza di un’entità sovraordinata e stabile.

È possibile essere accusati contemporaneamente di associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.) e di associazione per il narcotraffico (art. 74 D.P.R. 309/90)?
Sì, la Corte conferma che le due accuse possono coesistere. L’associazione mafiosa persegue un più ampio controllo del territorio con metodo intimidatorio, mentre quella dedita al narcotraffico può rappresentare una sua branca operativa specializzata, con una propria struttura e organizzazione, pur operando all’interno del medesimo contesto territoriale e criminale.

Perché un ricorso su una circostanza aggravante può essere dichiarato inammissibile per ‘carenza di interesse’?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile per carenza di interesse quando il suo eventuale accoglimento non produrrebbe alcun effetto favorevole concreto per il ricorrente. Nel caso specifico, l’indagato era già sottoposto a custodia cautelare per il reato di associazione mafiosa, che prevede una presunzione legale di necessità della misura. L’esclusione dell’aggravante su un altro reato non avrebbe quindi modificato la sua condizione detentiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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