Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4927 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 4927 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nata a Cosenza il 28/05/1979
avverso la ordinanza del 13/06/2024 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; uditi i difensori del ricorrente, avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con atto del proprio difensore, NOME COGNOME impugna l’ordinanza in epigrafe indicata, con la quale il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato l’applicazione nei suoi confronti della custodia cautelare in carcere, disposta dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale per i reati di partecipazione ad associazione di tipo mafioso con ruolo direttivo e ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (capi 401 ed 1 dell’incolpazione provvisoria),
nonché per quattro episodi di detenzione di stupefacenti a fini di spaccio (capi 384, 385 e 389) e per detenzione di armi da fuoco (capo 421).
Ella impugna tale decisione, denunciando violazioni di legge e vizi della motivazione in relazione al giudizio di gravità indiziaria per tutti quei reati.
2.1. Quanto all’associazione mafiosa, si contesta anzitutto l’attribuzione del ruolo dirigenziale, sostenendosi, con citazione di precedenti di legittimità, che esso presupponga l’esercizio effettivo di poteri decisionali per conto dell’associazione e sia riconoscibile tanto all’esterno quanto all’interno del sodalizio.
Muovendo dal presupposto che la ricorrente è la compagna convivente del ritenuto capo-cosca NOME COGNOME e soffermandosi, quindi, sulle circostanze valorizzate dal Tribunale, la difesa obietta: a) che il ritenuto coinvolgimento dell’indagata nel traffico di stupefacenti e la rilevanza di tale attività n programma criminale del sodalizio mafioso non sono concludenti, dal momento che nessun ruolo organizzativo le è stato addebitato in relazione all’associazione ex art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990; b) che l’interlocuzione da lei operata con una ritenuta vittima di estorsione, tale NOME COGNOME non costituisce condotta univocamente sintomatica della disponibilità di poteri decisionali; c) che contatti da lei intrattenuti, per delega di COGNOME, con alcuni esponenti della cosca denominata “Rango-Zingari” erano funzionali esclusivamente ad ottenere la restituzione dell’autovettura sottratta al proprio fratello, avendo perciò costei agito solo per interesse personale, e comunque non avendo l’ordinanza evidenziato se e quale autonomia decisionale ed operativa le fosse stata riconosciuta in quella vicenda; d) che all’indagata non è addebitata la partecipazione ad alcuna attività estorsiva o simile.
2.2. Le censure difensive si dirigono anche contro la ritenuta partecipazione semplice al sodalizio mafioso.
Mancherebbe, infatti, un apporto di costei all’attività del gruppo, anche soltanto in termini di stabile messa a disposizione a tal fine, che l’ordinanza desume, in realtà, soltanto dai due episodi appena ricordati, nei quali, tuttavia, ella ha agito per scopi esclusivamente personali.
Nessun collaboratore di giustizia la indica come partecipe all’associazione e la semplice consapevolezza dell’esistenza di quella, dell’eventuale ruolo di vertice ricoperto in seno alla medesima dal proprio compagno e dei rapporti da questi intrattenuti con altri malavitosi non può reputarsi patrimonio conoscitivo esclusivo di un partecipe, ove si considerino l’àmbito territoriale circoscritto, la pervasiva penetrazione in esso del fenomeno mafioso ed il rapporto sentimentale esistente con il “capo”. Né, considerando tale dato, può ritenersi univocamente sintomatica
in chiave accusatoria la mera disponibilità a veicolare a terzi le informazioni provenienti dal proprio compagno, occasionalmente manifestata dall’indagata.
In realtà – conclude il ricorso sul punto – il Tribunale ha desunto la partecipazione di costei all’associazione mafiosa esclusivamente dall’analogo giudizio relativo a quella finalizzata al narcotraffico e dalla connessione tra i due sodalizi, senza tener conto che tanto non basta, qualora non si accerti che l’associato si sia messo a disposizione del gruppo anche per le attività delittuose diverse dal commercio degli stupefacenti.
2.3. Riguardo, poi, all’addebito di partecipazione all’associazione dedita al narcotraffico, esso si fonderebbe – deduce il ricorso – sul ritenuto ruolo della Castiglia di tramite fra il proprio compagno COGNOME, capo del gruppo, ed i suoi sodali.
Rileva, quindi, la difesa: che si è trattato di contatti limitati e circoscritti un periodo di restrizione di Sganga agli arresti domiciliari; che la vicinanza o disponibilità in favore di singoli esponenti, ancorché di vertice, di un gruppo criminale non si traduce di per sé in una partecipazione a quest’ultimo, essendo necessaria, invece, una stabile, concreta e non generica messa a disposizione del singolo per l’organizzazione nel suo complesso; che, pertanto, può ritenersi partecipe solo colui che veicoli abitualmente all’interno della consorteria le informazioni rilevanti per l’operatività della stessa; che i singoli episodi di detenzione di stupefacenti di cui la Castiglia è incolpata sono stati comunque da lei attuati in favore dello COGNOME; che la circostanza per cui costoro ricevessero le sostanze stupefacenti da terzi pusher si presenta contraddittoria rispetto alla loro ipotizzata qualifica di elementi di primo piano di un’associazione finalizzata a tale attività illecita.
