Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30010 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30010 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Vibo Valentia il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro in data 22/1/2024
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni con le quali il AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento con rinvio;
udite le conclusioni degli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME che hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza, in via principale, senza rinvio e in via subordinata, senza rinvio,
RITENUTO IN IFATTO
Con ordinanza del 22/01/2024, il Tribunale del riesame di Catanzaro nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento disposto dalla Corte di cassazione con sentenza in data 07/12/2023, ha parzialmente accolto ”istanza di riesame annullando l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari in relazione al capo 158) e confermato nel resto il provvedimento per ciò che concerne i delitti di associazione mafiosa, e vari delitti fine (capi 1, 3, 154, 155) della provvisoria
imputazione.
Si contesta a COGNOME NOME, di avere quale partecipe della ‘ndrina di COGNOME, svolto attività imprenditoriale nel settore della gestione dei RAGIONE_SOCIALE delle mense scolastiche ed ospedaliere, garantendo l’infiltrazione della criminalità organizzata in tale ambito imprenditoriale, nei vibonese.
In tale veste, COGNOME NOME intratteneva rapporti con esponenti di altre articolazioni mafiose (COGNOME NOME e COGNOME NOME), stringeva accordi corruttivi con i dirigenti dell’ASP di Vibo Valentia (NOME) facendo valere il peso contrattuale ed elettorale della cosca di riferimento, si occupava del sostentamento dei detenuti, si occupava della redistribuzione dei proventi delle estorsioni.
Avverso detto provvedimento, ricorre per cassazione COGNOME NOME il quale, con il primo motivo, denuncia il travisamento della prova con riferimento agli elementi fattuali ritenuti dal Tribunale dimostrativi della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen,
Sostiene la difesa che il Tribunale avrebbe fondato il proprio convincimento circa la partecipazione di COGNOME alla ‘ndrina COGNOME, su intercettazioni affatto rilevanti poiché esse dimostravano, al più, che l’imprenditore intratteneva rapporti commerciali con COGNOME NOME, fratello di COGNOME NOME condanNOME per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. e non che lo stesso avesse tenuto una condotta partecipativa attiva.
L’episodio estorsivo ai danni di tale COGNOME, valorizzato dal riesame, non sarebbe conducente poiché COGNOME non vi prese parte ed il contestato intervento a sostegno dell’associato COGNOME, detenuto, era giustificato da motivi umanitari.
Il Tribunale avrebbe, dunque, omesso di vagliare gli argomenti difensivi con i quali si era evidenziato che COGNOME non era stato menzioNOME da alcun collaboratore; che i rapporti tra COGNOME NOME e COGNOME si inserivano nell’ambito di ordinarie dinamiche commerciali; che l’indagato non gestiva ma era un dipendente della ditta “RAGIONE_SOCIALE“, formalmente intestata a COGNOME NOME, sicchè i rapporti con COGNOME,a sua volta dipendente della RAGIONE_SOCIALE, società che aveva preso in affitto il punto di cottura della “RAGIONE_SOCIALE” di COGNOME NOME per la preparazione dei pasti agli ospedali, erano dovuti al contratto di affitto (mentre non vi erano rapporti con COGNOME); che i presunti accordi corruttivi con COGNOME dirigente dell’ASP, non trovavano logica giustificazione posto che COGNOME era impegNOME a sostenere altro candidato politico; che in riferimento ai delitti di cui ai capi 154 e 155, il Tribunale relazione alla posizione del coindagato COGNOME, ha annullato senza rinvio
l’ordinanza in relazione al capo 154 e con rinvio in relazione al capo 155.
Con il secondo motivo vengono sollevate censure (violazione di legge e vizio di motivazione) in relazione alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria del delitto di estorsione di cui al capo 3), non avendo il Tribunale indicato quale fosse il contributo causale posto in essere dal COGNOME alla realizzazione della condotta estorsiva in danno dell’imprenditore COGNOME posto che la sua posizione sarebbe sovrapponibile a quella di altro indagato (COGNOME NOME) per il quale era stata affermata l’estraneità alla fattispecie estorsiva fondata sul solo rilievo d avere beneficiato della spartizione di denari.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria per i delitti di cui ai capi 154 (art. 416-ter cod. peri.) e 155 (artt. 318, 319, 321, 41 bis.1 cod. pen.) avuto riguardo sia ai rilievi della sentenza rescindente, sia alla omessa valutazione di una serie di argomenti a dire della difesa dimostrativi della insussistenza del presunto un accordo corruttivo tra COGNOME NOME e COGNOME NOME oltre che significativi della illogicità ella motivazione per il differente trattamento riservato ad indagati (COGNOME COGNOME COGNOME) i quali, pur rispondendo delle medesime imputazioni, sono stati rimessi in libertà.
In data 3 giugno 2024 i difensori hanno depositato una memoria con la quale hanno evidenziato come l’ipotesi accusatoria fosse andata diradandosi, posto che anche rispetto al coindagato COGNOME NOME, il Tribunale del riesame, nel giudizio rescissorio a seguito di annullamento della Sez. 6, ha annullato l’ordinanza del GIP.
