Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 43691 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 43691 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a CATANIA il 25/02/1982
avverso la ordinanza del 10/04/2024 del TRIBUNALE del RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Catania, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero avverso la ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di quella stessa città – che, pur avendo disposto, nei confronti di NOME COGNOME , la misura cautelare in carcere per taluni reati contestati come reati -fine del sodalizio mafioso, nonché per i delitt cui agli artt. 73 e 74 del D.P.R. n. 309/1990, aveva rigettato la richiesta per il reato associa e per la circostanza aggravante mafiosa – ha applicato la medesima misura anche in relazione al delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen..
Il ricorso per cassazione, proposto per il tramite dai difensori di fiducia, avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME è affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo, sono denunciati violazione di legge e difetto di motivazione in relazione al dedotta inammissibilità dell’appello del Pubblico Ministero, per a-specificità, in violazione de regola di cui all’art. 581 cod. proc. pen. come interpretato dalla giurisprudenza di legittim nel suo Massimo consesso ( sezioni Unite Galtelli).
2.2. Analoghi vizi sono dedotti con riguardo alla ritenuta sussistenza della associazione di stampo mafioso di cui al capo 1 dell’incolpazione provvisoria. Premesso che gli accertamenti giudiziali relativi alla esistenza nel territorio catanese della associazione denominata RAGIONE_SOCIALE – di cui il defunto NOME Maurizio COGNOME padre del ricorrente, era stato considerat un esponente di vertice – risultano neutri rispetto al novum nel panorama delinquenziale catanese, costituito dall’ipotizzata esistenza di un gruppo mafioso capeggiato dai fratell NOME e NOME COGNOME ( figli di NOME), strutturato su base familiare, non essendo emersi nel pregresso procedimento (che ha riguardato le condotte associative fino al dicembre 2019) coinvolgimenti degli attuali indagati e, dunque, neppure del ricorrente, il Tribunale distrettu non ha spiegato, se non assertivamente, quali elementi abbiano condotto alla affermata esistenza di una consorteria criminale della specie contestata. Mancherebbe, infatti, la forza di intimidazione derivante dal vincolo, che resta indimostrata nell’ordinanza impugnata, così come la prova dell’affectio societatis, atteso che, dall’indagine, sarebbe emersa la dedizione del ricorrente ad attività estorsive o usurarie sulla base di accordi delittuosi estemporanei.
2.3. Violazione di legge e difetto di motivazione sono denunciati anche con il terzo motivo, con specifico riferimento alla ritenuta sussistenza della condotta partecipativa del ricorrente a associazione di stampo mafioso. Non spiega l’ordinanza impugnata perché la presenza sulla scena investigativa del ricorrente non sia espressiva della sua partecipazione alla associazione finalizzata al narcotraffico, piuttosto che all’organismo mafioso, nel primo senso conducendo anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME Inoltre, il ricorrente è stato coinvolto nei momenti di fibrillazione della associazione, in occasione dell’arresto del madre. Non c’è, nell’ordinanza, una chiara rappresentazione del ruolo dinamico svolto dal ricorrente, né del suo contributo operativo alla esistenza e al rafforzamento della associazione, come richiesti dalla giurisprudenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
1.Non ha pregio il primo motivo con cui ci si duole dello scrutinio dell’eccezione inammissibilità dell’appello del Pubblico Ministero per a-specificità.
1.1. Il Tribunale ha, infatti, compendiato i motivi di appello del Pubblico Ministero e argomenta in merito alla ritenuta ammissibilità del gravame, anche con riferimento alla specifica posizione dell’odierno ricorrente, in relazione al quale l’ordinanza impugnata sottolineava come il Pubblic ministero appellante avesse richiamato una conversazione particolarmente significativa della intraneità all’organizzazione dello Ieni ( cfr. pagina 2 dell’ordinanza impugnata).
1.2. Non può non rilevarsi, peraltro, come, nel ricorso, si richiamino in termini del tutto gene i contenuti dell’ordinanza del G.I.P., ciò non consentendo di apprezzare effettivamente l’addotto difetto di genericità del gravame dell’organo inquirente, in quanto il motivo omette di assolver la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822).
