Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25808 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25808 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
SESTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Okenwa NOME nato in Nigeria il 20/09/1970
NOME nato in Nigeria il 12/06/1987
COGNOME Henry nato in Nigeria il 27/04/1991
NOME COGNOME nato in Nigeria il 31/08/1989
NOME COGNOME nato in Nigeria il 21/01/1993
NOME COGNOME COGNOME nato in Nigeria il 12/08/1987
NOME nato in Nigeria il 10/04/1995
Musa Junior nato in Nigeria il 16/08/1990
NOME NOME nato in Nigeria il 23/10/1993
NOME COGNOME nato in Nigeria il 10/04/1987
NOME COGNOME nato in Nigeria il 22/06/1989
COGNOME NOME nato in Nigeria il 02/02/1982
NOME (cui CODICE_FISCALE) nato in Nigeria il 01/10/1996
avverso la sentenza emessa il 2 ottobre 2024 dalla Corte d’appello di Bologna
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi. udito il difensore della parte civile Comune di Ferrara, Avv. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi e la condanna degli imputati alla rifusione delle spese processuali sostenute; uditi i difensori
Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME per Tuesday Felix
Avv. NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME, COGNOME e NOME COGNOME nonchØ in qualità di sostituto processuale: dell’Avv. NOME COGNOME per Egbogun Glory; dell’Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME; dell’Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME; dell’Avv. NOME COGNOME per NOME Henry; dell’Avv. NOME COGNOME per Musa Junior
Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME per Okenwa NOME
Avv. NOME COGNOME in difesa di COGNOME NOME
Avv. NOME COGNOME in difesa di NOME
Avv. NOME COGNOME in difesa di Okoduwa Godspower
i quali hanno insistito per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RILEVATO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Ferrara, per quanto rileva in questa Sede, ha escluso la configurabilità del sodalizio di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 contestato al capo 2), assolvendo da tale reato NOME e NOMECOGNOME ha assolto NOME dal reato di cui all’art. 416bis cod. pen. e confermato la condanna degli altri imputati cui Ł stato ascritto detto reato; ha rideterminato il trattamento sanzionatorio inflitto a Abubakar COGNOME NOME COGNOME COGNOME Henry, COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, NOME COGNOME Henry, NOME COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME Junior, COGNOME, Abubakar COGNOME, COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME.
Al fine di evitare inutili ripetizioni, si esporranno prima le questioni comuni a piø ricorrenti, in merito alla carenza delle traduzioni delle conversazioni intercettate, alla configurabilità del reato associativo ed alla aggravante di cui all’art. 61bis cod. pen., esposte nei ricorsi con argomenti spesso sovrapponibili, per poi esaminare i motivi specifici alle singole posizioni.
L’insufficienza e carenza delle traduzioni (motivo dedotto da NOME Junior, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME nonchØ COGNOME NOME nell’ambito delle molteplici questioni poste con il primo motivo).
Si rileva che le intercettazioni sono state tradotte da interpreti privi di qualifiche accertate in Pidgin English, nonchØ negli altri dialetti utilizzati nelle conversazioni. In particolare, NOME ha contestato il significato di ‘arma’ che Ł stato attribuito alla parola ‘m anja ‘, parola lasciata nella sua versione originale dal perito e interpretata dal teste di polizia giudiziaria COGNOME privo di competenza al riguardo, come riferita alle armi, mentre in realtà tale parola significa marijuana.
2.1. In stretta correlazione con tale doglianza, con il primo motivo del ricorso congiunto proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, si censura anche l’utilizzo nella motivazione dei brogliacci delle conversazioni intercettate. Si rileva, infatti, che nel corso del giudizio Ł stata eseguita una perizia su 1400 conversazioni intercettate; nonostante il dissenso delle difese, i Giudici di merito hanno utilizzato i brogliacci, confluiti nel fascicolo dibattimentale attraverso la memoria presentata dal Pubblico ministero all’udienza di discussione, frutto di sintesi delle conversazioni eseguite dagli agenti di polizia giudiziaria, privi di competenze al riguardo, e, in alcuni casi, in contrasto con il contenuto delle conversazioni riportato nella perizia. Si richiama, tra l’altro, il progr. 4672 del 22/2/19 (integralmente trascritto come gli altri che saranno citati di seguito) dal quale non emerge alcun ordine impartito da Okenwa come sostiene la Corte territoriale a pagina 9 della sentenza o il progr. 2033 del 7/9/2018 in cui non risulterebbe la raccolta di circa 10.000 euro di cui si parla in sentenza.
La configurabilità del reato di cui all’art. 416bis cod. pen. (motivo dedotto da NOME Junior, COGNOME, Arehobor Henry, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME).
Si deducono vizi di violazione di legge e di motivazione in merito ai seguenti elementi: a) assenza di prova dell’impiego del metodo mafioso e della condizione di assoggettamento e omertà, riscontrata unicamente nel caso del teste COGNOME Leonard la cui deposizione Ł stata interrotta piø volte; b) mancanza di esteriorizzazione della capacità di intimidazione del sodlaizio, avendo la Corte territoriale valorizzato degli episodi che, pur connotati da violenza, hanno interessato solo singoli soggetti.
In particolare, quanto all’assenza della condizione di omertà, COGNOME ha rilevato che: a) le indagini, come già evidenziato nell’atto di appello, hanno trovato un valido contributo nella collaborazione dei cittadini della zona, anche di nazionalità nigeriana; b) la ricostruzione del tentato omicidio ai danni di COGNOME si Ł fondata anche sulle immagini della videosorveglianza fornite da un residente nonchØ sulla deposizione della persona offesa e di un testimone; c) vi sono stati innumerevoli denunce, querele, riconoscimenti fotografici e sommarie informazioni rese dai cittadini residenti nella zona.
Sempre in ordine alla configurabilità del reato associativo, NOME COGNOME con il primo motivo di ricorso, ha dedotto il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sovrapponibilità tra l’associazione dei RAGIONE_SOCIALE e l’associazione con scopi leciti, per lo piø di carattere umanitario, denominata RAGIONE_SOCIALE , della quale il ricorrente ha ammesso di essere membro. Si rileva, infatti, che la sovrapponibilità delle due associazioni Ł stata desunta da due deposizioni prive di un valore specifico – quella del teste di polizia giudiziaria COGNOME, fondata su fonti aperte (es. canali You Tube) prive di valenza dimostrativa, e quella del teste COGNOME, fondata su una ricostruzione di carattere storico – nonchØ dalle conversazioni intercettate al progr. 1391 – che, in realtà, dimostrano solo che alcuni membri dell’associazione RAGIONE_SOCIALE si erano attivati per fornire solidarietà (coerentemente con gli scopi associativi) ad NOME e NOME COGNOME – e al progr. 1276, e, infine, dal versamento delle quote sociali. Ad avviso del ricorrente, invece, si tratta di due associazioni distinte che hanno in comune esclusivamente la posizione dei due indagati, mentre il versamento delle quote sociali costituisce un mero indice della presenza di una compagine organizzata.
Inoltre, nel secondo motivo del ricorso congiunto proposto da NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME si rileva che il collaboratore di giustizia COGNOME, peraltro divenuto irreperibile, ha ricostruito la gerarchia dell’associazione, i ruoli e il lessico adottato, indicando, tuttavia, dei termini che sono in gran parte difformi da quelli emersi dalla conversazioni intercettate; il collaboratore, inoltre, non ha indicato il nome del c.d. National, il vertice assoluto del sodalizio. In particolare, i tre ricorrenti, premesso che non Ł in contestazione l’esistenza di una confraternita che utilizza termini e simbologie appartenenti al cult radicato in Nigeria, i cui membri ricorrono all’uso della violenza e sono principalmente dediti al narcotraffico, censurano la motivazione della sentenza che ne ha ritenuto la natura mafiosa, rilevandone, in particolare, la contraddittorietà e illogicità in ordine alla ritenuta capacità intimidatrice, desunta da due rapine in danno di Ngaigwe e di NOME, dalla tentata estorsione in danno di COGNOME e dalle lesioni reciproche tra gli appartenenti alle consorterie rivali dei Vikings e degli COGNOME , nonchØ alla condizione di omertà. Quanto alla condizione di omertà, si rileva che questa Ł priva di riscontro. In particolare, in relazione alla prima rapina, per la quale Ł stato condannato Tuesday Felix, si rileva che la sentenza impugnata ha ritenuto la vittima membro dei Vikings a causa della catena a forma di ancora che indossava. Quanto alla tentata estorsione, si rileva il travisamento della testimonianza della vittima (riportata nel motivo) da cui non emergono gli elementi tipici della fattispecie contestata. In linea generale, si lamenta l’omessa valutazione delle risultanze del controesame dei testi da parte della difesa dei ricorrenti.
Il tema della carenza di una adeguata verifica degli elementi costitutivi dell’associazione mafiosa viene posto anche nel motivo unico del ricorso di NOME COGNOME
Anche NOME ha argomentato diffusamente, riportando interi brani di intercettazioni di cui censura il significato attribuito dalla Corte, in merito ai vizi della motivazione relativa alla configurabilità di un’associazione di stampo mafioso. Si sottolinea, in particolare, che le affermazioni della Corte territoriale relative all’esistenza di un codice linguistico, di riunioni tra affiliati, di sanzioni corporali, di riti di affiliazione, del modus operandi violento e dei contributi degli adepti sono prive di riscontri probatori.
La configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 61bis cod. pen. (motivo dedotto da COGNOME; NOME; NOME COGNOME Abubakar COGNOME; COGNOME Stanley, NOME COGNOME; COGNOME; NOME e NOME COGNOME)
Si deducono vizi cumulativi di violazione di legge e della motivazione, avuto riguardo, in particolare, alla ritenuta autonomia del sodalizio nigeriano rispetto alla ‘casa madre’ nigeriana.
In particolare, COGNOME ha rilevato la contraddittorietà di tale affermazione in quanto: a) in altre parti della motivazione la Corte territoriale considera il gruppo italiano come «un ramo del cult nigeriano» (p. 6), ritenendolo collegato alla casa madre attraverso diretti contatti con il vertice assoluto del sodalizio (p. 7); b) la stessa Corte territoriale dà atto che una parte dei profitti illeciti del narcotraffico venivano devoluti alla ‘casa madre’, secondo un meccanismo contrario al paradigma della aggravante in contestazione; c) manca, peraltro, la motivazione sul contributo che sarebbe stato offerto dal gruppo transnazionale; d) non appaiono rilevanti, nei termini assertivamente sostenuti dalla Corte territoriale, nØ il diverso contesto territoriale dei due sodalizi nØ tantomeno l’avvenuto riconoscimento dell’aggravante nel parallelo giudizio abbreviato celebrato a carico di alcuni dei coimputati.
Si aggiunge, ancora, nel motivo dedotto da NOME COGNOME, che, in realtà, i meccanismi operativi delle due associazioni sono identici; che tra le stesse sussiste un raccordo desumibile dai rapporti tra il Chairman nazionale e il Presidente della compagine nigeriana, dall’ingerenza di quest’ultimo nelle attività del Vatican (il gruppo italiano) e dalla destinazione dei soldi raccolti tra i consociati alla casa madre nigeriana.
NOME COGNOME ha, inoltre, dedotto il travisamento della prova relativa al ritenuto versamento di parte dei profitti illeciti alla casa madre tramite gli ‘spalloni’ in quanto, come emerge dalla deposizione del teste COGNOME, si tratta di una mera ipotesi investigativa che non ha trovato riscontro, non essendo stato eseguito alcun sequestro.
