Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8923 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8923 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Bari il 09/03/1995;
avverso l’ordinanza emessa il 25/03/2024 dal Tribunale di Bari;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale, dott. COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Bari ha confermato l’ordinanza con cui è stata applicata la misura della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME, ritenuto gravemente indiziato del delitto di partecipazione ad associazione mafiosa denominata, prima, “clan COGNOME” e, successivamente, “clan COGNOME“.
Ha proposto ricorso per cassazione l’indagato articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione; il tema attiene al giudizio di gravi indiziaria e alle ritenute esigenze cautelari.
Il Tribunale, a fronte di una imputazione muta quanto alla descrizione del contributo concreto fornito dall’indagato al sodalizio, si sarebbe limitato a richiamare e a trascrive gli elementi indicati dal Pubblico ministero nella domanda cautelare.
Sarebbe errato innanzitutto l’assunto del Tribunale secondo cui la difesa non avrebbe contestato la qualifica di affiliato del ricorrente, atteso che, invece, con la memor prodotta in sede di riesame, si era appunto evidenziato come, al di là della qualifica d affiliato, nessun ruolo fosse stato in concreto attribuito all’indagato.
Sotto altro profilo, si argomenta, la difesa aveva contestato l’attendibilità credibilità dei collaboratori di giustizia, attesa non solo la genericità delle dichiara rese, ma, soprattutto, l’assenza di elementi di verifica sulle modalità di acquisizio delle informazioni.
Nessun ruolo specifico e dinamico sarebbe stato individuato nei riguardi di COGNOME, la cui attività criminale sarebbe stata riferita dai collaboratori di gius ai reati in tema di stupefacenti, in concorso con il fratello NOME; si tratterebb dichiarazioni in ragione delle quali l’indagato sarebbe stato già giudicato colpevole per reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, peraltro non aggravato dall’a 416 bis.1 cod. pen.
L’indizio valorizzato dal Tribunale al fine del giudizio di gravità indiziaria per il per cui si procede sarebbe costituito dalla partecipazione del ricorrente alla “spedizione punitiva” ai danni di NOME COGNOME; si tratterebbe però di un fatto privo di contestazi specifica e su cui vi sarebbero discrasie nelle dichiarazioni dei collaboratori.
Era stato segnalato infatti sul punto che mentre il dichiarante COGNOME avesse fatto riferimento a tale NOME COGNOME come mandante della spedizione, il collaboratore COGNOME avesse invece individuato come mandanti tali NOME, NOME e NOME.
Le dichiarazioni dei suddetti collaboratori non sarebbero coincidenti nemmeno quanto alla individuazione degli esecutori materiali del fatto, pur entrambi indicando ricorrente.
Si aggiunge che anche il collaboratore NOME COGNOME si sarebbe autoaccusato di essere il mandante della spedizione, senza tuttavia menzionare il ricorrente fra gli esecutori.
In tale quadro di riferimento il Tribunale avrebbe erroneamente valorizzato anche un non chiaro contesto ambientale, e, in particolare, i dodici controlli dell’indagato nel co di cinque anni nel quartiere in cui avrebbe avuto il centro operativo il sodalizio nonch la partecipazione di COGNOME al ricevimento organizzato dallo stesso COGNOME per la comunione della figlia (sul punto si richiama la giurisprudenza secondo cui non avrebbero rilievo ai fini della prova della partecipazione all’associazione mafiosa, rapporti di frequentazione e amicizia con soggetti affiliati).
L’ordinanza sarebbe viziata anche quanto alle ritenute esigenze cautelari non essendosi il Tribunale confrontato con una serie di elementi oggettivi idonei a superare la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen..
A fronte di un titolo cautelare intervenuto nel marzo del 2024 per fatti “perimetrati novembre 2019” COGNOME sarebbe in stato di detenzione dall’ottobre del 2019, avendo beneficiato degli arresti domiciliari “in ultimo” (così il ricorso) in una div abitazione distante dal territorio di influenza del clan.
