Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 24676 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 24676 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME nato a Taranto il 11/07/1967
avverso la ordinanza del 21/11/202.4 del Tribunale di Potenza visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; uditi i difensori, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME che hanno
chiesto l’accoglimento del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Potenza ha confermato l'ordinanza cautelare emessa in data 21.11.2024 dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale nei confronti di NOME COGNOME con la quale gli è stata applicata la custodia in carcere in relazione alla ritenuta gravità indiziaria in ordine ai rea di cui ai capi 1 (art. 416-bis cod. pen. con posizione apicale), 3 – riqualificato a sensi dell'art. 581 cod. pen. -, 6, 7, 9, 13, 14 (estorsioni aggravate dall'art. 416 bis.1 cod. pen.), 15 (artt. 110, 353, 416-bis.1 cod. pen.), 17 (estorsione aggravata dall'art. 416-bis.1 cod. pen.), 51- riqualificato ai sensi degli artt. 56, 629 cod. pe aggravata dall'art. 416-bis.1 cod. pen. -, 64, 66, 67, 68, 69, 70, 71 (tentate estorsioni aggravate dall'art. 416-bis.1 cod. pen.), 72, 73, 74, 75, 76, 77, 78, 79, 80 e 81 (estorsioni e tentate estorsioni aggravate dall'art. 416-bis.1 cod. pen.).
Avverso la ordinanza è stato proposto ricorso per cassazione, con distinti atti, dai difensori Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME e, personalmente, dall'indagato.
Con atto dell'Avv. NOME COGNOME si deduce vizio cumulativo della motivazione e inosservanza di norme stabilite a pena di inutilizzabilità con riguardo ai risultati delle intercettazioni.
Il Tribunale ha ritenuto sussistere la gravità indiziaria in ordine alla condotta di promotore del presunto sodalizio criminoso di stampo mafioso sulla base di elementi di dubbia portata indiziaria concentrati prevalentemente sulle conversazioni intercorse tra lo COGNOME con altri soggetti nel 2018-2019, e tra lo COGNOME e i suoi familiari nel 2023-2024 in carcere, mai corroborate da elementi di riscontro seri e specifici, in mancanza di condotte minacciose e violente da parte dello COGNOME e dei suoi accoliti. Si tratta di richieste di denaro compiute solo a titolo di amicizia e per motivi di bisogno della famiglia COGNOME, spontaneamente realizzate da parte dei soggetti interessati e, quanto, al capo 15, mancando la prova della irregolare assegnazione dei lotti, attraverso l'uso di violenza e minaccia.
Tutti i fatti criminali contestati al ricorrente provengono da diverse informative redatte da vari organismi investigativi, confluite nell'attuale procedimento n. 1612/24 RGNR della DDA di Potenza, in cui vengono riesumati elementi probatori che non hanno avuto seguito in altri procedimenti penali, al cui contenuto il Tribunale si è pedissequamente adeguato.
Come per il capo 15, così per quello di cui al capo 14, non emergono condotte violente o minacciose né risultano denunce della presunta parte offesa. Come pure
non si comprende come il fatto estorsivo di cui al capo 13 possa essere espressione del metodo mafioso.
Del tutto apoditticamente è desunta la esistenza della associazione mafiosa sotto forma di una confederazione tra i clan COGNOME–COGNOME – dalla esistenza della società cooperativa RAGIONE_SOCIALE, costituita nell'aprile 2018, mancando qualsiasi contatto tra NOME COGNOME e NOME COGNOME e non essendosi conseguita in concreto alcuna effettiva capacità di intimidazione.
Si deduce, inoltre, la inutilizzabilità delli risultati delle intercettazioni disp con il RIT 792/2023 e con RIT 638/2024 con i decreti autorizzativi e decreti di proroga indicati in ricorso e allegati, in quanto privi di congrua motivazione in ordine ai presupposti delle autorizzazioni, trattandosi di decreti identici tra loro giustificati con una motivazione per relationem che non dimostra che il decidente abbia preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento. Analoga censura è mossa con riguardo al decreto di convalida delle intercettazioni disposte in via d'urgenza dal Pubblico Ministero.