In data 10 giugno 2024 i difensori hanno depositato una nota di deposito documenti, con la quale hanno richiamato i principi affermati dalla Sez. 6 nella sentenza del 6/3/2024, ritenuti rilevanti nel presente giudizio.
In data 3 luglio 2024 i difensori hanno;tepositato motivi aggiunti con i quali hanno eccepito la nullità della pronuncia del Tribunale cautelare per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai capi 154, 155 ed all’aggravante della finalità mafiosa di cui all’imputazione provvisoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va rigettato.
1.1. Va preliminarmente evidenziato che il Tribunale del riesame è
intervenuto a seguito di annullamento con rinvio della Sezione Sesta che aveva rilevato un difetto di motivazione in relazione ai seguenti capi 1) (partecipazione ad associazione mafiosa), 3) (estorsione aggravata), 154 (scambio elettorale politico mafioso), 155(corruzione) ed ha integrato la motivazione con argomentazioni tutt’altro che insufficienti, illogiche o giuridicamente scorrette.
2. Sotto il profilo metodologico, infatti, non è da ritenere illogico che i Tribunale abbia preliminarmente preso in considerazione i delitti fine e cioè lo scambio elettorale politico mafioso e l’accordo corruttivo (capi 154 e 155), la cui gravità indiziaria è stata inequivocabilmente ricondotta al tenore delle conversazioni intercettate tra COGNOME NOME e COGNOME il dirigente dell’ASP che assicurava a COGNOME la possibilità di lavorare all’interno dell’Ospedale e godere di immunità nei controlli, evidenziandogli di avere dimostrato lealtà nei suoi confronti tanto da aver cestiNOME segnalazioni circa la contiguità della azienda del RAGIONE_SOCIALE con la criminalità organzzata, sollecitando quindi l’imprenditore perché, a sua volta, garantisse l’appoggio elettorale in favore del figlio, candidato alle elezioni regionali, appoggio espressamente riconducibile al peso specifico ricoperto dall’indagato all’interno della locale di RAGIONE_SOCIALE.
Alla stregua del cospicuo compendio indiziario richiamato dal Tribunale cautelare, non sono prive di pregnanza dimostrativa le considerazioni svolte a pagg. 8 e segg. dell’ordinanza impugnata in ordine alla specifica qualità in cui COGNOME agì nella stipula del patto di scambio. Infatti, l’appoggio garantito al figli di NOME, candidato alle elezioni regionali, venne elargito non già uti singulus ma come soggetto che conta – espressamente ‘bene, bene, bene politicamente a RAGIONE_SOCIALE” (il dato, contrariamente a quanto dedotto la difesa, non confligge con la capacità dell’indagato di canalizzare i voti nell’area di RAGIONE_SOCIALE, i occasione delle elezioni di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, trattandosi di candidati impegnati in competizioni politiche diverse da quelle per le quali concorreva COGNOME NOME) da parte del COGNOME quale “uomo d’onore”, come tale esplicitamente riconosciuto dallo stesso COGNOME.
Il Tribunale ha puntualmente soddisfatto l’obbligo motivazionale colmando le lacune evidenziate dalla sentenza rescindente laddove, a pag. 9 ha spiegato le ragioni per le quali COGNOME non fosse stato menzioNOME nella Relazione di accesso della Commissione prefettizia evidenziando come si trattasse di circostanza risalente nel tempo e non rilevante ai fini dell’attuale contestazione; ha spiegato che i rapporti con la società RAGIONE_SOCIALE, da ultimo, avevano un significato
pregnante ai fini della sussistenza della gravità indiziaria dei reati di cui ai capi 154 e 155, avuto riguardo alle difficoltà che la RAGIONE_SOCIALE stava affrontando per l’inserimento in subappalto nel servizio delle mense (pag. 3 dell’ordinanza) rilevando, altresì, nel complesso, che le deduzioni difensive, pur vagliate, si limitavano a prospettare una ricostruzione alternativa della vicenda basata su generiche smentite contrastanti con le chiare ed univoche emergenze in atti in particolare con il compendio captativo pertinentemente richiamato (pagg. 10 e 11).
Va precisato che, ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, quando il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi è persona intranea ad una consorteria di tipo mafioso, ed agisce per conto e nell’interesse di quest’ultima, non è necessario che l’ac:cordo concernente lo scambio tra voto e denaro o altra utilità contempli l’attuazione, o l’esplicit programmazione, di una campagna elettorale mediante intimidazioni, poiché in tal caso il ricorso alle modalità di acquisizione del consenso nelle forme di cui all’art. 416-bis, terzo comma, cod. pen. può dirsi immanente all’illecita pattuizione (Sez. 6, n. 25302 del 19/05/2015, Rv. 263845; Sez. 6, n. 16397 del 03/03/2016, Rv. 266738);
L’ordinanza impugnata quanto alla partecipazione COGNOME a qualificati contesti di criminalità mafiosa, richiama intercettazioni telefoniche dalle quali si evince che l’imprenditore, al quale era senz’altro riconducibile la società RAGIONE_SOCIALE” (cfr. pag. 10), aveva costanti legami con la criminalità organizzata che, come da lui stesso ammesso, gli consentivano entrature nelle gare di appalto, ma che allo stesso tempo potevano creargli problemi (pag. 10).
