Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3360 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3360 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VITTORIA il 26/11/1962
avverso l’ordinanza del 12/07/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG CINZIA PARASPORO GLYPH Q -Q(
RITENUTO IN FATTO
1, Si impugna l’ordinanza con la quale il Tribunale del riesame di Catania ha confermato nei confronti di Giunta Raffaele, l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere – emessa dal G.i.p. il 24.6.2024 – in relazione ai delitt associazione mafiosa (capo 1, in Vittoria e comuni limitrofi, in data antecedente al 25.4.2024, in permanenza), tentato omicidio pluriaggravato, detenzione illegale, porto abusivo e ricettazione di armi da sparo, anche clandestine.
Il ricorso proposto nell’interesse dell’indagato avverso tale ordinanza si affida a d motivi di seguito enunciati nei limiti nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. at proc. pen.’.
2.1. Col primo motivo si contesta la configurazione del reato di cui all’articolo 416-b cod. pen. ascritto anche al ricorrente. In particolare, si lamenta la mancanza di sufficien
elementi dimostrativi riguardo a tale reato, la cui sussistenza, trattandosi di rea associativo non puro, per essere affermata necessita della dimostrazione che gli accoliti si avvalgano, ossia facciano uso concreto della forza di intimidazione che il vincolo associativo deve possedere, non essendo sufficiente il mero programma di utilizzare la forza di intimidazione. E tale forza di intimidazione deve derivare dall’associazione, cio dal gruppo, dalla sua fama, dal vincolo associativo e non dal prestigio criminale di un singolo, laddove nel caso di specie mancano elementi idonei a supportare la sussistenza di tale forza di intimidazione e la sua estrinsecazione in concreto, esclusa dagli stess giudici territoriali che hanno qualificato le azioni dei presunti associati quali sinto mere aspirazioni laddove altri sono i soggetti che continuano a monopolizzare gli affari criminali del territorio.
2.2. Con il secondo motivo si contesta la gravità indiziaria in ordine al ritenu concorso del ricorrente nel reato di tentato omicidio aggravato ai danni di COGNOME NOME, ex collaboratore di giustizia, rispetto al quale nelle intercettazioni non registrano mai conversazioni in cui Giunta parla di tale delitto. In ogni caso la mer agevolazione di uno specifico atto non può di per sè risolversi in un contributo consapevole all’evento.
3.11 ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi dell’art 611 come modificato dall’art. 35 del d.lgs. del 30.12.2022 n. 150 – senza l’intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile perché aspecifico, e nella parte in cui opera un confronto, peraltro parziale, con il provvedimento impugnato prospetta comunque doglianze, che, per le modalità con cui sono poste, che attingono il merito mirando ad una rivalutazione, anche probatoria per giungere ad una diversa ricostruzione della vicenda, non sono deducibili nella presente sede di legittimità.
In proposito, è necessario ricordare che a questa Corte non possono essere sottoposti giudizi di merito. In particolare, con specifico riferimento all’impugnazione d provvedimenti adottati dal giudice del riesame, l’ordinamento non conferisce a questa Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali dell vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato e, quindi, l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di valutazion rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata chiest l’applicazione della misura cautelare, nonché del Tribunale del riesame.
Indi, ove il provvedimento impugnato contenga l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato, e non presenti illogicità evidenti, per la congrui delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento medesimo, lo stesso non si espone a censura alcuna (Sez. 6 n. 2146 del 25.05.1995, COGNOME, Rv. 201840; sez. 2 n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760; Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Rv, 269438), neppure allorquando si contesti la sussistenza stessa del reato – nel caso di specie associativo – sotto il profilo giuridico, ove la contestazione passa attraverso un process rivalutativo di tipo probatorio e fattuale a fronte di motivazione che dà, correttamente e adeguatamente, conto anche dei risvolti in diritto della ricostruzione data sulla base dell plurime emergenze processuali passate in rassegna.
