Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2457 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2457 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a VITTORIA il 17/12/1973
9A – P – z.. L &P” avverso l’ordinanza del 12/07/2024 del TRIB. 4=3′ di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG CINZIA PARASPORO
RITENUTO IN FATTO
Si impugna l’ordinanza con la quale il Tribunale del riesame di Catan confermato nei confronti di NOME COGNOME, l’ordinanza applicativa della cu cautelare in carcere – emessa dal G.i.p. il 24.6.2024 – in relazione ai associazione mafiosa (capo 1, in Vittoria e comuni limitrofi, in data anteced 25.4.2024, ìn permanenza), tentato omicidio pluriaggravato, detenzione illegale, abusivo e ricettazione di armi da sparo, anche clandestine.
Il ricorso proposto nell’interesse dell’indagato avverso tale ordinanza si af motivi di seguito enunciati nei limiti nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, dì proc. pen.
2.1. Col primo motivo si denunciano violazione di legge e illogicità della motivazione con riferimento alla sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di associazi mafiosa e della aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Si contestano le argomentazioni del Tribunale secondo cui il gruppo sarebbe articolazione attuale di un clan storico e comunque ricorrerebbero i presupposti della forza intimidatrice e del conseguente assoggettamento.
2.2. Con il secondo motivo si eccepisce l’inutilizzabilità dei profili genetici rileva luoghi del tentato omicidio, estratti senza rispetto del contraddittorio e sen esplicitazione delle metodiche di repertazione; si contesta comunque la motivazione sui gravi indizi di colpevolezza in ordine a tale delitto.
2.3.Con il terzo motivo si denunciano violazione di legge e mancanza di motivazione sulle esigenze cautelari e sulla inidoneità di misure meno gravi.
3.11 ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi dell’art 611 come modificato dall’art. 35 del d.lgs. del 30.12.2022 n. 150 – senza l’intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile perché aspecifico, e nella parte in cui opera un confronto, peraltro parziale, con il provvedimento impugnato prospetta comunque doglíanze, che, per le modalità con cui sono poste, che attingono il merito mirando ad una rivalutazione, anche probatoria, per giungere ad una diversa ricostruzione della vicenda, non sono deducibili nella presente sede di legittimità.
In proposito, è necessario ricordare che a questa Corte non possono essere sottoposti giudizi di merito. In particolare, con specifico riferimento all’impugnazione d provvedimenti adottati dal giudice del riesame, l’ordinamento non conferisce a questa Corte di Cassazìone alcun potere dì revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato e, quindi, l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di valutazion rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata chiest l’applicazione della misura cautelare, nonché del Tribunale del riesame.
Indi, ove il provvedimento impugnato contenga l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato, e non presenti illogicità evidenti, per la congrui delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento medesimo, lo stesso non sì espone a censura alcuna (Sez. 6 n. 2146 del 25.05.1995, COGNOME, Rv. 201840; sez. 2 n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760; Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Rv, 269438),
neppure allorquando si contesti la sussistenza stessa del reato – nel caso di specie associativo – sotto il profilo giuridico, ove la contestazione passa attraverso un processo rivalutativo di tipo probatorio e fattuale a fronte di motivazione che dà, correttamente e adeguatamente, conto anche dei risvolti in diritto della ricostruzione data sulla base dell plurime emergenze processuali passate in rassegna.
A ciò si aggiunga che nel caso in esame la ricostruzione si fonda su una serie di numerose intercettazioni congruamente e criticamente valutate dai giudici di merito e ritenute, peraltro, in buona sostanza, anche convergenti in senso accusatorio con gli esiti delle pronunce passate in giudicato negli altri procedimenti penali che hanno visto accertata la sussistenza dell’associazione di stampo mafioso denominata COGNOME già operante nella medesima zona di Vittoria e Comiso cui ineriscono i fatti oggetto del presente procedimento.