Prima di esaminare gli altri due motivi di ricorso, è opportuno chiarire, preliminarmente confini del sindacato di legittimità nei confronti dei provvedimenti adottati dal giudice de impugnazione dei provvedimenti sulla libertà personale.
2.1. Secondo costante e condiviso orientamento di legittimità, l’ordinamento non riconosce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicend indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderare le caratteristic soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di valutazioni rientranti nel compito esclusivo e insindacabile d giudice a cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale de riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto, nella di dell’atto impugnato, alla verifica che il relativo testo sia rispondente a due requisiti, u carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo ha determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispe al fine giustificativo del provvedimento. (Sez. 6 n. 2146 del 25.05.1995, COGNOME, Rv. 201840; sez. 2 n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760; Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Rv. 269438; Sez. 2, Sentenza n. 31572 del 08/06/2017 Cc. (dep. 26/06/2017 ) Rv. 270463). In sostanza, il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restritt della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logi dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabi colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale contro stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la conclude
dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici.
In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine all sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato, restando a essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fa (Sez. 1 n. 1700 del 20.03.1998, COGNOME, Rv. 210566; Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011, Rv. 251761).
2.2. Fatta tale premessa, ritiene il collegio che l’ordinanza impugnata abbia ben governato i richiamati principi, sia laddove ha riconosciuto l’esistenza di un clan capeggiato dai fratelli COGNOME, sia per avere individuato, in capo al ricorrente, un ruolo partecipativo, in coerenza con i princ affermati dalla giurisprudenza di legittimità.
3.1. Ciò premesso, si richiama quanto affermato dal Tribunale distrettuale, ovvero che il presente procedimento costituisce la prosecuzione di quello in cui a NOME COGNOME è stato contestato il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. fino al 2019, con riferimento a clan COGNOME, definito un clan storico, con tradizione di neutralità verso altre famiglie mafiose
con cui il gruppo ha continuato a mantenere contatti, anche durante la detenzione del capoclan, attraverso i figli NOME e NOME. Il clan COGNOME–COGNOME costituisce, cioè, una articolazione locale di “mafia storica” operante sul territorio catanese, da cui promana la forza d intimidazione e la capacità di assoggettamento.
3.2. In merito alla vitalità del clan COGNOME– COGNOME, il Tribunale ha ampiamente argomentato, senza aporie o vizi di ordine logico-giuridico, sulla persistenza delle attività del clan in costanza di detenzione del suo elemento di vertice, COGNOME NOME COGNOME padre dell’attuale ricorrente, e anche successivamente, dopo la sua scarcerazione, avvenuta 1’11/09/2021, a seguito della quale il predetto capoclan storico riprendeva il controllo dell’organizzazione, fino a un nuovo arresto avvenuto nel gennaio 2022.
3.1. In particolare, è emerso che il gruppo, di cui venivano monitorati conversazioni e incontri risultava impegnato in attività di estorsione e usura e si rapportava con altri clan operanti nello stesso contesto territoriale.
Si evidenzia, nell’ordinanza impugnata, come le indagini abbiano acclarato che, dal 2021, i congiunti e stretti sodali di COGNOME NOME avevano portato avanti attività criminali in nome e p conto del predetto boss; che, in assenza del padre, i figli NOME e NOME COGNOME avevano continuato a intrattenere, quali associati del clan COGNOME, rapporti con altri clan mafiosi; che di tali attività veniva informato, durante la detenzione, NOME COGNOME dagli stessi figli ( coll tra NOME e NOME COGNOME del 17/06/2021), o dalla moglie ( colloquio del 26/08/2021); d’altro canto, il capoclan, una volta riacquistata la libertà, non esitava a chiedere conto ai soldali delle modalità di gestione delle attività economiche in sua assenza e dei proventi ricavati, criticando la gestione dei figli ( cfr. conversazione n. 4180 del 15/09/2021, tra NOME COGNOME e la madre). particolare, il capoclan, appena riacquistata la libertà, il 2 ottobre 2021, riceveva presso il domicilio i sodali, in incontri finalizzati all’organizzazione delle attività criminali.
