Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1933 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1933 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAMPI SALENTINA il 14/08/1986
avverso l’ordinanza del 20/08/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che si riporta alla memoria in atti e conclude per il rigetto del ricorso.
udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo nel ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del Riesame di Lecce confermava l’ordinanza del GIP del Tribunale di Lecce dell’i agosto 2024, che ha applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere, per il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso, denominata “sacra corona unita”, operante nella frangia c.d. “tuturanese”,
facente storicamente capo a COGNOME NOME e COGNOME NOME, quindi a COGNOME NOME e COGNOME NOME detto COGNOME avente influenza nel territorio della provincia di Brindisi, ascritto al capo A), contestata da ottobre 2022 in permanenza.
Contro l’anzidetta ordinanza, l’indagato propone ricorso a mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME affidato ad un unico motivo, di seguito sintetizzato ai sensi dell’art.173 disp. att. cod. prod. pen.
2.1 Il primo ed unico motivo di ricorso lamenta violazione di legge per manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art.606, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt.192, comma 2, 273 cod. proc. pen. e 416 bis cod. pen., deducendo assenza di congrua motivazione in punto di ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato contestato al capo A), deducendo il generico rinvio per relationem alle argomentazioni contenute nella richiesta di misura cautelare in quanto il Tribunale non si confronterebbe con le censure sviluppate nei motivi di riesame in relazione alla radicale assenza di indici sintomatici in grado di dimostrare la sussistenza di un quadro indiziario generico, sufficientemente idoneo a fondare l’incolpazione associativa di cui all’art.416 bis cod. pen., valorizzando due sole intercettazioni prive di un approfondito controllo logico e riscontro, intrinseco ed estrinseco, e prestandosi a diversa lettura, da cui non si evince alcuna concreta attività illecita del Poso né il contributo offerto dallo stesso alla presunta associazione, travisando il Tribunale il contenuto delle intercettazioni, mancando il requisito della ampiezza e continuità dei rapporti con gli altri coindagati, la ripetitività nel tempo della condotta, il comune modus operandi, il ruolo concretamente ricoperto nella commissione dei reati fine realizzati dagli altri coindagati, la consapevolezza e volontà di fare stabilmente parte del gruppo criminoso, il fattivo stabile inserimento nell’organizzazione criminale attraverso un ruolo specifico svolto, la messa a disposizione in favore della associazione per il perseguimento dei comuni fini criminosi, la sicura costante dimostrazione della permanenza del vincolo e della duratura e sempre utilizzabile messa a disposizione per ogni attività del sodalizio criminoso, senza mai intrattenere alcuna conversazione telefonica e/o ambientale. Deduce la difesa che nell’arco temporale della contestazione di circa un anno vi sarebbero solo due conversazioni, nel mese di giugno e di dicembre 2023 con COGNOME e per il tramite di questi con COGNOME dalle quali non può ricavarsi la dinamica e funzionale partecipazione diretta ed attiva del ricorrente alla vita della associazione, potendosi desumere al più una mera contiguità, compiacente vicinanza o disponibilità nei riguardi di singoli esponenti anche di spicco del sodalizio che, secondo il consolidato orientamento di legittimità, non qualificano là condotta di partecipazione non Corte di Cassazione – copia non ufficiale
delineando alcuno specifico comportamento da ritenersi significativo della dedotta partecipazione al reato di cui al capo A).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo ed unico motivo di ricorso che lamenta assenza di congrua motivazione in punto di ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato contestato al capo A), è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
2.1 Va in primo luogo, premesso che in tema di misure Cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza o assenza delle esigenze cautelari consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, .la sola verifica delle censure inerenti la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ossia della adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Il ricorso è invece inammissibile quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti o che tendano a proporne una ricostruzione alternativa, ovvero che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze ed esigenze già esaminate dal giudice di merito o di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del Gip e del Tribunale del riesame, essendo il giudizio, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Il giudizio è, dunque, circoscritto alla sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito”‘ (Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/06/2019 COGNOME, Rv. 276976 – 01; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884; Sez. 2, Sentenza n. 9212 del 02/02/2017 Rv. 269438 – 01; Sez. un., n.110 del Corte di Cassazione – copia non ufficiale
22.03.2000, COGNOME, Rv.215828-01). Sarà, dunque, in questi termini che opererà la valutazione di questa Corte.
