Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2465 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2465 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MILENA il 26/01/1970
avverso l’ordinanza del 13/06/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CALTANISSETTA
Udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione COGNOME che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
Lette le conclusioni scritte del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, pervenute in data 30 ottobre 2024, con le quali h insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 13 giugno 2024 depositata in data 4 luglio 2024, il Tribunale di Caltanissetta, sezione del Riesame, ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale cittadino emessa in data 8 maggio 2024 con la quale è stata applicata a COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di cui agli artt.416 bis, commi 1,2,4, e 6 cod. pen. (capo 1) e reati di cui agli artt. 56,629 comma secondo in relazione all’art.628 comma terzo n.3, 416bis 1 cod. pen. (capi 7,8):
per avere partecipato all’associazione a delinquere di stampo mafioso denominata Cosa Nostra operante nella provincia di Caltanissetta, famiglia
Campofranco; in particolare COGNOME quale partecipe appartenente alla famiglia mafiosa di Milena con il ruolo di collaboratore nel settore delle estorsioni;
per avere compiuto un tentativo di estorsione in danno dei responsabili della RAGIONE_SOCIALE alla quale erano stati affidati i lavori di ristrutturazione e conversio della piscina comunale di Milena (capo 7) e in danno di COGNOME NOME, amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE cui erano stati affidati i lavo per la realizzazione di un tratto della condotta fognaria di Milena (capo 8).
Avverso tale decisione ha proposto ricorso l’indagato, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia ed articolato nei motivi qui di seguito enunciati.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto violazione di legge e vizio d motivazione in ordine alla gravità indiziaria in relazione ai capi 1,7,8.
Lamenta il ricorrente che il ruolo assegnatogli all’interno della compagine associativa non risulta sorretto dai necessari gravi indizi di colpevolezza, no risultando contatti con altri soggetti coindagati e non risultando lo stesso interlocuto nelle conversazioni telefoniche, se non in un’unica occasione.
Nelle altre intercettazioni vi è un riferimento a “COGNOME di NOME” che no necessariamente è da individuarsi nell’attuale ricorrente.
L’unico dato certo è che COGNOME è stato condannato per il reato di cui all’art.416 bis cod. pen. per fatti commessi sino al 15 dicembre 2005 e dopo essere stato ininterrottamente ristretto è tornato libero nel marzo 2022.
La genesi dell’indagine è collocata in data 24 ottobre 2022 allorquando è ritornato in libertà il coindagato NOME COGNOME che nella impostazione accusatoria avrebbe tentato di riorganizzare la famiglia mafiosa di Campofranco, avvalendosi della collaborazione del coindagato COGNOME NOME COGNOME riprendendo l’attività estorsiva nei territori di Campofranco e Milena con l’intermediazione di altri tra i quali COGNOME.
Dalla appartenenza al gruppo di Cammarata, così ricostruita, è stata ricavata anche la sua partecipazione alle due tentate estorsioni contestate ai capi 7 e 8.
2.2. Al riguardo la sussistenza della gravità indiziaria è stata ricavata da un conversazione tra presenti dell’il luglio 2023 (prog. n. 8114) che è stat erroneamente attribuita all’indagato, ma che è in realtà intercorsa tra COGNOME NOME e un altro soggetto, NOME COGNOME. Questo risulta chiaramente dalla lettura della informativa del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caltanissetta del 15 luglio 2023 che, nel riportare la conversazione, indica quali interlocutori COGNOME e COGNOME e non COGNOME e COGNOME.
Un ulteriore errore è da ravvisare nel contenuto della conversazione riportata: mentre nell’ordinanza Cammarata avrebbe detto “Finisco dal Comune e ci vado Io tempo che esco mi mettono in manette”, in realtà il soggetto che parla si esprime diversamente “Vestito inc. e ci vado Io tempo che esco mi mettono in manette”. Alcun riferimento vi è ai lavori da svolgere per conto del Comune e dunque alla vicenda di cui al capo 7).
Egualmente è a dirsi per il tentativo di estorsione contestato al capo 8): si utilizz la medesima conversazione che, come detto, non risulta riferibile al Cammarata.