Gli ulteriori motivi di ricorso
NOME COGNOME ha dedotto il vizio di motivazione in merito al giudizio di responsabilità per la partecipazione al sodalizio mafioso, avuto riguardo, in particolare, alla inesistenza di elementi che dimostrino la sua partecipazione a riti di affiliazione, a forme di mutuo soccorso o al versamento delle quote associative.
6. COGNOME ha dedotto due ulteriori motivi.
6.1. Vizio della motivazione in merito alla ritenuta partecipazione al sodalizio, anche sotto il profilo dell’elemento soggettivo, in quanto, come dedotto anche con l’atto di appello, non sono state acquisite prove di sue partecipazioni a riunioni, o a contribuzioni economiche, o dell’esecuzione di ordini ricevuti dal ricorrente, il quale Ł comparso nelle indagini solo in occasione del tentato omicidio del 30/7/2018 ed Ł stato intercettato in sole sei occasioni per poi scomparire completamente dalle
indagini dopo l’arresto del 16/10/2018.
In particolare, il ricorrente deduce la contraddittorietà della motivazione relativa alla valenza della sua partecipazione al tentato omicidio quale indice sintomatico della sua partecipazione all’associazione. Al riguardo, si denuncia il travisamento delle dichiarazioni rese dalla vittima in sede di incidente probatorio in quanto questa, contrariamente a quanto sostiene la Corte territoriale, ha escluso di essere stata minacciata da COGNOME. In realtà, sostiene il ricorrente, l’assenza di motivi di attrito con la vittima costituisce un elemento che incide sulla valenza dimostrativa della sua condanna per il tentato omicidio, quale indice di intraneità al sodalizio. Si aggiunge, peraltro, che la motivazione Ł contraddittoria in quanto, in altra parte, definisce come ‘callida’ la scelta di attribuire al ricorrente il compito di fermare la vittima, approfittando del fatto che con questa non vi erano precedenti questioni personali.
6.2. Vizio di motivazione sulla pericolosità sociale di Egbogun Glory e illegittimità dell’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione, in quanto fondata sulla mera congettura che il ricorrente abbia fornito il proprio contributo all’associazione, pur avendo questi partecipato ad un solo episodio violento, con un ruolo secondario rispetto a quella dei correi.
NOME ha dedotto vizi cumulativi di violazione di legge e di motivazione in merito al ruolo attribuitogli di coordinator della provincia di Padova e di executional di Ferrara. Si rileva, al riguardo, l’erroneità della motivazione nella parte in cui ritiene il ‘ deck’ di Padova quale derivazione locale dei Vikings , ed estende a questo la mafiosità rilevata per le altre cellule senza verificare: a) l’effettivo esercizio del metodo mafioso; b) l’esistenza di una compagine sociale organizzata; c) lo svolgimento delle attività tipiche (riunioni, affiliazioni, reati-fine); d) il numero e l’identità degli associati.
NOME COGNOME NOME COGNOME e Abubakar COGNOME hanno dedotto vizi della motivazione relativa al giudizio di responsabilità per la partecipazione al sodalizio mafioso. Si rileva, in particolare, che: a) dalle conversazioni intercettate sono emersi solo riferimenti a sporadiche riunioni di cui, tuttavia, non Ł stato accertato l’effettivo svolgimento; b) manca in ogni caso un riferimento alla nomina di Abubakar, tratto in arresto il 31/8/2018, quale nuovo coordinator.
Si censura, inoltre, l’affermazione secondo la quale le riunioni mafiose si svolgevano presso l’abitazione di Abubakar, non essendo a tal fine rilevanti nØ i controlli eseguiti presso tale abitazione nØ il contenuto della conversazione intercettata al prog. 866 dell’11/1/19.
Quanto alla posizione di Coordinator di NOME COGNOME COGNOME, si censurano gli elementi da cui Ł stata desunta e, in particolare, la conversazione al prog. 183 (riportato integralmente) del 26/9/18, in cui non vi Ł alcun riferimento alle posizioni di COGNOME o di Abubakar; si rileva, inoltre, che con riferimento al rinvenimento del machete presso l’abitazione di Okenwa Emmanuel, la difesa ha prodotto il decreto di archiviazione fondato sull’assenza di prova che tale machete sia quello utilizzato per l’aggressione di COGNOME.
Quanto alla posizione di COGNOME, si rileva che la sentenza ha ritenuto che a costui facessero riferimento NOME e NOME nella conversazione intercettata, mentre costoro parlavano di ‘ Oj’ e non di ‘ Oje’ . Inoltre anche nella conversazione del 12/9/18 uno degli interlocutori si presenta come ‘ Oj’ e viene indentificato in COGNOME sulla sola base delle dichiarazioni del teste di Polizia Giudiziaria che ha affermato che la parola ‘ Oj’ viene indifferentemente trascritta anche come ‘ Oje’ .
NOME COGNOME ha dedotto quattro ulteriori motivi.
9.1. Vizi della motivazione in ordine al giudizio di responsabilità per la partecipazione al sodalizio mafioso, nonostante il ricorrente non abbia commesso alcun reato fine nØ condiviso regole
e costumi del sodalizio medesimo.
9.2. Mancata assunzione della prova decisiva e vizio di motivazione in merito al rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale attraverso: l’esame dell’imputato; l’esame dei testi di polizia giudiziaria COGNOME e COGNOME; l’audizione del parroco della chiesa dove l’imputato svolgeva attività di volontariato; l’esame ex art. 197 cod. proc. pen. dei coimputati nei cui confronti Ł stata emessa in sede di giudizio abbreviato sentenza irrevocabile; una perizia fonica sulle conversazioni intercettate sull’utenza NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA. Rileva il ricorrente che l’audizione degli imputati nei cui confronti si erano realizzate le condizioni di cui all’art. 197 cod. proc. pen. non costituiva prova deducibile in dibattimento; l’esame dell’imputato, invece, Ł sempre ammissibile.
9.3. Mancanza della motivazione in merito all’elemento psicologico della ritenuta aggravante di cui all’art. 61bis cod. pen. Si rileva, in particolare, che la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare la sua mancata partecipazione alla commissione di reati fine e la sua condizione sociale e culturale inferiore alla media, trattandosi di elementi idonei ad escludere la consapevolezza di realizzare la condotta con l’aggravante della transnazionalità.
9.4. Vizi della motivazione in ordine alla misura di sicurezza dell’espulsione in quanto disposta senza un giudizio adeguatamente argomentato in ordine alla pericolosità del ricorrente. Si rileva, inoltre, che il Tribunale, da un lato, ha considerato circostanze inesistenti (l’essere stabilmente dedito all’attività di spaccio e l’assenza di forme lecite di guadagno) e, dall’altro lato, ha omesso di considerare la sua attività lavorativa, spesso svolta regolarmente.
COGNOME ha dedotto due ulteriori motivi di ricorso.
10.1. Mancata assunzione della prova decisiva, chiesta sin dal giudizio di primo grado, consistente nell’acquisizione ai sensi dell’art. 238 cod. proc. pen. del verbale delle dichiarazioni rese in dibattimento il 21/11/22 da NOME COGNOME nel procedimento a carico del ricorrente (definito con sentenza di assoluzione) per le lesioni personali riportate dal teste il 28/6/2018. La decisività di tale prova era correlata alla valutazione della attendibilità del teste, escusso anche nel presente procedimento. L’istanza Ł stata rigettata dal Tribunale in modo irragionevole sul solo presupposto che il verbale non fosse utilizzabile e acquisibile. La Corte di appello ha ritenuto, invece, non ammissibile l’impugnazione dell’ordinanza per la mancata indicazione della rilevanza del verbale ai fini del giudizio di responsabilità del ricorrente, senza considerare le argomentazioni contenute alle pagine 7 e 8 dell’atto di appello in cui si spiegava che il teste aveva reso delle dichiarazioni opposte a quelle rese nel presente procedimento dicendo che non era mai stato inseguito da un soggetto di nome NOMECOGNOME armato di machete, e che lui aveva individuato il proprio aggressore nel soggetto che si trovava vicino a NOME.
10.2 Travisamento della prova e illogicità della motivazione relativa alla ritenuta appartenenza del ricorrente al sodalizio mafioso di cui al capo 1). In primo luogo, si censura la rilevanza degli episodi considerati dalla Corte territoriale, trattandosi di vicende in cui il ricorrente Ł stato vittima di aggressioni nonchØ dell’aggressione di Nwaigwe Leonard, dalla quale, come dedotto già con la memoria depositata nel giudizio di primo grado, il ricorrente Ł stato assolto per non aver commesso il fatto.
Si censura, inoltre, la modalità di valutazione delle intercettazioni in quanto la Corte territoriale, anzichØ fare riferimento alla perizia, ha utilizzato i brogliacci veicolati dalle deposizioni dei testi di Polizia Giudiziaria. Si rileva, in particolare che: a) con riferimento al prog. 54 RIT 259/18, dalla conversazione emerge solo un contrasto con tal COGNOME e non, come sostiene la Corte, uno stabile inserimento nel sodalizio; nella conversazione al prog. 55, dalla trascrizione del perito, omessa dalla Corte, si legge la frase ‘NOME ha detto che li andrà a cercare’; c) con riferimento alle
telefonate ai progr. 375 e 387, dalla versione del perito non emergono elementi per desumere l’intraneità del ricorrente nel sodalizio.
Analoghe discrasie tra la versione del perito e quella dei brogliacci si segnalano in relazione ai seguenti prog.: a) 406, quanto alla espressione ‘metti in linea dodici zero zero’; b) 1628 in cui nella versione del perito non risulta alcun riferimento ad azioni violente; c) 411, da cui non può evincersi che lo scopo del viaggio di Tuesday a Bologna fosse l’acquisto di stupefacenti; d) 431, relativo a conversazioni tra terzi.
Si aggiunge ancora che il ricorrente non ha mai ricevuto alcun sostentamento in carcere e che non vi Ł alcuna prova che le aggressioni fossero riconducibili a scontri tra le bande degli Eiye e dei Vikings Arobaga .
Si deduce, inoltre, la mancanza di motivazione in merito al collegamento tra l’attività di spaccio, ammessa dal ricorrente, e la sua partecipazione al reato associativo di cui al capo 1). In particolare, oltre a dedursi l’irrilevanza delle sole aggressioni a dimostrare siffatto collegamento, si lamenta l’omessa considerazione delle dichiarazioni del teste di polizia giudiziaria COGNOME (riportate nel motivo) il quale, tra l’altro, ha escluso che l’attività di spaccio svolta da NOME COGNOME fosse volta anche ad assicurare un sostegno economico all’associazione, confermando che si trattava solo di una ipotesi investigativa.
NOME COGNOME con un unico motivo unico di ricorso, ha dedotto la carenza della motivazione relativa alla sua partecipazione al sodalizio mafioso desunta da elementi insufficienti ovvero: a) la sua partecipazione alla spedizione punitiva in danno di NOME; b) il suo arresto con NOME COGNOME per il reato di resistenza a pubblico ufficiale; c) la sua presenza presso l’abitazione di Egbogun Glory al momento della perquisizione domiciliare; d) tre brevissime conversazioni intercettate riportate a p. 90.