In particolare, il motivo è meramente reiterativo, rimarcandosi l’inidoneità degli argomenti esposti per contrastare la valenza delle dichiarazioni collimanti di numerosi dei collaboratori di giustizia (COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME), le intercettazioni, ambientali e telematiche, unitamente agli esiti delle attività di P.G., costituendo indizi di una partecipazione, che si caratterizza per lo stabile inserimento del ricorrente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa, di per sé idoneo, considerate le specifiche caratteristiche della consorteria nella specie, ad attestare la sua ‘messa a disposizione’ in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, Sentenza n. 36958 del 27/05/2021). Il Tribunale ha invero correttamente attribuito a tali elementi la capacità di delineare il quadro alla stregua del quale interpretare le risultanze più ‘specificamente poste a fondamento della gravità indiziaria con riguardo al periodo oggetto di verifica, possedendo i requisiti della a) gravità ossia della persuasività b) della precisione – cioè della idoneità ad escludere altre alternative ragionevoli, non confrontandosi il ricorso con la motivazione del provvedimento impugnato circa la riconducibilità delle conversazioni ad eventuale condotta lecita, che pur sarebbe stato facile reperire, ad esempio dando credibili spiegazioni del significato delle conversazioni-, e c) della concordanza – il loro essere cioè collimanti e non escludersi a vicenda -, principi probatori – questi – di cui il giudice della cautela ha fatto buon governo.
E’ peraltro ius receptum il dato secondo cui, in materia di messaggeria o conversazioni captate, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 44938 del 05/10/2021), ragion per la quale appaiono irricevibili le doglianze miranti a offrire letture alternative delle conversazioni acquisite in atti e costituenti elemento decisivo della gravità indiziaria.
Nel caso di specie, il Tribunale del riesame di Lecce, con argomentazioni puntuali e prive di vizi di manifesta illogicità e di apparenza di motivazione, in relazione al reato associativo contestato, richiama integralmente la richiesta e l’ordinanza applicativa della misura cautelare quanto alla ricostruzione storica dei fatti e alle emergenze investigative, ritenendo comprovato il giudizio sui gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato.
In particolare, il Tribunale richiama l’ordinanza genetica in punto di disamina degli elementi di prova in ordine alla esistenza della consorteria e della sua piena
operatività nell’attualità anche grazie al contributo fornito da NOMECOGNOME per la partecipazione, quale uomo di fiducia del vertice del sodalizio NOME COGNOME, al reato associativo di stampo mafioso, facente capo ai tuturanesi che detiene ancora il controllo su San Pietro Vernotico, in qualità di referente della SCU, continuando dal carcere a dirigere il sodalizio, impartendo ai sodali le direttive per l’organizzazione e l’esecuzione di attività illecite (atti intimidatori, estorsione, etc.), ordinando danneggiamenti e atti di intimidazione non solo nei confronti della famiglia COGNOME ma anche di altri esercizi commerciali, consorteria finalizzata alla commissione di svariati reati tra cui estorsioni, delitti in materia di armi e di sostanze stupefacenti.
Quanto ai gravi indizi della partecipazione al sodalizio criminoso, l’ordinanza impugnata è corretta, immune da censure e vizi di illogicità e apparenza di motivazione laddove ha ritenuto il ricorrente inserito nelle dinamiche associative, riconoscendo le gerarchie e le regole interne del sodalizio contribuendo altresì alla realizzazione degli obiettivi da perseguire e delle azioni delittuose da compiere, all’associazione di stampo mafioso, richiamando il ruolo di primi piano, di uomo di fiducia del capo del clan, NOME COGNOME con il quale ha rapporti diretti, dialoga in ordine alle attività criminali poste in essere dalla cosca, condividendo la programmazione delle azioni delittuose del sodalizio, consigliando il capo circa il momento più opportuno per eseguirle, rica . ricando le schede telefoniche di COGNOME in modo che questi potesse prontamente comunicare con gli altri sodali per dare le direttive dal carcere, preoccupandosi delle bonifiche delle autovetture per evitare che i partecipi fossero intercettati, mettendosi a disposizione per la ricerca di armi necessarie per compiere atti di intimidazione, eseguendo le direttive del COGNOME indica agli spacciatori da chi dovessero rifornirsi.
