Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3359 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3359 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NISCEMI il 19/08/1976
avverso l’ordinanza del 12/07/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG CINZIA RAGIONE_SOCIALE
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RITENUTO IN FATTO
Si impugna l'ordinanza con la quale I Tribunale del riesame di Catania ha confermato nei confronti di NOME COGNOME, l'ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere – emessa dai G.i.p. il 24.6.2024 – in relazione ai delitti d associazione mafiosa (capo 1, in Vittoria e comuni limitrofi, in data antecedente al 25.4.2024, in permanenza), detenzione illegittima e porto abusivo e ricettazione di armi da sparo, anche clandestine.
Il ricorso proposto nell'interesse dell'indagato avverso tale ordinanza si affida ad un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, di att. cod. proc. pen., col quale si contesta la configurazione del reato di cui all'artic 416-bis cod. pen. ascritto anche al ricorrente. In particolare, si lamenta la mancanza di
sufficienti elementi dimostrativi riguardo a tale reato, la cui sussistenza, trattandosi reato associativo non puro, per essere affermata necessita della dimostrazione che gli accoliti si avvalgano, ossia facciano uso concreto della forza di intimidazione che il vincolo associativo deve possedere, non essendo sufficiente il mero programma di utilizzare la forza di intimidazione. E tale forza di intimidazione deve derivare dall'associazione, cioè dal gruppo, dalla sua fama, dal vincolo associativo e non dal prestigio criminale di un singolo, laddove nel caso di specie mancano elementi idonei a supportare la sussistenza di tale forza di intimidazione e la sua estrinsecazione in concreto, esclusa dagli stess giudici territoriali che hanno qualificato le azioni dei presunti associati quali sintom mere aspirazioni laddove altri sono i soggetti che continuano a monopolizzare gli affari criminali del territorio.
3.11 ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi dell'art. 611 come modificato dall'art. 35 dei d.lgs. del 30.12.2022 n. 150 – senza l'intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
il nuovo difensore del ricorrente, avv. COGNOME ha insistito nell'accoglimento dei ricors con la memoria pervenuta in data 24.10.2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile perché aspecifico, e nella parte in cui opera un confronto, del tutto limitato con il provvedimento impugnato, prospetta comunque doglianze, che, per le modalità con cui sono poste, che attingono il merito mirando ad una rivalutazione anche probatoria per giungere ad una diversa ricostruzione della vicenda, non sono deducibili nella presente sede di legittimità.
In proposito, è necessario ricordare che a questa Corte non possono essere sottoposti giudizi di merito. In particolare, con specifico riferimento all'impugnazione de provvedimenti adottati dal giudice del riesame, l'ordinamento non conferisce a questa Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell'indagato e, quindi, l'apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di valutazioni rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata chiesta l'applicazione della misura cautelare, nonché del Tribunale del riesame.
Indi, ove il provvedimento impugnato contenga l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato, e non presenti illogicità evidenti, per la congruit delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento medesimo, lo stesso
non si espone a censura alcuna (Sez. 6 n. 2146 del 25.05.1995, COGNOME, Rv. 201840; sez. 2 n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760; Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Rv, 269438), neppure allorquando si contesti la sussistenza stessa del reato – nel caso di specie associativo – sotto il profilo giuridico, ove la contestazione passa attraverso un processo rivalutativo di tipo probatorio e fattuale a fronte di motivazione che dà, correttamente ed adeguatamente, conto anche dei risvolti in diritto della ricostruzione data sulla base delle plurime convergenti emergenze processuali passate in rassegna.
A ciò si aggiunga che nel caso in esame la ricostruzione si fonda su una serie di numerose intercettazioni congruamente e criticamente valutate dai giudici di merito e ritenute, peraltro, in buona sostanza, anche convergenti in senso accusatorio con gli esiti delle pronunce passate in giudicato negli altri procedimenti penali che hanno visto accertata la sussistenza dell'associazione di stampo mafioso denominata COGNOME già operante nella medesima zona di Vittoria e Comiso cui ineriscono i fatti oggetto del presente procedimento.