12. NOME COGNOME ha dedotto cinque ulteriori motivi di ricorso.
12.1. Violazione di legge processuale in relazione al rigetto dell’eccezione relativa alla omessa notifica al ricorrente dell’avviso ex art. 415bis cod. proc. pen. tradotto in lingua inglese, con la conseguente nullità del decreto che dispone il giudizio e di tutti gli atti successivi. Si rileva che, benchØ la difesa avesse precisato a verbale (udienza del 22/9/21) di non avere rinvenuto la copia tradotta in inglese, l’eccezione era stata rigettata dal Giudice dell’udienza preliminare sul presupposto dell’avvenuta notifica dell’avviso in esame a mani dell’imputato e con la traduzione in lingua inglese. Il Tribunale, pur avendo invitato il Pubblico ministero a produrre la copia tradotta dell’avviso, ha rigettato l’eccezione sulla base della medesima motivazione adottata dal Giudice dell’udienza preliminare, senza, tuttavia, prendere visione diretta dall’avviso. La Corte territoriale ha, infine, rigettato l’eccezione limitandosi a richiamare entrambe le motivazioni.
12.2. Mancanza di motivazione sulla richiesta di escussione, ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., degli operanti che hanno eseguito la perquisizione dell’abitazione del ricorrente il 17/4/19 in merito alla nota in cui si dava atto della presenza di altri connazionali identificati separatamente. Tale atto istruttorio, infatti, era necessario al fine di comprendere la ragione per cui il ricorrente fosse stato considerato l’unico responsabile del possesso della droga e del materiale rinvenuto presso la sua abitazione. Nonostante la difesa avesse ribadito la necessità a tale scopo dell’atto istruttorio, la richiesta Ł stata rigettata dal Tribunale senza alcuna motivazione. Tale provvedimento Ł stato ritenuto legittimo dalla Corte di appello in quanto espressione del potere discrezionale del Tribunale.
12.3. Manifesta illogicità della motivazione relativa alla identificazione del ricorrente e alla riferibilità allo stesso di quanto sequestrato nel corso della perquisizione dell’appartamento di Musile di Piave. Si rileva, infatti, che la Corte di appello ha attribuito tali utenze telefoniche al ricorrente, pur
risultando dal verbale di perquisizione che nell’abitazione erano presenti altri connazionali e nonostante la teste NOME COGNOME abbia riferito che quando contattava le due utenze telefoniche rinvenute nell’abitazione non rispondeva sempre la stessa persona. A fronte di tale dimostrato uso promiscuo delle utenze telefoniche, il ricorrente censura la logicità delle conclusioni cui Ł pervenuta la Corte sia nell’attribuirgliene l’uso sia in relazione al riconoscimento della sua voce.
12.4. Mancanza e manifesta illogicità della motivazione relativa alla sua partecipazione con ruolo apicale all’associazione di stampo mafioso degli Arobaga Vikings .
Si rileva, infatti, che nessuno dei tratti distintivi dell’associazione (organizzazione gerarchica, utilizzo della violenza, mutuo soccorso e partecipazione alla raccolta di denaro per gli scopi associativi) Ł stato riscontrato nei confronti del ricorrente; la sentenza impugnata ne ha, pertanto, ritenuto la partecipazione al sodalizio sulla base di una mera congettura. Invero, nel corso dell’istruttoria dibattimentale Ł emerso che il ricorrente non aveva un ruolo specifico nell’associazione, non ha mai partecipato ad azioni violente contro il gruppo avversario nŁ a riunioni o a raccolte di denaro. Il teste di polizia giudiziaria COGNOME ha, infatti, chiarito che anche le minacce di azioni violente cui si faceva riferimento nelle conversazioni intercettate non hanno avuto seguito; che non Ł mai stata accertata la tenuta delle riunioni cui si faceva cenno nelle conversazioni. Inoltre, il teste COGNOME ha escluso che il ricorrente abbia partecipato a riti di affiliazione, alla riunione del ’36’ o che sia stato identificato in occasione degli scontri violenti con la fazione degli COGNOME ; quanto alle quote sociali, il teste ha riferito che si trattava di cifre irrisorie nell’ordine dei 20, 50 euro; che sui conti correnti sono stati rinvenuti circa 200 euro; che non Ł stata accertata alcuna sanzione fisica per il mancato pagamento delle quote.
12.5. Mancanza e manifesta illogicità in ordine al giudizio di responsabilità per l’attività di spaccio di cui ai capi dal n. 42) al n. 51).
In primo luogo, si richiamano le censure in merito alla non riferibilità al ricorrente di quanto rinvenuto presso l’abitazione (telefoni e sostanza stupefacente), atteso che ivi dimoravano altri soggetti e la circostanza riferita dalla teste COGNOME che quando contattava le due utenze ivi rinvenute non rispondeva la stessa persona.
Sulla base di tale premessa si rileva che: a) quanto al capo 42), si tratta solo di droga ‘parlata’ e, peraltro, non può ritenersi certa la riferibilità al ricorrente del possesso della sostanza stupefacente rinvenuta nel bagno della sua abitazione; b) analogo rilievo viene mosso anche in relazione al capo 51); c) quanto ai reati di cui ai capi da 43) a 59), si richiamano le dichiarazioni della teste COGNOME in ordine all’uso promiscuo delle utenze.
13. NOME ha dedotto quattro ulteriori motivi.
13.1. Vizi della motivazione in merito al giudizio di responsabilità per la partecipazione al sodalizio mafioso. Si rileva, in particolare, che il ricorrente non Ł mai stato coinvolto negli eventi violenti piø significativi accertati nel corso delle indagini. Si segnala, al riguardo, che la Polizia Giudiziaria Ł intervenuta solo in occasione di due scontri: 1) la lite di Padova della notte tra il 22 e il 23 Marzo 2019, relativa alla aggressione di COGNOME, il quale in dibattimento ha negato di essere stato aggredito da Okenwa; 2) la lite di Ferrara della notte del 24 marzo 2019, relativo alla rissa tra COGNOME e altri soggetti, alla quale Okenwa non ha partecipato. Si aggiunge ancora che il ricorrente non ha partecipato alla c.d. ‘rivolta dei cassonetti’. Si lamenta, inoltre, che il ruolo apicale attribuito al ricorrente risulta inconciliabile con le sue condizioni personali, economiche (si richiama la sua sottoposizione a sfratto e il rilascio pacifico dell’immobile da parte del ricorrente) e lavorative di musicista (in relazione alla quale si riportano integralmente le deposizioni delle testi COGNOME e COGNOME).
13.2. Vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità
relativo al reato di estorsione (capo 68) di cui si invoca la riqualificazione nella fattispecie tentata. In primo luogo, si deduce la mancanza di motivazione sulle incongruenze nelle dichiarazioni della persona offesa, che ha ammesso di avere indicato in sede di denuncia un falso domicilio, riferendo, invece, che all’epoca dei fatti abitava in INDIRIZZO, INDIRIZZO, in realtà, inesistente a Ferrara. Si rileva, invece, che dalle investigazioni difensive Ł emerso che la donna viveva con un nigeriano appartenente al gruppo rivale degli COGNOME . Altro particolare su cui si punta l’attenzione Ł il tempo di quindici giorni intercorso tra l’asserita estorsione e la denuncia. Sono state, inoltre, trascurate le contraddizioni in cui Ł incorsa la persona offesa in dibattimento in merito, tra l’altro, agli oggetti venduti (inizialmente ristretti a borse e indumenti e, solo su contestazione del Pubblico ministero, riferiti anche a alcolici e birra); alla presenza, unitamente al ricorrente, di due nigeriani (come riferito in denuncia) o di tanti ragazzi nigeriani (come riferito in dibattimento); alla effettiva consegna della somma di 50 euro e di tre birre (particolare riferito in denuncia, ma che in dibattimento ha dichiarato di non ricordare); al fatto che, in occasione del secondo episodio, era rimasta sul posto finchØ non era stata raggiuta da un connazionale, particolare mutato in dibattimento in cui ha dichiarato di essere scappata.
Si censura, inoltre, la motivazione della sentenza nella parte in cui ha ritenuto generica la deposizione della teste COGNOME che nel motivo viene riportata integralmente.
Si lamenta, infine, la mancata riqualificazione del fatto in estorsione tentata avendo la persona offesa affermato di non avere mai consegnato a Okenwa la somma richiesta.
13.3. Vizi di violazione di legge in relazione alla indeterminatezza delle imputazioni di cui ai capi 10), 11), 12) 15), 16) e 17), nonchŁ plurimi vizi di motivazione, di travisamento della prova e di violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. in ordine al giudizio di responsabilità.
Quanto alla prima doglianza, si lamenta che nei capi di imputazione manca la data precisa di commissione del fatto, l’indicazione del quantitativo eventualmente ceduto e del principio attivo.
Si rileva, inoltre, nel merito, che COGNOME ha ammesso di fare uso personale di droghe leggere, e, come emerso dalla deposizione del teste COGNOME, riportata integralmente nel motivo, non Ł mai stato trovato in possesso di droga o di strumenti da pesatura e taglio, di utenze telefoniche o di somme di denaro.
Nel motivo, inoltre, si esaminano le conversazioni ai prog. 197, 208 e 8835, integralmente trascritte, rispetto alle quali si deduce l’incomprensibilità e incertezza del contenuto, nonchØ la violazione dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.
13.4. Vizi di violazione di legge e di motivazione in merito alla ritenuta configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 416bis, comma quarto, cod. pen., al trattamento sanzionatorio, ivi compreso l’aumento a titolo di continuazione, ritenuto eccesivo e sproporzionato, al mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche e alla mancata esclusione della recidiva.
Quanto all’aggravante, si rileva come l’uso del machete da parte dei membri del sodalizio sia stata desunta genericamente attraverso il rinvio alla deposizione del teste COGNOME e, in particolare, alla pagina 34 del verbale. Rileva, al riguardo, la difesa che nelle pagine richiamate dalla Corte (che il motivo riporta integralmente) il teste non ha fatto alcun riferimento al machete.
Inoltre, quanto alla posizione specifica di Okenwa e al rinvenimento del machete presso la sua abitazione, si deduce che: oltre a non esservi prova che tale arma sia stata usata per l’aggressione di Oboh, in ogni caso non vi Ł prova certa che fosse nella disponibilità del ricorrente, essendo stata rinvenuta, non nell’abitazione, ma in una cantina collocata fuori dall’abitazione. Si aggiunge, inoltre, che solo alcuni dei soggetti presenti presso l’abitazione possono considerarsi sebbene tale circostanza non sia stata dimostrata – come appartenenti ai Vikings , in quanto Ł certo che due di loro (NOME COGNOME e il figlio) erano invece estranei a tale gruppo. A tal fine si
riportano integralmente le dichiarazioni del teste COGNOME in sede di controesame.
Si aggiunge, infine, che in ben quattro occasioni (si richiama la sentenza emessa a carico di NOME COGNOME) il machete Ł stato rinvenuto nella sola disponibilità di altro connazionale, ma ciò non dimostra che l’associazione avesse la disponibilità di armi nŁ che si trattasse dello stesso machete rinvenuto a casa del ricorrente.
Quanto alla omessa esclusione della recidiva, si rileva che l’unico precedente a carico del ricorrente risale al 2011 e riguarda il reato di resistenza a pubblico ufficiale in relazione al quale Ł stato concesso il beneficio della pena sospesa, per cui, in assenza di un legame tra i due fatti, quello per cui si procede non può considerarsi espressione di maggiore pericolosità.