Si censura, inoltre, la apparenza della motivazione posta a base delle esigenze cautelari, sia rispetto alla attualità del pericolo di reiterazione che alla eccessivit della massima misura custodiale, potendosi ritenere adeguata la meno grave misura degli arresti domiciliari con l'applicazione delle particolari modalità di controllo di cui all'art. 275-bis cod. proc. pen.
Con atto dell'Avv. NOME COGNOME si deducono i seguenti motivi.
4.1. Con il primo motivo, violazione del ne bis in idem cautelare in quanto la misura applicata è fondata sui medesimi reati e sulle medesime ragioni che avevano dato luogo al precedente rigetto da parte del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto.
N .2. Con il secondo motivo, nullità dei decreti autorizzativi di intercettazione telematica all'interno del carcere di Taranto (RIT 792/93 e RIT 638/24) per assoluta mancanza e insufficienza della motivazione in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti per l'emissione del decreto di intercettazione ambientale, trattandosi – quelli di cui al rit 792/23 – tutti identici e strutturati in copia conf all'originale decreto del 8 settembre 2023, senza indicare i gravi indizi dei reati ipotizzati né il ruolo dei vari soggetti captati. Quanto al RIT 638/24, nessun presupposto di urgenza è riportato tanto nel decreto del Pubblico Ministero quanto nel decreto di convalida. Ancora, quanto al RIT 792/23 si censura la mancanza di disposizioni in ordine alla circostanza che le operazioni di intercettazioni siano compiute presso la Procura o trasferite verso i suoi impianti o, ancora, sia necessario il noleggio di apparecchiature per le intercettazioni telematiche attive. La risposta del Tribunale in ordine alla genericità delle censure a riguardo mosse
è incompatibile con il sottolineato decisivo rilievo delle intercettazioni su compendio indiziario.
4 .3. Con il terzo motivo vizio cumulativo della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria.
Premessa la vicenda carceraria del ricorrente, si censura l'apodittica affermazione in capo a questi del ruolo apicale rimarcando che l'unico episodio di violenza a lui riferibile è stato quello di cui al capo 3, oggetto di derubricazione a sensi dell'art. 581 cod. pen.
Così, inadeguata è l'affermazione della esteriorizzazione della forza intimidatrice promanante dal gruppo mafioso, capeggiato dal ricorrente, non essendo stati registrati, oltre l'episodio dei tombini, altri episodi di violen direttamente o indirettamente collegati alla figura del promotore.
Inoltre, privo di rilievo indiziario è il preteso avvicendamento nella gestione del gruppo malavitoso dei fratelli NOME e NOME COGNOME per cui quest'ultimo avrebbe continuato ad eseguire gli ordini del fratello ormai ristretto in carcere dal mese di giugno del 2020.
Apodittico risulta l'assunto del pieno controllo del territorio adeguatosi al racconto investigativo e alle dichiarazioni dei collaboratori, mai vagliate sotto il profilo della componente oggettiva e soggettiva, a fronte delle deduzioni difensive. A tal riguardo non può essere condiviso il percorso seguito dal Tribunale che ha ritenuto le dichiarazioni riscontrate dalle intercettazioni, invece, prive di riscontr da parte delle presunte vittime di estorsione.
h .4. Con il quarto motivo erronea applicazione dell'art. 416-bis cod. pen. e vizio della motivazione.
La ordinanza del Tribunale ha sostituito alla teoria della mafia "silente" quella della mafia "a soggettività differente", non attingendo comunque il livello di sintomaticità necessario a corroborare l'accusa in relazione alla esistenza di una intimidazione diffusa e dello stato di omertà che ne deriva, non integrando tale livello le richieste di aiuto economico avanzate dal ricorrente, per il tramite dei figli, ad un numero determinato di persone allo scopo di far fronte alle esigenze familiari e non certo per avvantaggiare il gruppo mafioso e tenuto conto che gli esborsi sarebbero stati chiesti – secondo la stessa impostazione accusatoria – ai suoi stessi accoliti.
