Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6735 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6735 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Cosenza il 09/04/1964
avverso la ordinanza del 06/06/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Catanzaro, in sede di riesame, confermava la ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro del 17 aprile 2024, con la quale era stata applicata a NOME COGNOME la misura cautelare carceraria per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. (capo 401).
Secondo la provvisoria imputazione, COGNOME avrebbe fatto parte di un confederazione di ‘ndrangheta operante nel territorio cosentino, la cui esisten a
era stata già accertata in precedenti procedimenti e la cui perdurante e attuale operatività era stata disvelata da successive indagini.
La gravità indiziaria a carico dell’indagato era fondata sulle convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia, che lo qualificavano quale affiliato del gruppo criminale facente capo a NOME COGNOME e su ulteriori riscontri emersi dal materiale captativo.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Vizio di motivazione in relazione alla ritenuta gravità indiziaria in ordine alla sussistenza dell’associazione contestata e alla partecipazione ad essa del ricorrente.
Il Tribunale ha ritenuto di ravvisare la base indiziaria adeguata della sussistenza del gruppo mafioso negli esiti del procedimento “Overture”.
Peraltro, il Tribunale, valorizzando che in quel procedimento era emerso che nel periodo indicato dai collaboratori il gruppo COGNOME avesse posto in atto una serie di intimidazioni ai danni di imprese assegnatarie di appalti per ottenere il “pizzo” e ai danni di privati e dipendenti pubblici volte ad agevolare il gruppo mafioso, non ha considerato che il Tribunale di Cosenza ha ridimensionato il quadro cautelare, escludendo per alcuni reati l’aggravante mafiosa e qualificando i fatti in reati meno allarmanti e non certo mafiosi. Così per il ricorrente, il fatto lui ascritto è stato qualificato in minacce e lesioni, escludendo l’aggravante mafiosa.
Significativo è che la Procura non abbia in quel procedimento esercitato l’azione penale per il reato associativo, dopo che il Tribunale del riesame aveva escluso la gravità indiziaria, limitandosi a contestare soltanto reati-fine aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1. cod. pen.
Rispetto a queste valutazioni, il Tribunale nel caso in esame avrebbe dovuto indicare nuovi elementi dimostrativi della esistenza del sodalizio mafioso, come anche gli indicatori sintomatici di detta entità associativa, riferendosi invece il Tribunale esclusivamente ad episodi che vedevano come protagonista il solo COGNOME e comunque soggetti estranei alla compagine criminale e talvolta senza neppure disporre del contenuto degli incontri monitorati.
Anche là dove il Tribunale ha richiamato l’incontro tra lo COGNOME e il ricorrente (di pochi minuti in un bar con un soggetto estraneo), risulta del tutto apodittica la attribuzione ad esso di una finalità criminale.
Viziata è anche la valutazione dell’episodio – emblematico per il Tribunale dell’esistenza del gruppo – oggetto dell’imputazione di cui al capo 421), ovvero i
pestaggio e la sottrazione dell’auto subiti dal cognato dello COGNOME da parte di uno dei membri del gruppo COGNOME–COGNOME, dinamica seguita sia da alcuni componenti del clan COGNOME e poi dallo COGNOME in persona.
Il Tribunale non ha tenuto conto che COGNOME non si rivolge ad alcuno di coloro che sono stati indicati come appartenenti al suo gruppo per risolvere la questione e che parlando dell’episodio con il COGNOME non mostra alcuna forza di intimidazione ma lo invita a parlare con il padre del cognato; che era stata sin dall’inizio la moglie dello COGNOME a trattare con i COGNOME per la restituzione dell’auto; che la vicenda sarà risolta da terze persone che avevano direttamente trattato con il padre del NOME
Tutta la motivazione si caratterizza per utilizzare un unico criterio inferenziale senza affrontare letture diverse, parimenti plausibili, e pervenendo a soluzioni illogiche.
Quanto al ricorrente, il Tribunale ha utilizzato la vicenda del recupero credito per la ditta Costa, pur trattandosi di episodio privo di caratteri illeciti.
