Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 46278 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 46278 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NOCERA INFERIORE il 29/07/2000
avverso l’ordinanza del 01/07/2024 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette/sentite le conclusioni del PG COGNOME
Il Procuratore Generale si riporta alla memoria in atti e conclude per l’annullamento con rinvio del provvedimento gravato, limitatamente al capo 1 e alle esigenze cautelari.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME si riporta ai motivi e chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Salerno con ordinanza del 2 luglio 2024 ha respinto la richiest di riesame avverso quella con cui il Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale aveva applicato a NOME la custodia cautelare in carcere, in relazione ai capi 1) ed 11 della imputazione provvisoria.
In particolare, il capo 1) contestava al Cirota l’art. 416-bis cod. pen., consistente partecipazione alla associazione di tipo mafioso individuata nel clan Giugliano operante in Pagani e comuni limitrofi e diretta da Giugliano Rosario, attribuendo all’attuale ricorrente il ru partecipe della associazione poiché aveva partecipato al tentato omicidio di COGNOME, con il compito di recuperare gli autori dell’agguato, oltre ad essere stabile fornitore di cocaina di Aqu Felice, al fine della successiva rivendita nel territorio di Pagani.
Al capo 11) veniva contestata al ricorrente, il concorso nell’attività di cessione di sosta stupefacente del tipo cocaina, secondo le direttive di Giugliano Rosario ed Aquino Felice, con l aggravanti delle più persone riunite e dell’agevolazione mafiosa.
Il ricorso, proposto nell’interesse del Cirota dai suoi difensori, è sorretto da qua motivi che saranno enunciati a seguire nei limiti strettamente necessari per la motivazione secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con i primi tre motivi, che possono essere prospettati congiuntamente, il ricorrente si duole dell’erronea applicazione degli artt. 273 e 192 cod. proc. pen., della mancanza d motivazione e della manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta gra indiziaria per il delitto di partecipazione all’associazione mafiosa.
Invero, il gip aveva escluso la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del Cir in relazione al concorso in tentato omicidio in danno di COGNOME, con la conseguenza che il suo ruolo già diventa monco di una parte fondamentale.
Sotto altro aspetto, il commercio di sostanze stupefacenti non rientrava nella programmazione dell’associazione diretta da COGNOME Rosario, circostanza che esclude la partecipazione del ricorrente nella associazione descritta nel capo 1 di imputazione: la ritenuta contiguità del Cirota al Francese nell’ambito del settore degli stupefacenti non potrebbe ma comportare alcun inserimento nel clan.
Quanto al capo 11) le dichiarazioni dei collaboratori circa il coinvolgimento del NOME nell’attività di spaccio delle sostanze stupefacenti sono generiche e prive di riscontri, doven escludere la circostanza aggravante dell’agevolazione mafiosa, trattandosi di attività estranea clan Giugliano.
2.2. Con il quarto motivo, il ricorrente si duole della mancanza di motivazione in ordin alle esigenze cautelari, avendo il Tribunale motivato solo in relazione ai gravi indi colpevolezza.
Con requisitoria scritta del 25.09.2024, il sostituto procuratore generale del Repubblica presso la Corte di cassazione, dott. NOME COGNOME chiede l’annullamento con rinvio della ordinanza gravata, limitatamente al capo 1 ed alle esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile solo rispetto alla contestazione dei gravi indi colpevolezza relativi al capo 11), mentre devono essere accolti i motivi relativi partecipazione alla associazione ex art. 416 bis cod. pen. ed alle esigenze cautelari.
1.1. Giova premettere al riguardo che, secondo il costante orientamento di questa Corte, allorquando si impugnano provvedimenti relativi a misure cautelari personali, il ricorso p cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fat ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 4 n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884; conformi, Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178).
Questo perché il controllo di legittimità che la Corte è chiamata ad effettuare consiste nel verifica della sussistenza delle ragioni giustificative della scelta cautelare nonché dell’asse nella motivazione di evidenti illogicità ed incongruenze, secondo un consolidato orientamento espresso dalle Sezioni unite (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828), e successivamente ribadito dalle Sezioni semplici (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, Merja, Rv. 248698).
Il vizio di motivazione di un’ordinanza, per poter essere rilevato, deve quindi assumere connotati indicati nell’art. 606 lett. e), e cioè riferirsi alla mancanza della motivazione o a manifesta illogicità, risultante dal testo del provvedimento impugnato, così dovendosi delimitar l’ambito di applicazione dell’art. 606, lett. c, cod. proc. pen. ai soli vizi diversi (Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, De Lorenzo, Rv. 199391).
Di conseguenza, quando la motivazione è adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici, il controllo di legittimità non può spingersi oltre, coinvolgendo il giudizio rico del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito sull’attendibilità e la capacità dimostr delle fonti di prova.
1.2. Nello scrutinio dei motivi di ricorso non si può prescindere, inoltre, dalla distinzion l’accertamento della responsabilità e quello, rilevante in questa sede, della gravità indiziaria
Invero, la valutazione affidata al giudice in tema di misure cautelari personali, vincolata rispetto dei requisiti di gravità indiziaria di cui all’art. 273 cod. proc. pen., non coincide con finalizzata all’accertamento della responsabilità sulla base delle emergenze probatorie in sede dibattimentale, essendo la prima caratterizzata da esigenze interinali (cautelari, appunto) ch postulano la seria probabilità, ma non necessariamente la certezza della commissione del reato da parte della persona sottoposta ad indagini; e la seconda, invece, legata alla necessità che la colpevolezza dell’imputato venga affermata “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
Con un consolidato orientamento giurisprudenziale, cui questo collegio, intende dare continuità, si è da tempo sostenuto come il termine “indizi”, adoperato dall’art. 273, comma 1,
cod. proc. ten., abbia una valenza completamente diversa da quella che il medesimo termine assume nell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.
Infatti, mentre in tale ultima norma la scelta lessicale operata dal legislatore trova l evidente ragion d’essere nell’esigenza di distinguere tra prove ed indizi (e soprattutto o stabilire le condizioni in cui questi ultimi possono, considerati nel loro complesso, assurge dignità di “prove” e giustificare, quindi, le affermazioni di colpevolezza), l’uso del termine nell’art. 273, comma 1, cod. proc. pen. non è in alcun modo riconducibile ad un’analoga distinzione, ma unicamente alla diversa natura del giudizio (di probabilità e non di certezza) c è richiesto ai fini dell’applicazione di una misura cautelare e rispetto al quale deve, qu parlarsi non di “prove”, ma sempre comunque di “indizi”, non essendovi altrimenti congruenza fra detta natura probabilistica del giudizio stesso ed i fondamenti ai quali quest’ultimo essere ancorato (Sez. 6, n. 4825 del 12/12/1995, dep. 1996, COGNOME, Rv. 203600; in senso conforme, ex multis Sez. 3, n. 742 del 23/02/1998, Dersziova, Rv. 210514, e Sez. 6, n. 2547 del 05/07/1999, COGNOME, Rv. 214930).
Come noto, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rappor stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicar più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per perseguimento dei comuni fini criminosi: la Corte ha osservato che la partecipazione può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza a propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza nel senso indicato, tra quali, esemplificando, la commissione di delitti-scopo, olt a molteplici, e però significativi facta concludentia, idonei, senza alcun automatismo probatorio, a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione.
Le Sezioni Unite imp. COGNOME (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Rv. 281889) hanno affermato che sono indice di partecipazione punibile ex art. 416 bis cod. pen. tutte le condo dalle quali potere desumere che l’affiliato abbia preso parte attiva al fenomeno associati ovvero che abbia fornito un qualsivoglia “apporto concreto”, sia pur minimo, ma in ogni caso riconoscibile, alla vita dell’associazione, tale da far ritenere avvenuto il dato dell’inser attivo con carattere di stabilità.
Ciò posto, il Tribunale del riesame ha desunto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezz di appartenenza all’associazione mafiosa di cui al capo 1) dalle dichiarazioni dei collaborator giustizia COGNOME NOME e COGNOME NOME, dalle quali è emerso che: –a) NOME NOME si avvaleva per lo spaccio di COGNOME NOME, attività di spaccio che avveniva secondo rigide zone di competenza territoriale, con versamento di una quota parte dei guadagni in favore del clan COGNOME; –b) il COGNOME era stato autorizzato a spacciare da COGNOME NOME; –c) il COGNOME era stato autorizzato dal Giugliano a percepire i ricavi dello spaccio, non potendo il clan assicu lo “stipendio” a tutti gli associati.
Orbene, dalla piana lettura del capo di imputazione emerge la contestazione di un’impresa criminale in cui non vi sono né profitti derivanti dal traffico di stupeface neppure di strumenti, mezzi e moduli organizzativi finalizzati in maniera stabile e duratur al traffico di droga.
In altri termini, l’associazione di cui al capo 1) aveva come oggetto del propr programma criminale il compimento di una serie non predeterminata di reati diversi da quelli relativi al traffico di stupefacenti, trattandosi di un gruppo che ha posto in esser concreti estranei nell’ottica gestionale del traffico di droga.
In particolare, le condotte del ricorrente si collocano nell’ambito dell’attivit traffico di stupefacenti: si tratta di dinamiche criminali legate al traffico di droga auto occasionali, niente affatto rivelatori della partecipazione del Cirota ad un ‘ associazione mafiosa che al contrario delinque in settori diversi da quello della droga.
L’oggetto del programma criminale del gruppo del Giugliano non includeva anche il compimento di attività relative al traffico di droga.
L’attività di spaccio presenterebbe il connotato dell’occasionalità, essend strumentale al compimento di uno o più reati determinati, la cui realizzazione non è espressione di partecipazione ad un’associazione mafiosa.
Si tratta di attività che appare slegata rispetto alle finalità del clan COGNOME.
Il Tribunale del riesame, applicati i principi indicati, verificherà: se e in che t sussistano altri elementi dimostrativi del coinvolgimento del Cirota attraverso la dimostrat partecipazione ad altre attività della cosca che assumano una significatività tale dimostrare proprio lo stabile inserimento nel contesto criminale di quel determinato gruppo camorristico.
3. Le doglianze relative al capo 11 sono inammissibili.
Con specifico riferimento ai limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione delle chia di correo, si è escluso il controllo sul significato concreto di ciascuna dichiarazione e di cia elemento di riscontro, perché un tale esame invaderebbe inevitabilmente la competenza esclusiva del giudice di merito, potendosi solo verificare la coerenza logica delle argomentazion con le quali sia stata dimostrata la valenza dei vari elementi di prova, in sé stessi e nel reciproco collegamento (Sez. 1, n. 36087 del 13/11/2020, COGNOME, Rv. 280058; Sez. 6, n. 33875 del 12/05/2015, COGNOME, Rv. 264577).
Inoltre, quanto alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, il ricorrente si è li tacciarle di genericità, senza ricordare il contenuto di tali dichiarazioni né illustrando la dec delle stesse sul compendio probatorio valorizzato dai Giudici della cautela e connotato da plurimi elementi indiziari.
La doglianza relativa alla insussistenza dell’aggravante della agevolazione mafiosa deve ritenersi assorbita, in quanto dovrà essere riconsiderata nel contesto della nuova valutazione della eventuale partecipazione del Cirota all’associazione di cui al capo 1).
Fondato è il motivo relativo alresigenze cautelari.
Il Tribunale ha valutato esclusivamente il profilo dei gravi indizi di colpevolezza, trascuran totalmente ogni riferimento alle esigenze cautelari.
In parte qua l’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio per un nuovo giudizio al Tribunale di Salerno, che dovrà, in piena libertà cognitiva, colmare anche le lacu motivazionali riscontrate in tema di esigenze cautelari.
La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. pr pen.
Annulla il provvedimento impugnato in relazione al capo 1 ed alle esigenze cautelari con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Salerno.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma il 30/10/2024
L’estensore GLYPH