Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10432 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10432 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Savona il 18/01/1987
avverso l’ordinanza del 16/10/2024 del Tribunale di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso, udito il difensore avv. NOME COGNOME che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale del riesame di Lecce, previa qualificazione giuridica del fatto contestato al capo Al2), quale partecipazione nell’associazione di stampo mafioso di cui all’art. 416 cod.pen. (capo A), ha confermato nel resto l’ordinanza emessa dal locale Giudice per le indagini preliminari, in data 16/09/2024, con la quale era stata disposta nei confronti del predetto la misura cautelare della custodia in carcere.
COGNOME, come da addebito provvisorio riqualificato dal tribunale cautelare, è contestato il reato di partecipazione all’associazione a delinquere di stampo mafioso
quale partecipe, vista la competenza specifica nel settore, nell’attività illecita gestione della raccolta delle scommesse, sotto le direttive di NOME COGNOME capo dell’omonima consorteria mafiosa, dedita ad una seria indeterminata di reati (traffico di stupefacenti, estorsioni, illecita concorrenza, e gestione delle scommesse clandestine) operante sul territorio di San Donaci, fornendo assistenza tecnica presso le sedi in cui veniva svolta l’attività illecita, in ordine al quale il Collegio ravvi gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari del pericolo di recidiva.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’indagato e ne ha chiesto l’annullamento deducendo i seguenti motivi.
2.1. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 273 cod.proc.pen. e art. 416 bis cod.pen.
Il tribunale cautelare avrebbe ritenuto sussistente la partecipazione del COGNOME al sodalizio criminoso, non contestata la sussistenza dell’associazione rientrante nel paradigma normativo di cui all’art. 416 bis cod.pen., con motivazione meramente apparente, mediante trascrizione di parte dell’ordinanza di custodia cautelare, senza valutare compiutamente e interamente le conversazioni registrate che restituirebbero una diversa ricostruzione del fatto e del ruolo del ricorrente, persona che si occupava unicamente dell’attività di gioco e scommessa illegale sganciata da logiche di appartenenza al sodalizio mafioso.
Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 274 lett. c) cod.proc.pen. e 275 comma 3, cod.proc.pen. Motivazione apparente in punto esigenze cautelare tenuto conto che i fatti contestati al ricorrente sono risalenti all’anno 2020 e non vi sarebbero elementi a carico del ricorrente per configurare l’attualità di legami con il sodalizio criminale.
Il Procuratore generale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto privo di confronto specifico con le ragioni della decisione.
A tale riguardo deve rammentarsi che sono inammissibili le censure concernenti al profilo della gravità indiziaria rispetto all’incolpazione provvisoria che non confrontano con i passaggi argomentativi sviluppati dall’ordinanza impugnata in punto sussistenza della gravità indiziaria e che in parte si risolvono in una mirata rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento del giudizio di gravità indiziari omesso confronto che rende aspecifiche le doglianze e conseguentemente inammissibile il ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838).
Ciò premesso, il ricorso che per un verso denuncia la carenza di motivazione in punto partecipazione del Puca al sodalizio criminoso, e, per altro verso, invoca una diversa lettura del compendio probatorio, segnatamente in diverso apprezzamento del contenuto delle conversazioni registrate, non si confronta con la decisione impugnata che, invece, ha confermato l’ordinanza genetica della misura cautelare in punto gravità indiziaria della partecipazione del Puca con una motivazione oltremodo adeguata, ispirata ad oggettive emergenze investigative e connotata da evidente logicità.
Va dapprima disattesa, in quanto manifestamente infondata, la censura di apparenza della motivazione che, secondo il ricorrente, sarebbe un frutto di un richiamo pedissequo dell’ordinanza genetica, parte della quale trascritta nell’ordinanza impugnata. Ed invero, l’ordinanza impugnata, che riporta per stralci il contenuto dell’ordinanza del Giudice, contiene una specifica e autonoma valutazione degli elementi indiziari, tratti dal compendio probatorio costituito da intercettazion telefoniche, anche tramite il sistema RAGIONE_SOCIALE, servizi di o.c.p. e sommarie informazioni, esposte a pag. 19-20 e 21; autonoma valutazione che ha condotto i giudici del riesame ad una diversa qualificazione giuridica del ruolo del COGNOME, non concorrente esterno nell’associazione mafiosa, bensì partecipe. Da cui la manifesta infondatezza della censura.