Nel parlare con lo COGNOME, il ricorrente avrebbe fatto riferimento ad una conversazione avuta con il Prezioso. Il Tribunale doveva considerare che il contenuto del colloquio era riferito dal ricorrente e che nell’occasione si era rapportato ad un soggetto di elevata caratura criminale e che pertanto i termini del colloquio erano alterati (in questa prospettiva illogico era far derivare dalla mera parola “noi” la prova dell’adesione del ricorrente al gruppo criminale, non essendovi certezza se la stessa realmente sia stata profferita dal ricorrente).
In ogni caso, il Tribunale ha trascurato un passaggio dell’intercettazione là dove il Prezioso viene tacciato dal ricorrente di utilizzare metodi delinquenziali per non pagare (“fai il malandrino”) e comunque in essa non si fa menzione allo COGNOME e ai suoi fedeli o si usa la forza di intimidazione per il saldo del debito.
Era comunque emerso che era stato poi lo COGNOME a risolvere con persone estranee al gruppo la questione del credito vantato dalla ditta COGNOME.
Illogica è anche la motivazione là dove ha utilizzato l’incontro con lo Sganga in Falerna, pur avendo escluso di conoscere il contenuto del dialogo, per dimostrare la disponibilità del ricorrente e la estrema confidenza con il predetto.
Va infine considerato che al ricorrente non è attribuito alcun reato-fine.
2.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 416-bis cod. pen.
I vizi motivazionali si riflettono anche sulla erronea applicazione della norma incriminatrice e sulla gravità indiziaria per il reato associativo mafioso.
Tutti gli elementi ritenuti dimostrativi dell’esistenza del gruppo mafioso non consentono di delinearne i tratti salienti, tra i quali quello della forza d intimidazione proveniente dal vincolo associativo (nel caso dell’episodio
Prezioso addirittura questi intendeva chiamare i carabinieri, dimostrando di non essere per nulla assoggettato; tanto che lo COGNOME deve rivolgersi ad altri; come nel caso della vicenda del cognato dello COGNOME). E’ solo lo COGNOME il protagonista delle attività attenzionate dal Tribunale, che si fa coadiuvare o dalla compagna o da altri soggetti estranei al gruppo. Le dichiarazioni dei collaboratori sono generiche e prive di riscontri individualizzanti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente da rigettare, declinando anche in ampi tratti censure che non superano il vaglio di ammissibilità.
Il ricorrente propone infatti in larga parte critiche aspecifiche e di merito sulla consistenza e sul significato degli indizi posti alla base del giudizio di gravità indiziaria da parte del Tribunale del riesame.
E’ principio consolidato in tema di misure cautelari personali che il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (tra tante, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976).
Parimenti devono ritenersi precluse quelle censure volte ad una rilettura delle evidenze indiziarie secondo un metodo parcellizzante.
Va rammentato che, ai fini della configurabilità dei gravi indizi di colpevolezza necessari per l’applicazione di misure cautelari personali, è illegittima una valutazione frazionata ed atomistica dei singoli dati acquisiti, dovendo invece seguire, alla verifica della gravità e precisione dei singoli elementi indiziari, il loro esame globale ed unitario, che ne chiarisca l’effettiva portata dimostrativa del fatto e la congruenza rispetto al tema di indagine (ex multis, Sez. 1, n. 30415 del 25/09/2020, Rv. 279789, in tema di associazione di tipo mafioso).
Invero, la intrinseca valenza dimostrativa dell’indizio è di norma solo possibilistica e l’ambiguità eventuale di ciascuno, isolatamente considerato, viene a risolversi proprio in una visione unitaria degli elementi complessivam acquisiti.
La prospettazione seguita dal ricorrente nelle sue censure in ordine al reato associativo mafioso (“gruppo Sganga”) si dimostra aspecifica e parziale rispetto al ragionamento giustificativo esposto dal Tribunale sul materiale indiziario ritenuto rilevante, oltre ad utilizzare un non consentito metodo di analisi degli indizi parcellizzante e di merito.