A ciò si aggiunga che nel caso in esame la ricostruzione si fonda su una serie di numerose intercettazioni congruamente e criticamente valutate dai giudici di merito e ritenute, peraltro, in buona sostanza, anche convergenti in senso accusatorio con gli esiti delle pronunce passate in giudicato negli altri procedimenti penali che hanno visto accertata la sussistenza dell’associazione di stampo mafioso denominata COGNOME già operante nella medesima zona di Vittoria e Comiso cui ineriscono i fatti oggetto del presente procedimento.
Sicché non si può prescindere – neppure – dal fatto che anche rispetto all’applicazione e conferma delle misure cautelar’ vige il principio, affermato da questa Corte, secondo cui il vaglio di legittimità relativo alle intercettazioni può essere svolto solo nei limit manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui le intercettazioni stess sono recepite, in quanto l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimes alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massi di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di questa Corte (cfr. Sez. U, n. 22471 d 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
2.E nel caso di specie, invero, i giudici di merito, a differenza di quanto si assume i ricorso col primo motivo, hanno dato congruamente conto delle ragioni per le quali dovesse attribuirsi, nel contesto complessivo di riferimento, anche di tipo intercettivo, u determinato significato alle espressioni o frasi adoperate dai conversanti. Così, ad esempio, le affermazioni di COGNOME NOME (già esponente di spicco del clan vittoriese COGNOME–COGNOME, ex collaboratore di giustizia, e persona offesa del tentato omicidio perpetrato il 25.4.2024, della cui riconducibilità a COGNOME, COGNOME e Giunta giudici di merito non dubitano, come si dirà infra), il quale ad un certo punto esclama “questo sì voleva elevare, scannando a me ! Perché dice che si voleva prendere il paese, quello, quell’altro” (progr. 391 del 29.4.24), sono state coerentemente ricondotte alla vicenda omicidialla ai suoi danni, evidentemente da inquadrare, secondo i giudici di merito, anche alla luce del tenore di quanto proferito dalla vittima, nella corni associativa e nelle dinamiche proprie di questa, stante la finalità, trapelata anche da altr
intercettazioni, perseguita dai correi di conseguire, attraverso l’eliminazione degli e collaboratori di giustizia (nel caso specifico, COGNOME Roberto appunto), al contempo, un grado elevato e di eliminare soggetti scomodi, quali gli ex pentiti che tanto avevano nociuto alla cosca con le loro rivelazioni facendo prendere “venti, trent’anni”. Questi secondo la ricostruzione dei giudici di merito ricavata anche dalle conversazioni intercettate, ritornati sul territorio, si muovevano come una frangia alternativa contrapposta al punto che, come emerge da un’altra delle intercettazioni captate riportata nel provvedimento impugnato, COGNOME NOME nel conversare con COGNOME per telefono – nonostante fosse detenuto nel carcere di Ragusa – riferiva di aver detto, a chi gli aveva chiesto a chi doveva fare riferimento per risolvere una questione, se al ‘cuzzularu’, ossia all’ex collaboratore COGNOME NOME, così soprannominato, o ad uno di loro – NOME, nome di battesimo di COGNOME – che delle due l’una, o si rivolgeva ai carabinieri o a loro ossia ai ‘cristiani’ – termine adope in contrapposizione ai ‘munnizzari’ che erano gli altri del territorio non degni considerazione.
E tale programma dell’uccisione degli ex collaboratori di giustizia tornati sul territor alla cui realizzazione COGNOME, secondo la ricostruzione del provvedimento impugnato, si dedicò – unitamente agli altri acconti tra i quali il Giunta – una vo rimesso in libertà dopo essere stato nel 2019 arrestato e ristretto in carcere per delitti materia di armi – arresto che gli aveva impedito di realizzare il disegno già all’epoc delineato unitamente ai suoi accoliti di attentare alla vita di ex collaboratori di giust tra i quali lo stesso COGNOME NOME – avrebbe appunto trovato, questa volta, puntuale estrinsecazione il 25 aprile 2024, allorquando veniva perpetrato un agguato ai danni dell’ex collaboratore NOME COGNOME, detto “COGNOME“, colpito mentre viaggiava in auto da diversi colpi di arma da fuoco dopo un prolungato appostamento di cui si trovarono numerose tracce: azione che non essendo andata a buon fine si intendeva peraltro replicare come risulta da una intercettazione del 28 maggio 2024 tra il COGNOME e COGNOME (riportata a pag. 8 dell’ordinanza impugnata).