Il Tribunale avrebbe inoltre fatto derivare la prova della contiguità al clan da u conversazione relativa ad un contrasto insorto tra tale COGNOME NOME e COGNOME NOME per ragioni legate ai giudizi di questo sulla moglie del primo.
Si tratterebbe di una conversazione del 2017 che non comproverebbe la attualità delle esigenze.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato, ai limiti della inammissibilità.
Quanto al giudizio di gravità indiziaria, il Tribunale ha fatto riferimento al cautelare genetico sia per quel che concerne l’esistenza dell’associazione mafiosa oggetto del processo, sia per quel che riguarda la valutazione dei collaboratori di giustizia; ha aggiunto il Tribunale che si tratterebbe di profili in quella sede contestati dall’indagato.
Si tratta di una motivazione corretta non solo perché anche con il ricorso per cassazione nulla di specifico è stato dedotto al riguardo dal ricorrente, che si è limitat da una parte, a riproporre testualmente il contenuto della memoria depositata in sede di riesame, e, dall’altra, perché con la memoria in questione nulla di specifico era stat dedotto, avendo in quella occasione l’indagato fatto solo un assertivo riferimento alla genericità delle dichiarazioni dei collaboratori (cfr., memoria in atti).
Chiarito ciò, quanto alla gravità indiziaria della partecipazione al gruppo mafioso, ot:ch: GLYPH imz. Tribunale ha richiamato il contenuto delle i numerosi collaboratori di giustizia ch hanno tutti indicato COGNOME NOME come soggetto affiliato ad NOME COGNOME e dedito, nell’ambito del sodalizio, all’attività di spaccio di sostanze stupefacenti.
Anche su tale profilo, nulla di specifico è stato dedotto, essendosi limitato il difensor richiamando la giurisprudenza di questa Corte, a contestare che dalla mera indicazione di “soggetto affiliato” possa farsi discendere la gravità indiziaria della partecipazione reato di associazione di tipo mafioso,.
Si tratta, tuttavia, di un profilo di cui il Tribunale mostra di essere chiarame consapevole e in tal senso ha riempito di contenuto specifico le dichiarazioni dei collaboratori, chiarendo che: a) il coinvolgimento nel traffico di sostanza stupefacente
si collocherebbe nell’ambito dell’attività del sodalizio mafioso; b) dette dichiarazio troverebbero una indubbia conferma nel coinvolgimento del ricorrente ad una “spedizione punitiva” in danno di tale NOME COGNOME, soggetto appartenente ad un gruppo mafioso contrapposto.
Sul punto, si è evidenziato come le asserite discrasie delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, sulla cui attendibilità generale – lo si ripete- nulla di sp è stato dedotto, non inficino la capacità dimostrativa delle stesse in ordine a coinvolgimento nel fatto dell’odierno ricorrente, indicato da tutti tra i soggetti esecut del grave fatto mafioso, essendo al più la indicata discrasia riferibile, quanto a esecutori, solo al nome di uno dei componenti della spedizione punitiva.
Si tratta di un segmento dichiarativo che chiaramente dovrà essere oggetto di specifico accertamento probatorio, ma che, in questa sede, non riguardando la specifica posizione di COGNOME, non consente di disarticolare il quadro indiziario, che si colora di obiettiva gravità.
Un giudizio di gravità indiziaria fondato, dunque, su plurime dichiarazioni di collaboratori di giustizia, ancorchè non dotate di elevata capacità rappresentativa di fatt specifici, ma riscontrate dal coinvolgimento diretto dello stesso ricorrente in un grav fatto mafioso, di per sé capace di neutralizzare la genericità delle dichiarazion ‘ accusator«,,
3. In tale contesto il motivo di ricorso rivela la sua genericità strutturale.
Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità in relazione ai limiti d sindacabilità dei provvedimenti in tema di misure cautelari personali, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’ di rivalutazione dell condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed all adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito.
