Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1812 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1812 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MARSALA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/11/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il AVV_NOTAIO Procuratore generale, AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso uditi i difensori:
AVV_NOTAIO, per le parti da lei rappresentate, deposita conclusioni scritte e nota spese delle quali chiede la liquidazione
L’AVV_NOTAIO COGNOME NOME si riporta ai motivi ed insiste nell’accoglimento del ricorso L’AVV_NOTAIO COGNOME NOME si riporta ai motivi ed insiste nell’accoglimento del ricorso
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 10 giugno 2021, n. 26268, la I sezione di questa Corte, per quanto ancora rileva, ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d’appello di Palermo, che aveva confermato la decisione di primo grado, quanto alla condanna alla pena di giustizia NOME COGNOME, ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 416-bis, secondo comma’ cod. pen., per a vere fatto parte, con il ruolo di organizzatore, dell’associazione mafiosa operante nel mandamento di Alcamo dal gennaio 2014 al 21 febbraio 2017.
In particolare, la I sezione ha rilevato: a) che le fattispecie di cui al primo e al secondo comma dell’art. 416-bis, cod. pen. sono strutturalmente differenziate e di carattere tra loro alternativo; b) che, non dovendosi valutare la mera sussistenza di una circostanza aggravante, bensì la conficiurabilità di una fattispecie autonoma di reato addebitabile in via esclusiva allo COGNOME, non erano, allo stato, rilevanti le doglianze difensive (peraltro per tale aspetto, nella sostanza, generiche), rivolte anche al ruolo di (eventuale) mero partecipe; c) che, indipendentemente dal riconoscimento di un ruolo genericamente definito “decisivo”, è necessario che posizioni dirigenziali e ruoli apicali risultino in concreto esercitati e che siano riconoscibili e riconosciuti nell’ambito del sodalizio, oltre che, se esplicati a livello locale, dalle strutture gerarchicamente sovraordinate; d) che, in relazione a tale profilo, la motivazione della sentenza impugnata era carente; e) che, pertanto, la sentenza impugnata doveva essere annullata con rinvio, con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 416-bis, secondo comma, cod. pen., che, secondo l’esplicita puntualizzazione della sentenza rescindente, non appariva “oggetto nemmeno di contestazione ma di implicita riqualificazione da parte del giudice di primo grado, cui quello di appello ha prestato adesione”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con sentenza del 30 novembre 2022 la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della decisione di primo grado, riqualificato il fatto come delitto di cui all’art. 416-bis, primo comma, cod. pen., così come originariamente contestato, ha rideterminato la pena irrogata in cinque anni di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata, anche con riguardo alle statuizioni civili.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’alt. 173 disp. at cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale, andando al di là del perimetro tracciato dalla sentenza di annullamento con rinvio, ritenuto sussistente la responsabilità dello COGNOME per un fatto diverso da quello contestato.
3.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, sottolineando l’assoluto difetto di motivazione e il travisamento del fatto, non avendo la Corte territoriale argomentato in ordine alla stabile compenetrazione dello COGNOME nell’associazione di Alcamo e alla sua stabile operatività nel settore delle estorsioni, alla luce dell’esiguità dei contatti registrati in un arco di tempo prolungato, della riferibilità delle conversazioni intercettate a vicende non illecite, della non configurabilità, neppure allo stadio del tentativo, dell’estorsione che sarebbe stata programmata e che, infatti, non è stata contestata al ricorrente.
3.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla mancata indicazione di elementi dai quali trarre la dimostrazione dell’affectio societatis, che avrebbe indotto lo COGNOME ad adoperarsi in modo concreto e permanente per il sodalizio. In altri termini, la motivazione non si sarebbe confrontata con la configurabilità, nel caso di specie, del concorso esterno nel reato associativo, se non del concorso in un singolo illecito.
3.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla mancata considerazione della sussistenza di un mero favoreggiamento, alla luce dei soli tre incontri avuti dal ricorrente con il NOME in un retrobottega. Si aggiunge: a) che non era stata considerata la rilevanza del mancato assolvimento sino in fondo dell’ordine che sarebbe provenuto dal capocosca; b) che non si era argomentato in ordine alla qualifica dell’associazione come mafiosa, tale dato non potendo ritrarsi dalla ritenuta considerazione del NOME come mafioso o dall’attribuzione di natura estorsiva a meri affari commerciali.
3.5. Con il quinto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la Corte territoriale posto illegittimamente posto a carico del ricorrente l’onere di dimostrare la propria innocenza, fornendo prove a discarico.
3.6. Con il sesto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la sentenza impugnata fatto ricorso ad una tecnica meramente compilativa, riportando stralci di conversazioni intercettate e richiamando in modo acritico le osservazioni contenute nella sentenza di primo grado.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176: a) le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Procuratore generale, AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto dichiararsi
l’inammissibilità del ricorso; GLYPH b) “comparsa conclusionale” nell’interesse dell’RAGIONE_SOCIALE, con la quale si è chiesto il rigetto del ricorso; c) “comparsa conclusionale” dell’interesse dell’ RAGIONE_SOCIALE.
