Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15656 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Presidente: COGNOME
In nome del Popolo Italiano Relatore: COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 15656 Anno 2025
Data Udienza: 16/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 161/2025
NOME COGNOME
CC – 16/01/2025
NOME COGNOME
Relatore –
R.G.N. 38249/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Canicattì il 16/04/1986
avverso l’ordinanza del 15/03/2024 del Tribunale di Milano con funzione di riesame udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore, avv.to NOME COGNOME che ha chiesto l ‘ accoglimento dei motivi
di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Milano con funzione di riesame, ha accolto parzialmente l’ appello del Pubblico Ministero presso il Tribunale in sede, in riforma dell’ordinanza resa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale del 26 settembre 2023 e ha applicato a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere, anche in relazione ai reati di cui ai capi 1), 5) e 7) riconosciuta per questi ultimi, la circostanza aggravante dell’agevolazione dell’associazione di cui al capo 1), 14) e 16) questi ultimi due come contestati, con declaratoria di inammissibilità dell’appello per i capi 20, 21 (limitatamente alle esigenze cautelari), 85.2.
1.1. Si tratta, in riforma dell’ordinanza genetica, dell ‘accoglimento dell’appello ex art. 310 cod. proc. pen., in relazione alla contestazione, al capo 1), del reato associativo di cui all’art. 416bis cod. pen., per aver fatto parte, Amico assieme ad altre persone non individuate, di una imponente struttura associativa mafiosa, operante nel territorio lombardo, in particolare nelle città di Milano, Varese e provincia, costituita da appartenenti a tre diverse organizzazioni di stampo mafioso, cosa nostra , ‘ ndrangheta e camorra, avente struttura confederativa orizzontale, nell’ambito della quale i vertici di ciascuna delle tre componenti mafiose operano sullo stesso livello, contribuendo alla realizzazione del cd. sistema mafioso lombardo che avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo, della condizione di assoggettamento e omertà che ne deriva aveva lo scopo di commettere plurimi gravi delitti, tra cui omicidi, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, violazione della normativa in tema di armi e che esercitava il controllo del territorio mediante interventi per la risoluzione di controversie scaturenti d’affari illeciti o leciti, che imponeva il versamento di somme di denaro nella cassa comune destinata al sostentamento dei detenuti, che manteneva contatti con il mondo politico, istituzionale, imprenditoriale e bancario, che svolgeva attività di false fatturazioni per operazioni inesistenti, tramite un complesso di società intestate a prestanome, che seguiva la gestione del territorio in particolare nel settore dell ‘ edilizia, sanitario, delle piattaforme ecommerce, della ristorazione, del noleggio auto, della gestione dei parcheggi aeroportuali, petrolchimico e importazione di materiali ferrosi, utilizzando plurime società, con reinvestimento di proventi illeciti e intestazioni fittizie di società.
NOME, secondo la tesi di accusa recepita dal Tribunale, è parte della componente del sodalizio in posizione di vertice dell’associazione di cui al capo 1), quale ‘ reggente ‘ di NOME COGNOME, capo del gruppo romano, per conto di NOME COGNOME; questi, secondo la contestazione provvisoria, collabora anche con NOME COGNOME, appartenente alla mafia palermitana, coinvolgendo COGNOME – capo del gruppo calabrese di Lonate Pozzolo – e altri indagati vicini alla locale di ‘ ndrangheta di Lonate Pozzolo nel traffico illecito di sostanze stupefacenti, nonché con il calabrese Romeo nelle attività illecite relative al l’ecobonus del 110%.
Il capo 5) attiene alla contestazione, con una pluralità di concorrenti, del reato di cui agli artt. 110, 99, 10, 12, 14, legge 14 ottobre 1974 n. 497, 416 bis .1 cod. pen., per aver detenuto, in concorso tra loro, e portato in luogo pubblico, una pistola calibro 38, con relativo munizionamento, condotta aggravata , secondo l’origi naria contestazione provvisoria -esclusa dal Giudice per aver commesso il fatto al fine di agevolare il sistema mafioso lombardo, oltre che dalla recidiva.
Il capo 7) attiene alla contestazione del reato di cui agli artt. 81, 99, 416 bis. 1 cod. pen., 10, 12, 14, legge n. 497 del 1974, perché in esecuzione del medesimo disegno criminoso deteneva e portava in luogo pubblico, una pistola calibro 7, una pistola calibro 9, una pistola calibro 32 e una pistola 357 magnum, fatti aggravati dall’essere stati commessi al fine di agevolare il sistema mafioso lombardo -circostanza aggravante esclusa dal Giudice – e dalla recidiva.
Il capo 14) attiene alla contestazione del concorso con NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nel reato di cui agli artt. 81, 110, 99, 629, comma primo e secondo, in relazione all’art. 628 comma terzo, n. 1 e 3, art. 416bis .1 cod. pen., perché in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, con le condotte minacciose e violente specificate nella imputazione, costringevano NOME COGNOME a cedere in locazione un ramo di azienda della ditta RAGIONE_SOCIALE (con sede legale in Alessandria e sede operativa in Tortona strada statale per Voghera), quale corrispettivo di un credito di 43.000,00 € . Fatti contestati come aggravati dal numero delle persone che fanno parte di associazione mafiosa, per essersi avvalsi delle condizioni di cui all’art. 416bis cod. pen. e per agevolare il gruppo denominato sistema mafioso lombardo .