Il controllo di legittimità è circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato p verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altr l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al f giustificativo del provvedimento (Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv.261400; Sez. 2, n. 56 del 7/12/2012 (dep. 2013), COGNOME, Rv. 251761; Sez. 6, n. 2146 del 25.05.1995, COGNOME ed altro, Rv. 201840).
L’erronea valutazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen. è dunque rilevabile Corte di cassazione soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme di legge ovvero in una mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, che, tuttavia, nel caso di specie non esiste.
Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda ne la ricostruzione di fat l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanz concludenza dei dati probatori, per cui non sono ammissibili le censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvano nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice dì merito (Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015, COGNOME, Rv. 262948; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME ed altro, Rv. 265244; Sez. 1, n. 1769 del 23/03/1995, COGNOME, Rv. 201177).
Non diversamente, quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale ha spiegato, facendo riferimento alla presunzione di pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen che: a) il ricorrente, ancorchè formalmente incensurato, è stabilmente coinvolto, insieme ad altri membri della sua famiglia, nel traffico di sostanze stupefacenti (art. 7 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) per fatti accertati dal 2017 e con permanenza, per il quale ha riportato condanna anche in grado di appello (si tratta di una circostanza di cui si dà atto anche nel ricorso); b) non vi sono elementi concreti per ritenere superata la presunzione di pericolosità sociale.
In tale contesto il ricorrente ha fatto riferimento allo stato di incensuratezza e a circostanza che COGNOME sarebbe detenuto per altra causa dal 2019.
La Corte di cassazione ha già spiegato che, se è vero che il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47 / può rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si rifer lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. peri. / è altrettanto vero che il riferimento al c.d. tempo silente non assume una valenza astratta, ma deve essere posto in connessione con la concreta fattispecie per cui si procede.
La valenza della dimensione temporale non è cioè fissa, omogenea, sempre uguale a sè stessa, ma necessita di essere conformata rispetto al caso concreto, alla “storia” dell’indagato, alla personalità del soggetto nei cui confronti deve essere compiuta la valutazione sull’adeguatezza della misura cautelare in corso e sulla esistenza di elementi rivelatori del superamento della presunzione di pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
In assenza della prova della rescissione dal sodalizio, il quantum di “prova” necessario per ritenere superata la presunzione indicata è direttamente proporzionale al curriculum criminale e alla personalità del soggetto che invoca detto superamento: non è, ad esempio, irrilevante che l’interessato sia stato o meno già condannato ovvero che risulti coinvolto in altri fatti di criminalità organizzata, che venga cioè in evidenza una gra manifestazione della sua propensione criminale e, dunque, una componente strutturale di pericolosità.
Un soggetto che, coinvolto in fatti diversi di criminalità organizzata (la condanna i appello consente quanto meno di dedurre la esistenza di gravi indizi di colpevolezza del reato previsto dall’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990), non solo manifesti la propri insensibilità ad ogni forma di allontanamento dal contesto criminale pregresso, ma risulti coinvolto, nell’ambito dello stesso territorio e ambiente e continuità temporale, in u grave attentato di matrice mafiosa, rivela una profonda adesione alla logica criminale, una perme . zzazione ad essa dell’intera esistenza, un condizionamento perdurante, bs una influenza tossica che pervade le scelte, le condotte, i comportamenti.
In un contesto di tal genere, è corretta la valutazione del Tribunale perché, nella specie, il superamento della presunzione di pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., presuppone l’esistenza di elementi significativi, specifici, concreti, elevata capacità dimostrativa (in tal senso, Sez. 6, n. 19787 del 26/03/2019, COGNOME, Rv. 275681) che, obiettivamente, non sono stati né dedotti e neppure si rinvengono.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna ii ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 15 ottobre 2024
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Il Presidente