2.4. Trattando, infine, dei singoli “reati-scopo”, rileva il ricorso:
che, nell’episodio di detenzione di stupefacenti di cui al capo d’incolpazione 384), l’indagata si è limitata ad un contegno puramente passivo, accompagnando in auto il proprio compagno all’appuntamento con l’ipotetico cedente, senza nemmeno conoscere il contenuto del pacco asseritannente consegnato nell’occasione e, dunque, non prestando alcun contributo causale all’eventuale reato;
— che, per gli analoghi reati di cui ai successivi capi 385), 389) e 390), le conversazioni intercettate, sulle quali si fonda in via esclusiva l’ordinanza, presentano ampi margini d’incertezza quanto alla quantità ed alla qualità delle sostanze detenute, tali perciò da imporre, se non altro, una riqualificazione come fatti di lieve entità, ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990;
che, riguardo alla detenzione dell’arma, è necessario che ciascuno dei compartecipi ne abbia la disponibilità materiale, perciò trovandosi in una situazione di fatto che gli premetta di disporne in qualsiasi momento.
che, in relazione a tal ultimo reato, va esclusa l’ipotizzata aggravante di cui all’art. 416-bis.1, cod. pen.: l’impiego del “metodo mafioso”, infatti, si presenta inconciliabile con le forme riservate e personali normalmente necessarie per il reperimento di simili oggetti; per altro verso, manca il necessario dolo specifico di agevolazione del sodalizio, trattandosi di fatto determinato da una causale esclusivamente personale e risultando irrilevante la finalità, tutta individuale di NOME, di aumentare il proprio prestigio personale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le prime due doglianze, relative all’ipotizzata partecipazione della COGNOME, con ruolo direttivo, all’associazione mafiosa in tesi capeggiata dal proprio compagno COGNOME, sono fondate.
1.1. Effettivamente, il giudizio di gravità indiziaria del Tribunale si fonda, per questa parte, sulle seguenti circostanze: 1) il coinvolgimento di costei nel traffico organizzato di stupefacenti, che rappresentava uno dei principali settori operativi del sodalizio mafioso; 2) un dialogo da lei intrattenuto con tale NOME COGNOME, titolare dell’esercizio commerciale “RAGIONE_SOCIALE“, il quale, già sottoposto a pagamento del “pizzo” da parte di COGNOME, si lamentava con lei dell’analoga richiesta avanzatagli da altri per un secondo negozio, situato in una diversa zona della città controllata da altra cosca; 3) i contatti da lei avuti con alcuni esponenti del concorrente clan “Rango-Zingari”, per ottenere la restituzione dell’automobile rubata al proprio fratello NOME; 4) la collaborazione prestata a Sganga per consentirne gli incontri con numerosi sodali, mentre questi si trovava ristretto agli arresti domiciliari.
1.2. Ebbene, si tratta di circostanze, indiscusse sul piano della loro verificazione, che tuttavia non possono ritenersi rappresentative, quanto meno con il grado di qualificata probabilità logica necessario per il giudizio di gravità indiziaria, di una disponibilità della Castiglia ad agire nell’interesse del sodalizio mafioso in modo tendenzialmente stabile, e non solamente eccezionale od episodico, nonché con l’intento di contribuire a garantirne l’operatività.
Il suo pieno coinvolgimento nel gruppo dedito al traffico di stupefacenti, infatti, non è di per sé dimostrativo dell’inserimento anche in quello – parallelo ma pur sempre distinto – di natura mafiosa, in assenza di suoi comportamenti inquadrabili nelle tipiche attività di quest’ultimo, funzionali agli scopi previst dall’art. 416-bis, terzo comma, cod. pen., ed esercitate avvalendosi della forza
d’intimidazione che esso esprime e della condizione di assoggettamento che ne deriva nel tessuto socio-economico del territorio di riferimento.
Non possono reputarsi tali, infatti, gli anzidetti suoi contegni ulteriori.
Il dialogo con COGNOME, quanto meno nell’estratto riportato dal Tribunale, si presenta del tutto generico, limitandosi la ricorrente a ricevere il racconto del proprio interlocutore ed a commentare: «mamma, adesso che lo verrà a sapere NOME» (pag. 21, ord.). Della delega a trattare l’affare per conto dell’associazione, che – secondo quei giudici – COGNOME le avrebbe conferito, in realtà, l’ordinanza non offre alcun riscontro probatorio.