E a tale programma, come al più vasto dell’associazione in argomento, il ricorrente non è stato rìtenuto estraneo dai giudici di merito, per avere egli – secondo quanto dagli stessi evidenziato nel provvedimento impugnato – posto in essere svariate attività a vantaggio del gruppo associativo, che a differenza di quanto assunto dalla difesa, non si sarebbero affatto esaurite nell’aiuto episodico di COGNOME e COGNOME a sottrarsi alle ricerche delle forze dell’ordine, avendo piuttosto, il Giunta, interagito sistematicamente con essi adoperandosi, oltre che per assicurare loro libertà di movimento ed azione, per garantire la prosecuzione delle comunicazioni tra í sodali e per procurare le armi necessarie al clan (si fa in particolare riferimento sia al recupero delle armi dal covo ove si erano rifugiati gli autori del tentato omicidio subito dopo il delitto e a interessamento per reperirne di nuove il 28 maggio).
Peraltro, nel caso di specie, il ricorso mira non tanto a sovvertire il significato lette delle frasi pronunciate dai conversanti quanto piuttosto ad attribuirvi una valenza diversa estrapolandole dal complessivo contesto ricostruttivo in cui si inseriscono, al fine d sostenere una ricostruzione alternativa alla configurabilità dell’associazione di stampo mafiosa, ricostruzione alternativa che tuttavia rimane ancorata a valutazioni parziali, oltre che soggettive, del compendio probatorio.
Soprattutto il ricorso non considera, peccando quindi innanzitutto di genericità, che l’impostazione di fondo seguita dai giudici di merito – che si muove negli ambiti anche di tipo intercettivo sopra descritti oltre che, come si dirà infra, alla luce delle sentenze passate in giudicato – non è quella della configurazione di una nuova associazione, rispetto alla quale i colloqui intercettati nulla di concreto apporterebbero emergendo da essi, secondo l’impostazione difensiva, unicamente il tentativo degli interlocutori d accreditarsi come nuovi mafiosi verso la collettività, ma quella di ritenere che si sia fronte ad una compagine associativa costituente espressione dell’associazione di stampo mafioso denominata COGNOME, da tempo imperante sul territorio come definitivamente accertato all’esito di plurimi procedimenti penali celebrati innanzi a varie autori giudiziarie del distretto di Catania e definiti, molti di essi, con sentenze irrevocabili ( tante vengono citate le sentenze della Corte di assise di Catania e di Siracusa, che per prima ha riconosciuto l’esistenza e l’operatività dell’associazione mafiosa facente capo a NOME e ai collaboratori di giustizia COGNOME NOME, NOME e NOME, oltre quella del Tribunale di Ragusa e della Corte dì appello di Catania che hanno accertato gli ultimi reggenti del sodalizio identificandoli un COGNOME NOME e COGNOME NOME).
Secondo l’articolata ricostruzione svolta nell’ordinanza impugnata, si è in presenza di un gruppo organizzato da uno storico esponente della “Stidda”, NOME COGNOME, e composto da soggetti tutti già appartenenti o contigui a detta “mafia storica”, tra i qua i suindicati COGNOME e COGNOME NOME, con l’obiettivo, tra l’altro, di uccidere gl collaboratori di giustizia tornati dopo anni sul territorio, per vendicare le chiamate in r ma soprattutto confermare il predominio della cosca.
In altri termini, non si tratta, secondo il Tribunale, di un’associazione mafiosa di nuov costituzione ma dell’articolazione attuale di un clan storico, il gruppo RAGIONE_SOCIALE, costituente espressione a Vittoria della Stidda gelese, in relazione al quale la sussistenza degli elementi costitutivi è stata già affermata con sentenze passate in giudicato (puntualmente richiamate).
E con tale impostazione il ricorso non opera alcun confronto specifico.
2.1. Al riguardo deve, per altro verso, pure darsi atto, che la giurisprudenza dì questa Corte, cui ha fatto opportuno riferimento il Procuratore Generale nella requisitoria scritt ha delineato una figura intermedia tra mafia storica e nuova formazione mafiosa, costituita dalle organizzazioni che hanno all’interno, con ruolo apicale, soggetto già condannato, in via definitiva, per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen.