In ogni caso, anche la teoria avallata dalla ordinanza risulta priva di riscontro in quanto nulla fa desumere che gli aggregati abbiano richiamato la figura dello COGNOME quale soggetto esplicante forza di intimidazione al fine di sfruttare il suo carisma mafioso per commettere reati.
La ordinanza non avrebbe dovuto limitarsi al dato teorico ma avrebbe dovuto riconoscere che l'indagine non presenta alcuna verifica reale della capacità
intimidatoria e in particolare della sua esteriorizzazione, rimanendo non assolto l'onere di chiarire come sia nata l'associazione mafiosa, se essa sia o meno il prosieguo di un precedente sodalizio ovvero rappresenti una nuova associazione.
A .5. Con il quinto motivo erronea applicazione dell'art. 629 cod. pen. e carenza della motivazione in relazione al riconosciuto fenomeno estorsivo ai danni dei pescatori e degli imprenditori del luogo. Quanto ai primi, non può trovare accoglimento la teoria della confederazione tra il gruppo dello COGNOME e quello dello COGNOME suggellata nella cooperativa Nereide, emergendo i rimproveri dello COGNOME al cugino NOME COGNOME per la conduzione impropria dell'attività di pesca lungo l'area gestita dal ricorrente con danneggiamento delle reti della propria imbarcazione, potendosi inscrivere le condotte nei confronti dei pescatori provenienti da aree territoriali diverse sotto la diversa figura dell'esercizi arbitrario della proprie ragioni.
Quanto ai reati-fine di matrice estorsiva, desta perplessità la estensione delle condotte a conoscenti e amici dello COGNOME e non ad altri numerosi imprenditori economici della zona di Policoro, mentre alcun esplicito richiamo al gruppo mafioso risulta essere stato, anche in maniera silente, effettuato nei confronti degli interpellati, di cui – del resto – manca qualsiasi denuncia e dei quali rimane la libertà di autodeterminazione, a riprova della mancanza di qualsiasi capacità intimidatoria o condizione omertosa.
Quanto all'aggravante mafiosa, solo teorico è il ragionamento espresso dal Tribunale senza alcuna pertinenza alle due ipotesi previste dalla legge.
Non comprendendosi quale sia la associazione mafiosa facente capo al ricorrente, non si comprende quale agevolazione si sia potuta perseguire, anche tenuto conto della destinazione personale e familiare delle somme.
N .6. Con il sesto motivo vizio di motivazione in relazione al pericolo cautelare e alla adeguatezza della misura adottata.
L'attualità del pericolo cautelare è sostanziata in relazione alla diversa misura di prevenzione correlata W processo Faust conclusosi con l'assoluzione e, pertanto, priva di addentellato. Cosicché, anche la adeguatezza della massima misura non può essere desunta dalla mancata presentazione del ricorrente alla Questura per essere sottoposto alla misura preventiva, dovendosi considerare le esigenze familiari correlate al ripristino della libertà dopo quattro anni, come documenta lo stesso momento familiare in cui è stato arrestato.
4 1.7. Sono stati depositati motivi nuovi dal difensore Avv. NOME COGNOME
4 7.1. Il primo motivo afferisce al secondo motivo di ricorso principale avente ad oggetto la nullità dei decreti autorizzativi di intercettazione telematica ne carcere di Taranto, dei quali si ribadisce la carenza di motivazione, non essendo
NOME
giustificato il collegamento tra l'indagine, il soggetto intercettato e la necessità d usare lo specifico strumento captativo, né essendovi riferimento alla autorizzazione di intercettazioni presso la Casa Circondariale di Taranto.
4 .7.2. Il secondo motivo afferisce al terzo motivo del ricorso principale, censurandosi la parcellizzazione ed enfatizzazione degli indizi con la mancanza della puntuale individuazione degli episodi nei quali si sarebbe manifestata la forza intimidatrice e l'uso dei metodi mafiosi da parte del sodalizio. Si deduce, inoltre, iI mancato approfondimento dell'asserita reggenza del COGNOME dopo l'incarcerazione di NOME COGNOME, piuttosto limitata al traffico di stupefacente e non volta al riassetto dei vertici del clan, come pure la mancata considerazione della assenza di fiducia di NOME COGNOME nei confronti del fratello NOME che destituisce di fondamento il preteso passaggio di testimone all'interno del clan da un fratello all'altro, tenuto anche conto del mancato riscontro di tale "nuovo corso".