Quanto alle condotte specifiche di messa a disposizione unitamente agli altri sodali, corretta è la valutazione del Tribunale nel richiamare, quali indici dello stabile inserimento del Poso nel sodalizio criminoso de quo, le intercettazioni, con le quali il ricorrente non si confronta (non soltanto due, come più volte dedotto dalla difesa, bensì numerose) che lo vedono anche come diretto interlocutore, che attengono al riparto di competenze ed allo stretto legame tra i sodali, nelle quali interloquisce con NOME COGNOME ed il capo del clan, NOME COGNOME che sebbene detenuto in carcere, impartisce ordini e direttive ai sodali, programmando ulteriori atti intimidatori, rispetto a quelli dallo stesso compiuti nel 2022, nei confronti di NOME COGNOME presso il cui esercizio commerciale il ricorrente aveva effettuato sopralluoghi prima di collocare gli ordigni esplosivi, dimostrando piena consapevolezza di far parte di una organizzazione capeggiata dal COGNOME (“noi”) di cui auspicava il ritorno in
libertà, suggerendo di attendere per il compimento di ulteriori atti intimidatori, informando il capo sugli esiti degli atti incendiari delle autovetture in uso ai Marangio, occupandosi di acquistare armi per il sodalizio criminoso per compiere atti di intimidazione funzionali al controllo del territorio e, ancora, delle bonifiche dallo stesso periodicamente effettuate sui mezzi dei sodali e dei familiari, utilizzando uno scanner per la ricerca del segnale radio emesso dalle microspie ambientali, discutendo con COGNOME che lo esortava a prendere il potere, il controllo di tutto il territorio e mandare via NOME COGNOME sgradito al COGNOME, eseguendo, insieme a NOME COGNOME gli ordini del COGNOME anche nell’ambito del settore degli stupefacenti, che pretendeva una somma di denaro (punto) sulla vendita degli stupefacenti stabilendo anche da chi si dovessero rifornire gli spacciatori.
La difesa, sul punto, ripropone censure già svolte davanti al Tribunale del Riesame anche con riferimento a quanto dichiarato dal coindagato COGNOME e da questo respinte con motivazione precisa, puntuale, corretta ed immune da censure e vizi di logicità, sollecitando la Corte a sostituirsi ai giudici della cautela in ragione di una lettura alternativa del quadro probatorio, operazione che, come già detto, è del tutto preclusa in sede di legittimità.
Non è, del resto, in dubbio che il ricorrente debba essere considerato molto addentro alle dinamiche mafiose, tenuto conto anche dello stretto rapporto con il capo del clan NOME COGNOME del ruolo di rilevanza, di persona di fiducia del capo, in ragione delle disposizioni a lui impartite dal COGNOME anche afferenti alle strategie utili per il controllo del territorio di pertinenza cui il ricorre aderisce senza preventive intese, aderendo agli ordini imposti, valutando la qualità del suo apporto come stabile e continuativa messa a disposizione del clan, nella piena consapevole adesione ad esso, in un’ottica funzionale alla realizzazione del programma criminoso e di controllo del territorio e di pervasivo condizionamento dell’economia locale di cui risulta avere piena visione, elementi che escludono una mera contiguità compiacente o disponibilità nei riguardi del singolo componente del sodalizio, né, a fronte di una completa messa a disposizione del sodalizio, costituendo elemento inidoneo ad escludere la gravità del quadro indiziario la mancanza di precedenti indagini a carico del ricorrente. In forza di queste considerazioni il motivo si presenta come inammissibile.
3.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della Casa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Casa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 26/11/2024.