Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 17264 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 17264 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
indagati nell’ambito di tale associazione e la struttura del sodalizio, al fine di ribadire la natura di quest’ultimo di associazione unitaria, distinta dalle singole compagini storiche, e finalizzata alla realizzazione di un programma comune e al soddisfacimento di interessi almeno in parte condivisi, come evidenziato, in particolare, dalla costituzione e dalla gestione, sin dal 2018, di società con cui svolgere affari in commistione tra i vari partecipi, operazioni compiute con modalità sempre analoghe, applicando quindi regole e logiche condivise, e dirette alla continua ricerca di nuove opportunità di profitto, nei settori piø disparati (principalmente l’edilizia, accedendo agli incentivi statali), profitto da conseguire anche con metodi illeciti, e a cui potessero accedere tutti i vari partecipi.
Tra le operazioni significative in merito all’esistenza dell’indicato sodalizio stabile l’ordinanza cita la costituzione, nel 2021, della RAGIONE_SOCIALE da parte di soggetti appartenenti alle diverse associazioni di riferimento, la collaborazione di alcuni indagati in operazioni finanziarie illecite gestite da gruppi operativi diversi, alcune vicende estorsive, la gestione condivisa di un’arma da sparo.
E’ stato dato rilievo agli incontri tra vari sodali, sottolineando che, diversamente da quanto affermato dal G.i.p., per molti di tali incontri Ł stato accertato il contenuto, dimostrativo del loro essere finalizzati all’organizzazione delle attività del sodalizio, sia quelle apparentemente lecite ma poi svolte con metodi illeciti, sia quelle sin dall’inizio di natura criminosa, come il traffico di stupefacenti, oppure, in alcuni casi, finalizzati a dirimere le controversie interne. Infine Ł stato dato rilievo alla provata esistenza di una cassa comune, destinata principalmente al sostentamento dei sodali detenuti e delle loro famiglie, ma anche ad investimenti comuni in attività criminose, come l’acquisto di stupefacenti o l’acquisizione di attività commerciali con metodi estorsivi.
Il Tribunale, diversamente dal G.i.p., ha ritenuto sussistenti anche gravi indizi circa la presenza dell’affectio societatis, che nelle associazioni mafiose Ł connotata dalla funzionalità delle condotte dei singoli al perseguimento di almeno uno dei suoi scopi comuni, insieme all’interesse perseguito dal singolo partecipe, e non Ł quindi esclusa dalla presenza di controversie economiche tra i sodali, ritenute invece rilevanti, in senso negativo, dal G.i.p.
Secondo il Tribunale, le intercettazioni dimostrano che tra i partecipi vi Ł la consapevolezza di avere costituito un’associazione funzionale a perseguire interessi comuni e a realizzare profitti a vantaggio di tutti loro, destinata perciò a durare nel tempo. Tale associazione Ł caratterizzata, come tutte le associazioni di tipo mafioso, dall’uso del metodo mafioso e dalla esternazione della sua forza intimidatrice, che il Tribunale, diversamente dal G.i.p., ha ritenuto dimostrata dall’uso di minacce e violenze in diverse delle operazioni compiute dall’associazione; peraltro ha ritenuto che tale associazione non avesse bisogno di gesti eclatanti, essendo composta da soggetti già noti come esponenti di criminalità organizzata e facenti ancora capo ai rispettivi sodalizi di origine, i quali perciò sfruttavano, per intimidire, anche la fama delle rispettive consorterie storiche. In sintesi, il Tribunale (v. pag. 176 del provvedimento impugnato) ha ritenuto che, in presenza di una struttura organizzativa che ‘teneva insieme’ i diversi ambiti di provenienza dei sodali :.. costoro hanno apportato alla associazione la mafiosità derivante dai rispettivi collegamenti funzionali con le cosche storiche, radicate nei territori di origine, e che hanno consentito l’espressione di una carica
intimidatoria propria della associazione in quanto tale e tipica delle associazioni di stampo mafioso, in un contesto territoriale, quello lombardo, in cui ampio, diffuso e trasversalmente noto era il radicamento delle mafie tradizionali, consapevolezza che, in capo alla collettività, si Ł tradotta in una effettiva e percepibile condizione di assoggettamento.. .
Infine, in ordine alla posizione di COGNOME NOME (attivo nel settore del riciclaggio e dei reati fiscali), il Tribunale del riesame ha ritenuto che sussistano gravi indizi della sua partecipazione all’associazione, essendo egli consapevole dei suoi scopi criminali e delle modalità mafiose utilizzate per realizzarli, e partecipando egli attivamente a numerose attività di rilievo, come risulta dalle conversazioni oggetto di captazione.