3.1. Il Tribunale ha ripercorso sia la pregressa condanna definitiva dello COGNOME per il reato associativo mafioso, in quanto fiduciario dei vertici della cosca COGNOME e partecipe di attività estorsive e usurarie e addetto al reimpiego dei proventi derivanti dal narcotraffico; sia le dichiarazioni dei collaboratori COGNOME del 2017 e Impieri del 2018 sugli assetti successivi alla scarcerazione dello COGNOME – ovvero che costui si era posto alla guida della cosca, riorganizzandone le fila, e continuando a perpetrare i core crimes del sodalizio di appartenenza, quali estorsioni e traffico di droga -; sia gli esiti del processo “Overture” a carico dei partecipi del gruppo COGNOME, per estorsioni, aggravate ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen. salvo che per COGNOME; nonché le recenti acquisizioni che avevano consentito di consolidare il quadro indiziario già acquisito.
Era emerso infatti che lo COGNOME, ottenuti gli arresti domiciliari per il processo “Overture”, avesse ripreso la sua posizione apicale, sfruttando il vuoto di potere determinato dagli arresti degli apicali del clan COGNOME–COGNOME.
A conforto di questo assetto, il Tribunale richiamava varie vicende emblematiche del potere che lo COGNOME, nonostante non fosse fisicamente a Cosenza, continuava ad esercitare sul territorio, tanto da essere consultato per ottenere protezione e da opporsi ad altri gruppi nel compimento di azioni delittuose.
In tali episodi lo COGNOME dimostrava di accogliere prontamente le richieste a lui rivolte e di attivarsi personalmente o a mezzo dei sodali per risolvere le problematiche o comunque per mediare posizioni contrapposte, esercitando la sua autorevolezza criminale.
Così, in virtù della protezione garantita dal gruppo all’attività commerciale dei Saccomanno, lo COGNOME aveva redarguito pesantemente il presunto responsabile del furto di un furgone di proprietà della ditta imponendogli di risarcire il danno cagionato.
Così come, nel contrastare le pretese provenienti dalle controparti, lo COGNOME aveva sostenuto espressamente l’esistenza di equilibri mafiosi ai quali il proprio gruppo era intraneo.
Così, era stato richiesto dello COGNOME da parte del titolare di una ditta che si era visto destinatario di pretese economiche provenienti da altre fazioni crinniPali sul territorio e che si era rivolto allo COGNOME per essere tutelato, avendo versato a lui il “pizzo”.
Emblematica è ritenuta anche la vicenda della controversia tra il titolare di una pizzeria e il proprietario dei locali dove insisteva l’attività commerciale: lo COGNOME era stato chiamato in causa dal titolare della pizzeria per avversare le pretese economiche di quest’ultimo, a sua volta spalleggiato dagli esponenti del clan degli COGNOME e che si erano resi responsabili di minacce e percosse nei confronti del pizzaiolo. Proprio l’intervento dello COGNOME e nel suo gruppo indurrà gli COGNOME ad arrestarsi.
Rappresentative della mafiosità del gruppo e della capacità di opporsi ad altre cosche è anche l’episodio del pestaggio e della sottrazione dell’autovettura subiti dal cognato dello COGNOME da parte di membri del gruppo COGNOME. Le captazioni, secondo il Tribunale, rivelavano colloqui caratterizzati dall’osservanza di codici di condotta tipici degli ambienti mafiosi (così la volontà dello COGNOME di coinvolgere nel colloquio anche gli accoscati che in prima battuta avevano assunto la difesa del cognato al fine di riconoscere loro il giusto rispetto e di accrescerne l’esperienza criminale; così le “trattative” tra lo COGNOME e il COGNOME).
Così ancora la captazione con NOME COGNOME nella quale COGNOME era stato elogiato per essersi opposto ad affiliati del calibro di NOME COGNOME e NOME COGNOME e in cui lo COGNOME aveva rivelato, parlando al plurale, di volersi proiettare nel futuro nel condurre indisturbato affari illeciti e di voler reprimere con mezzi adeguati ogni forma di interferenza.