Sicché non si può prescindere – neppure – dal fatto che anche rispetto all’applicazione e conferma delle misure cautelari vige il principio, affermato da questa Corte, secondo cui il vaglio di legittimità relativo alle intercettazioni può essere svolto solo nei limit manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui le intercettazioni stess sono recepite, in quanto l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rime alla valutazione del giudice dì merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massi di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di questa Corte (cfr. Sez. U, n. 22471 d 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
2.E nel caso di specie, invero, i giudici di merito, a differenza di quanto si assume i ricorso col primo motivo, hanno dato congruamente conto delle ragioni per le quali dovesse attribuirsi, nel contesto complessivo di riferimento anche di tipo intercettivo, u determinato significato alle espressioni o frasi adoperate dai conversanti. Così, ad esempio, le affermazioni di COGNOME NOME (già esponente di spicco del clan vittoriese COGNOME, ex collaboratore di giustizia, e persona offesa del tentato omicidio perpetrato ìl 25.4.2024, della cui riconducibilità a COGNOME e COGNOME i giudici merito non dubitano, come si dirà infra), il quale ad un certo punto esclama “questo si voleva elevare, scannando a me ! Perché dice che si voleva prendere il paese, quello, quell’altro” (progr. 391 del 29.4.24), sono state coerentemente ricondotte alla vicenda omicidiaria ai suoi danni, evidentemente da inquadrare, secondo i giudici di merito, anche alla luce del tenore dì quanto proferito dalla vittima, nella cornice associativa e ne dinamiche proprie di questa, stante la finalità, trapelata anche da altre intercettazion perseguita dai correi di conseguire, attraverso l’eliminazione degli ex collaboratori giustizia (nel caso specifico, COGNOME NOME appunto), al contempo, un grado elevato e di eliminare soggetti scomodi, quali gli ex pentiti che tanto avevano nociuto alla cosca con le loro rivelazioni facendo prendere “venti, trent’anni”. Questi, secondo l ricostruzione dei giudici di merito ricavata anche dalle conversazioni intercettate, ritorn
sul territorio, si muovevano come una frangia alternativa e contrapposta al punto che, come emerge da una delle intercettazioni captate riportata nel provvedimento impugnato, COGNOME NOME nel conversare con COGNOME per telefono nonostante fosse detenuto nel carcere di Ragusa – riferiva di aver detto, a chi gli aveva chiesto a chi doveva fare riferimento per risolvere una questione, se al ‘cuzzularu’, ossia all’ex collaboratore COGNOME NOME, così soprannominato, o ad uno di loro NOME nome di battesimo di COGNOME – che delle due l’una, o si rivolgeva ai carabinieri o a loro ossia ai ‘cristiani’ – termine adoperato in contrapposizione ‘munnizzari’ che erano gli altri del territorio non degni di considerazione.
E tale programma dell’uccisione degli ex collaboratori di giustizia tornati sul territo alla cui realizzazione COGNOME, secondo la ricostruzione del provvedimento impugnato, si dedicò – unitamente agli altri accoliti tra i quali il COGNOME – una v rimesso in libertà dopo essere stato nel 2019 arrestato e ristretto in carcere per delitti materia di armi – arresto che gli aveva impedito di realizzare il disegno già all’epoc delineato unitamente ai suoi accoliti di attentare alla vita di ex collaboratori di gius tra i quali lo stesso COGNOME COGNOME – avrebbe appunto trovato, questa volta, puntuale estrinsecazione il 25 aprile 2024, allorquando veniva perpetrato un agguato ai danni dell’ex collaboratore NOME COGNOME detto “COGNOME“, colpito mentre viaggiava in auto da diversi colpi di arma da fuoco dopo un prolungato appostamento di cui si trovarono numerose tracce: azione che non essendo andata a buon fine si intendeva peraltro replicare come risulta da una intercettazione del 28 maggio 2024 tra il ricorrente e COGNOME (riportata a pag. 9 dell’ordinanza impugnata).
Peraltro, nel caso di specie, il ricorso mira non tanto a sovvertire il significato lett delle frasi pronunciate dai conversanti quanto piuttosto ad attribuirvi una valenza diversa estrapolandole dal complessivo contesto ricostruttivo in cui si inseriscono, al fine sostenere una ricostruzione alternativa alla configurabilità dell’associazione di stampo mafiosa, ricostruzione alternativa che tuttavia rimane ancorata a valutazioni parziali oltre che soggettive, del compendio probatorio.
