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Associazione mafiosa: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare per il reato di associazione mafiosa. L’appello è stato respinto perché mirava a una rivalutazione dei fatti, compito che esula dalle competenze della Corte di legittimità. La sentenza chiarisce che il gruppo criminale in questione non era una nuova entità, ma un’articolazione di un clan storico, la cui forza intimidatrice era già consolidata sul territorio. La decisione del Tribunale del riesame, basata su intercettazioni e altri elementi probatori, è stata ritenuta logica e congruamente motivata.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Mafiosa: La Cassazione e i Limiti del Ricorso sulla Custodia Cautelare

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 3358/2025) offre importanti chiarimenti sui limiti del sindacato di legittimità in materia di associazione mafiosa. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, ribadendo che il suo ruolo non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato.

I Fatti del Caso: L’Ordinanza di Custodia Cautelare

La vicenda trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.) nei confronti di un soggetto, indagato per il delitto di associazione di tipo mafioso. L’accusa era di far parte di un sodalizio operante a Vittoria e nei comuni limitrofi.

L’indagato si era rivolto al Tribunale del riesame, il quale aveva però confermato la misura cautelare. Contro questa decisione, l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, contestando la sussistenza stessa del reato associativo.

Il Motivo del Ricorso: La Contestata Configurazione del Reato di Associazione Mafiosa

Il nucleo della difesa si concentrava sulla presunta mancanza di elementi sufficienti a configurare il reato di cui all’art. 416-bis del codice penale. In particolare, si sosteneva l’assenza della prova che il gruppo si avvalesse di una “forza di intimidazione” propria e derivante dal vincolo associativo, e non dal prestigio criminale di un singolo individuo. Secondo il ricorrente, mancavano gli elementi per dimostrare l’esteriorizzazione concreta di tale forza intimidatrice.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per diverse ragioni, delineando principi fondamentali sia in materia processuale che sostanziale.

L’Inammissibilità per Aspecificità e Merito

In primo luogo, il ricorso è stato giudicato aspecifico e volto a ottenere una rivalutazione del merito della vicenda. La Cassazione ha ricordato che il suo compito non è quello di giudicare nuovamente i fatti o di soppesare gli indizi, ma di controllare la legittimità della decisione. Se il provvedimento impugnato, come in questo caso, presenta una motivazione logica, coerente e giuridicamente corretta, la Corte non può intervenire, anche se sono prospettabili ricostruzioni alternative.

La Natura del Sodalizio e il Legame con l’Associazione Mafiosa Storica

Un punto cruciale della decisione riguarda la natura del gruppo criminale. La Corte ha chiarito che, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, non si trattava di una nuova associazione mafiosa, ma dell’articolazione attuale di un clan storico e già radicato sul territorio (la “Stidda”).

Questa impostazione è fondamentale: il potere intimidatorio del gruppo non doveva essere costruito da zero, ma derivava dalla fama e dalla storia criminale del clan di cui era espressione. La Corte ha inoltre menzionato la figura del “gruppo mafioso a soggettività differente”, un’organizzazione intermedia tra mafia storica e nuova formazione, caratterizzata dalla presenza di un soggetto già condannato per mafia in un ruolo apicale, la cui presenza conferisce di per sé un’impronta intimidatoria al gruppo.

La Valutazione degli Indizi e delle Intercettazioni

La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero fondato la loro decisione su un solido compendio probatorio, incluse numerose intercettazioni. Da queste emergeva un quadro chiaro delle attività del gruppo: dal tentato omicidio di un ex collaboratore di giustizia per “riprendersi il paese”, alla gestione di attività illecite come estorsioni e traffico di stupefacenti per alimentare la cassa comune. L’interpretazione di queste conversazioni, anche quando in linguaggio criptico, è stata ritenuta logica e coerente, e come tale non sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito. In casi complessi come quelli relativi all’associazione mafiosa, dove la prova si basa spesso su indizi e intercettazioni, il controllo di legittimità si concentra sulla tenuta logica e giuridica della motivazione dei giudici di merito. Se questa motivazione è completa, non manifestamente illogica e fondata su una corretta applicazione della legge, il ricorso che tenta di proporre una diversa lettura delle prove è destinato all’inammissibilità. La decisione conferma quindi la misura cautelare e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso per un’accusa di associazione mafiosa è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era aspecifico e mirava a una rivalutazione delle prove e dei fatti. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, ma solo verificare la correttezza giuridica e la logicità della loro motivazione.

Qual è la differenza tra una nuova associazione mafiosa e una branca di un clan storico?
Secondo la Corte, una branca di un clan storico, a differenza di una nuova associazione, non ha bisogno di costruire da zero la propria forza di intimidazione. Essa eredita e sfrutta la fama criminale e il potere di assoggettamento già consolidati sul territorio dall’organizzazione principale, rendendo la sua pericolosità immediatamente percepibile.

Può la Corte di Cassazione riesaminare il significato delle intercettazioni in un caso di mafia?
No, l’interpretazione del linguaggio usato nelle intercettazioni, anche se criptico, è una questione di fatto riservata al giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione fornita dal giudice di merito su tale interpretazione è manifestamente illogica o irragionevole, ma non può sostituirla con una propria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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