A ciò il Tribunale del riesame ha aggiunto argomentazioni tutt’altro che illogiche o incoerenti relativamente alla sussistenza della gravità indiziaria del delitto di cui al capo 3) (estorsione aggravata).
In particolare, ha richiamato intercettazioni evocative del contributo causale posto in essere dal RAGIONE_SOCIALE in termini di concorso morale, affinchè COGNOME richiedesse all’imprenditore COGNOME la quota parte dovuta ai referenti della criminalità organizzata egemone su quel territorio, per la gestione del servizio raccolta dei rifiuti urbani nei comuni di RAGIONE_SOCIALE e di Briatico (pagg. 11 e segg. dell’ordinanza impugnata), a nulla rilevando il fatto che rispetto a tale episodio, con riferimento ad altro coindagato (COGNOME NOME), non fosse stata ritenuta la gravità indiziaria, posto che le intercettazioni dimostravano il coinvolgimento attivo del solo COGNOME in termini di sollecitazione o istigazione.
Rispetto a tale compendio indiziario composto essenzialmente da dati
intercettivi, dei quali secondo il costante insegnamento di questa Corte, in sede di legittimità, è possibile prospettare una interpretazione del significato diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile, condizioni queste non verificatesi nel caso di specie, le censure difensive che lamentano una disparità di trattamento e quindi l’illogicità della motivazione, appaiono del tutto infondate.
Lo stesso è a dirsi con riferimento alla gravità indiziaria relativa al delitto di cui al capo 1).
Anche in questo caso la difesa adduce elementi (mancanza di dichiarazioni di collaboratori che menzionassero COGNOME quale partecipe della associazione mafiosa, natura lecita dei rapporti con COGNOME NOME, rapporti risalenti della società “RAGIONE_SOCIALE” con la RAGIONE_SOCIALE), evidentemente recessivi rispetto a dati oggettivi valorizzati dal Tribunale e rappresentati dalle intercettazioni che riportavano dati fattuali, indicativi della intrane dell’imprenditore al ” RAGIONE_SOCIALE” in termini di partecipazione attiva.
Come riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte, tale partecipazione può essere desunta da diversi indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza nel senso indicato, purché si tratti di indizi gravi e precisi – tra i qu esemplificando, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale, l’investitura della qualifica di “uomo d’onore”, commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e però significativi, “facta concludentia”-, idonei senza alcun automatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Rv. 281889; Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Rv. 231670).
In mancanza di prova diretta di una rituale affiliazione, peraltro, tra gli indicatori fattuali dell’adesione al sodalizio può certamente rientrare anche la condotta di colui che partecipi ad un fondo di solidarietà (la cosiddetta “colletta”) a favore di detenuti inseriti nell’associazione mafiosa: sulla base di ormai consolidate regole di esperienza, la giurisprudenza di questa Corte riconosce che tale condotta rivesta certamente efficacia fortemente indiziante del reato di
partecipazione ad associazione mafiosa, ex art. 416-bis cod. pen. (Sez. 2, n. 53477 del 15/06/2017, Rv. 271930; Sez. 5, n. 35997 del 05/06/2013, Rv. 256947; Sez. 2, n. 27394 del 10/05/2017, COGNOME, non massirnata).
Fermo quanto precede, il Tribunale, nel vagliare la posizione del COGNOME, il Tribunale ha puntualmente esamiNOME una pluralità di elementi fattuali che convergevano nel dimostrare univocamente la stabile partecipazione del singolo all’associazione di ‘ndrangheta, alla luce di un elemento probatorio rilevante (partecipazione alla colletta) del tutto convergente con altri ugualmente significativi nel provare in modo incontrovertibile la militanza dell’indagato nel sodalizio (Sez. 2, n. 53477 del 15/06/2017, cit.). In particolare, alle pagine 14 e seguenti è stato evidenziato che COGNOME, oltre all’incarico di raccogliere denaro per le spese dei sodali detenuti, curava gli aspetti commerciali della società “RAGIONE_SOCIALE” che gli consentiva di assumere i familiari degli associati, così offrendo un prezioso contributo all’associazione criminosa che, attraverso la suddetta azienda, riusciva a mantenere anche uno stabile legame con la famiglia COGNOME intrattenendo con questa accordi spartitori per la distribuzione del pane all’interno delle mense scolastiche (cfr. pag. 1;7).
A fronte di tale trama argomentativa, appare evidente l’infondatezza del ricorso le cui censure si risolvono, nel complesso, nella sollecitazione ad una diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità degli indizi, non ammessa in sede di legittimità, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta di giudice di merito, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 19/07/2024