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Associazione mafiosa: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa, tentato omicidio e altri reati. La Corte ha stabilito che il ricorso mirava a una rivalutazione dei fatti e delle prove, compito che non spetta al giudice di legittimità. La decisione del Tribunale del riesame è stata considerata ben motivata, basata su intercettazioni e sulla continuità storica del clan mafioso, rendendo il ricorso generico e non pertinente.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Mafiosa: La Cassazione e i Limiti del Ricorso sulla Custodia Cautelare

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili del giudizio di legittimità in materia di misure cautelari per il reato di associazione mafiosa. La decisione conferma che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito, volto a una nuova valutazione delle prove. Analizziamo il caso per comprendere i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: L’Ordinanza di Custodia Cautelare

Il Tribunale del riesame di Catania aveva confermato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un individuo, indagato per gravi reati, tra cui:

* Associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), in particolare per l’appartenenza a uno storico clan operante nel territorio;
* Tentato omicidio pluriaggravato ai danni di un ex collaboratore di giustizia;
* Detenzione illegale, porto abusivo e ricettazione di armi da sparo, anche clandestine.

L’ordinanza si basava su un solido impianto probatorio, composto principalmente da numerose intercettazioni telefoniche e ambientali.

I Motivi del Ricorso dell’Indagato

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, affidandosi a due principali motivi:

1. Contestazione del reato di associazione mafiosa: Si sosteneva la mancanza di prove sufficienti sulla sussistenza del vincolo associativo e, in particolare, sull’uso concreto della forza di intimidazione derivante dal gruppo. Secondo la difesa, mancavano elementi per dimostrare che tale forza provenisse dall’associazione e non dal prestigio criminale di singoli individui.
2. Estraneità al tentato omicidio: Si contestava la gravità indiziaria riguardo al concorso nel tentato omicidio, sottolineando che nessuna intercettazione riportava conversazioni dell’indagato relative a tale delitto. La difesa argomentava che la semplice agevolazione di un atto non poteva tradursi in un contributo consapevole all’evento.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e volto a una rivalutazione dei fatti, estranea al proprio ambito di competenza. I giudici hanno sottolineato che al giudice di legittimità non è concesso alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli indizi o delle esigenze cautelari. Tali valutazioni spettano esclusivamente al giudice del riesame.

Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Inammissibile

La Suprema Corte ha articolato le sue motivazioni su diversi punti chiave.

In primo luogo, il ricorso è stato giudicato aspecifico, in quanto non si confrontava adeguatamente con la complessa e ben argomentata motivazione del provvedimento impugnato. La ricostruzione del Tribunale si fondava non solo su numerose intercettazioni, ma anche sulla loro coerenza con sentenze passate in giudicato che avevano già accertato l’esistenza e l’operatività della storica associazione mafiosa nella stessa zona.

La Corte ha poi affrontato il tema della configurazione del sodalizio criminale. I giudici di merito non avevano ipotizzato la nascita di una nuova associazione, ma l’attuale articolazione di un clan storico, composto da soggetti già appartenenti o contigui a detta ‘mafia storica’. L’obiettivo era eliminare ex collaboratori di giustizia per vendicarsi e riaffermare il predominio sul territorio. In questo contesto, anche il tentato omicidio assumeva una chiara matrice mafiosa, legata alle dinamiche e alle metodiche tipiche di tali organizzazioni.

Per quanto riguarda il coinvolgimento dell’indagato nel tentato omicidio, la Cassazione ha evidenziato come il provvedimento impugnato avesse valorizzato specifici elementi: la partecipazione dell’imputato all’appostamento nei giorni precedenti l’agguato e la messa a disposizione del covo dove i correi si sono rifugiati dopo l’azione. Questi contributi sono stati ritenuti altamente indicativi di un concorso consapevole nell’azione omicidiaria. La mancanza di intercettazioni dirette in cui l’indagato parlava del delitto è stata giudicata non decisiva di fronte alla significatività degli altri elementi indiziari.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non è una terza istanza di merito. Le censure che mirano a ottenere una diversa lettura delle prove o una differente ricostruzione dei fatti sono destinate all’inammissibilità. In materia di associazione mafiosa e misure cautelari, la motivazione del Tribunale del riesame, se logica, congrua e basata su un’analisi critica degli elementi a disposizione, è insindacabile in sede di legittimità. La decisione sottolinea inoltre l’importanza del contesto criminale e della continuità storica dei clan nel valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove, come le intercettazioni, fatta dal Tribunale del riesame?
No, la Corte di Cassazione non ha il potere di revisionare gli elementi materiali e fattuali o lo spessore degli indizi. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare le prove. L’interpretazione del linguaggio usato nelle intercettazioni è una questione di fatto riservata al giudice di merito.

Perché il coinvolgimento dell’indagato nel tentato omicidio è stato ritenuto gravemente indiziato, pur in assenza di sue conversazioni dirette sul reato?
Perché altri elementi sono stati considerati altamente indicativi del suo concorso consapevole. In particolare, la sua partecipazione all’appostamento nel luogo dell’agguato, la messa a disposizione del covo per la fuga dei correi e il successivo recupero di armi ed effetti personali sono stati ritenuti contributi concreti e consapevoli all’azione criminale.

Come ha inquadrato la Corte il gruppo criminale in questione?
La Corte ha specificato che non si trattava di una nuova associazione mafiosa, ma dell’articolazione attuale di un clan storico già radicato sul territorio. Questo gruppo, composto da esponenti storici e soggetti contigui, mirava a riaffermare il predominio della cosca, anche attraverso l’eliminazione di ex collaboratori di giustizia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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