Soprattutto il ricorso non considera, peccando quindi innanzitutto di genericità, che l’impostazione dì fondo seguita dai giudici di merito – che si muove negli ambiti anche di tipo intercettivo sopra descritti oltre che, come si dirà infra, alla luce delle sentenze passate in giudicato – non è quella della configurazione di una nuova associazione, rispetto alla quale i colloqui intercettati nulla di concreto apporterebbero emergendo da essi, secondo l’impostazione difensiva, unicamente il tentativo degli interlocutori d accreditarsi come nuovi mafiosi verso la collettività, ma quella di ritenere che si sia fronte ad una compagine associativa costituente espressione dell’associazione dì stampo mafioso denominata COGNOME, da tempo imperante sul territorio come definitivamente accertato all’esito di plurimi procedimenti penali celebrati innanzi a varie autor giudiziade del distretto di Catania e definiti, molti di essi, con sentenze irrevocabili (t
tante vengono citate le sentenze della Corte di assise di Catania e di Siracusa, che per prima ha riconosciuto l’esistenza e l’operatività dell’associazione mafiosa facente capo a NOME e ai collaboratori di giustizia COGNOME NOME, NOME e NOME, oltre quella del Tribunale dì Ragusa e della Corte di appello di Catania che hanno accertato gli ultimi reggenti del sodalizio identificandoli un COGNOME NOME e NOME).
Secondo l’articolata ricostruzione svolta nell’ordinanza impugnata, si è in presenza di un gruppo organizzato da uno storico esponente della “Stidda”, NOME COGNOME, e composto da soggetti tutti già appartenenti o contigui a detta “mafia storica”, tra i qua il COGNOME e COGNOME Andrea, con l’obiettivo, tra l’altro, di uccidere gli ex collabora di giustizia tornati dopo anni sul territorio, per vendicare le chiamate in reità soprattutto confermare il predominio della cosca.
In altri termini, non si tratta, secondo il Tribunale, di un’associazione mafiosa di nuov costituzione ma dell’articolazione attuale di un clan storico, il gruppo RAGIONE_SOCIALE, costituente espressione a Vittoria della Stidda gelese, in relazione al quale la sussistenza degli elementi costitutivi è stata già affermata con sentenze passate in giudicato (puntualmente richiamate).
E con tale impostazione il ricorso non opera alcun confronto specifico.
2.1. Al riguardo deve, per altro verso, pure darsi atto, che la giurisprudenza di questa Corte, cui ha fatto opportuno riferimento il Procuratore Generale nella requisitoria scritt ha delineato una figura intermedia tra mafia storica e nuova formazione mafiosa, costituita dalle organizzazioni che hanno all’interno, con ruolo apicale, soggetto già condannato, in via definitiva, per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen Sez. 2, n, 24901 de/ 17/05/2024, Rv. 286689 – 01 che ha affermato che, in tema di associazione di tipo mafioso, deve intendersi “gruppo mafioso a soggettività differente” il sodalizio composto da soggetto già condannato, in via definitiva, per partecipazione a una determinata associazione di tipo mafioso che, scontata la pena, abbia ripreso le attività delittuose e da altri individui, originariamente estranei a fattispecie associati tal genere, che si siano aggregati al pregiudicato mafioso, intraprendendo, insieme a quest’ultimo, attività criminali diffuse sul territorio. Cfr. la medesima pronuncia con Rv. 286689 – 02, che ha altresì affermato che in tema di associazione di tipo mafioso, la figura del “gruppo mafioso a soggettività differente”, per la particolarità della formazion per l’inserimento al suo interno, con ruolo organizzativo, di soggetto già condannato, in via definitiva, per il delitto di cui all’art. 416-bis, cod. pen. e per il carattere intimidatori nei confronti della collettività derivante da tale presenza, integra una fattispec associativa intermedia tra mafie nuove e mafìe storiche, necessariamente dotata di capacità dì esteriorizzare il potere intimidatorio e di imporre una nuova e diffus condizione di omertà, mutuante, per gemmazione, i caratteri tipici dell’organizzazione in passato operante sullo stesso territorio).
2.2. Il motivo in scrutinio, in realtà, attacca unicamente la parte del provvediment che, in via gradata, osserva che in ogni caso nell’aggregato in esame sono ravvisabili il controllo del territorio e la capacità di assoggettamento dei consociati. Né, esso considera che l’estrinsecazione dei caratteri che contraddistinguono l’associazione mafiosa – capacità intimidatoria, assoggettamento ed omertà – i giudici di merito la desumono sulla base di plurimi elementi ritenuti assolutamente significativi del carattere mafioso del gruppo coi quali il ricorso non opera un compiuto confronto.
