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Associazione mafiosa: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo sottoposto a custodia cautelare per associazione mafiosa. La Corte ha ritenuto i motivi di ricorso generici e manifestamente infondati, confermando la valutazione del tribunale del riesame sui gravi indizi di colpevolezza e sulla persistenza delle esigenze cautelari, basate non solo sulle dichiarazioni di collaboratori ma anche su specifiche intercettazioni.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Mafiosa: La Cassazione Sancisce l’Inammissibilità del Ricorso Generico

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43203/2024, ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi contro le misure di custodia cautelare per il reato di associazione mafiosa. La pronuncia sottolinea come la genericità dei motivi e la richiesta di una nuova valutazione del merito portino inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Questo caso offre uno spaccato significativo sulla rigidità con cui vengono valutati gli elementi a sostegno delle accuse di criminalità organizzata.

I Fatti del Caso: L’Ordinanza di Custodia Cautelare

Il procedimento trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Catania nei confronti di un soggetto, gravemente indiziato del delitto di cui all’art. 416-bis del codice penale. L’accusa contestava la sua partecipazione, dal 2015 al novembre 2022, a un’articolazione locale di un noto clan mafioso operante nel territorio di Paternò.

L’indagato proponeva richiesta di riesame, che veniva però rigettata dal Tribunale di Catania, il quale confermava la solidità del quadro indiziario e la sussistenza delle esigenze cautelari. Contro questa decisione, la difesa presentava ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso: Critiche alla Prova e alle Esigenze Cautelari

Il ricorso si fondava su due principali motivi:

1. Violazione di legge e vizio di motivazione sui gravi indizi di colpevolezza: La difesa sosteneva che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia fossero generiche, limitandosi a indicare l’affiliazione dell’indagato al clan senza specificarne il ruolo o il contributo concreto. Inoltre, il contenuto delle intercettazioni veniva liquidato come semplice “millanteria”, ovvero vanterie prive di fondamento reale.
2. Omessa motivazione sulle argomentazioni difensive: Il ricorrente lamentava che il Tribunale del riesame non avesse adeguatamente considerato alcuni elementi che, a suo avviso, avrebbero dovuto neutralizzare il pericolo di recidiva. Tra questi, il tempo trascorso dai fatti, il possesso di una pensione e un precedente periodo di detenzione domiciliare.

Le Motivazioni della Cassazione: Perché il Ricorso sull’Associazione Mafiosa è Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi proposti non meritevoli di accoglimento. La decisione si basa su un’analisi rigorosa dei limiti del giudizio di legittimità.

La Genericità del Primo Motivo

In primo luogo, la Corte ha definito il motivo relativo ai gravi indizi come “aspecifico”. Il ricorso, infatti, non si confrontava puntualmente con la motivazione dell’ordinanza impugnata, ma si limitava a criticare genericamente l’attendibilità dei collaboratori e a proporre una lettura alternativa delle intercettazioni. Il Tribunale del riesame, al contrario, aveva basato la sua decisione non solo sulle dichiarazioni, ma anche su elementi ulteriori e convergenti emersi dalle indagini. In particolare, le intercettazioni documentavano episodi specifici, come l’imposizione a un imprenditore della sostituzione di distributori automatici con altri riconducibili al clan e il coinvolgimento dell’indagato nella riscossione di un debito per conto di un esponente di spicco dell’organizzazione. Questi elementi, secondo i giudici, escludevano in modo congruo l’ipotesi della mera millanteria e confermavano la serietà del quadro indiziario.

L’Infondatezza del Secondo Motivo

Anche il secondo motivo è stato giudicato “manifestamente infondato”. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il Tribunale si era ampiamente soffermato sulle ragioni che dimostravano l’attualità e la concretezza del pericolo di recidiva. I giudici di merito avevano valorizzato il carattere continuativo dell’apporto dato dall’indagato al clan per un lungo arco temporale (dal 2015 al 2022) e il “tempo non particolarmente lungo” trascorso dalle condotte. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse congruamente spiegato perché gli elementi addotti dalla difesa non fossero idonei a superare la presunzione di pericolosità sociale prevista dalla legge per i reati di associazione mafiosa.

Le Conclusioni: Le Implicazioni della Pronuncia

La sentenza ribadisce un principio cardine del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Per essere ammissibile, l’impugnazione deve evidenziare vizi specifici di violazione di legge o di manifesta illogicità della motivazione, senza limitarsi a sollecitare una rilettura delle prove a favore dell’imputato. Nel contesto dei reati di associazione mafiosa, dove la valutazione degli indizi è complessa, questa pronuncia conferma che una motivazione solida, basata su elementi convergenti, è difficilmente scalfibile da critiche generiche. L’esito del ricorso, con la condanna al pagamento delle spese e di una somma alla cassa delle ammende, serve da monito sulla necessità di formulare impugnazioni puntuali e giuridicamente fondate.

È sufficiente che i collaboratori di giustizia indichino una persona come affiliata a un clan per giustificare la custodia cautelare?
No. La decisione del Tribunale, confermata dalla Cassazione, si basava non solo sulle dichiarazioni dei collaboratori, ma anche su ulteriori e convergenti elementi indizianti, come le intercettazioni di conversazioni che documentavano attività criminali specifiche.

Un ricorso in Cassazione può basarsi sulla tesi che le conversazioni intercettate siano solo “millanterie”?
No, se tale tesi si risolve in una mera sollecitazione a una rinnovata valutazione del merito. La Cassazione ha ritenuto inammissibile questo motivo perché il Tribunale del riesame aveva già congruamente escluso l’ipotesi della millanteria sulla base di risultanze investigative convergenti.

Il tempo trascorso dai fatti contestati è sufficiente a escludere il pericolo di recidiva per il reato di associazione mafiosa?
Non automaticamente. La Corte ha ritenuto corretta la valutazione del Tribunale, secondo cui il carattere continuativo del reato fino a un’epoca recente (2022) e il “tempo non particolarmente lungo” trascorso erano elementi sufficienti a mantenere l’attualità del pericolo, superando gli argomenti difensivi come la pensione o un precedente periodo di detenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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