Ancora, il Tribunale ha svalutato la premessa storico-giudiziaria della continua detenzione di NOME COGNOME dal mese di giugno 2020 al novembre 2024 e non considerato il vuoto investigativo dal 2020 al 2023, che dà conto della assenza di continuità investigativa e criminologica del fenomeno mafioso ritagliato sulla persona dello COGNOME, in uno con l'assenza di riscontri del richiamo allo storico sodalizio ed alla sua forza intimidatoria.
qi) A .7.3. Il terzo motivo afferisce al quarto motivo del ricorso principale, segnatamente con riguardo al mancato riferimento – quanto alla esteriorizzazione del potere mafioso – allo stato di soggezione dei soggetti colpiti, piuttosto che alla manifestazione di intenti tra i soggetti parlatori. Nel disaminare i vari episodi indicati, si assume che il Tribunale non ha acclarato la consumazione di fattispecie delittuose tipicamente dimostrative dell'imposizione del vincolo intimidatorio su una determinata area o anche nei confronti di una categoria di persone, estranee ai componenti della associazione mafiosa. A tal riguardo, deve essere riletta la vicenda ai danni dei pescatori di cui erano danneggiate le reti e che intendevano tutelare le proprie legittime ragioni, come pure la pretesa confederazione tra il gruppo dello Scarcia e quello degli Scarci, tramite la cooperativa RAGIONE_SOCIALE, mancando episodi che documentano la funzionalizzazione illegale degli scopi sociali. Cosicché, l'assunto teorico della mafia a soggettività diversa è rimasto privo di concreto riscontro, vieppiù rispetto alle allegate risposte giudiziarie all accuse mosse allo COGNOME e tenuto conto del ridimensionamento delle accuse, rispetto alla contestazione cautelare, risultante dall'allegato decreto di giudizi immediato.
5 ".. NOME COGNOME ha personalmente proposto atto di ricorso deducendo i seguenti motivi.
Con il primo motivo violazione dell'art. 416-bis cod. pen. e vizio cumulativo della motivazione in ordine alla ritenuta gravità indiziaria in ordine al reato di cui al capo 1. Si deduce violazione dell'art. 407 cod. proc. pen. in relazione alla mancata risposta data dal Tribunale sul dedotto superamento dei termini di indagine. Si censura l'omessa risposta alla dedotta violazione del diritto di difesa in relazione alla illeggibilità di venti pagine della ordinanza genetica. 51.
Con il secondo motivo violazione dell'art. 416-bis e 416-bis.1. cod. pen. e mancanza della motivazione in relazione alle altre imputazioni cautelari.
6.3. Con il terzo motivo violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, dei qual era stata dedotta la non credibilità.
.4.4. Sono pervenuti motivi aggiunti personalmente sottoscritti dallo COGNOME.
g .. Il Procuratore generale ha depositato memoria a sostegno del rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato e deve essere rigettato.
L'atto di ricorso personalmente redatto e sottoscritto da NOME COGNOME con i correlati motivi aggiunti, è inammissibile perché proposto da soggetto non legittimato, secondo l'autorevole principio per il quale il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento, compresi quelli in materia cautelare, non può essere proposto dalla parte personalmente, ma, a seguito della modifica apportata agli artt. 571 e 613 cod. proc. pen. dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell'albo speciale della Corte di cassazione (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep.2018, Aiello, Rv. 272010).
Il primo motivo dell'atto di ricorso per avv. COGNOME avente natura preliminare, è manifestamente infondato.