Infine, vi sono due ulteriori conversazioni che intercorrono tra terzi del 15 gennaio 2023 e del 9 agosto 2023 nel corso delle quali gli interlocutori si riferiscono a tale “COGNOME di NOME” che non necessariamente deve identificarsi nell’indagato dal momento che nella indagine il nome COGNOME risulta accompagnato anche ad altri cognomi (COGNOME, COGNOME, COGNOME) tutti di NOME.
2.2.Con il secondo e il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione avuto riguardo alle esigenze cautelari e alla idoneità e adeguatezza della misura cautelare applicata.
Il richiamo al pericolo di inquinamento probatorio e al pericolo di reiterazione criminosa risulta sorretto da una motivazione apparente.
La ordinanza ha trascurato nella scelta della misura inframuraria, la forte artrosi di cui soffre COGNOME e con la incompatibilità dell’ambiente carcerario con le terapie da eseguire.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato.
Va premesso che in tema di misure cautelari personali, i gravi indizi di colpevolezza non sono altro che “una prova allo stato degli atti”, valutata dal giudice allorché la formazione del materiale probatorio è ancora in itinere e non è stato sottoposto al vaglio del contraddittorio dibattimentale ed è precisamente questo aspetto dinamico e non la loro differente capacità dimostrativa a contraddistinguerli rispetto alla prova idonea a giustificare la pronuncia di condanna. (Sez.1, n. 19867 del 04/05/2005, COGNOME, Rv. 232601).
1.11 primo motivo in punto di sussistenza della gravità indiziaria è infondato.
1.1. Ferma restando la incontestata concludenza della piattaforma indiziaria riguardo la sussistenza dell’associazione criminale, riconducibile all’archetipo delineato dall’art.416 bis cod. pen., oggetto di provvisoria incolpazione, dal test dell’ordinanza impugnata risulta come la partecipazione del ricorrente all’associazione sia stata ritenuta dimostrata, con elevato grado di probabilità prossima alla certezza.
Dopo avere richiamato lo sviluppo della indagine e la particolare rilevanza, dal punto di vista della ricostruzione fattuale, della intervenuta rimessione in libertà COGNOME NOME in data 24 ottobre 2022, figura apicale dell’organizzazione (come risulta da pronunzie irrevocabili) nonché dell’avvio di un percorso di collaborazione con la giustizia di Carruba Maurizio della famiglia mafiosa di Campofranco, la ordinanza (p.6) valorizza come COGNOME avesse riorganizzato la famiglia mafiosa attraverso la ricostituzione di una cassa comune riprendendo immediatamente la diretta gestione delle attività associative in strettissima collaborazione con COGNOME NOME COGNOME e con l’ausilio di alcuni partecipi quali appunto COGNOME NOME ” riferimento operante nel territorio di Milena, già condannato per partecipazione all’associazione di stampo mafioso e numerosi reati scopo”. L’azione si sarebbe concretizzata in condotte di natura estorsiva nei confronti di imprenditori.
L’ordinanza richiama gli esiti delle attività intercettíve dalle quali si è po desumere:
la sussistenza di una cassa comune (conversazione del 29 dicembre 2022);
GLYPH la disponibilità in armi nonché la significativa e parallela attività di spaccio
1.2. Con riferimento alla posizione dell’indagato ricorrente, l’ordinanza (p.8 e ss.) in primo luogo richiama la sentenza irrevocabile con la quale è stata accertata la storica appartenenza di COGNOME alla famiglia mafiosa operante sui territori di Vallone.
In assenza di qualsivoglia indice sintomatico del venire meno del vincolo, la gravità indiziaria in ordine alla commissione di tentativi di estorsione attualizz evidenzia l’ordinanza impugnata- la continuativa partecipazione all’organizzazione.