In particolare il Tribunale ritiene rilevante il collegamento (in termini di contribuzione economica dei Pace) verso NOME COGNOME, che interviene a risolvere la controversia economica insorta tra i COGNOME e NOME COGNOME nonchŁ la contribuzione dei Pace al sostentamento della famiglia di COGNOME NOME (detenuto, appartenente al gruppo romano dei Senese).
Da ciò l’accoglimento dell’appello proposto dal P.M. in riferimento al capo n.1.
In riferimento alle contestazioni di cui ai capi n.2 e n.3 il Tribunale, in coerenza con lo sviluppo argomentativo relativo al capo n.1, ritiene sussistente l’aggravante della finalità di agevolazione del gruppo mafioso. Ciò consente di rivalutare anche il profilo delle esigenze cautelari, da ritenersi sussistenti (anche perchØ oggetto di presunzione relativa, non smentita da elementi antagonisti).
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – Pace NOMECOGNOME
Il ricorso Ł affidato a sei motivi
5.1 Al primo motivo si deduce erronea applicazione di legge in riferimento alla ritenuta esistenza di gravi indizi del reato di associazione di stampo mafioso. Secondo la difesa il Tribunale si sarebbe allontanato dal recinto della tipicità, per come dimensionato dalla piø recente elaborazione giurisprudenziale.
La critica si rivolge essenzialmente verso l’avvenuta identificazione di un gruppo ‘traversale’ che si alimenta attraverso condotte di soggetti facenti parte, o comunque vicini, a mafie storiche già presenti sul territorio lombardo, gruppo che avrebbe espresso – secondo il Tribunale – un autonomo potere di intimidazione di cui, in realtà, non vi Ł traccia. Da qui il vizio di metodo, non potendosi parlare di un sodalizio mafioso autonomo solo in ragione del coinvolgimento in affari comuni di alcuni soggetti già ritenuti appartenenti a mafie storiche delocalizzate sul territorio.
5.2 Al secondo motivo si deduce erronea applicazione di legge in riferimento alla identificazione della condotta partecipativa, in riferimento al capo n.1 .
Il Tribunale non avrebbe ricostruito, in concreto, il contributo causale offerto dal ricorrente al mantenimento in essere del sodalizio.
5.3 Al terzo motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento sempre alla gravità indiziaria in riferimento al capo n.1.
Si riprendono sun specie vizio argomentativo della decisione i punti già introdotti al primo motivo.
5.4 Al quarto motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza di gravità indiziaria per i capi n.2 e n.3.
Si contesta la reale valenza indiziante delle captazioni di conversazioni utilizzate in sede di merito.
5.5 Al quinto motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza della finalità di agevolazione della associazione mafiosa (capo 2 e capo 3).
Secondo la difesa l’assenza del sodalizio di riferimento si riflette sulla stessa possibilità di
applicare la circostanza aggravante.
5.6 Al sesto motivo si deduce vizio di motivazione in rapporto alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari.
Il Tribunale si affida alla presunzione ex lege senza valutare in concreto la condizione del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł – nel suo complesso – infondato, per le ragioni che seguono.
In riferimento alla ritenuta sussistenza del conglomerato associativo di stampo mafioso le doglianze difensive sono infondate.
Va premesso che risale alla sentenza delle Sezioni Unite n. 11 del 23/02/2000, Audino, Rv. 215828 l’insegnamento secondo cui «in tema di misure cautelari personali, allorchØ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Occorre avere anche riguardo alla specificità della valutazione compiuta nella fase cautelare, dovendosi sempre tenere conto della «diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato» (Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, Rv. 269683; Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, Rv. 264213, tra le molte conformi).
Inoltre questa Corte, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965, ha chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento».
La necessità di una motivazione rafforzata in tema di misure cautelari, invece, non costituisce un principio giurisprudenziale del tutto consolidato, dal momento che pronunce anche recenti affermano che «In caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello “de libertate”, della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare, non Ł richiesta una motivazione rafforzata, in ragione del diverso “standard cognitivo” che governa il procedimento incidentale, ma Ł necessario un confronto critico con il contenuto della pronunzia riformata, non potendosi ignorare le ragioni giustificative del rigetto, che devono essere, per contro, vagliate e superate con argomentazioni autonomamente accettabili, tratte dall’intero compendio processuale» (Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, Rv. 284982 – 04; vedi
anche Sez. 5, n. 28580 del 22/09/2020, Rv. 279593).