Allo stesso modo, le intercettazioni davano conto di come, una volta scarcerato, NOME COGNOME avesse ripreso immediatamente le redini anche delle attività estorsive, medio tempore portate avanti dai figli e dai fidati collaboratori, incontrando direttamente gli imprend vessati, ai quali lasciava chiaramente intendere di avere ripreso il controllo degli affari gruppo, così come riprendeva la diretta gestione degli affari economico- imprenditoriali del clan, emergendo, nel corso di conversazioni in cui discuteva con il figlio NOME degli investimenti nel settore dei prodotti surgelati, la supplenza svolta dai figli durante la sua detenzi (intercettazione telematica del 23/11/2021).
Risulta anche ricostruita la prosecuzione di alcuni reati di usura, iniziati da COGNOME NOME, opera dei figli e degli altri congiunti: si fa riferimento al recupero crediti verso Messina Lore e all’intervento di NOME COGNOME presso altro clan mafioso per risolvere la questione, del recupero di un immobile abusivamente occupato, posta da tale COGNOME NOME, che si era rivola a NOME COGNOME, episodio del quale discutevano, a casa di NOME COGNOME questi e il padre, unitamente all’altro sodale NOME COGNOME, durante un summit del 14/12/2021.
D’altro canto, le conversazioni intercettate in occasione dell’arresto del capoclan, in data 11 gennaio 2022, davano conto delle preoccupazioni dei degli indagati per un possibile loro diretto coinvolgimento nelle indagini “in quanto chiaramente consapevoli del vincolo associativo che li univa allo leni” ( pg. 8).
Inoltre, a riprova della circostanza che gli indagati si rapportassero all’esterno qu appartenenti al clan mafioso capeggiato da NOME COGNOME e non quali singoli che agivano nell’interesse della famiglia di sangue, il Tribunale distrettuale segnala i conta intrapresi da NOME COGNOME durante la nuova detenzione del padre, con altri clan mafiosi, osservando come ciò attestasse “il ruolo di vertice riconosciuto allo stesso dagli altri sodaliz mafiosi e il conseguente potere di interlocuzione dello stesso con gli altri clan in nome e pe conto del clan Puntina-Pilera” ( pg. 9 ss.). In tale contesto, si inserisce anche una conversazione intercettata il 24 maggio 2022 nella quale NOME COGNOME riferisce allo zio, NOME COGNOME, della posizione assunta da altri sodali, in un incontro avvenuto a casa dell’altro zio, NOMECOGNOME merito alle proposta dello stesso NOME COGNOME di alleanza con altro clan.
3.3. Sono molteplici, dunque, gli elementi, congruamente vagliati dai giudici distrettuali, d quali essi hanno tratto il convincimento dell’esistenza di una consorteria mafiosa facente capo a NOME COGNOME e della prosecuzione dell’attività associativa mafiosa dei COGNOME a opera dei congiunti e dei più stretti sodali sia durante la detenzione del capoclan COGNOME NOME COGNOME che durante i periodi di libertà dello stesso, in tal senso deponendo univocamente, come evidenziato a pg. 12 dall’ ordinanza impugnata, una pluralità di elementi specificamente emersi dalle indagini, sintomatici del “pieno coinvolgimento degli indagati nelle attività criminali del clan tra il 2021 e il 2022, la permanente operatività del clan di cui al capo 1 della rubri (pg. 13). La valutazione della Corte di merito – pertanto- lungi dal sottrarsi al dove motivazionale denunciato dal ricorrente – è, invece, giuridicamente corretta, in quanto un’associazione per delinquere può avere origine nei vincoli di parentela, amicizia e “clientela” che normalmente intercorrono fra i membri di una medesima famiglia, laddove essi divengono patologici quando li inducono alla organizzazione e alla commissione di crimini.