Alla deduzione proposta in sede di riesame il Tribunale ha del tutto correttamente risposto (v. pg. 26) rigettandola, sulla base del conforme condivisibile orientamento secondo il quale il rigetto della richiesta di misura cautelare disposto dal giudice delle indagini preliminari competente per la convalida del fermo eseguito fuori dal circondario non preclude al pubblico ministero territorialmente competente la reiterazione della suddetta richiesta al giudice naturale, in quanto il provvedimento emesso da quest'ultimo è del tutto autonomo rispetto al primo, che, in quanto non impugnabile, è inidoneo a
determinare la formazione di un giudicato cautelare (Sez. 6, n. 21328 del 16/04/2015, COGNOME, Rv. 263412 – 01).
Il motivo dell'atto per Avv. COGNOME avente ad oggetto la inutilizzabilità delle intercettazioni e il secondo motivo dell'atto per Avv. COGNOME riguardante il medesimo tema, con il correlato motivo aggiunto, sono genericamente proposti. Il Tribunale ha rigettato le pertinenti deduzioni svolte dalla difesa, escludendo la esistenza di lacune nella motivazione per relationem adottata dal Giudice procedente nei decreti impugnati con riferimento alle richieste del Pubblico Ministero e alle correlate informative e annotazioni di polizia giudiziaria, di volt in volta indicate, poste a base della ritenuta sussistenza dei presupposti dei decreti, in conformità al consolidato orientamento di legittimità secondo il quale, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, è legittima la motivazione "per relationem" dei decreti autorizzativi quando in essi il giudice faccia richiamo alle richieste del pubblico ministero ed alle relazioni di servizio della polizia giudiziaria, ponendo così in evidenza, per il fatto d'averle prese in esame e fatte proprie, l'"iter" cognitivo e valutativo seguito per giustificare l'adozione d particolare mezzo di ricerca della prova (Sez. 5, n. 36913 del 05/06/2017, Tipa, Rv. 270758).
Il ricorso si limita a reiterare le censure già formulate nei medesimi termini, senza confrontarsi con la affermata genericità della loro proposizione / riferita alla mancata considerazione degli atti ai quali i decreti impugnati rinviano ,e il cui contenuto è stato recepito (v. pg. 27 della ordinanza impugnata), e alle ragioni della genericità e infondatezza delle altre deduzioni in ordine al ricorso ad impianti esterni e al requisito dell'urgenza (v. pg. 28, ibidem).
Il primo motivo, riguardante la gravità indiziaria, per atto dell'Avv. COGNOME e il terzo, quarto e quinto motivo – con correlati motivi aggiunti -, riguardanti medesimo tema, per atto dell'Avv. COGNOME sono infondati, quando non proposti per ragioni non consentite dall'ordinamento.
5.1. Quanto alla ritenuta gravità indiziaria in ordine al reato associativo e alla posizione apicale ricoperta dal ricorrente deve rilevarsi quanto segue.
Quanto alla sussistenza della compagine mafiosa, la ordinanza individua la compagine criminale facente capo agli COGNOME, operante nella zona di Policoro, capeggiata da NOME COGNOME e NOME COGNOME – già condannati per analogo reato associativo – dando ampia contezza della esistenza e operatività del gruppo mafioso, individuando – durante la detenzione di NOME COGNOME – la temporanea reggenza di NOME COGNOME e, successivamente di NOME COGNOME (v. pg. 30 e ss. della ordinanza impugnata), la realizzazione di un summit dopo l'incontro dei due germani in data 4 dicembre 2020 volto alla definizione della
distribuzione dei proventi dei loro traffici illeciti – stupefacenti ed estorsioni gestione della c.d. bacinella, secondo le indicazioni date da NOME COGNOME al fratello NOME (v. pg. 31 e ss.), la riorganizzazione del gruppo ad opera di NOME COGNOME, improntata ad un più deciso uso della violenza (v. pg. 36 e ss.). Si considerano, quindi, i settori di intervento del gruppo riguardanti il controllo nel settore della sicurezza nei locali notturni (v. pg. 46 e ss.), l'organizzazione dell feste di paese mediante il placet dato dal gruppo alla partecipazione degli interessati (v. pg. 99 e ss.), l'esercizio di una "azione para-statale" facente direttamente capo a NOME COGNOME espressione del controllo territoriale facente capo al suo gruppo, sia in relazione alla vicenda dei tombini che all'intervento in una gara pubblica indetta dal Tribunale di Matera (v. pg. 104 e ss.), l'infiltrazione nel tessuto economico e imprenditoriale esercitando