Quanto alle censure sulla eccessività del trattamento sanzionatorio, si lamenta l’omessa considerazione del comportamento processuale collaborativo del ricorrente e delle sue precarie condizioni economiche.
14. NOME COGNOME ha dedotto due ulteriori motivi di ricorso.
14.1. Mancanza di motivazione sulla questione dedotta in appello della nullità della sentenza di primo grado per omessa motivazione sulla eccezione di violazione del ne bis in idem. La Corte territoriale, infatti, anzichØ valutare l’eccezione, ha ritenuto di esaminare e rigettare l’eccezione in relazione alla quale il Tribunale aveva omesso di rispondere.
14.2. Insufficienza della motivazione in ordine alla responsabilità del ricorrente. Si rileva, quanto al capo 1), che la condanna del ricorrente per tentato omicidio e le intercettazioni non consentono di desumerne la partecipazione al sodalizio.
Quanto al capo 33), si rileva la mancanza di motivazione in merito alla condotta relativa all’acquisto di una partita di cocaina, mai sequestrata al ricorrente.
NOME COGNOME con un unico motivo di ricorso, ha dedotto plurimi vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità per la partecipazione al sodalizio mafioso e alla configurabilità delle circostanze aggravanti di cui all’art. 416bis, comma quarto e, sotto il profilo psicologico, dell’art. 61bis cod. pen.
Si rileva, al riguardo, che non Ł stata acquisita alcuna prova della partecipazione del ricorrente a riti di affiliazione, a riunioni, al versamento di contributi a favore del sodalizio. Sono, inoltre, insufficienti gli elementi considerati a suo carico ovvero la presenza del ricorrente presso l’abitazione di Okenwa al momento in cui Ł stata eseguita la perquisizione ed Ł stato rinvenuto il machete e il contenuto delle intercettazioni che documentano esclusivamente una sua vicinanza a Okenwa.
Quanto all’aggravante della transnazionalità, oltre a dedurre la carenza degli elementi costitutivi come individuati dalla giurisprudenza di legittimità, si rileva la carenza degli elementi probatori idonei a dimostrare l’ascrivibilità soggettiva della contestata aggravante al ricorrente, fondata su una conversazione, di contenuto incomprensibile, tra lo stesso e Okenwa (trascritta nel motivo) e sul prog. 603 RIT 662/19 in cui, secondo la Corte territoriale, Okenwa chiedeva al ricorrente il numero di «uno che gli deve dei soldi».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ragioni di ordine logico impongono di seguire il medesimo criterio adottato nell’esposizione dei ricorsi, per cui saranno prima esaminate le tre questioni comuni a piø ricorrenti, per procedere all’analisi dei motivi personali dedotti da ciascun ricorrente.
2. Le questioni relative alla carenza delle traduzioni delle conversazioni intercettate e alla utilizzazione dei brogliacci.
I motivi in esame sono inammissibili in quanto dedotti per la prima volta con i ricorsi per cassazione e non attengono a questioni rilevabili di ufficio; inoltre, la questione relativa all’utilizzazione dei c.d. brogliacci Ł stata dedotta in termini privi del necessario requisito della specificità e senza alcuna argomentazione in merito alla sua decisività ai fini di una diversa ricostruzione delle condotte ascritte ai ricorrenti e/o del giudizio di responsabilità formulato dalla Corte.
Va, tuttavia, precisato che dalla sentenza impugnata risulta esclusivamente che, con riferimento alle traduzioni, Ł stata dedotta da NOME la questione (diversa da come Ł stata dedotta nel ricorso) relativa al solo significato della parola ‘manja’, effettivamente lasciato dai periti nella versione originale. La Corte territoriale, nell’esaminare tale questione, ha chiarito, con argomentazioni non manifestamente illogiche, che il termine doveva riferirsi esclusivamente a coltelli e machete, non essendo mai emerso, secondo quanto dichiarato dal teste COGNOME un suo impego in relazione alla marijuana e sottolineando, peraltro, che l’alternativo significato di tale termine non era stato prospettato dal difensore di COGNOME neanche durante il controesame del teste.
3. La configurabilità dell’associazione di cui all’art. 416bis cod. pen.
Il motivo Ł infondato per le ragioni di seguito esposte.
3.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte il reato di associazione di tipo mafioso, configurabile anche con riferimento a sodalizi criminosi a matrice straniera, Ł integrato quando la “mafia straniera”, pur senza avere il controllo di tutti coloro che lavorano o vivono in un determinato territorio, ha la finalità di assoggettare al proprio potere criminale un numero indeterminato di persone appartenenti ad una determinata comunità etnica ivi insediata, avvalendosi di metodi tipicamente mafiosi e della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo per realizzare la condizione di soggezione ed omertà delle vittime. (Sez. 6, n. 43898 del 08/06/2018, R., Rv. 274231 – 02), a nulla rilevando che la percezione di tale potere criminale non sia generalizzata nel territorio di riferimento (cfr. Sez. 6, n. 37081 del 19/11/2020, Anslem, Rv. 280552, relativo a fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che la mancanza di attitudine del sodalizio ad estendere la sua capacità di intimidazione sulla comunità nazionale e l’acquisizione di un potere impositivo sulla sola comunità nigeriana non escludessero il connotato della “mafiosità”).
Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, il reato di cui all’art. 416bis cod. pen. Ł contrassegnato dal metodo mafioso, seguito dai componenti dell’associazione per la realizzazione del programma associativo. Tale metodo rappresenta un dato di qualificazione del sodalizio e si connota, dal lato attivo, per l’utilizzazione da parte degli associati della carica intimidatrice nascente dal vincolo associativo sia internamente, attraverso l’adozione di uno stretto regime di controllo degli associati, che all’esterno, attraverso un’opera di controllo del territorio e di prevaricazione nei confronti di chi vi abita (Sez. 2, n. 18773 del 31/03/2017, Lee, Rv. 269747); inoltre, dal lato passivo, il metodo mafioso si connota per la situazione di assoggettamento e di omertà che da tale forza intimidatrice si sprigiona verso l’esterno dell’associazione, cioŁ nei confronti dei soggetti nei riguardi dei quali si dirige l’attività delittuosa (Sez. 6, n. 1612 del 11/01/2000, COGNOME, Rv. 216633).
L’associazione di tipo mafioso si connota, dunque, rispetto all’associazione per delinquere semplice, non tanto per il profilo programmatico, quanto, soprattutto, per la disponibilità della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva. Tale ‘capitale criminale’ costituisce un prerequisito della struttura organizzativa mafiosa cui il singolo partecipe aderisce, non essendo, di contro, necessario che lo stesso abbia contribuito alla
sua creazione (Sez. 2, n. 14225 del 13/01/2021, Johnson, Rv. 281126 relativa alla articolazione locale ” RAGIONE_SOCIALE ” della associazione nigeriana ” RAGIONE_SOCIALE“) .
PerchØ sia configurabile un sodalizio mafioso Ł, pertanto, indispensabile la esteriorizzazione del metodo mafioso, ovvero la capacità del sodalizio di proiettarsi verso l’esterno, per il suo radicamento nel territorio in cui alligna e si espande, per l’assoggettamento e l’omertà che Ł in grado di determinare diffusivamente nella collettività insediata nella sua area di operatività, collettività nella quale la presenza associativa deve possedere la capacità di diffondere un comune sentire caratterizzato da soggezione di fronte alla forza prevaricatrice ed intimidatrice del gruppo (Sez. 1, n. 35627 del 18/04/2012, COGNOME e altri, Rv. 253457).
A differenza di quanto affermato con riferimento al fenomeno della delocalizzazione della c.d. ‘mafia storica’ (cfr. Sez. 2, n. 31920 del 4/6/2021, COGNOME, Rv. 281811), si Ł, inoltre, ritenuto insufficiente, ai fini della configurabilità di un’associazione di stampo mafioso di matrice straniera, il solo dato del suo collegamento con la c.d. casa-madre, richiedendosi, invece, in linea con i requisiti previsti per le nuove mafie, uno specifico accertamento: a) del conseguimento da parte del sodalizio di fama e prestigio criminale autonomi e distinti da quelli personali dei singoli partecipi, in guisa da esser capace di conservarli anche nel caso in cui questi ultimi fossero resi innocui; b) della concreta manifestazione della capacità di intimidazione, ancorchØ non necessariamente attraverso atti di violenza o di minaccia, che abbia conseguentemente prodotto un assoggettamento omertoso nel “territorio” in cui l’associazione Ł attiva (Sez. 6, n. 14444 del 21/02/2023, P., Rv. 284579 – 02).
In particolare, proprio con riferimento ad altro secret cult nigeriano (gruppo RAGIONE_SOCIALE), Sez. 6, n. 30144 del 29/3/2023, COGNOME, ha sottolineato la rilevanza della proiezione esterna dell’associazione in quanto i poteri di coartazione a livello individuale, propri di qualsiasi sodalizio nei confronti dei partecipanti, sono cosa ben diversa dalla forza di intimidazione promanante dal vincolo associativo. Si Ł, tuttavia, chiarito che il controllo del territorio si può esteriorizzare anche nel fiaccare intenti criminali di terzi, così da evitare ogni forma di concorrenza delinquenziale, costringendo chi avesse comunque intenti illeciti ad aderire al sodalizio. Tale condivisibile affermazione si pone, peraltro, in linea pienamente simmetrica con altro precedente di questa Corte secondo il quale la finalità perseguita da una associazione di tipo mafioso può consistere anche nella commissione di reati per realizzare “vantaggi ingiusti” di natura non economica (Sez. 1, n. 16353 del 01/10/2014, dep. 2015, COGNOME Rv. 263310, relativa a fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata che aveva individuato il vantaggio ingiusto del sodalizio nell’apparire e nell’affermarsi come gruppo egemone di una comunità etnica di cospicue dimensioni presente in una grande città italiana).
3.2. La sentenza impugnata ha fatto una corretta applicazione di tale consolidata ermeneusi ed ha individuato gli elementi sintomatici della forza intimidatrice del gruppo denominato ‘ RAGIONE_SOCIALE, ponendo, in particolare, l’accento sull’assetto organizzativo, connotato da specifiche regole interne e da una struttura di carattere gerarchico ispirata al modello del cult madre nigeriano, dalla divisione dei ruoli e da riti di affiliazione anche violenti, nonchØ sulla commissione di una serie di reati, specialmente contro la persona e con l’uso di armi (il machete), attraverso i quali il sodalizio, esercitava il controllo sul territorio proponendosi come gruppo egemone rispetto a quello rivale degli COGNOME . Un gruppo in cui l’esercizio della violenza era diffuso quale regola di disciplina interna, funzionale al mantenimento dell’ordine gerarchico e al rispetto delle regole proprie del sodalizio, nonchØ, come principale forma di lotta nei confronti del gruppo rivale e di reclutamento di nuove leve.