Sicché non si può prescindere – neppure – dal fatto che anche rispetto all'applicazione e conferma delle misure cautelari vige il principio, affermato da questa Corte, secondo cui il vaglio di legittimità relativo alle intercettazioni può essere svolto solo nei limiti manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui le intercettazioni stesse sono recepite, in quanto l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimess alla valutazione del giudice dì merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massim di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di questa Corte (cfr. Sez. U, n. 22471 de 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
2.E nel caso di specie, invero, i giudici di merito, a differenza di quanto sì assume in ricorso, hanno dato congruamente conto anche delle ragioni per le quali dovesse attribuirsi, nel contesto complessivo di riferimento anche di tipo intercettivo, determinato significato alle espressioni o frasi adoperate dai conversanti. Così, ad esempio, le affermazioni di COGNOME NOME (già esponente di spicco del clan vittoriese COGNOME–COGNOME, ex collaboratore di giustizia, e persona offesa del tentato omicidio perpetrato il 25.4.2024, ricondotto dai giudici di merito a COGNOME e COGNOME, coindagati, unitamente al ricorrente, per il medesimo reato associativo di stampo mafioso), il quale ad un certo punto esclama "questo si voleva elevare, scannando a me ! Perché dice che si voleva prendere il paese, quello, quell'altro", sono state coerentemente ricondotte alla vicenda omicidiaria ai suoi danni, evidentemente da inquadrare, secondo i giudici di merito, anche alla luce del tenore di quanto proferito dalla vittima, nella cornice associativa e nelle dinamiche proprie di questa, stante la finalità, trapelata anche da altre intercettazioni, perseguita dai correi di conseguir attraverso l'eliminazione degli ex collaboratori di giustizia (nel caso specifico, COGNOME NOME appunto), al contempo, un grado elevato e di eliminare soggetti scomodi, quali
gli ex pentiti che tanto avevano nociuto alla cosca con le loro rivelazioni facendo prendere "venti, trent'anni". Questi, secondo la ricostruzione dei giudici di merito ricavata anch dalle conversazioni intercettate, ritornati sul territorio, si muovevano come una frangia alternativa e contrapposta al punto che, come emerge da un'altra delle intercettazioni captate riportata nel provvedimento impugnato, il correo COGNOME Andrea, detenuto nel carcere di Ragusa, ma munito di telefono cellulare, nonché destinatario di una delle utenze citofono acquisite a Catania dal Cannizzo, nel conversare con COGNOME riferiva di aver detto, a chi gli aveva chiesto a chi doveva fare riferimento per risolve una questione, se al 'cuzzularu`, ossia all'ex collaboratore COGNOME NOME, così soprannominato, o ad uno di loro – NOME nome di battesimo di COGNOME – che delle due l'una, o si rivolgeva ai carabinieri o a loro ossia ai 'cristiani' – termine adoper in contrapposizione ai 'munnizzari' che erano gli altri del territorio non degni considerazione.
E tale programma dell'uccisione degli ex collaboratori di giustizia tornati sul territor alla cui realizzazione COGNOME, secondo la ricostruzione del provvedimento impugnato, si dedicò – unitamente ai sodali tra i quali il ricorrente – una volta rimesso libertà dopo essere stato nel 2019 arrestato e ristretto in carcere per delitti in materia armi – arresto che gli aveva impedito di realizzare il disegno già all'epoca delineato unitamente ai suoi accoliti di attentare alla vita di ex collaboratori di giustizia tra i qu stesso NOME Martino NOME – avrebbe appunto trovato, questa volta, puntuale estrinsecazìone il 25 aprile 2024, allorquando veniva perpetrato un agguato ai danni dell'ex collaboratore NOME COGNOME, detto "COGNOME", colpito mentre viaggiava in auto da diversi colpi di arma da fuoco dopo un prolungato appostamento di cui sì trovarono numerose tracce: azione che non essendo andata a buon fine si intendeva peraltro replicare, come risulta da una intercettazione del 28 maggio 2024, tra il COGNOME e COGNOME (riportata a pag. 8 dell'ordinanza impugnata).