Molteplici innanzitutto, come detto, sono i riferimenti alle svariate intercettazioni registrano, oltre che estorsioni in fieri portate avanti con modalità tipicamente mafiosa ed attività condivise dal gruppo legate agli stupefacenti, la presenza costante sul territorio Vittoria in particolare, ad onta delle indagini, immediatamente scattate all’indomani de tentato omicidio, di componenti del gruppo che, rifugiatisi in un primo momento, subito dopo l’agguato, in un nascondiglio preventivamente predisposto, muniti di armi, sarebbero poi usciti allo scoperto, facendosi vedere in giro – così in particolare riferi proprio COGNOME in una conversazione del 7.5.2024 intrattenuta con COGNOME – per far sentire la loro presenza (intimando anzi agli altri di scegliere da che parte sta sottolineando che essi – COGNOME e COGNOME, i due interlocutori della conversazione – stanno l’uno “in questa punta ” e l’altro nen’ “altra punta”).
Va solo, infine, evidenziato che, a ben vedere, il ricorso, rispetto al tentato omicid dall’indubbia valenza, oltre che matrice, mafiosa, rimandando, esso, alle dinamiche tipiche della mafia e alle loro metodiche attuatíve, ben note a collettività da tempo a esse soggiogata, ha inteso contestarne la riconducíbilità al ricorrente, col secondo motivo dì ricorso (peraltro, come si dirà, pure a fronte del granitico coacervo probator delineato nel provvedimento impugnato), glissando del tutto sul rilievo che tale fatto omicidiario ha invece assunto nell’ambito della ricostruzione della fattispecie associativa svolta dai giudici dì merito che hanno giustamente valorizzato anche tale azione di fuoco ai fini della configurazione del reato associativo.
La difesa, in definitiva, non considera il complessivo impianto probatorio su cui si poggia la ricostruzione svolta nel provvedimento impugnato che, tra l’altro, come sopra detto, opera corposi riferimenti alle eloquenti intercettazioni telefoniche ed ambientali cui valutazione il motivo in scrutinio ha invece ritenuto di etichettare e liquid genericamente come ‘distorta’ rispetto all’effettivo dato audio-letterale.
Sicché, a fronte di una censura che mira a sminuire, se non sovvertire, la ricostruzione svolta nel provvedimento impugnato estrapolando aspetti dal tessuto probatorìomotivazionale e facendo leva sui principi astratti in tema di mafìe storiche e di nuove articolazioni, e che pretende clí dimostrare attraverso uno spaccato parziale delle risultanze processuali che nel caso di specie il gruppo organizzato non avrebbe assunto i connotati dell’associazione di tipo mafiosa, la conclusione del vaglio di questa Corte non
può che avere come epilogo la valutazione in termini di inammissibilità del motivo in scrutinio.
3.Quanto al secondo motivo, esso è parimenti generico lamentando il mancato rispetto delle regole di estrapolazione del profilo genetico presente sui reperti senza neppure specificare in cosa sarebbe consistita tale violazione, di fatto poi ricondotta all mancata instaurazione del contraddittorio, né tanto meno precisare se dalla presunta violazione sia derivata effettivamente l’impossibilità di ripetere l’accertamento sul d.n. che viene apoditticamente definito irripetibile in virtù della mera asserzione generica della mancata applicazione delle regole che disciplinano le modalità di prelievo, e, nel suo complesso, inutilizzabile anche per la mancata esplicitazione delle metodiche adottate per la repertazione dei profili genetici.
Né si considera che, come precisa lo stesso motivo in scrutinio, il mancato rispetto delle indicate regole comporta unicamente che l’esito dell’accertamento non avrà una valenza autonoma ma è suscettibile di apprezzamento solo in chiave di eventuale conferma di altri elementi probatori (cfr. per tutte, Sez. 5, n. 36080 del 27/03/2015, Rv. 264863 – 01, che ha affermato che in tema di indagini genetiche, l’analisi comparativa del DNA svolta in violazione delle regole procedurali prescritte dai Protocolli scientifi internazionali in materia di repertazione e conservazione dei supporti da esaminare, nonché di ripetizione delle analisi, comporta che gli esiti di “compatibilità” del prof genetico comparato non abbiano il carattere di certezza necessario per conferire loro una valenza indiziante, costituendo essi un mero dato processuale, privo di autonoma capacità dimostrativa e suscettibile di apprezzamento solo in chiave di eventuale conferma di altri elementi probatori); e nel caso di specie la riconducibilità del tenta omicidio al ricorrente poggia su ben altri elementi, ben evidenziati nel provvedimento impugnato (tra i quali le intercettazioni richiamate nell’ordinanza di riesame, che secondo i giudici dì merito, denotano un quadro chiarissimo, con plurime esternazioni da parte dello stesso COGNOME di essere l’autore materiale del tentato omicidio, cfr. per tutte, a pag. 7 del provvedimento impugnato, il progressivo 114 del 10.5.2024), del tutto incompatibili col preteso vaneggiamento a cui il ricorso vorrebbe rìdurre l’esternazione del COGNOME, e rispetto ai quali i rilievi difensivi non hanno pregio, protendendo, peraltr verso un’interpretazione differente delle risultanze istruttorie non ammessa nella presente sede di legittimità. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il Tribunale del riesame ha, peraltro, osservato che nella relazione comparativa viene indicata la metodologia seguita per l’estrazione e identificazione del DNA, argomentazione con cui il ricorso non si confronta, e che la repertazione non poteva effettuarsi nel contraddittorio con autori del fatto non ancora individuati.
