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Associazione mafiosa: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. La decisione si fonda sulla congruità e logicità della motivazione del Tribunale del riesame, che aveva adeguatamente provato la partecipazione dell’indagato al sodalizio criminale, il suo ruolo di emissario e la sussistenza dell’affectio societatis, basandosi su un solido quadro indiziario.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Mafiosa: La Cassazione e i Limiti del Ricorso contro la Custodia Cautelare

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha ribadito principi fondamentali in materia di misure cautelari per reati di associazione mafiosa. La decisione di dichiarare inammissibile un ricorso contro la custodia in carcere offre spunti cruciali sulla valutazione del quadro indiziario e sui limiti del sindacato di legittimità. Questo caso evidenzia come una motivazione logica e ben argomentata da parte del giudice del riesame renda quasi invalicabile la strada del ricorso in Cassazione.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per gravi reati, tra cui la partecipazione a un’associazione a delinquere di stampo mafioso, un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, diversi episodi di spaccio e una tentata estorsione, tutti aggravati dal metodo mafioso. Secondo l’accusa, l’indagato era un partecipe attivo di una cellula di un noto clan locale, operante in diversi comuni della provincia.

Il Tribunale del riesame, confermando la misura disposta dal Giudice per le indagini preliminari, aveva basato la sua decisione su un vasto compendio indiziario, comprendente dichiarazioni di collaboratori di giustizia, sequestri di droga e armi, intercettazioni, geolocalizzazioni e video-monitoraggi.

I Motivi del Ricorso dell’Indagato

L’indagato ha presentato ricorso per cassazione, contestando la motivazione dell’ordinanza del riesame su due fronti principali:

1. Partecipazione all’associazione mafiosa: La difesa sosteneva un vizio di motivazione, affermando che il collegamento con il capo del clan fosse debole e che l’appartenenza a un’umile famiglia di pastori non gli avesse lasciato alternative. Si lamentava inoltre che le intercettazioni non provassero l’esistenza di un sodalizio attivo e che il suo nome non comparisse in sentenze precedenti relative al clan.
2. Partecipazione all’associazione per traffico di stupefacenti: Veniva contestata la mancanza di prova della cosiddetta affectio societatis, ovvero la volontà consapevole di far parte del gruppo criminale per fini di spaccio.

La Valutazione della Corte sull’Associazione Mafiosa

La Cassazione ha giudicato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione del Tribunale del riesame del tutto congrua, logica e adeguata. I giudici di legittimità hanno sottolineato come il Tribunale avesse correttamente delineato il ruolo dell’indagato, non come un semplice gregario, ma come un “emissario” del capo detenuto, con il compito di portare avanti le attività illecite del clan e di gestirne la cassa.

La prova della sua partecipazione era solidamente ancorata a diversi elementi emersi dalle indagini, tra cui:

* La sua partecipazione a numerose riunioni operative del gruppo, tenutesi nell’abitazione del leader.
* L’attivazione del clan per prestargli soccorso in occasione di arresti o controlli da parte delle forze dell’ordine.
* La sua conoscenza e frequentazione di numerosi altri membri del sodalizio.

La Prova dell’Affectio Societatis nel Contesto Criminale

Anche riguardo al secondo motivo di ricorso, relativo al reato associativo finalizzato al traffico di droga, la Corte ha ritenuto la motivazione del riesame ineccepibile. L’esistenza dell’ affectio societatis era stata argomentata in modo esauriente sulla base di prove concrete, quali:

* Conversazioni intercettate: Dalle quali emergeva che l’indagato riceveva lo stupefacente dal capo per venderlo e far confluire i proventi nella cassa comune del clan.
* Partecipazione a riunioni operative: Che dimostravano il suo pieno coinvolgimento nelle strategie del gruppo.
* Rapporto di soggezione: Un chiaro legame di subordinazione gerarchica nei confronti del vertice dell’organizzazione.

Questi elementi, valutati nel loro complesso, hanno permesso di concludere per la piena sussistenza della volontà di far parte stabilmente dell’associazione criminale.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure difensive non miravano a evidenziare vizi di legittimità (come la violazione di legge o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria), ma si risolvevano in una richiesta di rivalutazione del merito del quadro indiziario. Tale operazione è preclusa in sede di legittimità. Il Tribunale del riesame aveva già compiuto una valutazione analitica e globale degli elementi, replicando puntualmente alle obiezioni difensive e fornendo una spiegazione coerente e completa delle ragioni che giustificavano la misura cautelare. L’ordinanza impugnata, secondo la Corte, aveva fatto buon governo dei principi che regolano la materia, costruendo un percorso argomentativo lineare e fondato sulle numerose emergenze investigative.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cardine del processo penale: il giudizio della Corte di Cassazione non è un terzo grado di merito. Se il giudice del riesame fornisce una motivazione solida, logica e non contraddittoria, basata su una valutazione completa degli indizi a carico, il ricorso che si limita a proporre una diversa lettura dei fatti è destinato all’inammissibilità. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’unica via per contestare efficacemente una misura cautelare in sede di legittimità è individuare specifiche violazioni di legge o palesi e macroscopiche illogicità nell’apparato motivazionale del provvedimento impugnato.

Su quali basi può essere confermata una misura di custodia cautelare per associazione mafiosa?
Una misura di custodia cautelare per associazione mafiosa viene confermata quando esiste un solido quadro indiziario, valutato in modo analitico e globale, che dimostra la partecipazione attiva dell’indagato alle attività del clan. Elementi probatori possono includere la partecipazione a riunioni, il ruolo di emissario per conto di un capo detenuto e il supporto ricevuto dal clan in caso di arresto.

Come si dimostra l'”affectio societatis” in un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti?
L'”affectio societatis”, ovvero la volontà di far parte del sodalizio, può essere dimostrata attraverso elementi concreti come conversazioni intercettate da cui emerge il ruolo dell’indagato nella catena dello spaccio (ricezione della droga, vendita e versamento dei profitti nella cassa comune), la partecipazione a riunioni operative e un evidente rapporto di soggezione gerarchica nei confronti dei vertici.

Perché il ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del riesame è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non sollevava questioni di legittimità (violazioni di legge o vizi logici della motivazione), ma si limitava a richiedere una nuova e diversa valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione, che si occupa solo della corretta applicazione della legge e della coerenza logica della motivazione, non di riesaminare il merito delle prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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