Il capo 16) si riferisce alla contestazione, in concorso con NOME e NOME COGNOME, del reato di cui agli artt. 81, 110, 99, 629, comma primo e secondo, in relazione all’art. 628, comma terzo, n. 1 e 3, art. 416bis .1 cod. pen., perché in concorso tra loro, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, costringevano NOME COGNOME a cedere quote sociali della ditta di noleggio auto denominata RAGIONE_SOCIALE Fatti contestati come aggravati dalle più persone riunite e facenti parte di associazione mafiosa, nonché perché eseguiti avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416bis cod. pen.e per agevolare il sistema mafioso lombardo .
1.2. Il Giudice per le indagini preliminari, con motivazione espressa a p. 565 e ss., nonché a p. 897 e ss., ha rigettato la richiesta di misura cautelare nei confronti di NOME, in relazione al reato associativo per mancanza della gravità indiziaria, ha escluso la gravità indiziaria anche per i reati di cui ai capi 14), 16) e 85 e ha ritenuto l’assenza di esigenze cautelari in relazione ai capi 20 e 21 .
In definitiva, il Giudice, per COGNOME, ha riconosciuto la gravità indiziaria limitatamente ai reati di cui ai capi 5), 7), 12) quest’ultimo aggravato dal metodo mafioso, 22, 34, 38, 39, 44, 47, 82, 84 previa esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod pen.
In particolare, secondo il Giudice, ai fini della insussistenza del reato associativo, rilevava la mancanza di elementi a suffragio della dedotta capacità intimidatoria in senso estrinseco, di una struttura propria del sodalizio e dell ‘ affectio societatis .
Si riscontrava che non erano stati correttamente valutati diversi elementi indiziari che deponevano in senso contrario alla tesi accusatoria con particolare riferimento all ‘ esistenza di specifiche condotte intimidatorie verso terzi -cd. esternazione del metodo mafioso – richiamando a riguardo una serie di episodi, anche coinvolgenti Amico, ritenuti espressione di tali elementi favorevoli, che deponevano in senso opposto alla prospettazione del Pubblico ministero istante.
In particolare, si è rilevato che la posizione di COGNOME come promotore e capo del sodalizio di tipo confederativo, denominato sistema lombardo , prospettata dall ‘ accusa non era compatibile con le modalità con le quali un membro di questo sodalizio si rivolgeva al suo direttivo, visti i termini registrati in alcune conversazioni commentate.
Anzi, ciò che emergeva, secondo il Giudice, era l’esistenza di un rapporto paritario tra NOME e NOME COGNOME e doveva essere esclusa l’esistenza di un legame assimilabile a quello che costituisce collante delle associazioni di cui all’art. 416bis cod. pen.
Ancora il Giudice riteneva significativa la vicenda dell’estorsione di cui al capo 11), ai danni di NOME COGNOME, nonché quella dell’estorsione di cui al capo 18), posta in essere dagli COGNOME e dai COGNOME, in danno di NOME COGNOME il quale, per cercare protezione, si era rivolto ad Amico.
Il Giudice, inoltre, si richiamava a quanto osservato, riguardo alla posizione del coindagato COGNOME, nonché alla vicenda in cui un imprenditore NOME COGNOME si era rivolto ad Amico per ricevere protezione dalle richieste provenienti dai Nicastro del gruppo di Gela.
Il Giudice, poi, poneva l’accento sul fatto che i reati fine, concernenti le estorsioni commessi dall’associazione, erano posti in essere da soggetti appartenenti a ciascuna delle singole compagini raggruppate al capo 1).
Si trattava di condotte estorsive, poste in essere da soggetti appartenenti al medesimo gruppo familiare di ciascun sottogruppo, individuato dall’organo requirente.
Secondo il Giudice, la pubblica accusa aveva illustrato che le estorsioni erano condivise dall’intero sistema mafioso lombardo , con capitali e società acquisite con modalità estorsive, secondo un sistema di tipo mafioso a carattere unitario.
Infatti, la tesi di accusa è che le tradizionali associazioni di stampo mafioso, camorristico e ‘ ndranghetista , in Lombardia, avrebbero operato in modo trasversale, senza riferire ciascuna al proprio nucleo familiare di appartenenza.
Ma proprio esaminando le modalità operative delle estorsioni ciò che difettava, a parere del Giudice, era la prova dell ‘ affectio societatis in capo ai singoli partecipanti rispetto ad un diverso e trasversale organismo unitario, così come, secondo il Giudice, era rimasta mera tesi investigativa la circostanza che
le società acquisite e i capitali si andavano a ricostituire per confluire in un unico sistema mafioso.