Quanto al secondo profilo di censura, che contesta la correttezza della motivazione in relazione al ritenuto ruolo di partecipe e dunque l’intraneità al contesto associativo mafioso capeggiato da COGNOME Petro, costituente una costola della c.d. Sacra Corona Unita, l’ordinanza impugnata ha, invero, esplicitato, con motivazione scevra da illogicità manifesta, le ragioni per le quali si debba ritenere provata, seppure in termini di elevata probabilità, la partecipazione del ricorrente all’associazione mafiosa, ritenuta sussistente e operativa nel territorio di San Donaci (cfr. sentenza Corte d’appello di Lecce, irr. 06/03/2005), finalizzata al compimento di plurime attività illecite, con metodo intimidatorio, tra cui l’attività di illec settore del gioco e scommesse illegali, grazie al contributo partecipativo del COGNOME, in ragione della competenza nel suddetto settore, ritenuto partecipe al sodalizio medesimo in ragione della circostanza, emersa dal compendio intercettato, che il COGNOME, era sottoposto alla direttive del COGNOME, che si lamentava anche del suo “lassismo sul lavoro” e minacciava la sua sostituzione proprio per tale ragione; della consapevolezza in capo al Puca dell’uso di metodi intimidatori utilizzati dai sodali come attestato inequivocabilmente dalla conv. riportata a pag. 20; della partecipazione del Puca ai guadagni; della, in definitiva, messa a disposizione del Puca del gruppo criminale attraverso l’attività illecita del gioco e scommesse
clandestine, mediante installazione presso i vari punti scommesse, di un sito di raccolta illegale delle scommesse che garantiva ingenti guadagni al gruppo.
L’ordinanza impugnata, dopo aver ripercorso in linea generale gli esiti delle investigazioni, ha esposto gli elementi sulla scorta dei quali ha ritenuto, a livel gravemente indiziario, la partecipazione del Puca nel reato di cui all’art. 416 bis cod.pen. La decisione, inoltre, è in linea con i principi di diritto affermati da ques Suprema Corte in subiecta materia.
A fronte di siffatta motivazione il ricorrente non si confronta compiutamente limitandosi a contestare il contenuto delle conversazioni registrate, di cui propone una interpretazione alternativa anche in parte generica perché priva di confronto specifico con la ratio decidendi, e segnatamente con il delineato ruolo del Puca come sopra esposto.
In tale contesto l’indagato omette di confrontarsi sulle circostanze di fatto registrate dall’attività di intercettazione che mettevano in evidenza, ferma e non contestato il contributo materiale ossia la gestione dell’attività di gioco e scommesse illegali, i rapporti con il COGNOME e COGNOME. L’omesso confronto specifico si traduc nella genericità del motivo di ricorso che conduce all’inammissibilità dello stesso.
Infine, quanto al profilo della sussistenza delle esigenze cautelari, individuate nel pericolo di recidiva l’ordinanza impugnata, contrariamente all’assunto difensivo che lamenta una insufficiente motivazione sulla concretezza e attualità del pericolo di recidiva, è pienamente argomentata, avendolo ancorato il menzionato pericolo, ritenuto concreto ed attuale, all’inserimento stabile del predetto nel contesto associativo ricoperto dal medesimo all’interno di questo, in un contesto, non si dimentichi, di presunzione, di cui all’art. 275 comma 3 cod.proc.pen. di adeguatezza della misura.
Il regime presuntivo applicabile, qualora si sia in presenza di ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 416 bis cod.pen., in ragione della tendenziale stabilità del sodalizio, in difetto di element contrari attestanti il recesso individuale o lo scioglimento del gruppo (Sez. 6, n. 52404 del 26/11/2014, COGNOME, Rv. 261670; Sez. 4, n. 26570 del 11/06/2015, Flora, Rv. 263871), postula pur sempre l’allegazione di elementi concreti per il suo superamento che, quanto al caso in esame, non sono neppure allegati essendo del tutto neutra l’allegazione della risalenza dei fatti (al 2020) in un contesto come quello in esame, di tendenziale stabilità del vincolo associativo collegato alla appartenenza del gruppo criminale alle c.d. mafie storiche. Si è in particolare chiarito che, ove l condotta sia riconducibile alla partecipazione ad una associazione mafiosa “storica”, caratterizzata da un risalente radicamento e da una riconosciuta stabilità, grava sul
giudice un onere motivazionale attenuato in ordine alla persistenza del pericolo cautelare, anche nei casi in cui sussista una significativa distanza temporale tra l’applicazione della misura e la richiesta di sostituzione della stessa, posto che l’attualità delle esigenze è immanente a tale tipo di reato, potendo essere esclusa solo in presenza di prove della rescissione di ogni rapporto dell’accusato con il sodalizio (Sez. 5, n. 16434 del 21/02/2024, Tavella, Rv. 286267 – 01; Sez. 2, n. 12197 del 14/12/2022, COGNOME, Rv. 284474 – 01).
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
La Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 06/02/2025