Così la captazione in cui il COGNOME aveva collocato la figura dello COGNOME nelle regole dell’ndrangheta; quella in cui era emerso l’interesse dello COGNOME nella trattativa realizzata tra gli emissari della cosca e i Pelle per l’acquisto di droga.
Venivano registrati contatti tra lo COGNOME e gli apicali di altre articolazioni mafiose territoriali, con i quali il primo pianificava di intraprendere rapporti di collaborazione; nonché riunioni indette dallo COGNOME (anche violando la misura cautelare) con i sodali del suo gruppo o altri soggetti per amministrare gli affari o problematiche associative. A tanto si aggiungeva la sistematica fornitura in favore dello Sganga di utenze citofoniche funzionali a eludere i controlli da parte degli altri membri del gruppo.
Tale quadro era supportato da recenti dichiarazioni di collaboratori (Barone 2023; Greco 2024), che avevano confermato gli indizi già raccolti nella indagine “Overture”, nonché dalle captazioni disposte nel presente procedimento.
3.2. Quanto al ricorrente, il Tribunale ha richiamato le dichiarazioni dei collaboratori più recenti, che lo avevano in modo concorde (quindi con reciproco riscontro) qualificato come intraneo quantomeno dal 2015-2016, nonché altri episodi rivelativi della natura dei rapporti intrattenuti dal ricorrente con lo COGNOME , g7—–) e della intraneità del ricorrente.
Così la disponibilità manifestata dal ricorrente ad incontrare lo COGNOME in luogo pubblico, nonostante questi fosse agli arresti domiciliari, e ad intervenire su richiesta dello COGNOME (che era stato interessato in prima persona) a risolvere un problema di recupero debiti della ditta COGNOME (emblematico è che il debitore COGNOME si facesse forte di rapporti con la criminalità organizzata del suo territorio – il che spiegava logicamente perché il ricorrente lo avesse definito “malandrino”
e fosse pertanto necessario per il Costa far intervenire lo COGNOME; era stato proprio il ricorrente a riferire allo COGNOME il metodo intimidatorio utilizzato nel convincere il Prezioso al pagamento, redarguendolo di aver speso il nome di altri esponenti della ‘ndrangheta senza tener conto della medesima posizione e caratura mafiosa posseduta da coloro con i quali era venuto in contrasto).
La investitura di portatore delle direttive del capo clan, con la legittimazione a spendere l’autorità centrale del gruppo, unitamente all’ostentazione dell’appartenenza mafiosa confermavano l’intraneità del ricorrente al gruppo criminale e la contribuzione fattiva del medesimo alla realizzazione di fini dell’organizzazione.
Rispetto a tali elementi e al significato che ad essi ha attribuito il Tribunale, le censure del ricorrente sono volte complessivamente a banalizzare gli elementi indiziari, fornendo di essi una lettura alternativa o minimale, o comunque ad evidenziare vizi in realtà inesistenti.
Quanto in particolare alla censura volta a sostenere come gli episodi richiamati dal Tribunale vedessero in realtà come protagonista il solo COGNOME e comunque soggetti estranei alla compagine criminale, va rilevato che questi episodi erano ritenuti dal Tribunale rappresentativi delle tipiche logiche e metodiche mafiose e della forza di imporsi sul territorio e di controllarne gli affari, dimostrando dunque che lo COGNOME disponesse di un gruppo di fedelissimi (con i quali appunto comunicava con utenze “pulite”, e ai quali demandare la diretta gestione delle operazioni e incrementare la forza della cosca sul territorio).
Si tratta di una argomentazione che ha applicato i canoni della logica e le massime di comune esperienza, la cui correttezza e congruità, peraltro, il ricorrente non ha specificamente contestato nella presente impugnazione.
Sulla base di quanto premesso, il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il ly.15/2024.