Il collegio intende, però, aderire all’indirizzo maggioritario, secondo cui «In tema di appello cautelare, la riforma in senso sfavorevole all’indagato della decisione impugnata impone al tribunale, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, un rafforzato onere motivazionale, valevole a superare le lacune dimostrative evidenziate dal primo giudice, essendo necessario confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e giustificare, con assoluta decisività, la diversa scelta operata. (In motivazione, la Corte ha precisato che, pur non essendo necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della insostenibilità della decisione riformata, ogni divergente valutazione adottata dal tribunale deve essere comunque dotata di maggiore persuasività e credibilità razionale)» (v. Sez. 1, n. 47361 del 09/11/2022, Rv. 283784).
Va pertanto precisato che l’ordinanza impugnata contiene una motivazione rafforzata rispetto all’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Milano, in quanto riesamina in maniera piø dettagliata tutti gli indizi già oggetto dell’ordinanza genetica, approfondendo l’esame del contenuto delle intercettazioni, dalle quali emerge, ad esempio, in piø occasioni, il contenuto degli incontri tra i vari indagati, individuando gli episodi in cui il tribunale del riesame ha ritenuto essersi manifestata la forza intimidatrice e l’uso di metodi mafiosi, e soprattutto valutando tali indizi in modo unitario e complessivo, senza parcellizzarli come effettuato in varie parti dell’ordinanza genetica.
Sulla base di tale esame il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi del delitto contestato al capo 1), inteso come costituzione di una associazione, legata ad uno specifico territorio, tra soggetti già appartenenti o comunque collegati alle mafie ‘storiche’ denominate Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra, autonoma rispetto a queste anche se i singoli associati manterrebbero continui rapporti con i sodalizi di origine, dalla struttura non verticistica ma orizzontale, dotata di una cassa comune e dedita sia alla commissione dei reati tipici dei sodalizi mafiosi, dalla estorsione al traffico di sostanze stupefacenti, sia soprattutto alla costituzione di società dedite ad attività lecite, in particolare nel settore dell’edilizia, compiute però, in molti casi, con modalità illecite, sia quanto alla provenienza del denaro investito, sia quanto alla gestione e al raggiungimento dello scopo di profitto.
I caratteri specifici di un’associazione di tipo mafioso sono individuati in modo preciso dalla norma stessa, secondo cui un’associazione Ł di tipo mafioso quando «coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti». Perciò, secondo la giurisprudenza di legittimità, «Ai fini della qualificazione ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen. di una nuova ed autonoma formazione criminale Ł necessario accertare se il sodalizio: a) abbia conseguito fama e prestigio criminale, autonomi e distinti da quelli personali dei singoli partecipi, in guisa da esser capace di conservarli anche nel caso in cui questi ultimi fossero resi innocui; b) abbia in concreto manifestato capacità di intimidazione, ancorchØ non necessariamente attraverso atti di violenza o di minaccia, nell’ambito oggettivo e soggettivo, pur eventualmente circoscritto, di effettiva operatività; c) abbia manifestato una capacità di intimidazione effettivamente percepita come tale ed abbia conseguentemente prodotto un assoggettamento omertoso nel “territorio” in cui l’associazione Ł attiva» (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Rv. 279555-17; v. anche Sez. I n. 51489 del 29.11.2019, Rv 227913).
L’ordinanza impugnata si Ł conformata al dettato della norma, valutando la sussistenza di gravi indizi relativi non solo alla sussistenza di un vincolo associativo, ma altresì all’esercizio e alla esternalizzazione del metodo mafioso per affermarsi sul territorio.
Quanto alla sussistenza di gravi indizi relativi all’esistenza di un gruppo associato, stabilmente costituito e tendenzialmente permanente, che non si esaurisce nella consumazione di singoli reati, il tribunale del riesame ha valorizzato, in particolare, la continuità e frequenza degli incontri e degli
accordi, l’apporto comune di capitali e mezzi al fine di perseguire un comune fine di profitto, l’esistenza di una cassa comune, la consapevolezza delle condotte criminose, anche gravi, commesse da altri sodali, e il frequente richiamo degli indagati stessi all’esistenza di un’associazione costituita in quel territorio, e di cui sarebbero partecipi (così, ad esempio, in relazione alla creazione della RAGIONE_SOCIALE, e, in piø parti della motivazione, le affermazioni di singoli indagati sull’attività di RAGIONE_SOCIALE quale ‘epicentro di molti equilibri’, sulla costruzione di ‘un’associazione che non finisce mai’, sulla necessità di ‘trovare una quadra per guadagnare tutti’, sulla non operatività di Sicilia, Roma e Napoli perchØ ‘Qua Ł Milano … le cose giuste qua si fanno’, sulla scomparsa della distinzione tra le tre mafie storiche di provenienza, laddove NOME COGNOME dice ad Amico ‘qua siamo tutti e tre, siamo tutti insieme, siamo tutti una cosa’).
