Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23795 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23795 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Taranto il 04/11/1987
avverso l’ordinanza del 14/11/2024 del Tribunale di Potenza visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME difensori di NOME COGNOME che hanno concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, il Tribunale di Potenza, sezione per il riesame, ha confermato l’ordinanza del 22 ottobre 2024 con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza ha applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura della custodia in carcere per plurimi reati, incentrati sull’accusa di partecipe dell’associazione di stampo mafioso, facente capo a COGNOME NOME e COGNOME NOME, finalizzata ad esercitare il controllo della pesca nel tratto di mare jonico della costa lucana tra Metaponto e Nova Siri, oltre
che del traffico di sostanze stupefacenti e delle estorsioni ai danni di imprendi locali.
La misura è stata disposta nei suoi confronti per i capi 1 (art. 416-bis c pen.), 25 (artt. 10 e 12 legge 497/1974, relativo al trasporto di un cari esplosivo del tipo Tritolo e Anfo), 27 e 32 (artt. 81, 110, 629, 416-bis.1 cod. relativi alle estorsioni consumate ai danni di alcuni pescatori pugliesi e calabr 61 (artt. 110, 513-bis cod.pen. per il reato di concorrenza illecita realizz danni dei pescatori cui veniva impedito di pescare nella zona di mare da es controllata, con la minaccia di gravi conseguenze ove non avessero accettato d pagare una quota del prezzo del pescato).
Nell’atto a firma dei difensori di fiducia, NOME COGNOME chie l’annullamento del provvedimento per i motivi di seguito sintetizzati ai se dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge penale e vizio di motivazione per non avere i Tribunale proceduto a vagliare le deduzioni difensive sottopostegli in sede riesame, essendosi limitato a riportare tramite la tecnica del copia-incol contenuto dell’ordinanza cautelare emessa dal G.i.p., che già in buona parte avev motivato per relationem, facendo propri i contenuti della richiesta del Pubblico Ministero che a sua volta era un compendio delle informative di polizia giudiziari
Nel corpo del motivo vengono riprese le censure sottoposte al riesame sui diversi punti afferenti: 1) epoca remota delle condanne emesse nei confronti d alcuni degli esponenti della famiglia COGNOME Salvatore e COGNOME Daniele risalenti al 2001; 2) le numerose pronunce di assoluzione dall’accusa associazione mafiosa emesse negli anni seguenti per gli stessi fatti; 3) la manc verifica dell’attendibilità dei collaboratori di giustizia, sia sotto il profilo attendibilità intrinseca che dell’assenza di riscontri estrinseci, oltre ch mancata contestualizzazione temporale delle loro dichiarazioni riferite al passa 4) la mancata disamina delle intercettazioni, che sono state genericament richiamate attraverso le sintesi operate dalla Polizia Giudiziaria, senza un va della loro corretta interpretazione; 5) la irrilevanza della adesione alla cooper “RAGIONE_SOCIALE“, non essendovi carico del ricorrente neppure i presupposti pe ascrivergli il concorso in singole estorsioni, essendo il coinvolgimento legato richiesta di risarcimento per i danneggiamenti subiti alle proprie reti da pes non anche alla pretesa di riscuotere un contributo da parte dei pescatori ch assumono taglieggiati; 6) il carattere mafioso dell’associazione desunto solo d carisma criminale dei capi e non dalle caratteristiche oggettive del sodalizio.
2.2. violazione di legge penale e vizio di motivazione per avere il Tribuna omesso di motivare o fornito una motivazione illogica in ordine ai reati
estorsione e di concorrenza illecita aggravati dal metodo mafioso, per non av fornito risposto alle censure difensive, sempre se non attraverso un generi richiamo alle risultanze ricopiate nell’ordinanza, senza valutare l’attendibili collaboratori in ragione dei contenuti riferiti a acquisizioni processuali or processualmente conosciute.
2.3. Con l’ultimo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla affermata sussistenza delle esigenze cautelari, non ancorata ad u valutazione della pericolosità in concreto, da escludersi in considerazione tempo decorso dall’epoca cui si riferiscono gli indizi a suo carico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato con riguardo ai motivi dedotti i ordine alla carenza di motivazione in tema di valutazione della gravità indiziar con riferimento sia al ruolo svolto dall’indagato in seno all’associazione mafio sia con riferimento al concorso nei reati di trasporto di esplosivo, di estorsi concorrenza illecita.
Con riferimento ai motivi dedotti in merito alla esistenza dell’associazio mafiosa se ne deve rilevare la genericità essendo rivolti a prospettare una dive lettura del compendio indiziario, non consentita in questa sede.
Il ricorrente reitera deduzioni formulate in sede di riesame senz confrontarsi con la motivazione nella quale è stato posto in luce che l’esistenza sodalizio mafioso era stata accertata in plurime sentenze e che la stessa av continuato ad operare con il programma di assumere e conservare il controllo del territorio.
Più in particolare / il controllo mafioso della pesca nel tratto di mare jonico interessato è desumibile in modo inequivoco dalle intercettazioni richiamat nell’ordinanza oltre che dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
Non vengono prese in considerazione dal ricorrente le numerose intercettazioni opportunamente richiamate nel corpo della motivazione dell”ordinanza impugnata / che confermano e riscontrano quanto riferito dai collaboratori di giustizia sulla egemonia esercitata dalle famiglie degli Scarci Policoro e degli COGNOME di Scanzano Ionico sulle attività della pesca profession nella zona di mare interessata da Pisticci a Nova Siri, con le intimidazioni rivol pescatori calabresi e pugliesi provenienti da altri comuni per imporre loro il div di pescare se non accettando di versare un “obolo”, consistente nella consegna d una parte del pescato o in una somma di denaro.
Molteplici sono i riferimenti nella corposa ordinanza alle esternazioni del forza di intimidazione mafiosa esercitata dalle due famiglie, incentrate sia
rappresaglie violente contro coloro che non obbediscono alle loro imposizioni e sia attraverso la reputazione criminale dei capi mafia che sebbene detenuti in carcere fi continuano a manifestare all’esterno la propria prepotenza (in particolare di COGNOME NOME e COGNOME Daniele).
Nella motivazione dell’ordinanza viene dato correttamente rilievo anche alla convocazione del 2 settembre 2023, giorno in cui viene filmato l’incontro con i pescatori pugliesi rai quali viene ribadito il divieto di pescare entro i 120 metri dalla costa, come emerge dalle intercettazioni richiamate e riprodotte puntualmente in modo analitico nelle numerose pagine di cui si compone il provvedimento impugnato.
Significative sono le intercettazioni che danno conto del controllo mafioso che si estende anche alle attività di ristorazione connesse alla pesca per i divieti imposti ai gestori dei ristoranti della zona ai quali è impedito di rifornirsi presso venditori diversi da quelli autorizzati dalle due famiglie che pretendono di imporre una sorta di monopolio nel mercato ittico della zona.
Vi sono plurimi riferimenti alle intercettazioni che dimostrano come la Cooperativa “RAGIONE_SOCIALE” fondata dalle due famiglie mafiose per la tutela della pesca dagli abusivi che non rispettano le regole, rappresenti in realtà solo uno schermo formale per dissimulare le estorsioni poste in essere ai danni degli altri pescatori, costretti a rinunciare a pescare nella loro zona di competenza, con la minaccia di subire pestaggi o danneggiamenti alle loro imbarcazioni.
In tale quadro si inseriscono anche le estorsioni ai danni di imprenditori della zona che sono costretti a versare somme di denaro quale contributo per sostenere le spese legali del capo-mafia NOME COGNOME che trovano indubbio riscontro nelle intercettazioni dei colloqui in carcere tra il predetto NOME (il boss) con i figli NOME e NOME COGNOME, che si occupano di recuperare le somme di denaro direttamente o tramite gli altri associati incaricati dell’esecuzione delle estorsioni.
Vengono valorizzati quali ulteriori manifestazioni della forza di intimidazione i pestaggi avvenuti in pieno centro abitato (nei mesi di giugno 2023 e 2024), che contribuiscono a supportare la fama criminale-mafiosa degli COGNOME, e le ingerenze nell’azienda RAGIONE_SOCIALE con le assunzioni obbligate di soggetti indicati dalla famiglia COGNOME.
Ulteriori elementi di conferma del controllo mafioso del territorio vengono desunti in modo non illogico dalle intercettazioni /che dimostrano il ruolo svolto dagli COGNOME nella gestione delle vendite giudiziarie / e con riferimento ai rapporti con le istituzioni ampio risalto viene dato in modo non illogico anche all’episodio del c.d. inchino del 15 agosto 2024 durante la festa della processione della
“Madonna del Mare con le barche” avvenuto davanti allo stabilimento balneare INDIRIZZO.
Il variegato quadro in tal modo delineato dal Tribunale dà conto tutt’altro che illogicamente della rilevanza probatoria delle intercettazioni ritenuta a ragione di gran lunga superiore a quella delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che concorrono sinergicamente a dimostrare come l’attività del sodalizio non sia cessata dopo l’arresto dei capi (COGNOME NOME e COGNOME NOME), ma sia proseguita con la riproduzione delle stesse dinamiche criminose che ne avevano già giustificato l’inquadramento nella fattispecie dell’associazione di tipo mafioso.
Neppure colgono nel segno le censure difensive in merito alla integrazione del delitto di concorrenza illecita di cui all’art. 513-bis cod. pen. aggravato ai sensi dell’art. 461-6/5.1 cod. pen., essendo state correttamente evidenziate le caratteristiche del sistema mafioso attraverso il quale veniva imposto un regime monopolistico sull’attività della pesca a danno dei pescatori / ai quali era vietato di accedere nelle zone di mare individuate dall’associazione mafiosa, imponendo il pagamento di un “obolo”, consistente in una parte del pescato o nel versamento di una somma di denaro.
‘Li, Ritiene questo Collegio che, rispetto all’articolato ragionamento espresso dalla ordinanza impugnata – che si avvale di un amplissimo compendio indiziario esposto secondo la sua molteplicità e convergenza sul tema centrale sul quale si appunta il ricorso – le censure, volte soprattutto a inficiare il profilo della esteriorizzazio mafiosa del gruppo, risultano genericamente proposte anche per inammissibili ragioni in fatto, secondo una valutazione parcellizzata e senza specifico confronto con le ragioni poste a base della ordinanza impugnata che – al di là della collocazione teorica – ha correttamente individuato lo stigma mafioso del gruppo facente capo ai fratelli NOME e NOME COGNOME proveniente dalla loro condanna per associazione mafiosa ed espresso nel tempo, soprattutto attraverso il controllo territoriale e dei settori economici sopraindicati, facendo valere una perdurante qualità criminale mafiosa, come documentato dai reati-fine oggetto di specifica contestazione la cui realizzazione converge nel delineare – senza incorrere in vizi logici e giuridici – la qualità mafiosa della compagine associativa.
Non coglie nel segno neppure l’insistito rilievo difensivo in ordine alla mancanza – o isolata esistenza – di condotte violente a carico del ricorrente dovendosi ribadire, in ogni caso, che, ai fini della configurabilità del reato di associazione di tipo mafioso, è necessario che il sodalizio abbia conseguito, nel contesto di riferimento, una capacità intimidatrice effettiva e obiettivamente riscontrabile, che può esteriorizzarsi anche con atti non connotati da violenza o minaccia, essendo sufficienti comportamenti evocativi del prestigio criminale del gruppo (Sez. 6, n. 9001 del 02/07/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278617), come
(
nel caso di specie, in cui risulta indiziariamente provato che l’organizzazione è stata in grado concretamente di porre in pericolo l’ordine pubblico e l’ordine economico, segnatamente con riguardo al libero esercizio dell’attività economica.
Come pure generico è il richiamo di precedenti decisioni giudiziarie assolutorie o il rinvio al successivo editto accusatorio espresso nella richiesta di giudizio immediato.
In conclusione, l’ordinanza opera correttamente l’inquadramento giuridico della associazione mafiosa quale “gruppo mafioso a soggettività differente” (v. pag. 228 e ss.), richiamando il recente orientamento espresso da Sez. 2 n. 24901 del 15/5/2024, De Cotiis, RV. 286689).
Occorre, d’altra parte, rilevare che in sede di riesame il ricorrente aveva sottoposto alla valutazione del Tribunale anche specifiche censure rispetto all’accertamento del contributo offerto /3,34-gte,errfratg nel trasporto del materiale esplosivo, poi sequestrato il 27 dicembre 2023 presso lo stabilimento balneare gestito dagli Scarci, evidenziando come non vi fosse coerenza logica tra l’avvistamento dell’imbarcazione di COGNOME NOME nella zona di mare in cui sarebbe avvenuto il trasporto dell’esplosivo, in ragione dell’orario di tale presenza, non coerente rispetto a quello del trasporto.