4. Non ha pregio neppure il terzo motivo, incentrato sul ruolo partecipativo dello COGNOME, per cu la difesa ricorrente lamenta che l’ordinanza impugnata non si sarebbe confrontata con la alternativa ipotesi che la presenza sulla scena investigativa del ricorrente sia espressiva dell sua partecipazione alla associazione finalizzata al narcotraffico, e non anche all’organismo mafioso.
4.1. Il Tribunale distrettuale ha fatto convincente riferimento a una pluralità di elemen significativi, avuto riguardo alla preminente esigenza di apprezzare, in una visione d’insieme, i diversi elementi indiziari sinora emersi in ordine alla presenza di atti e comportamenti, cui specifiche connotazioni appaiano , ragionevolmente, sintomatiche della effettività di un contributo causalmente rilevante alla realizzazione delle attività ed al perseguimento degli scopi del sodalizio in questione.
E’ stato dunque ricostruito il ruolo dello COGNOME segnalando come egli, pur in stato di detenzion domiciliare, ricoprisse un ruolo nevralgico all’interno della consorteria, costituendo un costant punto di riferimento per i sodali, interloquisse autorevolmente con esponenti di altri cosche partecipasse alla gestione delle estorsioni e del recupero dei crediti derivanti dall’attivit usura, occupandosi attivamente anche del traffico di droga ( per cui ha già subìto condanna definitiva).
4.2. L’ordinanza impugnata ha ricordato:
le intercettazioni dalle quali emerge la partecipazione alle estorsioni consumate in danno di negozi di abbigliamento, iniziate dal padre fin dagli anni ’80, citando le fonti costituite intercettazioni( pg.14);
I messaggi ‘Whatsapp’ in cui la madre del ricorrente gli ricorda l’importanza da lui assunta all’interno del gruppo per la prosecuzione delle attività illecite di famiglia, riponendo il massima fiducia nel figlio;
Le conversazioni rappresentative del vincolo solidaristico con i sodali detenuti;
L’importante ruolo del ricorrente nella riscossione dei crediti usurari;
Le autorevoli relazioni intrattenute con altri clan in nome e per conto del gruppo mafioso di appartenenza, anche ponendosi come mediatore;
le riunioni dei sodali presso la sua abitazione, con i quali discuteva di affari illeciti, venen questi informato dei risultati delle loro attività, altresì impartendo direttive;
le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME che lo ha indicato com ‘esponente del clan,’ dedito al narcotraffico.
4.3. Risulta, dunque, ampiamente argomentata la partecipazione all’associazione dello COGNOME, emergendo, da quanto appena evidenziato, come, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, il Tribunale non argomenti unicamente sulla partecipazione ad attività estorsive contestate ai capi 6, 7 e 9 della provvisoria imputazione, peraltro, indubbiamente significativa ma, come si è visto, sottolinei i contatti diretti intrapresi con altri clan mafiosi, la disp offerta a nuove alleanze e a svolgere un ruolo di intermediario nella composizione di contrasti tra opposte fazioni del clan dei Cursoti Milanesi, giustamente ritenuta significativa sia riconoscimento all’esterno del consesso mafioso in esame sia del ruolo di spicco del ricorrente e con la quale il ricorso non si confronta. Altrettanto significativi risultano il contribut riscossione dei debiti dalle vittime di usura e il vincolo solidaristico con i sodali detenuti, ricostruiti nell’ordinanza impugnata.
4.4. Non coglie nel segno neppure il tentativo della Difesa di collocare la condotta dello Ie all’interno del gruppo dedito al narcotraffico, per cui il ricorrente è stato già definitiva condannato, stante l’evidenza delle fonti che indirizzano verso un pieno coinvolgimento dello COGNOME nella struttura e nelle dinamiche associative, come confermato anche dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME secondo cui NOME COGNOME ha trattato sempre droga, avendo lo stesso collaboratore indicato il ricorrente, appunto, come esponente del “clan” COGNOME.
4.5. Non può infine assegnarsi alcun pregio alla circostanza che lo COGNOME non sarebbe stato coinvolto, a seguito dell’arresto della madre, nel tentativo di fare ritrattare la vittima, porre mente alla circostanza che egli si trovava in detenzione domiciliare, con le evidenti difficoltà di movimento e di azione derivanti da tale condizione.
