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Associazione mafiosa: quando il ricorso è generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo sottoposto a custodia cautelare in carcere per il reato di associazione mafiosa. Il ricorso è stato ritenuto generico perché si limitava a offrire una diversa interpretazione degli indizi, senza contestare la logicità della decisione del Tribunale, basata su incontri con esponenti del clan, gestione di denaro e una precedente condanna per fatti analoghi.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione mafiosa: la Cassazione conferma la custodia cautelare se il ricorso è generico

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure cautelari per il reato di associazione mafiosa: il ricorso contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame non può limitarsi a una semplice rilettura dei fatti, ma deve evidenziare vizi logici o giuridici specifici. In caso contrario, il ricorso viene dichiarato inammissibile per genericità. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere con l’accusa di partecipazione a un’associazione di tipo camorristico. Il Tribunale di Napoli aveva confermato la misura, basando la sua decisione su un solido quadro indiziario. In particolare, erano emersi:

* Una precedente condanna definitiva a 10 anni di reclusione per il medesimo reato, quale partecipe di un noto clan camorristico.
* Due incontri significativi avvenuti dopo la sua scarcerazione. Nel primo, l’indagato veniva ripreso mentre contava e consegnava 18.500 euro in contanti, ritenuti provento delle attività del clan, a un altro soggetto incaricato di recapitarli a un capo storico.
* Nel secondo incontro, discuteva con altri affiliati degli arresti e dei sequestri subiti dal gruppo, ma soprattutto commentava il contenuto della corrispondenza ricevuta da un capo clan detenuto in regime di 41-bis, dimostrando di avere accesso a informazioni riservate e di godere della fiducia dei vertici.

La difesa aveva proposto ricorso in Cassazione sostenendo la debolezza degli indizi, fondati a suo dire solo su due incontri occasionali e sull’assenza di intercettazioni o dichiarazioni di collaboratori di giustizia che lo chiamassero direttamente in causa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, le censure proposte dalla difesa non erano idonee a scalfire la logicità e la coerenza del provvedimento impugnato. Il ricorso, infatti, si limitava a proporre una valutazione alternativa delle circostanze, un’operazione non consentita in sede di legittimità, dove il giudizio è confinato alla verifica della corretta applicazione della legge e alla tenuta logica della motivazione.

Le Motivazioni: la genericità del ricorso in casi di associazione mafiosa

Il fulcro della decisione risiede nella motivazione con cui la Corte ha respinto le argomentazioni difensive. Il Tribunale del Riesame aveva costruito un quadro indiziario solido, non basato su singoli elementi isolati, ma su una lettura complessiva e convergente di più fattori. Gli incontri non erano stati valutati come ‘occasionali’, ma come episodi sintomatici di un ruolo stabile e fiduciario all’interno del sodalizio, in particolare quello di ‘collettore di denaro’.

La Corte ha specificato che il ricorso era ‘generico’ perché:
1. Non si confrontava con la motivazione: Invece di contestare specifici passaggi illogici della decisione del Tribunale, si limitava a valorizzare elementi contrari (la presunta sporadicità dei contatti, l’assenza di intercettazioni dirette) senza demolire l’impianto accusatorio complessivo.
2. Chiedeva una rilettura del merito: Tentava di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione dei fatti, operazione preclusa in quella sede. Il compito della Suprema Corte non è decidere se gli indizi siano ‘più o meno forti’, ma solo se la valutazione del giudice di merito sia immune da vizi logici manifesti.

Il Tribunale aveva correttamente ritenuto che la gestione del denaro, la conoscenza di comunicazioni riservate da un boss al 41-bis e l’essere ‘intraneo’ alla famiglia del clan fossero indizi gravi, precisi e concordanti della piena partecipazione all’associazione mafiosa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza un orientamento consolidato: per contestare efficacemente una misura cautelare in Cassazione, specialmente per reati gravi come l’associazione mafiosa, è necessario formulare censure specifiche e puntuali. Non basta offrire una narrazione alternativa dei fatti o lamentare l’assenza di una ‘prova regina’. Bisogna dimostrare che il ragionamento del giudice di merito è stato manifestamente illogico, contraddittorio o ha violato una norma di legge. La decisione sottolinea come la gravità indiziaria possa emergere da un mosaico di elementi che, letti congiuntamente, acquisiscono un significato univoco, anche in assenza di una confessione o di una chiamata in correità diretta.

È possibile contestare una misura cautelare in Cassazione proponendo una diversa lettura dei fatti?
No, la sentenza ribadisce che il ricorso per cassazione non consente una nuova valutazione dei fatti o una diversa interpretazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. L’appello deve concentrarsi su errori di diritto o su vizi logici manifesti della motivazione.

Due soli incontri con membri di un clan sono sufficienti per provare la partecipazione a un’associazione mafiosa ai fini cautelari?
Secondo la decisione, non è il numero degli incontri a essere decisivo, ma il loro contenuto e il contesto generale. Nel caso di specie, i due incontri sono stati ritenuti altamente significativi perché implicavano la gestione di ingenti somme di denaro per conto del clan e la discussione di comunicazioni riservate di un boss detenuto, elementi che, unitamente ad altri indizi, dimostravano un ruolo stabile e fiduciario all’interno del sodalizio.

Cosa rende un ricorso in Cassazione ‘generico’ e quindi inammissibile?
Un ricorso è ritenuto generico quando non si confronta specificamente con le argomentazioni della decisione impugnata. Si limita a valorizzare elementi a favore dell’indagato (come la presunta sporadicità dei contatti) senza riuscire a mettere in discussione la coerenza e la logicità del quadro indiziario complessivo delineato dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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