Laddove, per altro verso ancora, in tema dì inutilizzabilità di una prova, questa Corte ha già avuto modo di osservare che nel caso in cui sì adduce la inutilizzabilità di una prova è onere della parte che la eccepisce, pena l’inammissibilità del rìcorso per
genericità del motivo, non solo indicare gli atti specificamente affetti dal vizio ma anc chiarirne la incidenza sul complessivo compendio indiziarlo già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, COGNOME, Rv. 243416), laddove nel caso di specie, pur emergendo, come detto, che plurimi sono gli indizi posti a base della riconducibilità del fatto al ricorrente, il r tace in ordine alla decisività, ai fini della decisione, delle risultanze dell’accertam tecnico di cui si assume la inutilizzabilità; sicché la censura sollevata sul punto riman irrimediabilmente affetta da genericità.
4.Inammissibile, infine, è anche la censura relativa alle esigenze cautelari.
Correttamente il Tribunale ha richiamato la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod, proc. pen. evidenziando in concreto l’estrema pericolosità del COGNOME, quale direttamente evincibile dalla lettura dei brani delle intercettazioni riportati nell’ordin che rimandano a fatti recentissimi, e di considerevole gravità; valutazione in termini di pericolosità, peraltro, non superata da elementi di segno contrario idonei a far ritener vinta la presunzione imposta dalla legge (non emersi né indicati dalla difesa che si limita ancora una volta a contestare la ricostruzione probatoria oltre che a rappresentare circostanze generiche di certo non dirimenti, quali la mancata realizzazione dell’impresa omìcídiaria).
Nel caso di specie il Tribunale ha, anche in tal caso, fornito congrua motivazione e, pur potendolo fare, non sì è trincerato dietro la presunzione di pericolosità dì cui al disposizione suindicata, avendo imperniato il giudizio cautelare anche proprio sull’esame delle condotte di rilievo tenute dal ricorrente, non mancando di evidenziare come le risultanze investigative tratteggino la figura del ricorrente come di estrema pericolosit sociale attestandone l’assoluta incontenibile propensione alla sopraffazione e alla violenza, con la programmazione ostinata dell’omicidio di ex collaboratori di giustizia, perseguita con determinazione ad onta del fallimento del progetto di uccisione del COGNOME e delle serrate indagine di forze dell’ordine e magistratura.
In concreto viene argomentato anche il pericolo di fuga, giustamente desunto dalla protratta irreperibilità e dalla disponibilità di covi e nascondigli palesata dalle indagini
In definitiva nel caso in esame non solo non è emerso né è stato dimostrato un allontanamento dal clan, tale da indicare il superamento della presunzione semplice, di cui all’art. 275 c. 3, c.p.p., ma sono stati ravvisati elementi, da considerarsi in un qua di insieme, indicativi del contrario. D’altronde nella nozione dì “elementi dì favor rientrano soltanto í dati di natura oggettiva aventi rilievo concludente, con esclusion delle mere posizioni difensive negatorie o delle prospettazioni di tesi interpretati alternative, assorbite nel caso di specie nell’apprezzamento complessivo cui procedeva il Giudice de libertate.
Ne consegue la linearità e piena congruità della motivazione adottata dal Tribunale anche sul punto specifico ed il conseguente profilo di inammissibilità delle censure in questione.
Alla luce di quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod, proc. pen., consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla sua volontà- al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro 3.000,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.
Dal momento che alla presente decisione non consegue la rimessione in libertà dell’indagato, devono essere curati dalla Cancelleria gli adempimenti di cui al dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma dì euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, co. 1-ter, disp. att. co proc. pen.
Cosi deciso il 29/10/2024.
Il Consigliere estensore sa