4.6. Del tutto razionalmente, allora, alla luce delle descritte attività, l’ordinanza ha ri acquisita la necessaria gravità indiziaria a carico dello COGNOME in ordine al delitto associativo.
L’ordinanza impugnata, anche con riguardo a tale profilo, ha ben governato i consolidati insegnamenti di questa Corte di legittimità in ordine alla figura del partecipe di una associazione di stampo camorristico. Le Sezioni Unite nel 2005, e la giurisprudenza conforme successiva, hanno, da tempo, costruito la figura giuridica del partecipe dell’associazione mafiosa, distinguendola dal concorrente esterno, sottolineando come, al primo, sia riferibile un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, COGNOME, Rv. 231670). Secondo le Sezioni Unite, la partecipazione può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza, attinenti propria al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la “appartenenza” (il ruolo del partecipe, dunque), purché si tratti di indizi gravi e precisi – tra esemplificando, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale, l’investitura della qualifica di “uomo d’onore”, la commissione di d scopo, oltre a molteplici, e però significativi, “facta concludentia” -, idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione. In tale ricostruzione “a maglie larghe” quanto alle manifestazioni molteplici nelle quali si può esplicare la partecipazione mafiosa, la giurisprudenza di legittimità ha fat rientrare la permanente “disponibilità” al servizio dell’organizzazione a porre in essere attivi delittuose, anche di bassa manovalanza (Sez. 5 – , n. 45840 del 14/06/2018 , Rv. 274180 01; Sez. 5, n. 48676 del 14/5/2014, Rv. 261909; Sez. 5 n. 45840 del 14/06/2018, Rv. 274180 – 01), giungendo a ritenere che non sia necessario catalogare in un ruolo stabile e predefinito la condotta del singolo associato, poiché il sodalizio mafioso è una realtà dinamica, che si adegua continuamente alle modificazioni del corpo sociale e all’evoluzione dei rapporti interni tra gli aderenti, sicchè le forme di “partecipazione” possono essere le più diverse e addirittura assumere caratteri coincidenti con normali esplicazioni di vita quotidiana o lavorativa (Sez. 5, n. 6882 del 6/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266064) e conferendo rilievo alle “frequentazioni” stabili con mafiosi, in presenza di determinate condizioni di riscontro (cfr., le altre, Sez. 2, n. 31541 del 30/5/2017, COGNOME, Rv. 270468). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.7. La “partecipazione” del ricorrente all’associazione mafiosa, come si è visto, è stat affermata dall’ordinanza impugnata sulla base del ruolo dinamico assunto dall’odierno
ricorrente, desunto da una pluralità di elementi non altrimenti interpretabili se non in quan espressivi dell’affectio societatis, emblematici, peraltro, di un ruolo nevralgico all’interno del consesso criminale, ponendosi lo COGNOME quale punto di riferimento degli altri sodali e venendo percepito, all’interno dello stesso, quale referente privilegiato del padre capoclan e, all’este come interlocutore diretto e autorevole con gli altri clan del territorio.
Posto che l’appartenenza dipende, non solo dalla volontà dell’aderente, ma anche da quella inclusiva di chi già partecipa all’associazione e l’accordo di adesione, sotto il profilo probato è sì dimostrabile sulla base delle regole del sodalizio, ma può essere anche ricavato dai comportamenti di fatto (cfr. Sez. U n. 36958 del 27/05/2021 Cc. (dep. 11/10/2021), COGNOME, Rv. 281889 ), correttamente i Giudici distrettuali hanno qualificato la condotta NOME COGNOME come propria di un intraneo al sodalizio, in quanto effettivamente riferibile a u rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare – secondo condivise coordinate ermeneutiche – più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi.