Sez. 2, n. 24901 de117/05/2024, Rv. 286689 – 01 che ha affermato che in tema di associazione di tipo mafioso, deve intendersi “gruppo mafioso a soggettività differente” il sodalizio composto da soggetto già condannato, in via definitiva, per partecipazione a una determinata associazione di tipo mafioso che, scontata la pena, abbia ripreso le attività delittuose e da altri individui, originariamente estranei a fattispecie associativ tal genere, che si siano aggregati al pregiudicato mafioso, intraprendendo, insieme a quest’ultimo, attività criminali diffuse sul territorio. Cfr. la medesima pronuncia con R Rv. 286689 – 02, che ha altresì affermato che in tema di associazione di tipo mafioso, la figura del “gruppo mafioso a soggettività differente”, per la particolarità della formazione per l’inserimento al suo interno, con ruolo organizzativo, di soggetto già condannato, in via definitiva, per il delitto di cui all’art. 416-bis 1 cod. pen. e per il carattere intimidatorio nei confronti della collettività derivante da tale presenza, integra una fattispec associativa intermedia tra mafie nuove e mafie storiche, necessariamente dotata di capacità di esteriorizzare il potere intimidatorio e di imporre una nuova e diffus condizione di omertà, mutuante, per gemmazione, i caratteri tipici dell’organizzazione in passato operante sullo stesso territorio).
2.2. Il motivo in scrutinio, in realtà, attacca unicamente la parte del provvedimento che, in via gradata, osserva che in ogni caso nell’aggregato in esame sono ravvisarmi il controllo del territorio e la capacità di assoggettamento dei consociati. Né, esso, considera che l’estrinsecazione dei caratteri che contraddistinguono l’associazione mafiosa – capacità intimidatoria, assoggettamento ed omertà – i giudici di merito la desumono sulla base di plurimi elementi ritenuti assolutamente significativi del carattere mafioso del gruppo coi quali il ricorso non opera un compiuto confronto.
Molteplici innanzitutto, come detto, sono i riferimenti alle svariate intercettazioni ch registrano, oltre che estorsioni in fieri portate avanti con modalità tipicamente mafiosa ed attività condivise dal gruppo legate agli stupefacenti, la presenza costante sul territorio, Vittoria in particolare, ad onta delle indagini, immediatamente scattate all’indomani del tentato omicidio, di componenti del gruppo che, rifugiatisi in un primo momento, subito dopo l’agguato, in un nascondiglio preventivamente predisposto, muniti di armi, sarebbero poi usciti allo scoperto, facendosi vedere in giro – così in particolare riferis COGNOME in una conversazione del 7.5.2024 intrattenuta con COGNOME – per far sentire la loro presenza (intimando anzi agli altri di scegliere da che parte stare sottolineando che essi – COGNOME e COGNOME, i due interlocutori della conversazione – stanno l’uno “ìn questa punta ” e l’altro nel!’ “altra punta”).
Va solo, infine, evidenziato che, a ben vedere, il ricorso, rispetto al tentato omicidi dall’indubbia valenza, oltre che matrice, mafiosa, rimandando, esso, alle dinamiche tipiche della mafia e alle loro metodiche attuative, ben note a collettività da tempo ad esse soggiogata, ha inteso contestarne la riconducibilità al ricorrente, col secondo motivo di ricorso (di cui si dirà infra), glissando del tutto sul rilievo che tale fatto omicidiario ha
invece assunto nell’ambito della ricostruzione della fattispecie associativa svolta dai giudici di merito, che hanno giustamente valorizzato anche tale azione di fuoco ai fini della configurazione del reato associativo, senza peraltro tralasciare di evidenziare il pieno coinvolgimento del Giunta nel delitto e quindi nel piano criminoso di fondo che lo contemplava.
La difesa, in definitiva, non considera il complessivo impianto probatorio su cui si poggia la ricostruzione svolta nel provvedimento impugnato che, tra l’altro, come sopra detto, opera corposi riferimenti alle eloquenti intercettazioni telefoniche ed ambientali.