In particolare, la Corte territoriale, oltre a considerare la sentenza che ha definito il giudizio abbreviato a carico dei coimputati, nella quale Ł stata accertata l’esistenza del sodalizio in esame, ha evidenziato i seguenti elementi sintomatici della esteriorizzazione del metodo mafioso:
l’uso di segni distintivi nell’abbigliamento;
la natura violenta dei riti di affiliazione, desunta dalla conversazione in cui NOME diceva che il sangue era amaro, e dalla deposizione del teste COGNOME che ha fatto riferimento al rito di affiliazione in cui gli associati erano soliti bere il sangue;
c) l’uso sistematico della violenza, anche con l’uso del machete, arma di elezione del gruppo, sia per affermare il proprio predominio nel territorio rispetto al gruppo rivale (la sentenza richiama numerosi episodi emblematici degli scontri violenti tra i due gruppi, culminati con il tentato omicidio di COGNOME aggredito a colpi di machete (per il quale sono stati condannati in via definitiva, tra gli altri, NOME COGNOME, COGNOME Henry, NOME COGNOME, NOME e COGNOME, mentre nei confronti di NOME e NOME COGNOME Ł stata emessa sentenza di applicazione della pena) che per risolvere conflitti interni al gruppo (la sentenza impugnata ha citato, come esempio, la spedizione punitiva ai danni di NOME RAGIONE_SOCIALE Executional di Padova, da parte di Okenwa e altri, nonchØ le azioni punitive nei confronti dei parenti degli affiliati disobbedienti, rimasti in Nigeria) o per arruolare nuovi sodali, come emerso dalla vicenda di COGNOME Leonard. Quest’ultimo, infatti, aggredito da connazionali che lo accusavano di non essere inserito in nessun gruppo, dopo avere accusato dell’aggressione Felix Tuesday, si Ł dimostrato reticente in dibattimento, atteggiamento che Ł stato non illogicamente correlato al fatto che al momento dell’escussione il teste indossava un ciondolo a forma di ancora che Ł il simbolo dei Vikings;
l’impiego di un linguaggio in codice e di una simbologia echeggiante la cultura vichinga;
lo svolgimento di riunioni periodiche la cui mancata partecipazione, al pari dell’inosservanza delle regole interne, era oggetto di sanzioni (a titolo esemplificativo, la Corte territoriale ha considerato le conversazioni analizzate alle pagine 14 e 15 in cui si faceva riferimento alla multa di 50 euro per la mancata partecipazione a una riunione e, piø in generale, a ‘penalità’ e multe per l’inosservanza delle regole interne);
il versamento di quote associative di importo variabile in base al ruolo;
la solidarietà tra gli associati in occasione degli arresti. In particolare, la Corte territoriale ha valorizzato le conversazioni aventi ad oggetto la nomina dei difensori, l’assistenza alle famiglie e, in un caso, anche la strategia difensiva;
h) la condizione di assoggettamento e omertà sia della popolazione nigeriana residente nel territorio – rispetto alla quale assumono una valenza emblematica le vicende della aggressione di Nwaigwe Leonard, sopra sommariamente descritta, e dell’estorsione di cui al capo 68) la cui vittima ha riferito della sua paura a sporgere denuncia – sia della popolazione di Ferrara residente nei quartieri in cui era operativo il sodalizio, desunta dalla c.d. ‘rivolta dei cassonetti’, a seguito della quale fu inviato l’esercito a garantire la sicurezza della popolazione, «messa a repentaglio dalle continue aggressioni e risse poste in essere dai componenti dei due sodalizi rivali», dalle interviste rilasciate dai residenti ai giornalisti in cui si riferiva del degrado della zona, della presenza di bande di nigeriani che spadroneggiavano e delle risse, nonchØ dalla vicenda relativa all’aggressione di NOME COGNOME (sulla quale si tornerà esaminando il ricorso di NOME COGNOME) ad opera di un gruppo di Vikings, per sfuggire alla quale si riparava nella tabaccheria di NOME COGNOME. In particolare, con riferimento a tale ultima vicenda, la Corte territoriale, esaminando la posizione di NOME COGNOME accusato delle lesioni subite da NOMECOGNOME ha sottolineato l’evidente reticenza manifestata dalla persona offesa nel dibattimento relativo al procedimento per le lesioni subite, reticenza che la Corte, con argomentazioni non illogiche, ha ascritto alle minacce di ritorsioni subite dal teste ad opera di altro soggetto della comunità nigeriana (giudicato separatamente), che, dopo il fermo di Tuesday, gli aveva detto che lo avrebbe picchiato se quest’ultimo fosse stato condannato.
3.3. La questione relativa alla identità del sodalizio con i cd. Norsemen, Ł, invece, inammissibile in quanto Ł stata posta in termini meramente reiterativi e generici da NOME
NOME La sentenza impugnata, infatti, con motivazione persuasiva, immune da vizi logici o giuridici e saldamente ancorata alle deposizioni dei testi COGNOME e COGNOME (cfr. pp. 63-65), quest’ultimo, peraltro, teste particolarmente qualificato essendo stato ambasciatore italiano in Nigeria, ha affermato che l’associazione RAGIONE_SOCIALE costituisce lo schermo ‘legale’ del sodalizio illecito degli ArobagaRAGIONE_SOCIALE, secondo lo schema operativo proprio delle associazioni mafiose nigeriane.
4. La configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61bis cod. pen.
Il motivo Ł fondato e il suo accoglimento, stante la natura oggettiva delle questioni dedotte, impone l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti di tutti i ricorrenti, compresi coloro che non hanno specificamente impugnato tale punto della decisione, ai sensi dell’art. 587 cod. proc. pen.(si tratta di COGNOME e COGNOME), con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna per nuovo giudizio su tale punto.
4.1. Come affermato dalle Sezioni Unite, la transnazionalità non Ł un elemento costitutivo di una autonoma fattispecie di reato, ma un predicato riferibile a qualsiasi delitto a condizione che sia punito con la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, sia riferibile ad un gruppo criminale organizzato, anche se operante solo in ambito nazionale e ricorra, in via alternativa, una delle seguenti situazioni:
il reato sia commesso in piø di uno Stato;
il reato sia commesso in uno Stato, ma con parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo in un altro Stato;
il reato sia commesso in uno Stato, con implicazione di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in piø di uno Stato;
il reato sia commesso in uno Stato, con produzione di effetti sostanziali in altro Stato (Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255038).
In particolare, il Supremo Consesso, risolvendo la questione controversa relativa alla compatibilità dell’aggravante in esame con i reati associativi, ha ammesso la sua applicabilità anche a tale categoria di reato a condizione che il gruppo criminale organizzato transnazionale non coincida con l’associazione stessa. Ciò in quanto la stessa formulazione normativa dell’aggravante, nella parte in cui evoca il contributo causale, lascia chiaramente intendere che presupposto indefettibile della sua applicazione Ł la mancanza di immedesimazione, richiedendo – piuttosto – che associazione per delinquere e gruppo criminale organizzato si pongano come entità o realtà organizzative affatto diverse.
Perimetrata in tali termini l’applicabilità dell’aggravante in esame alle fattispecie associative, si Ł, inoltre, chiarito che, ai fini della configurazione della speciale aggravante in esame, non Ł affatto necessario che il reato in questione venga commesso anche all’estero, ben potendo restare circoscritto in ambito nazionale, nØ che l’associazione per delinquere operi anche in paesi esteri o che del sodalizio criminoso facciano parte soggetti operanti in paesi diversi. Ciò che occorre, ai fini dell’operatività dell’aggravante, Ł che alla commissione del reato oggetto di aggravamento abbia dato il suo contributo, determinando o anche solo agevolando la commissione del reato, un gruppo dedito ad attività criminali a livello internazionale ((Rv. 255033).
La successiva giurisprudenza di questa Corte, muovendosi nel solco tracciato dal Supremo Consesso, ha ribadito che la circostanza aggravante in esame Ł configurabile in riferimento al delitto di associazione per delinquere anche qualora questo venga consumato interamente in Italia, giacchŁ per l’operatività dell’aggravante non Ł necessario che il reato venga commesso anche all’estero, essendo invece sufficiente che alla sua realizzazione concorra un gruppo dedito ad attività criminali a livello internazionale (Sez. 4, n. 3398 del 14/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285702 –
Ricapitolando, dunque, ai fini dell’applicabilità dell’aggravante ad un reato associativo Ł necessario accertare:
a) la sussistenza di un gruppo criminale organizzato, configurabile, secondo le indicazioni contenute nell’art. 2, punti a) e c) della Convenzione delle Nazioni unite contro il crimine organizzato del 15 novembre 2000 (cosiddetta convenzione di Palermo), in presenza dei seguenti elementi: a) stabilità di rapporti fra gli adepti; b) minimo di organizzazione senza formale definizione di ruoli; c) non occasionalità o estemporaneità della stessa; d) costituzione in vista anche di un solo reato e per il conseguimento di un vantaggio finanziario o di altro vantaggio materiale (Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, COGNOME, Rv. 255034);
l’autonomia di tale gruppo rispetto al sodalizio;
il contributo apportato dal gruppo.
4.2. La sentenza impugnata, discostandosi da tali coordinate ermeneutiche, ha ravvisato la sussistenza dell’aggravante (contestata nel capo di imputazione proprio nella forma del contributo apportato da un gruppo organizzato impegnato in attività criminali in piø di uno Stato) sulla base di una motivazione, in parte, contraddittoria, quanto al rapporto esistente tra il sodalizio nazionale e quello nigeriano, e, in altra parte, gravemente carente, con riferimento all’apporto conferito dal sodalizio nigeriano, elemento, questo, completamente trascurato dalla sentenza impugnata.
Quanto al primo profilo, rileva il Collegio che il sodalizio nazionale viene contraddittoriamente considerato, ora, quale articolazione della casa-madre, elemento, questo, che pare evocare una configurazione del rapporto tra i due gruppi non in termini di piena autonomia e indipendenza, ma di immedesimazione l’uno nell’altro, ora, invece, come autonoma organizzazione, dotata di autonomia decisionale ed operativa. A rafforzare la carica di ambiguità della motivazione, si aggiunge anche l’ulteriore elemento relativo alla corresponsione alla casa-madre, di cui il Vatican italiano evocava la forza intimidatrice, di una parte dei proventi illeciti derivanti dal narcotraffico.
Manca, infine, nella motivazione una specifica indicazione del tipo di contributo apportato dal gruppo organizzato, nei termini specificati nel precedente punto.
Gli ulteriori motivi di ricorso
5. Musa Junior
5.1. Il motivo relativo alla partecipazione al sodalizio mafioso Ł inammissibile in quanto generico e manifestamente infondato.
Siffatta partecipazione può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza nel senso indicato, purchØ si tratti di indizi gravi e precisi – tra i quali, esemplificando, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e però significativi “facta concludentia ” -, idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura
Si tratta di regulae iuris valevoli, non solo per le c.d. mafie storiche, ma per qualunque associazione di tipo mafioso, comprese quelle straniere.
5.1.1. La Corte territoriale ha fatto buon governo di tale consolidata ermeneusi e, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, con la quale il ricorrente omette il dovuto confronto critico, ha desunto la partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso dei Viking s, ponendo l’accento sul fattivo contributo fornito alla attuazione del programma associativo, sia attraverso la sua partecipazione al tentato omicidio, ricondotto allo scontro con gli COGNOME , sia attraverso i suoi costanti rapporti con gli altri membri del sodalizio, desunti dalle conversazioni intercettate, reputate altamente sintomatiche del suo pieno inserimento nella struttura organizzativa (si segnalano, infatti, oltre all’impiego del medesimo linguaggio convenzionale, il riferimento a gerarchie interne, a riunioni e alla raccolta del denaro per i sodali arrestati).
6. Egbogun Glory
6.1. Il motivo di ricorso relativo alla partecipazione al sodalizio mafioso Ł inammissibile in quanto fondato su censure generiche, versate in fatto e manifestamente infondate.
