Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13813 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13813 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/08/2023 del TRIB. DEL RIESAME di PALERMO
sentita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG AVV_NOTAIO COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribuna(e del riesame di RAGIONE_SOCIALE ha rigettato la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari della stessa città, in data 5 lugli 2023, aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., in quanto ritenuto partecip della RAGIONE_SOCIALE.
Ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, deducendo con unico motivo vizio di motivazione e violazione di legge.
Il ricorrente contesta che gli elementi indiziari valorizzati dal Tribunale del riesame siano significativi di un contributo causale al sodalizio mafioso.
Sarebbe illogica la premessa del ragionamento del Tribunale, laddove valorizza atti di un diverso procedimento penale, relativi al supposto aiuto prestato dal ricorrente nel favorire la latitanza di NOME COGNOME, laddove nessun procedimento penale è stato instaurato nei confronti del ricorrente per tale accusa.
Quanto agli incontri tra il COGNOME ed elementi di vertice dell’associazione, pure valorizzati dal Tribunale, si tratta di nove incontri nell’arco di tre anni, e dunque d elementi non significativi, specie se si considera che gli incontri sarebbero avvenuti con persone conosciute in quanto abitanti dello stesso quartiere.
Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME non sono significative, da un canto perché riferiscono notizie che il collaboratore avrebbe potuto facilmente apprendere dalla stampa e d’altro canto perché esse collocano il ricorrente in termini di mera “vicinanza” ai Mulé, e non necessariamente in termini di intraneità. Nei confronti degli stessi Mulé il Tribunale del riesame non ha ritenuto sussistere la gravità indiziaria rispetto all’ipotizzata accusa del reato di cui all’art. 74 d.P n. 309/1990.
Al ricorrente non sono contestati reati-scopo.
Infine, quanto al presunto interessamento al mantenimento in carcere di NOME COGNOME, l’assunto si fonda su una sola intercettazione tra il medesimo COGNOME e COGNOME: elemento di per sé non sufficiente, né sufficientemente riscontrato dagli sporadici incontri tra il ricorrente, COGNOME e COGNOME.
L’intercettazione, peraltro, non sarebbe chiara nel contenuto.
Quanto al presunto coinvolgimento del ricorrente nelle questioni relative ai rapporti tra i fratelli NOME e i NOME relativamente alla piazza di spaccio della Vucciria, le conversazioni intercettate deporrebbero in senso contrario a quello fatto proprio dall’accusa.
Il ricorrente ha depositato un motivo nuovo, nel quale ha dedotto violazione di legge in quanto alcuni atti di indagine sarebbero stati compiuti a termini scaduti.
Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
La Corte di cassazione non può rivalutare la ricostruzione del quadro indiziario alla base del provvedimento cautelare (genetico e del riesame), poiché in tale ambito il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canori della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178), spettando, al più, al giudice di legittimità la verifica dell’adeguatezza della motivazione sugli elementi indizianti operata dal giudice di merito e della congruenza di essa ai parametri della logica, da condursi sempre entro i limiti che caratterizzano la peculiare natura del giudizio di cassazione (per tutte Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
A fondamento della decisione il Tribunale ha valorizzato un compendio indiziario costituito essenzialmente (ma non esclusivamente) da intercettazioni, ritenute dimostrative dell’intraneità dell’indagato nella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente tenta di disarticolare non già il ragionamento del Tribunale, ma la valutazione complessiva degli indizi, proponendone una lettura parcellizzata e tentando di indurre la Corte di cassazione, per l’appunto, ad un’inammissibile rivalutazione degli stessi.
Occorre ricordare che, in materia di intercettazioni, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; conf., tra le tante, Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337).
Il Tribunale ha correttamente e logicamente dato conto, nella motivazione, del significato ritraibile dal contenuto delle conversazioni esaminate, giungendo a
conclusioni che non risultano obiettivamente scalfitte dai rilievi difensivi, in quanto non manifestamente illogiche.
Il giudice della cautela ha ricordato come la vicinanza ad associati di primissimo piano risalga al 2008-2009, ma non ha certo tratto da tali considerazioni la prova della commissione di reati al tempo; il dato, nell’ordito della motivazione, serve soltanto a giustificare l’attribuzione di condotte recenti ad un soggetto, come il COGNOME, conosciuto da anni e che dunque si era conquistato nel tempo la fiducia che gli incarichi attribuitigli richiedevano.
Il Tribunale ha dato atto di un certo numero di incontri documentati tra COGNOME ed elementi di spicco dell’associazione ed ha collegato tali evidenze ad intercettazioni dal cui tenore ha ragionevolmente tratto conferma del coinvolgimento dello stesso COGNOME in un’attività di spaccio in una piazza gestita dalla famiglia RAGIONE_SOCIALE.
A ciò si è semplicemente aggiunto il chiaro contenuto di un’intercettazione significativa dell’utilizzo del COGNOME come tramite per la consegna del denaro che doveva essere destinato al mantenimento in carcere di NOME COGNOME.
Va ricordato, con riferimento specifico alla questione relativa al coinvolgimento del ricorrente nel mantenimento di associati, che ciò già costituisce elemento di per sé indiziante dell’intraneità al sodalizio (cfr. Sez. 5, n. 35997 del 05/06/2013, Caglioti, Rv. 256947) e, del resto, la frequentazione di vertici mafiosi e í contatti con loro, riscontrati da più servizi di osservazione, costituiscono elementi sui quali può ragionevolmente fondarsi la gravità indiziaria della partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso, anche in assenza di investitura formale o della commissione di reati-fine (Sez. 5, n. 4864 del 17/10/2016, dep. 2017, Di Marco, Rv. 269207).
L’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di esaminare il motivo nuovo, poiché l’inammissibilità dei motivi principali di impugnazione si estende ai motivi nuovi, ai sensi dell’art. 585, comma 4, cod. proc. pen. (cfr. per tutte Sez. 3, n. 23929 del 25/02/2021, COGNOME, Rv. 282021), e fermo restando che si tratta di un motivo generico, non avendo il ricorrente dimostrato la decisività dell’elemento asserita mente assunto dopo la scadenza del termine.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Devono essere disposti gli adempimenti di cancelleria di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 22/02/2024