Sicché, a fronte di una censura che mira a sminuire, se non sovvertire, la ricostruzione svolta nel provvedimento impugnato estrapolando aspetti dal tessuto probatoriomotivazionale e facendo leva sui principi astratti in tema di associazione di stampo mafioso e di nuove articolazioni, e che pretende di dimostrare attraverso uno spaccato parziale delle risultanze processuali che nel caso di specie il gruppo organizzato non avrebbe assunto i connotati dell’associazione di tipo mafiosa, la conclusione del vaglio di questa Corte non può che avere come epilogo la valutazione in termini di inammissibilità del motivo in scrutinio.
3.Quanto al secondo motivo, esso è parimenti generico, non confrontandosi con tutti gli indizi valorizzati nel provvedimento impugnato, che il ricorrente tende a parcellizzare e sminuire.
Dalla ricostruzione operata nell’ordinanza impugnata emerge che COGNOME partecipò all’appostamento effettuato nel luogo dell’agguato il 23 aprile 2024 (due giorni prima dell’effettivo compimento del tentato omicidio) e mise a disposizione il covo, a Pozzallo, dove NOME COGNOME e COGNOME – ritenuti, il primo, esecutore materiale e il secondo il mandante, si rifugiarono dopo l’azione criminosa.
In particolare, per l’appostamento, del quale vengono indicate nell’ordinanza di riesame le coordinate temporali, la presenza in loco dalle 8:41 alle 10:59 e dalle 12:31 alle 12:46 – solo genericamente contestata nel ricorso – non è compatibile con un ordinario attraversamento di strada, con un transito occasionale come ben evidenziano í giudici di merito.
Ma anche l’epoca della locazione del covo – ottobre 2023 pochi mesi dopo la scarcerazione di COGNOME – rispetto alla quale il provvedimento impugnato offre una motivazione non illogica, non è dirimente. A prescindere infatti dalla finalizzazione ab origine della locazione al compimento della specifica azione delittuosa, su cui tende a far leva il ricorso, quel che rileva è la messa a disposizione, da parte del ricorrente dell’immobile nella delicata circostanza indicata che richiedeva che i correi avessero a disposizione un luogo ove rifugiarsi, evidentemente preventivamente concordato coi Giunta. In realtà nel provvedimento impugnato allorquando si tratta della partecipazione del ricorrente all’associazione di tipo mafioso si indicano ulteriori elementi utili anche fini che occupano, in particolare si mette in luce che il Giunta il 16 maggio aveva
provveduto anche a recuperare gli effetti personali e le armi abbandonati nel covo di INDIRIZZO in seguito alla fuga dei coindagati.
Tali contributi, con argomenti adeguati anche sotto il profilo giuridico, sono stati riten altamente indicativi del concorso consapevole del ricorrente nell’azione omicidiaria per avere egli, con le indicate condotte, agevolato la consumazione del delitto ed aumentato le possibilità di realizzazione dell’illecito, anche per effetto del rafforzamento d determinazione dell’esecutore materiale (cfr. per tutte, in tal senso, Sez. 2, n. 48276 del 24/11/2022, Rv. 284299 – 01 citata nel provvedimento impugnato, nonché Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, Rv. 226101 – 01, che, pronunciandosi in tema di concorso di persone nel reato, ha affermato che il contributo causale del concorrente morale può manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa, quali istigazione o determinazione all’esecuzione del delitto, agevolazione alla sua preparazione o consumazione, rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso e che il giudice di merito ha l’obbligo di motivare – obbligo da ritenersi assol nella presente vicenda cautelare – sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata).
Dati la cui significatività, in termini di gravità indiziaria, come sottolinea il Procur generale nella requisitoria scritta, non può essere esclusa dal fatto – segnalato in ricorso – che la partecipazione del Giunta al delitto non sia risultata dalle intercettazioni.
Alla luce di quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla sua volontà- al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro 3.000,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.
Dal momento che alla presente decisione non consegue la rimessione in libertà dell’indagato, devono essere curati dalla Cancelleria gli adempimenti dì cui al dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, co. 1-ter, disp. att. co proc. pen.