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Associazione mafiosa: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo sottoposto a custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. L’imputato lamentava la mancanza di un’autonoma valutazione da parte del Tribunale del Riesame e l’assenza di gravi indizi. La Corte ha ribadito che il requisito dell’autonoma valutazione non si applica al riesame e che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un nuovo giudizio di merito. La decisione ha confermato la solidità del quadro indiziario basato su intercettazioni, dichiarazioni di collaboratori di giustizia e precedenti giudiziari che attestavano l’esistenza storica del clan e il coinvolgimento attivo del ricorrente.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione mafiosa: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 12242 del 2024, offre importanti chiarimenti sui limiti del ricorso contro le misure cautelari emesse per il grave reato di associazione mafiosa. La decisione sottolinea la netta distinzione tra il giudizio di merito e il controllo di legittimità, confermando che il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione delle prove. Questo principio è fondamentale per comprendere la struttura del nostro sistema processuale penale, specialmente in contesti di criminalità organizzata.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Catanzaro che, in sede di riesame, aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere per un individuo. Le accuse a suo carico erano gravissime: partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso (specificamente, una cosca della ‘ndrangheta) e detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa dell’indagato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basando la propria impugnazione su diversi motivi.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente ha contestato la decisione del Tribunale del Riesame sotto tre profili principali:

1. Mancanza di autonoma valutazione: La difesa sosteneva che l’ordinanza del riesame fosse una mera trasposizione delle argomentazioni del G.i.p. e del Pubblico Ministero, un ‘copia e incolla’ privo di un’analisi critica e indipendente.
2. Insussistenza del sodalizio: Si contestava l’effettiva esistenza giuridica del gruppo di tipo mafioso, evidenziando l’assenza di precedenti condanne per reati associativi a carico degli indagati.
3. Carenza di indizi di partecipazione: Infine, si negava la validità degli elementi a carico dell’indagato, riducendoli a semplici frequentazioni e contestando il valore probatorio delle intercettazioni.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Associazione Mafiosa

La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale, ribadendo con fermezza i confini del proprio sindacato in materia di misure cautelari.

Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Dichiarato Inammissibile

Il cuore della sentenza risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha smontato, punto per punto, i motivi del ricorso.

Limiti del Giudizio di Riesame e Autonoma Valutazione

La Corte ha chiarito che l’obbligo di ‘autonoma valutazione’ dei gravi indizi di colpevolezza, previsto dall’art. 292 c.p.p., è un requisito specifico dell’ordinanza genetica emessa dal G.i.p. Tale norma serve a garantire la terzietà del giudice rispetto alla richiesta del PM. Questo obbligo, tuttavia, non si estende all’ordinanza del Tribunale del Riesame, che può essere impugnata in Cassazione solo per vizi di motivazione (se assente, manifestamente illogica o contraddittoria), ma non per una presunta mancanza di originalità argomentativa.

Sussistenza del Sodalizio Criminoso

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale sull’esistenza dell’associazione mafiosa del tutto adeguata. I giudici di merito avevano infatti fatto riferimento a una cosca storica, radicata da oltre un trentennio sul territorio, la cui operatività era emersa da precedenti giudiziari e confermata dalle dichiarazioni convergenti di numerosi collaboratori di giustizia. Questo compendio indiziario è stato giudicato più che sufficiente a soddisfare il requisito della gravità richiesto in fase cautelare.

Prova della Partecipazione dell’Indagato

Anche il motivo relativo alla partecipazione dell’indagato è stato giudicato inammissibile. La Cassazione ha evidenziato come il Tribunale non avesse basato la sua decisione sulla mera frequentazione di altri sodali. Al contrario, erano state valorizzate le strette correlazioni con esponenti di vertice del clan, il contenuto di plurime conversazioni intercettate che dimostravano la sua piena conoscenza delle dinamiche interne e il suo attivo coinvolgimento nella commissione di reati, come il traffico di stupefacenti, funzionali agli scopi della consorteria. Il suo ruolo non era marginale, ma di coordinamento e collegamento.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio cardine: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Non è possibile chiedere alla Suprema Corte di rivalutare le prove o di fornire una diversa interpretazione dei fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato. In materia di misure cautelari per reati gravi come l’associazione mafiosa, questa pronuncia conferma che, a fronte di una motivazione logica, coerente e non contraddittoria da parte del giudice del riesame, le censure che si risolvono in una critica all’apprezzamento dei fatti sono destinate all’inammissibilità.

L’ordinanza del Tribunale del Riesame deve sempre contenere una valutazione autonoma e originale rispetto a quella del G.i.p.?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il requisito dell’autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, previsto dall’art. 292 cod. proc. pen., si applica specificamente alla prima ordinanza cautelare emessa dal giudice, non a quella successiva del Tribunale del Riesame, la cui decisione può essere contestata per vizi di motivazione (assente, apparente o manifestamente illogica), ma non per il solo fatto di riprendere le argomentazioni del primo giudice.

Come si dimostra l’esistenza di un’associazione mafiosa storica in un procedimento cautelare?
La sentenza chiarisce che l’esistenza di un’associazione mafiosa storica può essere dimostrata attraverso un compendio di elementi, tra cui: precedenti sentenze che ne hanno accertato l’operatività, risultanze di altre operazioni di polizia (come l’operazione ‘Overland’ citata nel testo), e le dichiarazioni convergenti di più collaboratori di giustizia. Questi elementi, nel loro insieme, possono costituire gravi indizi sufficienti per la fase cautelare.

Quali sono i limiti di un ricorso in Cassazione contro un’ordinanza di custodia cautelare?
Il ricorso per cassazione è ammissibile solo se si denuncia la violazione di specifiche norme di legge o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria. Non è possibile, invece, proporre censure che riguardino una diversa ricostruzione dei fatti o una differente valutazione delle circostanze e delle prove, poiché queste attività sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (G.i.p. e Tribunale del Riesame).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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