Da questi elementi, il Tribunale ha dedotto senza vizi logici la sussistenza della necessaria affectio societatis, negando la rilevanza dei contrasti interni, sulla base dei quali il G.i.p. aveva, principalmente, escluso la sussistenza di un’associazione, ed anzi evidenziando gli sforzi dei vari associati per risolvere ogni contesa, in vista del perseguimento della comune finalità di profitto.
Questa motivazione Ł logica e completa, tenuto conto del livello di gravità indiziaria che deve essere ritenuto sufficiente per l’emissione di una misura cautelare; lo stesso G.i.p., peraltro, nelle sue conclusioni dalla pag. 918 dell’ordinanza genetica, non ha radicalmente escluso la possibilità di configurare, alla luce della comune organizzazione di mezzi e di persone, l’esistenza di un’associazione semplice quanto meno tra alcuni dei soggetti indagati, pur dubitando della sussistenza, tra tutti, di una reale affectio societatis.
La sussistenza del necessario utilizzo del metodo mafioso e della sua esternalizzazione viene ribadita in senso positivo nella decisione impugnata.
Il Tribunale ha approfonditamente esaminato gli indizi relativi a tale elemento, valorizzando i singoli episodi di effettivo impiego di violenza e minaccia e affermando che Ł sufficiente la spendita della fama criminale precedentemente acquisita, o l’acquisizione dell’assoggettamento omertoso del territorio mediante piccoli soprusi, prevaricazioni o, al contrario, illeciti privilegi. Secondo il Tribunale, Ł rilevante il fatto che la spendita della «fama criminale» delle mafie storiche di appartenenza – già radicate in territorio lombardo- avvenga, talvolta, da parte di sodali affiliati, in realtà, ad una diversa associazione storica, evidentemente con il consenso degli altri associati in quanto dimostrazione della particolarità ed autonomia dell’associazione qui contestata.
L’ordinanza ha ritenuto dimostrata l’avvenuta acquisizione della forza intimidatrice, sul territorio lombardo, da alcune vicende specifiche che appaiono non irragionevolmente valutate, nella attuale fase procedimentale.
Secondo il Tribunale, quindi, l’associazione qui delineata ha una propria ‘mafiosità’, derivante anche dalla partecipazione ad essa di soggetti dalla già accertata caratura mafiosa, ma soprattutto la manifesta all’esterno in modo autonomo, pur avvalendosi anche dell’assoggettamento già realizzato nel territorio lombardo, in passato, dalle singole mafie storiche, in quanto opera in modo distinto rispetto a queste ultime e mantiene, rispetto ad esse, una propria autonomia. Si tratta – in particolare – di un giudizio in fatto che in quanto non manifestamente illogico risulta non sindacabile in questa sede di legittimità.
In riferimento alla ricostruzione del ruolo partecipativo del COGNOME NOME il ricorso Ł infondato.
Quanto alla ricorrenza dell’apporto, sia pure in termini di partecipazione, le attività captative restituiscono un attivismo del Pace che concretizza la condizione legale di partecipazione, specie in ragione degli indicatori rappresentati dalle contribuzioni economiche verso NOME COGNOME e verso i familiari del COGNOME, in un contesto di comuni interessi illeciti.
I restanti motivi sono inammissibili, essendo finalizzati a sollecitare rivalutazioni non
consentite in sede di legittimità.
In particolare va rilevato che i fatti di cui ai capi n.2 e n.3 sono stati ricostruiti sulla base di captazioni di conversazioni.
Va dunque applicato l’orientamento interpretativo secondo cui questa Corte di legittimità non può compiere una nuova e diversa attribuzione di valore ai contenuti intercettati, lì dove l’operazione compiuta dal giudice di merito non presenti aspetti di ‘travisamento’ o di manifesta irragionevolezza nella attribuzione di significato ai contenuti medesimi (come ribadito, per tutte, da Sez. U. n. 22471 del 26.2.2015, rv 263715); Ł dunque possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice del merito solo in presenza del travisamento della prova o in presenza di una manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione espressa sul punto, irragionevolezza che nel caso in esame non si rinviene (tra le molte v. Sez. II n. 35181 del 22.5.2013 rv 257784; Sez. VI n. 11189 del 8.3.2012, rv 252190). Da ciò deriva la inammissibilità anche del motivo relativo alla aggravante del finalismo mafioso, atteso l’esito del ricorso in relazione al capo n.1 .
Inammissibile Ł, infine, il motivo relativo alle ritenute esigenze cautelari, per l’assoluta genericità dei contenuti, atteso che la integrazione della gravità indiziaria sul capo n.1 rende operative le doppie presunzioni di cui all’art. 275 comma 3 cod.proc.pen. e non risultano allegate ragioni di effettivo contrasto alla operatività in concreto di simile assetto legislativo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 29/01/2025.
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME