Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8586 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8586 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 25/06/1997 avverso l’ordinanza del 25/07/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Napoli; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore del ricorrente, l’avvocato NOME COGNOME che si è riportato a motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei riguardi di COGNOME Stefano per i delitti di cui ai capi provvisori 1 e 3, precisamente per quello di cui all’articolo 416-bis cod. pen., per aver fatto parte, avendo un ruolo apicale, del gruppo di San Gaetano, affiliato al clan camorristico “COGNOME“, e per quello di estorsione continuata in concorso ai danni di COGNOME NOME, aggravato dall’esser stato commesso da più persone riunite e avvalendosi della forza di intimidazione derivante dall’appartenenza ad un’associazione di tipo mafioso.
Lo stesso Tribunale ha annullato, invece, l’ordinanza custodiale
limitatamente al capo 2 provvisorio, ovvero per il delitto di rapina aggravata in concorso ai danni di COGNOME Giovanni.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione l’indagato, lamentando la violazione degli artt. 192, commi 2 e 4, e 195 cod. proc. pen., per carenza dei gravi indizi di colpevolezza, per essersi l’ordinanza fondata esclusivamente sulle parole del collaboratore di giustizia, NOME COGNOME senza alcun riscontro, neppure proveniente da altri collaboratori, e senza che il NOME gli avesse attribuito una precisa funzione all’interno del sodalizio, se non quella di riscossore di 100,00 euro settimanali, quale tangente versata da COGNOME NOME.
Parte ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte sulla necessità che le conoscenze dei collaboratori di giustizia siano corroborate da elementi di verifica, ove pure costituiti dalle parole di altri collaboratori di giustizia, p individualizzanti: laddove, nella specie si rimarca come gli altri chiamanti in correità avessero riferito della generica organizzazione del clan COGNOME, senza dire alcunché di specifico sul ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, inammissibile laddove mira ad una nuova valutazione delle risultanze istruttorie ed infondato sulle questioni di diritto sollevate, va rigetta
Le conclusioni raggiunte in sede di merito sono, poi, conformi a diritto.
I riscontri alla chiamata in correità possono essere costituiti da qualsiasi dato probatorio, sia rappresentativo che logico, indipendente da essa e anche da altre autonome chiamate, che abbiano valenza individualizzante, ovvero riguardino il fatto reato e la sua riferibilità all’imputato (Sez. 1, n. 1263 del 20/10/2006, dep 2007, Rv. 235800-01; Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015, Rv. 264380-01).
Quanto ai reati associativi, posto che il thema decidendum riguarda la stabile partecipazione al sodalizio, le dichiarazioni dei collaboratori o l’elemento di riscontro individualizzante non devono necessariamente riguardare singole attività attribuite all’accusato, giacché il “fatto” da dimostrare non è il singo comportamento dell’associato bensì la sua appartenenza al sodalizio (così ancora Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015, Rv. 264380-01).
A maggior ragione, riscontri esterni individualizzanti idonei, ai sensi dell’art 192, comma 3, cod. proc. pen., a conferire alla chiamata valore di prova del delitto di associazione mafiosa – che per sua natura si alimenta di relazioni tra gli associati finalizzate a realizzare il programma associativo – sono non solo, com’è ovvio, il
concorso del singolo chiamato alla consumazione dei delitti fine dell’associazione, ma anche le reiterate frequentazioni con esponenti di spicco del gruppo criminale, da cui emerga la messa a disposizione per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. 6, n. 12554 del 01/03/2016, Rv. 267418-01; Sez. 2, n. 51694 del 02/11/2023, Rv. 285623-01): atteso che, attraverso tali condotte, non altrimenti giustificate, si manifesta il ruolo effettivo e dinamico assunto dal singolo nel gruppo criminale, e, quindi, la sua adesione ad esso (Sez. 2, n. 18940 del 14/03/2017, Rv. 269659-01).
Orbene, dalla chiamata in correità del Giuliano e dalle numerose intercettazioni confermative ed attualizzanti, di cui si dirà oltre, prima il Giudi per le indagini preliminari, poi il Tribunale del riesame hanno logicamente desunto la conferma del quadro accusatorio, con valutazioni scevre da vizi di sorta o errori di diritto, anche in relazione al ruolo apicale del ricorrente. Al riguardo, è noto c «nel reato di associazione per delinquere “capo” è non solo il vertice dell’organizzazione, quando questo esista, ma anche colui che abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e nel suo esplicarsi quotidi in relazione ai propositi delinquenziali realizzati» (ex multis Sez. 2, n. 7839 del 12/02/2021, Rv. 280890-01; Sez. 2, n. 2036 del 19/12/2023, dep. 2024, non massimata; Sez. 4, n. 29628 del 21/06/2016, Rv. 267464-01; Sez. 2, n. 19917 del 15/01/2013, Rv. 255915-01).
3. Il Tribunale del riesame ha correttamente applicato tali principi, indicando diversi riscontri alle parole del collaboratore di giustizia NOME COGNOME
Sono, infatti, menzionate, in relazione all’estorsione ai danni del parcheggiatore abusivo COGNOME NOME, non solo intercettazioni in cui lo stesso NOME ed altri sodali discutono, tra l’altro, delle somme estorte a divers parcheggiatori abusivi, ma anche e soprattutto le parole della medesima vittima.
Il COGNOME, infatti, conferma le estorsioni subite prima dal clan COGNOME e, neg ultimi due anni, dal clan COGNOME, ma, soprattutto, riconosce in foto il COGNOME quale uno degli inviati detto clan ai fini della riscossione della tangente: co fornendo un indubbio e contestuale riscontro – e, anzi, più precisamente prova diretta, trattandosi delle parole di un teste e non di un collaboratore – ad entrambe le ipotesi d’accusa.
Per giunta, sul ruolo apicale nell’articolazione anzidetta, il COGNOME, oltre ad esser stato indicato dal COGNOME quale stretto collaboratore di COGNOME Salvatore, incontestata figura di vertice del clan COGNOME, emerge in tale veste dalle intercettazioni di cui al paragrafo 3 dell’ordinanza genetica, in particolare da quelle citate da pagina 268 in poi, laddove spicca chiaramente il suo ruolo di riscossore
per il clan, correlato alla piazza di spaccio gestita da COGNOME NOME (così come, peraltro, indicato dal Giuliano nel verbale del 20/7/2021) e come erogatore della paga settimanale agli affiliati (tanto che in una delle intercettazioni il ricorrente lamenta chiaramente col COGNOME per esser questi partito senza lasciare il denaro occorrente a pagare ai sodali: “NOME: mi lasciavi l’imbasciata … perché io a questi qua cosa gli do … aspetto a te che scendi?”).
Tali dati – la cui interpretazione nel senso detto non è neppure stata discussa, nessuna prospettazione alternativa avendo la difesa neppure accennato – risultano, dunque, correttamente valorizzati dal Giudice per le indagini preliminari e dal Tribunale del riesame al fine di confermare il grave quadro indiziario a carico del COGNOME.
Infine, l’ordinanza impugnata fa riferimento anche ad immagini e video in atti che immortalano il COGNOME con altri sodali indicati dal Giuliano e con lo stesso Giuliano.
In definitiva, l’ordinanza è del tutto priva dei vizi ed errori di diritto quali parte ricorrente assume sia affetta.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di rigetto segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Trattandosi di provvedimento da cui non consegue la rimessione in libertà del detenuto, una sua copia va trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen. (ai sensi del comma 1-ter del medesimo articolo).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 06/12/2024
CORTE DI CASSAZIONE
V SEZIONE PENALE