Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30006 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30006 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Campi Salentina (LE) il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza della Corte di appello di LECCE in data 22/1/2024 udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni con le quali il AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22/01/2024, il Tribunale di Lecce accogliendo l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari reiettiva della richiesta di applicazione della misura cautelare, applicava a COGNOME NOME la misura della custodia in carcere in relazione al delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., per avere il COGNOME fatto parte continuato a far parte, dell’associazione mafiosa denominata “RAGIONE_SOCIALE“, ritenendo che egli controllasse le piazze di spaccio, con l’incarico di percuotere e minacciare di morte coloro che svolgevano l’attività di vendita dello stupefacente al di fuori delle regole imposte dal clan.
Avverso tale provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, tramite il difensore di fiducia, il quale denuncia mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione.
Assume la difesa che il Tribunale avrebbe erroneamente considerato COGNOME partecipe dell’associazione per avere gestito la Piazza di spaccio di Trepuzzi, invece, non risultando accertata la sussistenza dell’associazione di tipo mafioso di cui il COGNOME farebbe parte e difettando l’utilizzo della violenza. Mancherebbe in altri termini, la dimostrazione della mafiosità del gruppo, a nulla rilevando che all’interno di questo vi fossero persone già condannate per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. ed essendo irrilevanti le dichiarazioni de collaboratori di giustizia i quali nulla hanno riferito al riguardo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile perché basato su motivo generico.
1.1. La difesa si concentra sulla presunta insussistenza del delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., deducendo la mancanza di prova legale della mafiosità dell’associazione, non rinvenibile nella presenza, all’interno del gruppo, di persone già condannate per mafia.
Ed invero, la decisione del Tribunale non poggia su tale considerazione ma, in premessa, spiega che la delibazione giudiziale non ineriva alla verifica della sussistenza dell’associazione di stampo mafioso denominata “RAGIONE_SOCIALE“, poiché la contestazione riguardava la condotta partecipativa del COGNOME ad un’associazione di mafiosa già costituita e giudizialmente riconosciuta con sentenze irrevocabili.
In Tribunale ha, infatti, correttamente limitato il perimetro decisorio alla condotta partecipativa del COGNOME dando applicazione al principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui “In tema di valutazione della prova, un fatto “notorio” quale l’esistenza e il radicamento territoriale di un’associazione mafiosa può essere desunto, ai sensi dell’art. 238-bis cod. proc. pen., dalle decisioni irrevocabili dell’autorità giudiziaria a condizione che il nuovo giudizio verta su fatti avvenuti nelle medesime realtà territoriali, non emerga una variazione delle finalità perseguite dal sodalizio, vi sia una, quanto meno parziale, identità soggettiva tra la formazione storica e la attuale e che il tempo trascorso non sia di entità tale da aver determinato nella memoria dei consociati l’oblio della connotazione mafiosa del gruppo storico” (Sez. 1, n. 55359 del
17/06/2016, Rv. 269039; nello stesso senso, Sez. F, n. 56596 del 03/09/2018, Rv. 274753).
In particolare il Tribunale ha precisato che l’organizzazione criminale denominata “RAGIONE_SOCIALE“, operava nel medesimo contesto territoriale della “RAGIONE_SOCIALE” ed in perfetta continuità con la precedente per cui la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 416-bis cod. pen. poteva dirs acclarata senza che fossero necessari particolari sforzi dimostrativi.
2. L’ordinanza si è poi occupata specificatamente della posizione del COGNOME all’interno della compagine mafiosa desumendo la sua condotta partecipativa dai rapporti con COGNOME NOME già condannato per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. il quale, all’indomani della sua scarcerazione per espiazione pena, come riferito dai collaboratori di giustizia, aveva ripreso il controllo del territorio di sua competenza corrispondente al territorio Comune di Trepuzzi, in particolare imponendo le proprie condizioni per il traffico di stupefacenti e nell’ambito dell’azione di recupero ed imposizione del suo potere, avvalendosi anche di COGNOME NOME, il quale non ha negato le condotte materiali contestate, rappresentate plasticamente nelle conversazioni intercettate.
Queste, secondo il Tribunale, dimostravano che COGNOME era consapevole che detta attività era diretta a consolidare il potere criminale del clan cu apparteneva COGNOME (cfr. pag. 16 dell’ordinanza impugnata).
Giova ricordare che, ai fini dell’integrazione della condotta di partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso, l’investitura formale o la commissione di reati-fine funzionali agli interessi dalla stessa perseguiti non sono essenziali, in quanto rileva la stabile ed organica compenetrazione del soggetto rispetto al tessuto organizzativo del sodalizio, da valutarsi alla stregua di una lettura non atomistica, ma unitaria, degli elementi rivelatori di un suo ruolo dinamico all’interno dello stesso (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Rv. 281889). In detta prospettiva, si è affermato come detto possa evincersi, sulla base di una valutazione complessiva delle risultanze fattuali, nei confronti di un indagato che, pur non raggiunto da indizi circa la sottoposizione a rituale affiliazione e la commissione di specifici reati-fine, godeva della possibilità di confrontarsi direttamente con soggetti di comprovata “mafiosità”, frequentava il “luogo di appuntamenti” dei sodali ed intratteneva con i medesimi movimentazioni di denaro (Sez. 5, n. 4864 del 17/10/2016 1 ,Rv. 269207; Sez, 5, n. 32020 del 16/03/2018, Rv. 273571).
La motivazione resa dal Tribunale appare, dunque, immune da censure, proprio perché le intimidazioni rivolte a COGNOME NOME, sono la riprova dell’esistenza di un rapporto di intraneità del COGNOME, pur se in posizione subordinata rispetto ad altri partecipi.
A fronte di tale trama argomentativa, appare evidente l’inammissibilità del ricorso cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 19/07/2024