All’udienza del 5 dicembre 2023 si è svolta la discussione orale.
Considerato in diritto
Il primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza, dal momento che la pronuncia di annullamento con rinvio, i cui passaggi fondamentali sono stati sopra riportati, non ha affatto prodotto un effetto preclusivo rispetto ad una riqualificazione del delitto attribuito al ricorrente nei termini originariamente contestati. La sentenza della Corte d’appello è, infatti, stata annullata per vizio motivazionale. Sono pertanto rimasti integri non solo libertà di decisione, mediante un’autonoma valutazione, delle risutanze probatorie relative al punto annullato, ma anche i poteri officiosi del giudice di rinvio in tema di qualificazione del fatto. E la miglior riprova di quanto detto si trae proprio dalla sentenza rescindente, che ha ritenuto le doglianze all’epoca formulate in relazione ruolo di partecipe come, allo stato, non rilevanti.
Il fatto che la questione della mera partecipazione dello COGNOME al sodalizio appartenesse al thema decidendum del processo, posto che proprio in tali termini era formulata l’originaria contestazione (e, infatti, come sopra ricordato, doglianze sul punto erano state articolate già con il primo ricorso per cassazione), esclude qualunque pregiudizio al diritto di difesa.
I restanti motivi, esaminabili congiuntamente, in quanto, nonostante il loro frazionamento, sono intimamente e logicamente connessi, sono inammissibili per manifesta infondatezza e assenza di specificità.
La Corte territoriale, dopo avere richiamato le risultanze della sentenza di primo grado, quanto al ruolo di capo mandamento di NOME COGNOME e alla pertinenza delle estorsioni in corso di programmazione al sodalizio di Alcamo, ha esaminato la posizione del ricorrente, valorizzando, oltre che al tenore delle conversazioni intercettate, il ruolo dello COGNOME di stabile partecipazione all’associazione, quale desumibile dagli incontri riservati con lo stesso NOME e con NOME COGNOME, vertice della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo.
Siffatte conclusioni, nella misura in cui rilevano il conc:reto e dinamico apporto alla vita del gruppo criminale, escludono in radice la possibilità delle auspicate, alternative riqualificazioni invocate in ricorso.
D’altra parte, neppure sussiste la lamentata inversione dell’onere probatorio, in quanto il brano della sentenza sul quale si appuntano le critiche del ricorrente non pone affatto a carico dell’imputato il peso della dimostrazione della sua innocenza, limitandosi a osservare, in termini coerenti con la giurisprudenza di questa Corte, che non erano state fornite dallo COGNOME allegazioni, prima ancora che dimostrazioni, idonee «ad inficiare la condivisibile ricostruzione in dato del materiale probatorio acquisito». La soluzione è coerente con la puntualizzazione secondo la quale il dubbio ragionevole di cui all’art. 530, primo comma, cod. proc. pen. deve identificarsi in una ricostruzione della vicenda non solo astrattamente ipotizzabile in rerum natura, ma la cui plausibilità nella fattispecie concreta risulti ancorata alle risultanze processuali, assunte nella loro oggettiva consistenza. È dunque necessario che il dubbio ragionevole risponda non solo a criteri dotati di intrinseca razionalità, ma sia suscettibile di essere argomentato con ragioni verificabili alla stregua del materiale probatorio acquisito al processo (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017 – dep. 03/04/2018, Troise, Fkv. 272430), non potendo il dubbio fondarsi su un’ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile (Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, P. Rv. P_IVA).
Ciò che la Corte territoriale ha affermato è, in altri termini, che il quadro probatorio è univoco e neppure dall’imputato è stato fornito un contributo idoneo a scardinare la portata dimostrativa delle risultanze probatorie.
Per il resto, le critiche sviluppate in ricorso, a parte la stessa genericità di formulazione, si risolvono nella pretesa ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in questa sede.
Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00.
Del pari, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili difese dall’AVV_NOTAIO nel giudizio di legittimità, che, in relazione all’attività svolta, vengono liquidate come da dispositivo. In relazione alle altre parti che sono comparse all’udienza di trattazione, ammesse al patrocinio a spese dello Stato, va ricordato come le Sezioni Unite di questa Corte abbiano chiarito che compete alla Corte di cassazione, ai sensi degli artt. 541 cod. proc. pen. e 110 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, pronunciare condanna generica dell’imputato al pagamento di tali spese in favore dell’Erario, mentre è
rimessa al giudice del rinvio, o a quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato, la liquidazione delle stesse mediante l’emissione del decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 del citato d.P.R. (Sez. U, n. 5464 del 26/09/2019 – dep. 12/02/2020, COGNOME, Rv. 27776001).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili difese dall’AVV_NOTAIO, che liquida in complessivi euro 5.000, oltre accessori di legge. Condanna, infine, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ammesse al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Palermo con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.p.r. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Così deciso il 05/12/2023