La Corte territoriale, infatti, conformandosi alle costante ermeneusi di questa Corte sulla nozione di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, richiamata nel punto 5.1., con motivazione immune da vizi logici o giuridici, ha individuato gli elementi sintomatici della ‘messa a disposizione’ del ricorrente, oltre che dalla sua partecipazione alla spedizione punitiva ai danni di COGNOME per la quale Ł stato condannato con sentenza irrevocabile, dalle conversazioni intercettate in cui si relazionava con gli altri sodali discorrendo di questioni di particolare rilevanza sia ai fini degli assetti organizzativi interni che ai fini del predominio assoluto del sodalizio nel territorio (si segnalano, ad esempio, quelle in cui discorreva delle indagini per il tentato omicidio di COGNOME e di eventuali ritorsioni degli COGNOME , le conversazioni relative alla nomina di NOME COGNOME come Coordinator di Ferrara, essendo vacante il posto lasciato da NOME COGNOME agli scontri con gli COGNOME, e, infine, alla sua convocazione ad una riunione indetta da Tuesday Felix).
6.2. Il motivo relativo alla pericolosità sociale e alla misura di sicurezza applicata Ł inammissibile in quanto si limita ad esprimere un mero, generico dissenso rispetto alle valutazioni della Corte territoriale, richiamando, sostanzialmente, le medesime argomentazioni, già valutate nel precedente punto, volte e prospettare l’occasionalità del contributo offerto dal ricorrente e, dunque, ad escludere la sua partecipazione al sodalizio.
Va, infatti, considerato che, agli effetti penali, la pericolosità sociale, rilevante ai fini dell’applicazione di una misura di sicurezza, consiste nel pericolo di commissione di nuovi reati e deve essere valutata dal giudice alla luce dei rilievi sulla personalità e sulla capacità criminale del condannato e di ogni altro parametro desumibile dall’art. 133 cod. peri. (Sez. 1, n. 24725 del 27/5/2008, Nocerino, Rv. 240808). La sentenza impugnata, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici o giuridici, ha legittimamente desunto la pericolosità sociale del ricorrente proprio dalla gravità dei fatti contestati nel presente procedimento, oltre che dalla sua partecipazione al tentato omicidio di NOME e dal suo stile di vita, in quanto, pur essendo in possesso di regolare permesso di soggiorno, non risulta svolgere alcuna attività lavorativa.
7. NOME
7.1. Il motivo relativo al doppio ruolo rivestito dal ricorrente all’interno del sodalizio Ł inammissibile in quanto costituito da mere censure di merito, prive di confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata che, senza incorrere in alcun vizio logico o giuridico, ha argomentato sia in ordine alla intraneità del ricorrente, valorizzando gli elementi emersi dalla conversazioni intercettate – in particolare, i suoi rapporti con soggetti aventi un ruolo apicale nel sodalizio, come Okenwa, il contributo offerto alla consumazione dei reati di spaccio, rispetto ai quali non Ł stata formulata alcuna censura, e la condivisione del medesimo linguaggio convenzionale che al suo duplice ruolo di coordinator di Padova, la cui operatività Ł stata desunta dalla deposizione del teste COGNOME riportata a pagina 66 della sentenza impugnata, e di executional di Ferrara. Parimenti adeguata Ł la motivazione sul ruolo di organizzatore attribuito al ricorrente (ciò a prescindere dalle denominazioni utilizzate per definire tale carica all’interno del sodalizio), desunto dalle conversazioni riportate alle pagine 67 e 68, dalle quale Ł emerso che il ricorrente aveva il potere di indire riunioni su questioni di particolare rilevanza per il sodalizio (quali il ferimento di un sodale o l’espansione a tutto il Nord e Sud di Italia) e veniva trattato con deferenza dei sodali.
8. I ricorsi di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
8.1. Il motivo relativo alla partecipazione dei ricorrenti Ł inammissibile in quanto costituito da mere censure di merito, reiterative delle doglianze già dedotte in appello e generiche.
La sentenza impugnata, infatti, conformandosi alle coordinate ermeneutiche tracciate nel punto 5.1., ha adeguatamente argomentato in merito alla partecipazione al sodalizio dei tre ricorrenti e al ruolo apicale rivestito da NOME COGNOME COGNOME e da NOME COGNOMEsubentrato al primo nel ruolo di coordinator di Ferrara).
Sulla base degli elementi fattuali desunti dalle conversazioni intercettate e dalle deposizioni dei testi di polizia giudiziaria (COGNOME e COGNOME), sono stati evidenziati, quanto ad NOME COGNOME, i seguenti elementi: a) l’iniziativa assunta al fine di raggiungere una tregua con gli COGNOME dopo il tentato omicidio di COGNOME per il quale Ł stato condannato con sentenza irrevocabile, ed evitare l’interessamento delle Forze dell’Ordine; b) il potere del ricorrente di ordinare ai sodali spedizioni punitive contro il gruppo rivale (cfr. pagina 53); c) l’irrilevanza del decreto di archiviazione emesso nei confronti di Okenwa per il reato di favoreggiamento personale in relazione al rinvenimento del machete presso la sua abitazione (cfr. pagina 52); d) la raccolta di soldi in favore del ricorrente successivamente al suo arresto del 31/8/2018 per il tentato omicidio di COGNOME (cfr. pagina 53).
Quanto a NOME COGNOME sono stati evidenziati i seguenti elementi: a) il suo subentro nel ruolo di coordinator , successivamente all’arresto di NOME COGNOME (cfr. le conversazioni analizzate a pagina 54); b) i suoi quotidiani rapporti con i sodali e le conversazioni su temi di interesse del sodalizio; c) le assidue frequentazioni della sua abitazione da parte di Okenwa e le conversazioni tra i due su temi rilevanti per l’associazione e sul commercio di sostanze stupefacenti nel quale anche il ricorrente Ł risultato coinvolto (capi 18 e 19); d) lo svolgimento di riunioni presso la sua abitazione, come emerso dai controlli di polizia del 6/2/18 e del 18/3/18
Infine, quanto a COGNOME, la sentenza impugnata ha posto l’accento sulla sua partecipazione, unitamente ad altri sodali, non solo al tentato omicidio di COGNOME, per il quale ha già riportato condanna irrevocabile, ma anche alla precedente aggressione di COGNOME con l’impiego di un machete. Priva di pregio, oltre che meramente reiterativa, Ł, peraltro, la censura relativa alla riconducibilità al ricorrente delle conversazioni in cui si faceva riferimento ora ad ‘Oj’ ora ad ‘Oje’, avendo la Corte chiarito che i due termini venivano usati indifferentemente quale soprannome del ricorrente come emerso anche dalla contestualità tra le conversazioni in cui veniva utilizzato, facendosi riferimento al fatto che NOMECOGNOME era stato arrestato ,e l’esecuzione del fermo del ricorrente per il tentato omicidio di
COGNOME
9. NOME COGNOME
9.1. Il motivo relativo alla partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso Ł infondato.
La sentenza impugnata, infatti, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, coerente con le coordinate ermeneutiche tracciate nel punto 5.1., ha desunto tale partecipazione ponendo l’accento sui seguenti elementi sintomatici della ‘messa a disposizione’ del ricorrente, desunti dalle conversazioni intercettate, ovvero: a) la sua partecipazione ai dissidi con COGNOME, appartenente al gruppo rivale degli COGNOME , dal quale fu aggredito; b) il fatto di essersi confrontato immediatamente con un superiore gerarchico (COGNOME) dopo essere stato aggredito da COGNOME; c) l’essersi recato a casa di Abubakar che, come detto, rivestiva un ruolo di spicco nell’associazione e, al momento, si trovava sottoposto agli arresti domiciliari con divieto di comunicazione con terzi; d) il fatto che l’aggressione da parte di COGNOME sia stata considerata come un ‘fatto interno’ all’associazione tanto da costituire oggetto di conversazioni tra COGNOME e altro sodale; e) le conversazioni tra il ricorrente e Okenwa, che, come si dirà, rivestiva una posizione apicale nel sodalizio mafioso, su questioni interne al sodalizio.
9.2. Il motivo relativo alla mancata assunzione delle prove non Ł consentito in questa Sede in quanto formulato in termini di generico dissenso, senza alcun confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata che ha posto a fondamento del diniego la sufficienza delle prove acquisite.
Va, al riguardo, rammentato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in virtø del principio di presunzione di completezza dell’indagine dibattimentale di primo grado, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello costituisce un’eventualità di carattere eccezionale subordinata alla sussistenza delle condizioni indicate dall’art. 603, commi 1, 2 e 3 cod. proc. pen. In particolare, nelle ipotesi contemplate ai commi 1 (richiesta di riassunzione di prove già acquisite e di assunzione di nuove prove) e 3 (rinnovazione ” ex officio “) dell’art. 603 cod. proc. pen. Ł necessaria la dimostrazione, in positivo, della necessità (assoluta nel caso del comma terzo) del mezzo di prova da assumere, onde superare la presunzione di completezza del compendio probatorio; diversamente, nel caso previsto dal secondo comma, il giudice Ł tenuto a disporre l’ammissione delle prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado negli stessi termini di cui all’art. 495, cod. proc. pen., con il solo limite costituito dalle richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti (Sez. 3, n. 13888 del 27/01/2017, Rv. 269334 (Sez. 3, n. 47963 del 13/09/2016, Rv. 268657).
9.3. L’esame del motivo relativo all’elemento psicologico della ritenuta aggravante di cui all’art. 61bis cod. pen. Ł assorbito dall’accoglimento della piø ampia doglianza relativa alla sua configurabilità.
9.4. Il motivo relativo al punto concernente l’applicazione della misura di sicurezza Ł fondato.
La sentenza impugnata, infatti, ha risposto in modo inadeguato alle doglianze del ricorrente, limitandosi a richiamare la motivazione della sentenza di primo grado che, tuttavia, ha argomentato in termini generici e, ad avviso del Collegio, apodittici sulla pericolosità del ricorrente, valorizzando i seguenti elementi: a) la reiterata attività di spaccio del ricorrente; b) la stabile disponibilità del ricorrente a commettere vari reati all’interno dell’associazione; c) l’assenza di forme lecite di guadagno. Il Tribunale, tuttavia, ha omesso di indicare gli elementi fattuali da cui ha desunto tali circostanze, posto che, peraltro, il ricorrente Ł stato condannato solo per il reato associativo.
Come anticipato, si tratta di una motivazione insufficiente in quanto, a fronte di una censura che la stessa Corte di appello non ha qualificato come generica o aspecifica, nonchØ di una
motivazione carente della sentenza di primo grado, la Corte territoriale aveva l’onere di esaminare specificamente le doglianze difensive, anche con riferimento alla circostanza rappresentata nel motivo in esame, dello svolgimento da parte del ricorrente di una lecita attività lavorativa.
Va, a tale riguardo, ribadito che il giudice d’appello, in presenza di un atto di impugnazione non ritenuto inammissibile per carenza di specificità, non può limitarsi al mero e tralatizio rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado, posto che, pur se il gravame ripropone questioni di fatto già dedotte e decise in prime cure, Ł tenuto a motivare, in modo puntuale e analitico, su ogni punto devoluto, onde non incorrere nel vizio di motivazione apparente (Sez. 3, n. 38126 del 06/06/2024, Amore, Rv. 287104).
10. Felix Tuesday
10.1. Il motivo relativo alla mancata acquisizione delle dichiarazioni del teste NOME COGNOME Ł inammissibile in quanto aspecifico e generico.
Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi ‘decisiva’ quella prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia (Sez. 6, n. 14916 del 25/3/2010, COGNOME, Rv. 246667), ovvero quella prova che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (Sez. 3, n. 9878 del 21/01/2020, Rv. 248105).
Ebbene, rileva il Collegio che la doglianza in esame, oltre a non illustrare le ragioni della decisività della prova, nei termini sopra indicati, omette il dovuto confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata che, con argomentazioni persuasive e non manifestamente illogiche, oltre a rilevare la aspecificità dell’istanza, ha sostanzialmente sottolineato la non decisività della prova richiesta sulla valutazione di attendibilità delle dichiarazioni rese da COGNOME, e ciò in considerazione, da un lato, delle minacce cui era stato sottoposto e della conseguente reticenza dimostrata nel corso del dibattimento relativo al procedimento per lesioni, reticenza che era stata superata solo dopo le contestazioni a seguito delle quali il teste aveva confermato il contenuto della denuncia sporta, e, dall’altro lato, della congruenza della versione resa con le dichiarazioni rese dal teste di polizia Giudiziaria COGNOME
10.2. Il motivo relativo al giudizio di responsabilità per la partecipazione al sodalizio mafioso Ł complessivamente infondato, benchØ contenga numerosi argomenti ai limito dell’inammissibilità volti a sollecitare una non consentita diversa valutazione del quadro probatorio, nonchØ una diretta interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate, entrambe estranee al perimetro del sindacato di legittimità.
La sentenza impugnata, infatti, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, conformandosi alle coordinate ermeneutiche tracciate nel punto 5.1., ha desunto gli elementi sintomatici della intraneità del ricorrente, in primo luogo, dalle dichiarazioni del coimputato NOME COGNOME nel procedimento riguardante l’aggressione di COGNOME, il quale ha confermato l’appartenenza del ricorrente agli Arobaga-Vikings. Tale sorta di chiamata in correità ha trovato riscontro nella partecipazione del ricorrente alle aggressioni di COGNOME e di NOME COGNOME (entrambe appartenenti agli COGNOME), c he, come già affermato, sono state non irragionevolmente inquadrate dalla Corte territoriale nella logica associativa e nella violenta strategia perseguita dal sodalizio al fine assicurarsi il dominio del territorio e la gestione del traffico di sostanze stupefacenti.
Parimenti non illogica Ł la motivazione sulla rilevanza anche degli episodi di violenza in cui Tuesday ha assunto il ruolo di vittima, in quanto inseriti, comunque, nelle medesime dinamiche associative, come emerso dal contenuto della conversazione richiamata a pagina 148 della sentenza impugnata, reputata emblematica del fatto che le aggressioni subite dal ricorrente
venivano considerate come ‘affari’ che riguardavano l’intero sodalizio.
Quanto alla aggressione di Nwaigwe, il ricorrente omette di confrontarsi criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata che, valutando autonomamente l’episodio, ha posto l’accento sul fatto che la persona offesa, che aveva inizialmente riconosciuto Tuesday Felix tra i suoi aggressori, si Ł presentata in dibattimento indossando uno dei simboli tipici dei Vikings, «mostrandosi decisamente in soggezione e intimidito rispetto agli imputati, tanto da ribadire le sue scuse», avvalorando così, come già affermato nel punto dedicato alla natura mafiosa del sodalizio, le considerazioni sulla forza intimidatrice del sodalizio.
Come anticipato, le censure relative al significato delle conversazioni intercettate non sono consentite in questa Sede in quanto, oltre ad avere un contenuto meramente confutativo, non evidenziano alcuna manifesta illogicità del punto della motivazione dedicato all’esame delle medesime doglianze riproposte con il motivo in esame (si veda il punto 17.3.4. della sentenza impugnata).
Va, a tale riguardo, ribadito che in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
Infine, la doglianza relativa alla mancanza di motivazione sul collegamento tra l’attività dell’associazione e quella di spaccio di stupefacenti Ł generica ed aspecifica in quanto si limita alla mera enunciazione della censura omettendo ogni confronto critico con il punto 17.3.6 della sentenza impugnata, specificamente dedicato all’esame di tale doglianza.
11. Irabor Igbinosa
11.1. Il motivo relativo alla partecipazione del ricorrente Ł inammissibile in quanto formulato in termini meramente confutativi, senza alcun confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata che, coerentemente con le coordinate ermeneutiche tracciate al punto 5.1., senza incorrere in alcun vizio logico o giuridico, ha desunto l’intraneità del ricorrente dai seguenti elementi fattuali: a) la sua partecipazione sia alle minacce che alla successiva spedizione punitiva in danno di Oboh (per la quale Ł stata emessa nei confronti dell’imputato sentenza irrevocabile di applicazione della pena), vicenda che, si ribadisce ancora una volta, si inserisce pienamente nelle strategie associative; b) i suoi rapporti con altri sodali, anche in posizione apicale, desunti dall’arresto per il reato di resistenza a pubblico ufficiale unitamente ad NOME COGNOME dalla sua presenza presso l’abitazione di Egbogun Glory al momento della perquisizione domiciliare a suo carico, nonchØ dal contenuto delle conversazioni intercettate, ad esempio, con NOME Junior o con NOME COGNOME tutte aventi ad oggetti questioni interne al sodalizio e lo spaccio di sostanze stupefacenti (cfr. pagina 90).
12. Okoduwa Godspower
12.1. L’eccezione relativa alla omessa notifica al ricorrente dell’avviso ex art. 415bis cod. proc. pen. Ł inammissibile in quanto priva del necessario requisito della specificità.
Al di là della generica manifestazione di dissenso rispetto al provvedimento di rigetto di tale eccezione ed alla altrettanto generica insinuazione della carenza agli atti della copia tradotta cui hanno fatto riferimento i Giudici di merito (a partire dal Giudice dell’udienza preliminare), il ricorrente ha omesso di allegare una specifica attestazione di cancelleria che consenta di escludere il contenuto meramente esplorativo della doglianza formulata.
12.2. Il motivo relativo alla mancata escussione degli operanti ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen. Ł manifestamente infondato e aspecifico. La Corte territoriale, infatti, con motivazione non manifestamente illogica ha ritenuto la legittimità dell’esercizio del potere discrezionale del Tribunale, ponendo soprattutto l’accento sulla non necessarietà della prova testimoniale e sulla presenza agli atti del verbale di sequestro. Sotto altro profilo, la doglianza in esame Ł priva del necessario requisito della specificità in quanto omette di illustrare le ragioni che rendevano necessaria e decisiva l’assunzione della prova testimoniale, giustificando l’esercizio dei poteri officiosi del giudice (cfr. Sez. U, n. 41281 del 17/10/2006, Greco, Rv. 234907).
12.3. Anche il terzo motivo Ł inammissibile in quanto si limita a riproporre genericamente le medesime censure già dedotte in appello, esaminate e rigettate dalla Corte territoriale con argomentazioni immuni da vizi logici o giuridici, completamente ignorate dal ricorrente (si vedano le pagine 125 e 126 della sentenza impugnata in cui, tra l’altro, si Ł attribuita al ricorrente la detenzione della sostanza stupefacente rinvenuta presso la sua abitazione, correlando l’esito della perquisizione al contenuto delle conversazioni intercettate, in relazione alle quali la Corte territoriale ha, altresì, precisato che, a prescindere dall’uso promiscuo del telefono in uso al ricorrente, la voce di quest’ultimo Ł stata riconosciuta dagli agenti di polizia giudiziaria e ciò in considerazione della protrazione nel tempo delle operazioni captative oltre che del fatto che in talune occasioni il ricorrente si presentava con il suo nome).
12.4. Il motivo relativo alla partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso ed al ruolo attribuitogli Ł infondato.
La sentenza impugnata, infatti, conformandosi alle coordinate ermeneutiche tracciate nel punto 5.1., con motivazione immune da vizi, in parte per relationem alla sentenza di primo grado, ha, in particolare, valorizzato i suoi rapporti con soggetti in posizione apicale nel sodalizio, tra i quali Okenwa, nonchØ la sua partecipazione alle scelte dei vertici dell’associazione e alla risoluzione delle problematiche interne. La sentenza di primo grado ha, inoltre, evidenziato che il ricorrente veniva chiamato da Okenwa per dirimere contrasti, organizzare spedizioni punitive (si veda la conversazione a p. 207 della sentenza di primo grado) o prendere decisioni importanti per il sodalizio; sono state, inoltre, valorizzate le conversazioni da cui Ł emerso che anche il ricorrente Ł stato coinvolto negli scontri violenti con gli COGNOME (cfr. le pagine da 204 a 215 della sentenza di primo grado), elemento, questo, che, come già affermato in relazione alle posizioni degli altri ricorrenti, assume un valore altamente sintomatico della intraneità al sodalizio.
Sulla base di tale cospicuo compendio probatorio i Giudici di merito, senza incorrere in alcuna manifesta illogicità, hanno attribuito al ricorrente un ruolo organizzativo, sebbene non tipizzato, all’interno del sodalizio, reputandolo punto di riferimento di Okenwa nella gestione del territorio.
12.5. Il quinto motivo di ricorso Ł inammissibile in quanto si limita ad esprimere un generico dissenso rispetto alle conclusioni cui Ł pervenuta la Corte territoriale sulla base di argomentazioni in parte sovrapponibili a quelle già esaminate in relazione al terzo motivo di ricorso. Va, infatti, considerato che la sentenza impugnata, con motivazione in parte per relationem alle piø ampie considerazioni della sentenza di primo grado (cfr. le pagine da 214 a 225), ha adeguatamente argomentato in merito alla responsabilità del ricorrente per l’attività di spaccio contestata ai capi oggetto di censura, rispondendo puntualmente alle doglianze formulate in appello (cfr. le pagine 125 e 126).
13. Okenwa NOME
Prima di esaminare specificamente i motivi personali di ricorso, va premesso che, al di là dei profili di inammissibilità che saranno evidenziati di seguito, il ricorso, per la parte relativa alle
doglianze relative alla posizione esclusiva del ricorrente, si connota per una tecnica redazionale confusa, per la defatigante integrale trascrizione del contenuto di deposizioni e conversazioni intercettate che, al di là del non consentito tentativo di sollecitare una rivalutazione del loro significato o della loro valenza probatoria, rende di difficile lettura l’intero ricorso.
13.1. Il motivo relativo alla partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso Ł costituito da mere censure di merito di contenuto confutativo.
La sentenza impugnata, richiamando l’ampia motivazione contenuta nella sentenza di primo grado (cfr. le pagine da 149 a 182 in cui si riportano anche i contenuti delle conversazioni ritenute rilevanti), con argomenti immuni da vizi logici o giuridici e coerenti con le coordinate ermeneutiche tracciate nel punto 5.1., ha desunto la partecipazione del ricorrente, con ruolo apicale, dal contenuto delle conversazioni intercettate dalle quali sono emersi: a) i contatti frequenti con altri sodali; b) gli interventi del ricorrente per dirimere contrasti sia interni che esterni con i cult rivali, nonchØ per decidere le cariche associative e le nuove affiliazioni; c) la disponibilità di un machete, arma tipica dei Vikings, rinvenuta all’esito della perquisizione domiciliare cui Ł stato sottoposto il ricorrente, in occasione della quale, peraltro, lo stesso si trovava in compagnia di altri sodali (NOME COGNOME e NOME). Si Ł, inoltre, sottolineata la valenza corroboratrice di tali elementi sintomatici anche del dato, emerso dalle fotografie del ricorrente pubblicate sul suo profilo facebook, relativo all’uso di simboli propri dei Vikings (il ciondolo a forma di ancora, il colore rosso dell’abbigliamento).
