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Associazione mafiosa: l’appoggio elettorale è prova

La Corte di Cassazione conferma la custodia cautelare per un individuo accusato di associazione mafiosa. La decisione si basa su elementi come il supporto elettorale a un candidato vicino al clan e l’interessamento in appalti pubblici. Secondo la Corte, queste condotte, anche in assenza di precedenti condanne, costituiscono gravi indizi di appartenenza al sodalizio criminale, giustificando la misura detentiva.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione mafiosa: quando l’appoggio elettorale diventa un grave indizio

La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. 6, n. 43772 del 2024, offre importanti chiarimenti sui criteri per valutare la partecipazione a un’associazione mafiosa. La Suprema Corte ha confermato la validità di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere basata su elementi fattuali quali il sostegno a un candidato sindaco e l’interessamento per lavori pubblici, ritenendoli espressivi dell’appartenenza a un sodalizio criminale.

I fatti alla base dell’accusa

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Palermo che applicava la custodia cautelare in carcere a un soggetto indagato per il reato di cui all’art. 416-bis del codice penale. L’accusa di appartenenza a un’associazione di stampo mafioso operante in un comune siciliano si fondava principalmente su due episodi:

1. L’appoggio elettorale: L’indagato avrebbe fornito un sostegno attivo a un candidato sindaco, il quale si era a sua volta rivolto all’associazione criminale per ottenere appoggio nella competizione elettorale.
2. L’interesse per lavori pubblici: L’indagato si sarebbe interessato attivamente all’esecuzione di lavori di manutenzione su una strada pubblica, partecipando a discussioni sulla spartizione dei subappalti secondo logiche tipicamente mafiose.

I motivi del ricorso per Cassazione

La difesa dell’indagato aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione, contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. I principali argomenti difensivi erano:

* La natura occasionale e pubblica degli incontri con soggetti pregiudicati, non idonei a dimostrare la partecipazione a riunioni di mafia.
* L’attività lavorativa svolta per i lavori pubblici era lecita e l’interesse manifestato non implicava un condizionamento mafioso.
* Il sostegno elettorale non era un elemento rilevante, tanto che era stata esclusa l’ipotesi del reato di voto di scambio.
* L’assenza di condanne precedenti per reati associativi.
* La mancanza di attualità delle esigenze cautelari, essendo trascorsi oltre due anni dai fatti contestati.

La valutazione dell’associazione mafiosa da parte della Corte

La Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo la motivazione del Tribunale del riesame logica e coerente. I giudici hanno enucleato due condotte principali considerate come chiara espressione dell’appartenenza al contesto mafioso.

L’ingerenza nella competizione elettorale

Il primo elemento valorizzato è l’appoggio personale e incondizionato offerto al candidato sindaco. La Corte non si è fermata alla mera manifestazione di sostegno, ma ha sottolineato il contesto: il candidato si era rivolto all’associazione per ricevere aiuto, e l’associazione si era attivata per sostenerlo. In questo quadro, l’azione dell’indagato non è stata vista come una libera scelta politica, ma come un’ingerenza illecita. In particolare, è emerso dalle intercettazioni che l’indagato non si limitava a supportare il candidato, ma manifestava la volontà di controllare l’effettiva espressione del voto, avvalendosi della presenza di suoi familiari al seggio. Tale condotta è stata ritenuta un grave elemento indiziario di appartenenza.

La spartizione degli appalti secondo logiche mafiose

Il secondo aspetto cruciale è l’interessamento dell’indagato ai lavori stradali. Le intercettazioni telefoniche, la cui interpretazione è di competenza esclusiva del giudice di merito, hanno rivelato un coinvolgimento diretto nella spartizione dei subappalti. Questa spartizione non avveniva secondo criteri di mercato, ma sulla base di logiche tipicamente mafiose: imporre all’esecutore dei lavori soggetti indicati dall’associazione e garantire condizioni di favore per ottenere un profitto illecito, anche a fronte di inadempienze nell’esecuzione delle prestazioni.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha respinto il ricorso confermando la solidità del quadro indiziario. Ha ribadito che l’interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate spetta al giudice di merito e può essere censurata in sede di legittimità solo in caso di manifesta illogicità o travisamento della prova, evenienze non riscontrate nel caso di specie. Il fatto che l’indagato non avesse precedenti condanne per reati associativi è stato considerato recessivo rispetto alla forza degli altri elementi raccolti.

Infine, riguardo alla presunta mancanza di attualità delle esigenze cautelari, la Corte ha sottolineato come per il delitto di associazione mafiosa operi la ‘doppia presunzione’ di cui all’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale. Tale norma presume sia la sussistenza delle esigenze cautelari sia l’adeguatezza della sola custodia in carcere. Per superare questa presunzione, la difesa deve fornire elementi specifici e concreti, non essendo sufficiente il generico riferimento al tempo trascorso dai fatti.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata: la partecipazione a un’associazione mafiosa può essere desunta anche da comportamenti che, presi singolarmente, potrebbero apparire non illeciti. Tuttavia, se inseriti in un contesto provato di ingerenza mafiosa – come una campagna elettorale condizionata o la gestione di appalti pubblici – tali comportamenti assumono un grave valore indiziario. La decisione sottolinea come l’agire in conformità con gli interessi e le metodologie del clan, anche senza prove di un’affiliazione formale, sia sufficiente per integrare la gravità indiziaria richiesta per l’applicazione di una misura cautelare così afflittiva come la custodia in carcere.

L’appoggio a un candidato sindaco può essere considerato un grave indizio di appartenenza a un’associazione mafiosa?
Sì. Secondo la sentenza, se il sostegno elettorale viene offerto a un candidato che si è rivolto all’associazione per ottenere appoggio e si manifesta con un’ingerenza illecita finalizzata a controllare il voto, questo costituisce un grave indizio di partecipazione al sodalizio criminale.

La Corte di Cassazione può riesaminare il contenuto delle intercettazioni?
No, di norma la Corte di Cassazione non può fornire una nuova interpretazione del significato delle conversazioni. La valutazione del contenuto delle intercettazioni è di competenza esclusiva del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione del giudice è palesemente illogica o irragionevole, o se il contenuto della prova è stato completamente travisato.

Per il reato di associazione mafiosa, la Procura deve sempre dimostrare che esistono ancora le esigenze cautelari a distanza di tempo dai fatti?
No. Per questo tipo di reato vige una presunzione legale (la cosiddetta ‘doppia presunzione’) secondo cui le esigenze cautelari si considerano esistenti e la misura adeguata è quella del carcere. Spetta all’indagato fornire elementi specifici e concreti per dimostrare il contrario, e il solo passare del tempo non è considerato sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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