Inoltre, sempre con specifico riguardo alla prova della partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso era stata anche evidenziata l’ambiguità degli elementi relativi alla partecipazione alla Cooperativa “RAGIONE_SOCIALE” ed alla riunione del 2 settembre 2023 in cui si sarebbero consumate le minacce estorsive ai danni dei pescatori pugliesi.
Su tali censure il Tribunale non ha fornito una risposta soddisfacente / avendo di fatto richiamato genericamente le risultanze probatorie, affastellandole confusamente nel corpo della motivazione, senza rispondere puntualmente ai rilievi difensivi.
A tale riguardo, si deve rilevare come la riproduzione generalizzata degli elementi di prova, operata nell’ordinanza impugnata, abbia reso estremamente difficoltoso il vaglio della motivazione alla stregua dei canoni di giudizio riservati al ricorso per cassazione.
Tale modalità di esposizione merita di essere stigmatizzata, ancor più perché fatta in sede di istanza di riesame, in cui il Tribunale è chiamato a vagliare gli elementi di prova attraverso una disamina della specifica posizione processuale dell’indagato impugnante.
Nel corpo di una motivazione di oltre 240 pagine il generico richiamo agli elementi di prova esposti fino a pagina 233, relativi alla totalità delle risultanze investigative che riguardano tutti gli indagati indistintamente, non può ritenersi
utile a comprendere le ragioni poste a sostegno della gravità indiziaria con riguardo al ritenuto concorso di NOME COGNOME nelle estorsioni commesse ai danni dei pescatori costretti a pagare il c.d. “obolo” ed al connesso reato di concorrenza illecita con minacce o violenza.
Non è consentito delegare al Giudice di legittimità la valutazione diretta delle fonti di prova e la individuazione degli elementi probatori confusamente riprodotti nelle circa 230 pagine di cui si compone la motivazione a supporto delle ragioni di tale ricostruzione dei fatti, non potendosi supplire in tal modo alla carenza di una precisa enucleazione e conseguente disamina da parte del Tribunale degli elementi di prova posti a sostegno della gravità indiziaria con riferimento alla specifica posizione del ricorrente, trattandosi di valutazioni riservate al giudizio di merito.
Neppure nella parte dedicata alla disamina della posizione del ricorrente (da pagina 233 a pagina 241) sono descritti specificamente gli elementi di prova valorizzati a supporto dell’affermata gravità indiziaria per il concorso del ricorrente nei reati di partecipazione all’associazione mafiosa, di estorsione e concorrenza illecita, contestati ai capi 1), 27), 32) e 61).
A tale riguardo, appare del tutto insufficiente il riferimento ai rapporti di parentela, nonché alla conoscenza delle regole imposte dal gruppo mafioso degli COGNOME–COGNOME senza l’indicazione dei precisi elementi che consentano di dimostrare il contributo materiale o morale dallo stesso fornito al perseguimento degli scopi del sodalizio.
L’adesione alla Cooperativa “RAGIONE_SOCIALE“, sebbene fortemente sospetta, deve essere accompagnata da riferimenti a episodi specifici a riscontro del contributo offerto per perseguire gli scopi del sodalizio, non potendosi ritenere l’adesione a detta cooperativa equipollente alla partecipazione all’associazione mafiosa, dandosi altrimenti valore ad un’affermazione di responsabilità da posizione.
In tal senso, a fronte dei rilievi difensivi volti anche a giustificare le ragion dell’adesione alla predetta Cooperativa per i danneggiamenti effettivamente subiti dalle reti da pesca dell’imbarcazione di NOME COGNOME la sua presenza alla riunione del 2 settembre 2023 deve essere approfondita e meglio circostanziata, con specifico riguardo alle giustificazioni dal medesimo fornite di avervi preso parte solo per reclamare quanto dovutogli per il danneggiamento subito.
La considerazione sulla scelta di NOME COGNOME di rivolgersi ad NOME COGNOME per i danneggiamenti subiti alle proprie reti da pesca anziché alle competenti autorità statali, non rappresenta un elemento di prova del concorso nel reato associativo, ma costituisce un argomento logico che necessita di ulteriori elementi di riscontro a supporto del concorso nelle condotte estorsive poste in essere ai danni dei pescatori convocati in quella riunione, oggetto della
contestazione di cui al capo 27) e del connesso reato di concorrenza illecita di al capo 61).