Relativamente, poi, alla vicenda del recupero dell’autovettura rubata a suo fratello – in cui va inquadrata anche la detenzione dell’arma oggetto del capo d’incolpazione 421), della quale ella ed il suo congiunto si muniscono nel timore dell’eventuale degenerare dell’incontro convenuto per la restituzione – l’ordinanza valorizza un dialogo intercettato tra COGNOME e tale COGNOME, in cui i due trattano della restituzione ed il primo conclude dicendo: «parla con NOME, tranquillo» (pag. 28). Tanto, però, non può reputarsi dimostrativo – diversamente da quanto ritiene il Tribunale – di una delega a trattare di affari mafiosi conferita dal proprio compagno alla ricorrente, non potendosi ragionevolmente escludere, in assenza di altri dati qualificanti, che costei, pur all’interno di relazioni tra malavitosi, abbi agito esclusivamente per ragioni di solidarietà familiare e non con l’intento di ristabilire equilibri e gerarchie criminali.
Infine, nell’ordinanza vi è un elenco, senza dubbio corposo, di incontri intrattenuti da COGNOME con diversi soggetti indicati come inseriti nel suo gruppo criminale (pag. 24): ma non si comprende se tutti sistematicamente, o solo alcuni e quali di quegli incontri, siano stati favoriti dalla collaborazione della ricorrente, né, soprattutto, se si trattasse di contatti afferenti al traffico di stupefacenti od anche ad altre attività criminali, risultando perciò poco qualificante anche tale dato.
1.3. Con riferimento a tali capi della decisione, quindi, si rende necessario un supplemento di motivazione, che eventualmente permetta di superare le rassegnate riserve.
Per questa parte, dunque, l’ordinanza impugnata dev’essere annullata, con rinvio del procedimento al giudice di merito e con la conseguente necessità, per quest’ultimo, di rivalutare, all’esito del proprio giudizio, anche le esigenze cautelari e la scelta della misura applicabile.
Da quanto sin qui osservato, in relazione alla possibile dimensione interamente privata della vicenda, discende la necessità di approfondire la motivazione pure con riferimento alla configurabilità dell’aggravante di cui all’art.
416-bis.1, cod. pen., per la detenzione dell’arma da fuoco: circostanza che il Tribunale ha ravvisato in entrambe le sue forme tipiche, sebbene motivando essenzialmente solo con riferimento alla finalità agevolatrice del sodalizio.
Anche su questo punto, dunque, l’ordinanza dev’essere annullata con rinvio.
Inammissibile, invece, perché manifestamente destituito di fondamento, è il terzo motivo di ricorso, con cui la ricorrente si duole della ritenuta gravità indiziaria per la partecipazione all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
Diversamente da quanto dedotto in ricorso, dal ponderoso compendio indiziario illustrato nell’ordinanza si rileva nitidamente che l’indagata non si è limitata a prestare ausilio al marito, nell’esclusivo interesse di questi ed in occasione di una sua contingente limitazione della libertà personale, ma ha svolto in pianta stabile un qualificato ruolo di raccordo tra i vari collaboratori di costui, non soltanto veicolando loro ordini ed informazioni, ma altresì curandosi del ritiro dello stupefacente dalla base logistica e, soprattutto, procurando sistematicamente schede telefoniche “pulite”, distribuite ai sodali: condotta, quest’ultima, indiscutibilmente rappresentativa di una collaborazione essenziale per l’operatività del gruppo e necessariamente sorretta dalla volontà di cooperazione a tal fine, che il ricorso oblitera completamente.
Inammissibile, infine, se non per quanto già rilevato a proposito dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1, cod. pen., in relazione alla detenzione dell’arma, è l’ultimo motivo di ricorso, con cui si contesta il giudizio di gravità indiziaria per i singoli “reati-scopo”.
4.1. Quanto a quelli in materia di stupefacenti, infatti, le doglianze rassegnate costituiscono pure asserzioni, non sorrette da deduzioni argomentate.
4.2. Riguardo, poi, alla detenzione dell’arma, è manifestamente destituito di fondamento giuridico l’assunto difensivo per cui il concorso nel reato possa configurarsi soltanto nei confronti di coloro che ne abbiano la disponibilità materiale, ove quest’ultima s’intenda nel senso di relazione fisica con l’oggetto. Secondo le regole generali del concorso di persone nel reato, infatti, rilevano sia la possibilità di disporne manu aliena, che, in ogni caso, il concorso morale, nelle forme della determinazione o del rafforzamento della volontà criminosa del detentore materiale.
Peraltro, che la Castiglia non si sia limitata a questo, ma abbia fatto ben di più, procurando la pistola al fratello ed esortandolo ad usarla all’occorrenza, emerge nitidamente dall’ordinanza, senza che il ricorso obietti alcunché.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente al delitto di cui al capo 401) e in ordine all’aggravante contestata al capo 421), e rinvia per nuovo esame sui capi e punti al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen..
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, 1’11 dicembre 2024.