pretese economiche o di assunzioni nei confronti delle nuove realtà commerciali (v. pg. 128 e ss.), la gestione impositiva dell'attività di pesca nella zona d'interesse, che rendeva necessario il placet del gruppo e il rilascio una sorta di obolo (v. pg. 177 e ss. nonché pg. 245 e ss.) e il monopolio imposto sulla rivendita dei prodotti ittici (v. pg. 194 e ss.), anche attraverso accordi con gli COGNOME (v. pg. 256 e ss.), di cui sono delineate le connotazioni mafiose e la confederazione con il clan COGNOME anche con riferimento alla costituzione della cooperativa NOME (v. pg. 432 e ss.), le estorsioni ai danni degli imprenditori (v. pg. 268 e ss.); richiama, poi, i colloqu in carcere dello COGNOME a sostegno delle incolpazioni dal capo 64 in poi (v. pg. 293 e ss.), considera le eclatanti manifestazioni di violenza pubblica, specie dopo la presa di comando da parte di NOME COGNOME e l'attività elusiva delle indagini a riguardo (v. pg. 386 e ss.). Infine, richiama le plurime dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia sul clan COGNOME, valutate quale conferma delle precedenti emergenze e senza le quali, annota la ordinanza, il precedente quadro indiziario manterrebbe la sua gravità (v. pg. 444 e ss.). In conclusione, l'ordinanza opera l'inquadramento giuridico della associazione mafiosa quale "gruppo mafioso a soggettività differente", richiamando il recente orientamento espresso da Sez. 2 n. 24901 del 15/5/2024, De, RV. 286689)(v. pg. 465 e ss.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In tale contesto si delinea la posizione apicale del ricorrente a capo del gruppo mafioso – anche in costanza di detenzione – che ha conseguito il controllo dei vari settori secondo modalità mafiose e nell'interesse della medesima compagine, respingendo le prospettazioni difensive volte a censurare ora l'esclusivo riferimento alla risalente condanna per mafia, ora il solo riferimento al compendio dichiarativo dei collaboratori di giustizia.
5.2. Deve essere ribadito l'autorevole consolidato orientamento secondo il quale, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del
riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbi dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Auddino, Rv. 215828); nel medesimo alveo di legittimità si pone il principio secondo il quale il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976).
5.3. Ritiene questo Collegio che, rispetto all'articolato ragionamento espresso dalla ordinanza impugnata – che si avvale di un amplissimo compendio indiziario esposto secondo la sua molteplicità e convergenza sul tema centrale sul quale si appunta il ricorso – le censure, volte soprattutto a inficiare il profilo de esteriorizzazione mafiosa del gruppo, risultano genericamente proposte anche per inammissibili ragioni in fatto, secondo una valutazione parcellizzata e senza specifico confronto con le ragioni poste a base della ordinanza impugnata che – al di là della collocazione teorica – ha correttamente individuato lo stigma mafioso del gruppo facente capo a NOME COGNOME proveniente dalla condanna di questi e del fratello per associazione mafiosa ed espresso nel tempo, soprattutto attraverso il controllo territoriale e dei settori economici sopraindicati, facendo valere una perdurante qualità criminale mafiosa, come documentato dai reati-fine oggetto di specifica contestazione la cui realizzazione converge nel delineare senza incorrere in vizi logici e giuridici – la qualità mafiosa della compagine del ricorrente.
Non coglie nel segno l'insistito rilievo difensivo in ordine alla mancanza – o isolata esistenza – di condotte violente a carico del ricorrente dovendosi ribadire, in ogni caso, che, ai fini della configurabilità del reato di associazione di tip mafioso, è necessario che il sodalizio abbia conseguito, nel contesto di riferimento, una capacità intimidatrice effettiva e obiettivamente riscontrabile, che può esteriorizzarsi anche con atti non connotati da violenza o minaccia, essendo
sufficienti comportamenti evocativi del prestigio criminale del gruppo (Sez. 6, n. 9001 del 02/07/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278617), come nel caso di specie, in cui risulta indiziariamente provato che l'organizzazione è stata in grado concretamente di porre in pericolo l'ordine pubblico e l'ordine economico, segnatamente con riguardo al libero esercizio dell'attività economica.