E a tale programma il ricorrente, già condannato per 416 bis quale partecipe della stidda vittoriese Cosenza del 15/06/2003, avrebbe preso parte – è il caso di precisarlo, pur non avendo il ricorso contestato la partecipazione associativa del Pardo essendosi fermato alla contestazione della configurazione dell'associazione, al fine di far comprendere il rilievo, ai fini che occupano, anche di quelle intercettazioni utilizzate nel provvedimento impugnato che non interessano direttamente il predetto, come quelle suindicate relative al tentato omicidio – provvedendo alle esigenze logistiche del sodalizio da soddisfare per l'attuazione del programma delittuoso (reperimento di alloggi per i sodali e di armi), nonché alla gestione degli affari, curando in particolare, direttamente o indirettamente, la riscossione delle somme di denaro derivanti dalle attività illecite del sodalizio e destinat ad alimentare la cassa comune, tra le quali il traffico di stupefacenti e le estorsioni).
Peraltro, nel caso di specie, il ricorso mira non tanto a sovvertire il significato lette delle frasi pronunciate dai conversanti quanto piuttosto ad attribuirvi una valenza diversa
estrapolandole dal complessivo contesto ricostruttivo in cui si inseriscono, al fine d sostenere una ricostruzione alternativa alla configurabilità dell'associazione di stampo mafiosa, ricostruzione alternativa che tuttavia rimane ancorata a valutazioni parziali, oltre che soggettive, del compendio probatorio.
Soprattutto il ricorso non considera, peccando quindi innanzitutto di genericità, che l'impostazione di fondo seguita dai giudici di merito – che si muove negli ambiti anche di tipo intercettivo sopra descritti, oltre che, come si dirà infra, alla luce delle sentenze passate in giudicato – non è quella della configurazione di una nuova associazione, rispetto alla quale i colloqui intercettati nulla di concreto apporterebbero emergendo da essi, secondo l'impostazione difensiva, unicamente il tentativo degli interlocutori di accreditarsi come nuovi mafiosi verso la collettività, ma quella di ritenere che si sia d fronte ad una compagine associativa costituente espressione dell'associazione di stampo mafioso denominata Stidda, da tempo imperante sul territorio, come definitivamente accertato all'esito di plurimi procedimenti penali celebrati innanzi a varie autori giudiziarie del distretto di Catania e definiti, molti di essi, con sentenze irrevocabili (t tante vengono citate le sentenze della Corte di assise di Catania e di Siracusa, che per prima ha riconosciuto l'esistenza e l'operatività dell'associazione mafiosa facente capo a NOME e ai collaboratori di giustizia COGNOME NOME, NOME e NOME, oltre quella del Tribunale di Ragusa e della Corte dì appello di Catania che hanno accertato gli ultimi reggenti del sodalizio identificandoli un COGNOME NOME e NOME).
Secondo l'articolata ricostruzione svolta nell'ordinanza impugnata, si è in presenza di un gruppo organizzato da uno storico esponente della "Stidda", NOME COGNOME, e composto da soggetti tutti già appartenenti o contigui a detta "mafia storica", tra i qual COGNOME e COGNOME NOME, e lo stesso COGNOME, con l'obiettivo, tra l'altro, di uccidere gl ex collaboratori di giustizia tornati dopo anni sul territorio, per vendicare le chiamate reità ma soprattutto confermare il predominio della cosca.
In altri termini, non si tratta, secondo il Tribunale, di un'associazione mafiosa di nuova costituzione ma dell'articolazione attuale di un clan storico, il gruppo RAGIONE_SOCIALE, costituente espressione a Vittoria della Stidda gelese, in relazione al quale la sussistenza degli elementi costitutivi è stata già affermata con sentenze passate in giudicato (puntualmente richiamate).
E con tale impostazione il ricorso non opera alcun confronto specifico.
2.1. Al riguardo deve, per altro verso, pure darsi atto, che la giurisprudenza di questa Corte, cui ha fatto opportuno riferimento il Procuratore Generale nella requisitoria scritta ha delineato una figura intermedia tra mafia storica e nuova formazione mafiosa, costituita dalle organizzazioni che hanno all'interno, con ruolo apicale, soggetto già condannato, in via definitiva, per il delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen. Sez. 2, n, 24901 del 17/05/2024, Rv. 286689 – 01 che ha affermato che in tema dì associazione di tipo mafioso, deve intendersi "gruppo mafioso a soggettività differente" il
sodalizio composto da soggetto già condannato, in via definitiva, per partecipazione a una determinata associazione di tipo mafioso che, scontata la pena, abbia ripreso le attività delittuose e da altri individui, originariamente estranei a fattispecie associativ tal genere, che si siano aggregati al pregiudicato mafioso, intraprendendo, insieme a quest'ultimo, attività criminali diffuse sul territorio. Cfr. la medesima pronuncia con R Rv. 286689 – 02, che ha altresì affermato che in tema di associazione di tipo mafioso, la figura del "gruppo mafioso a soggettività differente", per la particolarità della formazione per l'inserimento al suo interno, con ruolo organizzativo, di soggetto già condannato, in via definitiva, per il delitto di cui all'art. 416-bis, cod. pen. e per il carattere intim nei confronti della collettività derivante da tale presenza, integra una fattispec associativa intermedia tra mafie nuove e mafie storiche, necessariamente dotata di capacità di esteriorizzare il potere intimidatorio e di imporre una nuova e diffusa condizione di omertà, mutuante, per gemmazione, i caratteri tipici dell'organizzazione in passato operante sullo stesso territorio).