L’ulteriore censura relativa alla mancata valutazione delle deposizioni delle testi COGNOME e COGNOME Ł anch’essa generica e aspecifica, mancando ogni confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata in merito alla loro irrilevanza e non decisività (cfr. pagina 117) e soprattutto, non illustrando in alcun modo, al di là della pedante trascrizione delle due deposizioni, le ragioni, non valutate dai Giudici di merito, della loro idoneità a confutare il quadro probatorio a carico del ricorrente.
13.2. Il motivo relativo al giudizio di responsabilità per l’estorsione di cui al capo 68) Ł inammissibile in quanto costituito da censure di merito volte a sollecitare una non consentita diversa ricostruzione dei fatti da parte di questa Corte.
La sentenza impugnata, senza incorrere in alcun vizio logico o giuridico, ha correttamente valutato la credibilità ed attendibilità del racconto della persona offesa, considerando le caratteristiche del racconto (puntuale, preciso e privo di contraddizioni nel suo nucleo essenziale), il carattere marginale e ininfluente delle contraddizioni in cui Ł incorsa la persona offesa, e, soprattutto, i riscontri emersi dalle celle agganciate dal telefono in uso al ricorrente e dai tabulati telefonici dai quali Ł emersa la presenza del ricorrente nel luogo dell’aggressione. Sulla base di tali dati probatori, con motivazione parimenti adeguata e non illogica, la Corte ha ritenuto l’inidoneità della generica versione offerta dalla teste COGNOME legata al ricorrente da una relazione, quanto meno, di amicizia (cfr. pagina 117), a confutare il quadro probatorio.
13.3. Il motivo relativo al giudizio di responsabilità per i reati di cui ai capi 10), 11), 12) 15), 16) e 17) Ł inammissibile in quanto generico e, oltre ad avere un contenuto meramente confutativo, si connota per la pesante trascrizione del contenuto delle conversazioni intercettate di cui si chiede una non consentita rivalutazione.
In primo luogo il ricorrente omette di considerare le ragioni esposte dalla Corte territoriale a fondamento del rigetto dell’eccezione di genericità delle imputazioni, limitandosi a reiterare la medesima questione proposta in appello, analizzata e rigettata dalla sentenza impugnata con motivazione immune da vizi logici o giuridici (cfr. p. 119 in cui si pone l’accento sulla puntuale indicazione dei riferimenti essenziali del fatto, avuto riguardo alle coordinate spazio-temporali, al tipo di sostanza ceduta e, in taluni casi, alla quantità e al profitto conseguito, escludendosi qualunque lesione del diritto di difesa).
Parimenti adeguata Ł la motivazione sulla partecipazione del ricorrente alle cessioni in contestazione e sulla irrilevanza della sua condizione di assuntore, partecipazione desunta dalle conversazioni, il cui contenuto Ł integralmente trascritto alle pagine da 189 a 193 della sentenza di primo grado, interpretate in modo non illogico dai Giudici di merito, da cui risulta che il ricorrente veniva contattato dai clienti e che si avvaleva per le consegne dei pusher NOME COGNOME e COGNOME Prince, partecipando direttamente solo in caso di acquirenti ‘di rango’, come nel caso della fornitura a Godspower (cfr. p. 119 e p. 120 della sentenza impugnata in cui, tra l’altro, la Corte territoriale riporta una conversazione tra il ricorrente e un cliente in cui si parlava della cessione di ‘fagioli,’ di ‘stoffa’, di ‘cibo’, e del prezzo di 150, 1500, termini che, per il contenuto e il contesto della conversazione, sono stati logicamente correlati alla negoziazione della sostanza stupefacente).
13.4. Il motivo relativo alla configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 416bis, comma quarto, cod. pen. e al trattamento sanzionatorio Ł inammissibile per le ragioni di seguito esposte.
13.4.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, dalla quale il Collegio non ritiene di doversi discostare, in tema di associazione a delinquere di stampo mafioso, per il riconoscimento della circostanza aggravante della disponibilità delle armi non Ł richiesta l’esatta individuazione delle armi stesse, ma Ł sufficiente l’accertamento, in fatto, della disponibilità di un armamento, quale desumibile ad esempio dai fatti di sangue commessi dal gruppo criminale o dal contenuto delle intercettazioni (Sez. 2, n. 22899 del 14/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284761; Sez. 6, n. 55748 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271743; Sez. 1, n. 14255 del 14/06/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269839).
La sentenza impugnata, conformandosi a tale regula iuris, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, con la quale il ricorrente ha omesso di confrontarsi criticamente, ha desunto la disponibilità di armi da parte del sodalizio mafioso dai numerosi episodi in cui i suoi componenti hanno partecipato ad aggressioni utilizzando machete (il piø eclatante dei quali Ł stato individuato nel tentato omicidio di COGNOME), unitamente al rinvenimento della medesima arma, all’interno di una lavatrice (cfr. pagina 121 della sentenza), presso l’abitazione del ricorrente.
Quanto alla consapevolezza del ricorrente, la Corte territoriale ha considerato il contenuto delle conversazioni analizzate nel punto 4.1. della sentenza da cui emergeva la partecipazione del ricorrente, con il ruolo di organizzatore, alle spedizioni punitive con l’uso di machete (tra queste, particolarmente significativa Ł quella del 31/8/2018, prog. 1716, in cui il ricorrente ordinava a NOME di andare a casa sua e di prendere tre machete).
13.4.2. La censura relativa alla mancata esclusione della recidiva Ł, invece, formulata in termini estremamente vaghi e senza alcuna argomentazione in merito alla sussistenza dell’interesse del ricorrente, posto che detta aggravante Ł stata ritenuta subvalente rispetto alle circostanze attenuanti generiche sin dalla sentenza di primo grado.
13.4.3. Le ulteriori doglianze sulla eccessività del trattamento sanzionatorio e sul mancato giudizio di prevalenza delle circostanza attenuanti generiche sono inammissibili in quanto la prima si limita ad esprimere un generico dissenso e una istanza di riduzione del trattamento sanzionatorio che esula dalle competenze di questa Corte; la seconda, invece, Ł manifestamente infondata in quanto, come già detto, le circostanze attenuanti generiche sono state già riconosciute prevalenti sulle aggravanti, compresa la recidiva.
14. NOME COGNOME
14.1. Il motivo relativo alla mancanza di motivazione sulla eccezione di violazione del ne bis in idem Ł inammissibile in quanto generico e manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, la Corte ha esaminato la questione dedotta
e, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, con la quale il ricorrente omette il dovuto confronto critico, ha ravvisato la diversità della condotta associativa di cui al capo 1) rispetto alla condotta relativa al tentato omicidio di COGNOME, per la quale il ricorrente Ł stato definitivamente condannato.
Ciò in ragione della diversità delle imputazioni tra le quali l’unica connessione ravvisabile attiene alla rilevanza della partecipazione alla citata aggressione quale sintomo, unitamente agli ulteriori elementi desunti dal contenuto delle conversazioni intercettate, della partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso.
Parimenti ineccepibile Ł la motivazione sulla diversità della condotta di cui al capo 33) rispetto a quelle per le quali il ricorrente Ł stato già definitivamente condannato in altro procedimento, attinenti a plurimi episodi di spaccio di sostanze stupefacenti. Ciò sulla base di un argomento che non appare manifestamente illogico, ovvero la diversità del contesto in cui sono state consumate le condotte di spaccio, nell’interesse dell’associazione mafiosa, nel primo caso, e in relazione a mere cessioni a consumatori finali, nel secondo caso.
Siffatte conclusioni appaiono pienamente in linea con la consolidata giurisprudenza di questa Corte che ritiene sussistente l’identità del fatto, ai fini della preclusione connessa al principio del ne bis in idem , solo quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231799; Sez. 1, n. 41867 del 26/06/2024, COGNOME, Rv. 287251).
14.2. Il motivo relativo alla responsabilità del ricorrente in merito ai reati ascritti Ł inammissibile in quanto, con riferimento al capo 1) Ł formulato in termini estremamente vaghi e senza alcun confronto critico con la sentenza impugnata, mentre in relazione al capo 33) formula censure non dedotte in appello dal contenuto estremamente generico.
In particolare, quanto al reato di cui al capo 1), la Corte territoriale, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, pienamente in linea con le coordinate ermeneutiche tracciate al punto 5.1., ha desunto la partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso sia dalla sua partecipazione al tentato omicidio di COGNOME, per il quale Ł stato condannato con sentenza irrevocabile, sia dai suoi rapporti con i sodali, anche di spicco all’interno dell’associazione (come NOME COGNOME), valorizzando le conversazioni intercettate nelle quali il ricorrente discorreva di questioni interne al sodalizio, in particolare, degli scontri con gli COGNOME.
Quanto alla condotta di cui al capo 33), risulta dalla sentenza impugnata che l’unica doglianza formulata in appello del ricorrente investiva la violazione del ne bis in idem.
15. NOME COGNOME
15.1. Le censure relative al giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen. sono infondate.
La sentenza impugnata, richiamando anche la motivazione della sentenza di primo grado (pagine 263 e ss.), con argomenti immuni da vizi logici o giuridici e coerenti con le coordinate ermeneutiche tracciate al punto 5.1., ha desunto la partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso dai seguenti elementi sintomatici: a) i suoi rapporti con altri sodali (ad esempio, Okoduwa Godspower e Okenwa), desunti dalle conversazioni intercettate (la sentenza di primo grado, pone l’accento, tra l’altro, sulla conversazione in cui Okenwa parlava con il ricorrente della struttura dell’associazione e dei futuri cambiamenti); b) la sua presenza a casa di Okewa al momento della perquisizione. La sentenza di primo grado ha, inoltre, valorizzato le conversazioni in cui si faceva riferimento al tentativo del ricorrente di assumere una posizione di comando nel sodalizio, quali, ad esempio: a) quella tra Okenwa e Okoduwa sulle ‘intemperanze’ del ricorrente; b) quella tra Okenwa
e NOME COGNOME sulle tensioni tra gli associati in conseguenza dei tentativi del ricorrente di assumere il potere nel sodalizio; c) le conversazioni, anche tra il ricorrente e NOMECOGNOME relative al contrasto tra i due per la carica di coordinator di Padova.
15.2. Le censure relative all’elemento psicologico dell’aggravante di cui all’art. 61bis cod. pen. sono assorbite dall’accoglimento delle doglianze relative alla configurabilità della circostanza.
Alla luce di quanto sopra esposto, va disposto l’annullamento della sentenza impugnata, nei confronti di tutti i ricorrenti, con riferimento alla configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 61bis cod. pen. e, nei soli confronti di COGNOME, in relazione al punto concernente l’applicazione della misura di sicurezza, con rinvio per nuovo giudizio su detti punti ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna.
I ricorsi vanno rigettati nel resto con conseguente condanna di tutti i ricorrenti alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Comune di Ferrara che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 61bis cod. pen. e all’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione nei confronti di COGNOME. Rinvia per nuovo giudizio su tali punti ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna. Rigetta i ricorsi nel resto.
Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Comune di Ferrara che liquida in complessivi euro 3686 oltre accessori di legge.
Così deciso il 27 maggio 2025
Il Presidente NOME COGNOME