Come pure generico è il richiamo di precedenti decisioni giudiziarie assolutorie o il rinvio al successivo editto accusatorio espresso nella richiesta di giudizio immediato.
54i, Quanto all'indicato fenomeno estorsivo, del pari generiche sono le censure mosse a riguardo, peraltro involgendo anche una inammissibile parcellizzata rivalutazione del compendio indiziario.
Segnatamente, quanto alle estorsioni ai danni dei pescatori, la difesa – che alcuna considerazione dedica alla imposizione nella rivendita dei prodotti ittici non si confronta con l'assunto della ordinanza secondo il quale risulta inequivocabilmente dimostrato che era ordinariamente necessario il placet degli COGNOME per pescare lungo il litorale di Policoro (v. pg. 245) e individuata la più recente gestione monopolistica in capo a NOME COGNOME fsecondo l'accordo preso con i pescatori tarantini con il summit del 2 settembre 2023 (v. pg. 256).
Quanto a quelle ai danni degli imprenditori, la difesa non si confronta con la disamina indiziaria svolta dalla ordinanza, a cominciare dalla valenza sintomatica della vicenda ai danni dell'imprenditore NOME COGNOME (v. pg. 269 e ss.) iin relazione allo stato di terrore in cui gli COGNOME facevano vivere coloro che si opponevano al loro volere e al capo 17, in relazione all'estorsione ai danni dell'imprenditore NOME COGNOME (v. pg. 279 e ss.). Quanto alle captazioni in carcere, le censure sono generiche e in fatto rispetto al rigetto da parte del Tribunale, senza incorrere in vizi logici e giuridici, della prospettazione difensiva della scarsa tenuta indiziarla delle ipotesi estorsive – con riguardo alla versione delle amichevoli elargizioni – e del ruolo egemonico svolto, sia nei periodi di libertà che di detenzione, dallo COGNOME medesimo, dandosi non illogicamente conto non solo della fissazione da parte dello Scarcia degli importi e delle scadenze, e delle correlate sollecitazioni al pagamento, ma anche del peso indiziario della stessa mancanza di denunzie da parte delle parti offese nel contesto omertoso dato, anche tenuto conto delle assicurazioni chieste dal ricorrente nei suoi colloqui in carcere sull'avvicinamento di alcuni imprenditori per riportare ciò che avrebbero dovuto riferire nel caso in cui fossero stati convocati dalla polizia giudiziaria nonché dei riscontri costituiti dal sequestro di somme a carico degli indagati coincidenti con gli importi, procedendosi ad una incensurabile disamina di vari episodi estorsivi di cui ai capi 64, 66, 71, 73, 78, 79 con la finale considerazione
che le somme non erano destinate solo a beneficio del capo, attingendo alla cassa comune (v. pg. 473/478).
Quanto alla aggravante mafiosa, la censura è generica rispetto sia alla ritenuta sussistenza e operatività del gruppo mafioso sia alle singole ipotesi in cui è stata
contestata, rispetto alle quali solo conclusivamente è riassunta la valutazione rispetto alla duplice contestazione a pg. 480 e sg. della ordinanza impugnata.
6. Quanto al pericolo cautelare e alla misura adottata, oggetto di entrambi gli atti di ricorso, le censure mosse sono generiche rispetto al concludente rilievo
secondo il quale il ricorrente ha dimostrato di avere il ruolo apicale durante la sua detenzione e al richiamo della doppia presunzione cautelare vigente a riguardo,
oltre alle emergenze investigative in ordine alla consapevolezza
( in capo al ricorrente e ai suoi sodali delle indagini a suo carico e delle cautele adottate, anche
nei confronti delle vittime, volte ad inquinare il dato probatorio, fino al prospettazione da parte del ricorrente di ritorsioni al suo ritorno in libertà.
7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Devono essere disposti gli adempimenti di Cancelleria di cui all'art. 94comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 07/05/2025.