Quella di NOME COGNOME – per come descritta nell’ordinanza impugnata – è una condotta che si è caratterizzata per lo stabile inserimento nella struttura organizzativa dell’associazion e che, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, per come ricostruite dalla Corte appello attraverso un puntuale scrutinio delle fonti di prova, consente di attestarne la su ‘messa a disposizione’ in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi Posto che, in presenza di un paradigma normativo che individua un delitto a forma libera, la condotta del partecipe può consistere nella prestazione di un contributo di qualsivoglia genere, purché non occasionale e, in ogni caso, apprezzabile sotto il profilo della rilevanza causale, co riferimento all’esistenza o al rafforzamento dell’associazione, e che detto contributo deve essere corredato dalla consapevolezza dell’esistenza della consorteria criminale e dalla volontà di associarsi ad essa, onde perseguire gli scopi tipici del sodalizio mediante l’utilizzo del metod mafioso, pur potendosi prescindere dall’effettivo raggiungimento di tali scopi (Sez. Un. COGNOME, in motivazione, pg. 18), non può che convalidarsi il percorso argomentativo svolto dalla ordinanza impugnata, che, con rigore di analisi e coerenza valutativa rispetto alle fonti prova acquisite, ha ben dimostrato l’ inserimento dello COGNOME nella struttura organizzativa nelle dinamiche del sodalizio, accompagnato dall’affectio societatis, in forza dell’assunzione di un ruolo di punta nel clan, andato ben oltre le condizioni riferibili ai normali rapporti parentali 4.8. La Corte di appello ha dimostrato la fidelizzazione dello COGNOME verso il sodaliz l’asservimento della propria attività agli interessi del clan, e un contributo decisivo alla realizzazione del programma criminoso.
Risulta altresì correttamente scrutinato anche il profilo soggettivo: come è stato da tempo affermato, il dolo del partecipe consiste nella consapevolezza di fare parte dell’associazione, d esserne partecipe, e nella volontà di contribuire a tenere in vita l’associazione e a fa
raggiungere gli obiettivi, gli scopi, che si è prefissa»( cfr. Sez. U, n. 30 del 27/09/19 COGNOME, Rv.202904-01). Non è ragionevolmente censurabile la valutazione del Giudice a quo, che, sulla base di un comprovato rapporto sinallagmatico tra la messa disposizione in favore degli interessi del clan e i personali vantaggi tratti dallo lenì, ha escluso che egli potesse essere considerato un occasionale compartecipe di singole vicende criminose. Può, dunque, affermarsi che, in un contesto di effettività e serietà, ove emerga l’adesione libera e volontaria a quel consapevole scelta e una reciproca vocazione di “irrevocabilità” (intesa, nel senso di una stabile e duratura relazione, potenzialmente permanente), essa testimonia in fatto, e non solo nelle intenzioni, il rapporto organico tra singolo e struttura. A queste condizioni, la “messa disposizione” indica un comportamento oggettivo e non solo intenzionale, attuale e non meramente ipotetico che finisce così per concretizzare e rendere riconoscibile il profilo dinamico della partecipazione.
5.2. Non hanno alcun pregio, dunque, le doglianze difensive incentrate sul profilo dell’affectio societatis, giacchè il ricorrente non si confronta con la specifica motivazione, congruente con i dati probatori, che la Corte di appello ha fornito, osservando, del tutto razionalmente, come lo COGNOME avesse assunto un ruolo nevralgico nel contesto associativo, acquisendo un’autorevolezza che gli veniva riconosciuta sia all’interno che all’esterno del clan, ponendosi quale punto di riferimento per le strategie criminali del gruppo, oltre a valorizzare il riscontro costituit coinvolgimento fattivo nelle vicende estorsive, ciò che consente di ritenere implicitamente confutate le deduzioni difensive incentrate sulla riconducibilità del contributo partecipativo del COGNOME, alla diversa articolazione dell’associazione dedita al narcotraffico, in presenza di un quadro probatorio oggettivamente apprezzabile per il suo coinvolgimento pieno e diretto nelle dinamiche associative di cui al capo 1) della provvisoria imputazione.
Al rigetto del ricorso segue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Il C nìigliere es n esore Così deciso in Roma, il 24 settembre 2024