Anche con riferimento al capo 25) per il reato di cui agli artt. 10 e 12 le 497/1974, relativo al trasporto di un carico di esplosivo del tipo “tritolo” e “a la motivazione appare illogica nella parte in cui afferma di voler prescindere da rilevanza indiziaria della intercettazione della conversazione del 27 novembre 202 intercorsa tra COGNOME NOME (padre di NOME, odierno ricorrente) COGNOME NOME, che sembra all’opposto rappresentare l’elemento cardine dell ricostruzione dell’accordo per la consegna del carico di esplosivo, a fronte generico residuale riferimento all’anomalia delle due chiamate senza risposta d 26 dicembre 2023, intercorse tra i predetti e considerate dei segnali programma per inviare un messaggio in codice senza una adeguata motivazione, una volta depotenziato il quadro indiziario per effetto della irrilevanza attribuit intercettazione del 27 novembre 2023.
Ma, soprattutto, non risultano specificati gli elementi che consentono attribuire ai contatti telefonici tra NOME COGNOME e il padre NOME n mattinata del 27 dicembre 2023 la finalità di pianificare il trasporto dell’espl che, invece, dalle stesse fotografie riprodotte nel corpo dell’ordinanza sem avere coinvolto altri coindagati, monitorati dalla Guardia di Finanza duran l’approdo sulla spiaggia con le buste contenenti i circa 13 kg di materiale esplos oggetto del sequestro eseguito presso la spiaggia adiacente il INDIRIZZO
Si tratta di una disamina che deve essere affrontata dal Tribunale nel quadr di una valutazione complessiva degli elementi a carico del ricorrente, che vann però previamente enucleati ed estrapolati dalla congerie di elementi probato richiamati genericamente senza una analitica e puntuale disamina delle risultanz probatorie utili alla ricostruzione dei fatti ed al ruolo svolto dal ricorrente.
Anche con riguardo al reato di estorsione di cui al capo 33), la motivazio dell’ordinanza impugnata risulta fortemente inficiata dalla assenza di un tess argonnentativo incentrato sulla specifica posizione dell’indagato.
La circostanza che NOME COGNOME abbia minacciato e preteso il cd. “obolo” da alcuni pescatori di origine calabrese, considerati i responsabili danneggiamento delle reti da pesca dei COGNOME, non dimostra che anche NOME COGNOME fosse consapevole di detta richiesta che esorbitava quell risarcitoria di suo interesse o che l’abbia in qualche modo condivisa.
Anche in questo caso non risultano specificati gli elementi di prova, ed particolare le intercettazioni che dimostrerebbero la consapevolezza da parte d NOME COGNOME che le minacce rivolte ad alcuni pescatori calabresi, no
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meglio identificati, avessero la finalità di riscuotere il pagamento di una indebita prestazione economica.
È bene precisare che nei casi in cui ricorra la circostanza aggravante della c.d.
“finalità mafiosa”, il perseguimento di un interesse ulteriore (anche se di per sé
di natura non patrimoniale) rispetto a quello di ottenere la mera soddisfazione del diritto arbitrariamente azionato, comporta la sussumibilità della fattispecie sempre
e comunque nella sfera di tipicità dell’art. 629 cod. pen., con il concorso dello stesso creditore, ma sempre che risulti accertato che il predetto è a conoscenza
del perseguimento di detta ulteriore diversa finalità.
4. Con riferimento al capo 61), relativo al reato di illecita concorrenza con minacce di cui all’art. 513-bis cod. pen., la contestazione riferita a NOME
COGNOME è strettamente legata a quella delle due estorsioni di cui ai capi 27) e
32), trattandosi di ipotesi di concorso realizzate attraverso le stesse minacce poste a base delle predette estorsioni.
Anche per esse valgono, pertanto, le stesse considerazioni in punto di omessa disamina degli elementi di prova del contributo consapevole fornito dal ricorrente.
È necessario che in sede di rinvio il Giudice di merito, eliminando tutte quelle parti della motivazione che non interessano il ricorrente e ne appesantiscono inutilmente la lettura, enuclei gli elementi a carico del predetto e proceda ad una disamina della sua posizione processuale con riferimento a tutti i capi al medesimo ascritti nell’imputazione cautelare.
Restano, evidentemente, assorbiti i motivi in punto di esigenze cautelari, la cui valutazione è chiaramente pregiudicata dal preliminare vaglio circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Devono essere disposti gli adempimenti di Cancelleria di cui all’art. 94comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Potenza, competente ai sensi dell’art.309, co. 7, cod. proc. pen.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deci cil 7 maggio 2025