2.2. Il ricorso in scrutinio, in realtà, attacca unicamente la parte del provvediment che, in via gradata, osserva che in ogni caso nell'aggregato in esame sono ravvisabili il controllo del territorio e la capacità di assoggettamento dei consociati. Né, esso, considera che l'estrinsecazione dei caratteri che contraddistinguono l'associazione mafiosa – capacità intimidatoria, assoggettamento ed omertà – i giudici di merito la desumono sulla base di plurimi elementi ritenuti assolutamente significativi del carattere mafioso del gruppo coi quali il ricorso non opera un compiuto confronto. Molteplici innanzitutto, come detto, sono i riferimenti alle svariate intercettazioni che registrano oltre che estorsioni in fieri portate avanti con modalità tipicamente mafiosa ed attività condivise dal gruppo legate agli stupefacenti, la presenza costante sul territorio, a Vittoria in particolare, ad onta delle indagini, immediatamente scattate all'indomani del tentato omicidio, di componenti del gruppo che, rifugiatisi in un primo momento, subito dopo l'agguato, in un nascondiglio preventivamente predisposto, muniti di armi, sarebbero poi usciti allo scoperto, facendosi vedere in giro – così in particolare riferis COGNOME in una conversazione del 7.5.2024 intrattenuta con COGNOME – per far sentire la loro presenza (intimando anzì agli altri di scegliere da che parte stare sottolineando che essi – COGNOME e COGNOME, i due interlocutori della conversazione – stanno l'uno "in questa punta " e l'altro nell' "altra punta".
Va solo, infine, evidenzìato che il ricorso, rispetto al tentato omicidio dall'indubb valenza, oltre che matrice, mafiosa, rimandando, esso, alle dinamiche tipiche della mafia e alle loro metodiche attuative, ben note a collettività da tempo ad esse soggiogata, glìssa del tutto sul rilievo che tale fatto omicidiario ha assunto nell'ambito de ricostruzione della fattispecie associativa svolta dai giudici di merito, che hanno giustamente valorizzato anche tale azione dì fuoco ai fìní della configurazione del reato associativo.
La difesa, in definitiva, non considera il complessivo impianto probatorio su cui si poggia la ricostruzione svolta nel provvedimento impugnato che, tra l'altro, come sopra detto, opera corposi riferimenti alle eloquenti intercettazioni telefoniche ed ambientali l cui valutazione il motivo in scrutinio non ha adeguatamente considerato.
Sicché, a fronte di una censura che mira a sminuire, se non sovvertire, la ricostruzione svolta nel provvedimento impugnato estrapolando aspetti dal tessuto probatoriomotivazionale e facendo leva sui principi astratti in tema di mafie storiche e di nuove articolazioni, e che pretende di dimostrare attraverso uno spaccato parziale delle risultanze processuali che nel caso di specie il gruppo organizzato non avrebbe assunto i connotati dell'associazione di tipo mafiosa, la conclusione del vaglio di questa Corte non può che avere come epilogo la valutazione in termini di inammissibilità del ricorso in scrutinio.
Alla luce di quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla sua volontà- al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro 3.000,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.
Dal momento che alla presente decisione non consegue la rimessione in libertà dell'indagato, devono essere curati dalla Cancelleria gli adempimenti di cui al dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimentì di cui all'art. 94, co. 1-ter, disp. att. co proc. peri.
Cosi deciso il 29/10/2024.
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Il Presidente NOME Rosa…NOME COGNOME