1.3. Con riferimento ai reati scopo (i tentativi di estorsione aggravata l’ordinanza, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente:
con riferimento al capo 7, si confronta con la specifica eccezione della errata identificazione di COGNOME nella conversazione n.8114 del 15 luglio 2023 ricavando, con motivazione immune da vizi logici, la inequivoca riferibilità del dialogo dall’indagato attraverso il ricorso ad altri decisivi elementi quali la conv. n.1121 15 gennaio 2023, nonché lo stesso contenuto del dialogo che non avrebbe senso se non riferito a COGNOME. La valutazione di merito operata dall’ordinanza quanto alla
corretta identificazione dell’interlocutore risulta basata su valutazioni di fatto immu da vizi di natura logica e come tali insindacabili. A ciò si aggiunga che nel motivo di ricorso, la difesa, pur lamentando la riferibilità della conversazione, non ne specifica la decisività e la rilevanza ai fini della cd. prova di resistenza, rivelandosi in tal m la censura priva di specificità.
con riferimento al capo 8) fornisce una logica ricostruzione in fatto della condotta richiamando una specifica conversazione (n.15961 del 9 marzo 2024) diversa da quella oggetto di censura in riferimento al capo 7.
Sulla specifica condotta il motivo offre una rivalutazione e ricostruzione alternativa dei fatti rispetto a come ricostruiti nell’ordinanza impugnata.
Il motivo insiste poi nel proporre una generica rilettura del contenuto delle intercettazioni omettendo di confrontarsi con il principio per cui è possibile, in sede d legittimità, prospettare un’interpretazione del significato di una intercettazion diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n.6722 del 21/11/2017, COGNOME Rv. 272558 N. 38915 del 2007 Rv. 237994, N. 11189 del 2012 Rv. 252190, N. 7465 del 2013 Rv. 259516)
2.Alla luce di siffatta ricostruzione risulta, pertanto, adeguatamente giustificata la giuridica sussistenza della partecipazione, fondata non già su di una generica attribuzione di affiliazione, bensì sulla dimostrazione indiziaria di un effetti contributo prestato in favore del clan, in linea con il principio per cui la partecipazio associativa postula un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare non già uno “status” di appartenenza, bensì un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’agente “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini.
A fronte della precisione, completezza e intima coerenza dell’iter argomentativo sviluppato dal Giudice del gravame nell’ordinanza impugnata, il ricorso si risolve nella sollecitazione di una diversa valutazione su aspetti squisitamente di merito, non consentita in questa sede, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a verificare l completezza e l’insussistenza di vizi logici ictu ocu/i percepibili, senza possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074).
Di guisa che, nel prospettare una interpretazione minimalista delle fonti di prova, il ricorrente si limita a ripercorrere i fatti e ad offrirne una lettura alternativa,
dal testo dell’ordinanza impugnata non è dato ravvisare alcuna disarticolazione del ragionamento probatorio, con il quale si omette il confronto (Sez. un. n.8825 del 27/10/2016, COGNOME, Rv. 268822), prospettando una diversa concludenza delle prove e sostanzialmente richiedendo, in questa sede, una inammissibile rivalutazione dei fatti e dei dati dimostrativi (ex multis Sez. 5, n.51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623).
3.Inammissibili il terzo e il quarto motivo di ricorso in quanto manifestamente infondati relativi all’attualità e concretezza delle esigenze cautelari, nonché alla idoneità della misura in atto.
L’ordinanza impugnata, richiamando espressamente la presunzione di sussistenza di esigenze cautelari e la presunzione assoluta di adeguatezza della custodia in carcere rispetto al reato associativo, motiva esaurientemente in ordine agli elementi che fondano la sussistenza delle esigenze cautelari quali:
la prossimità temporale dei fatti in contestazione (fino al novembre 2023);
GLYPH l’attuale operatività del clan in esame rafforzata dalla scarcerazione di COGNOME NOME;
la sussistenza di una sentenza irrevocabile a carico del ricorrente proprio in relazione alla intraneità al gruppo mafioso.
Siffatti elementi sono interpretati correttamente dall’ordinanza impugnata, quali espressione di attualità e concretezza del pericolo; sul punto, dunque, l’ordinanza impugnata appare immune da censure. Del tutto aspecifico il riferimento alle condizioni di salute.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024 Il Consiglie e estensore
Il Presidente