1.3. A p. 58 e ss. dell ‘ ordinanza impugnata il Tribunale evidenzia l’errore metodologico in cui sarebbe incorso il giudicante, seguendo un approccio in contrasto con lo stesso capo di imputazione, sub 1, all’interno del quale vengono descritte le tre componenti come coesistenti e come strutturate in un unico organismo associativo.
A p. 59 e ss. si individuano gli elementi indiziari che fanno propendere per reputare condivisibile l’impostazione della pubblica accusa.
Il Tribunale del riesame considera i rapporti e i legami che gli indagati vantano con i gruppi criminali di originario riferimento come non limitanti l’autonomia operativa al Nord del, diverso, sodalizio sub capo 1).
I vari sottogruppi, nei quali gli indagati si coagulano in ragione di specializzazioni operative, mantengono, per il Tribunale, un elevato grado di indipendenza e libertà decisionale nonché operativa.
COGNOME, di origine siciliana, viene descritto come legato ai Mazzei e, operativamente ai trapanesi Pace, comunque, indicato come punto di riferimento al Nord del gruppo campano-romano dei Senese.
Amico, insieme a COGNOME, siciliani con forti legami con la criminalità mafiosa, operano, per il Tribunale, in autonomia e in stretta connessione con soggetti legati ad altro gruppo, quello dei Senese, divenendo eredi del ruolo che, secondo la prospettazione accusatoria, NOME COGNOME aveva assunto, sino al suo arresto, principalmente nel traffico di stupefacenti, nell ‘ attività d’impresa e nelle estorsioni, coinvolgendo anche NOME, legato all’omonimo gruppo criminale di ‘ndrangheta, nell’operazione dei bonus del 110%.
Anche il gruppo operativo Pace-Crea, che le attività di indagine indicano come attivo nella gestione illecita delle attività di impresa e nel riciclaggio, vede la collaborazione di questi, legati alla mafia trapanese con gli COGNOME, cosca di ‘ ndrangheta e si segnala che, prima del 2020, i Pace operavano anche con COGNOME, subentrato a loro nella società RAGIONE_SOCIALE (v. p. 97 e ss.).
Si segnala, altresì, che il sodalizio lombardo spesso opera su autorizzazione degli storici gruppi criminali stanziati sul territorio, come esprime la conversazione di Amico relativa al progetto superbonus 110% riportata a pagina 98 e ss. della ordinanza.
Il sodalizio di cui al capo 1), per il Tribunale, dunque, mantiene un legame costante con i contesti originari, senza che però tali caratteristiche e modalità operative impediscano la formazione di gruppi operativi misti e la creazione della struttura unitaria contestata (cfr. p. 100 e ss. dell’ordinanza impugnata).
Il Tribunale riporta plurime conversazioni dalle quali, secondo la motivazione, emerge tale continuo riferimento dei diversi componenti del
sodalizio alle varie articolazioni criminali di riferimento e si richiamano, esemplificativamente, due vicende ritenute particolarmente emblematiche (v. p. 102 e ss.) dell’esistenza di un patto associativo trasversale, avente ad oggetto un rapporto tra gli aderenti, destinato a perdurare per un periodo di tempo apprezzabile e indeterminato. Si tratta di accordo, ritenuto finalizzato al mantenimento in vita dell’associazione, avente ad oggetto uno stabile programma criminoso che oltrepassa la consumazione dei singoli reati fine e che costituisce pactum sceleris del tutto trasversale, dei vari gruppi, contestato sub capo 1.
Si prendono in esame gli elementi indiziari relativi alla contestazione sub capi 11) e 16), reputate espressione dell’operatività di vari gruppi criminali in modo trasversale, la messa a disposizione, a favore di tutti i partecipi, del capitale sociale, liberamente spendibile anche da parte di coloro che sono diversamente schierati.
Il Tribunale conclude per la centralità del ruolo svolto dal ricorrente, mettendo a disposizione del gruppo gli uffici della RAGIONE_SOCIALE alle cui dipendenze sono assunti una serie di associati e che ha costituito base logistica per la creazione di una fitta rete di altre società, finalizzate allo sviluppo dell’associazione; presso gli uffici di tale sede si svolgono gran parte dei summit ricostruiti nel corso delle indagini, nei quali Amico si relaziona con altre figure chiave dell’associazione, tra cui sono indicati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME ed NOME COGNOME, NOME COGNOME, organizza l’ ecobonus e i reati finanziari che rappresentano collante del sodalizio.
COGNOME , secondo l’ordinanza impugnata, mette a disposizione del gruppo anche l’altra unità locale della RAGIONE_SOCIALE, sita a Terrasini, per incontrare figure rilevanti in sede locale.
Questi viene coadiuvato da altri associati per una serie indeterminata di delitti, fiscali e finanziari, in particolare false fatturazioni e intestazioni fittizie, nonché, riciclaggio e truffa ai danni dello Stato.
Il Tribunale, dopo aver esaminato la struttura del sodalizio (v. p. 124 e ss.), chiarisce i dettagli circa la specifica progettualità del clan , con particolare riferimento al settore economico di interesse (in materia di ecobonus e di locazioni commerciali), segnalando gli incontri tra gli indagati, le controversie pendenti e le peculiari modalità di risoluzione di queste, con riferimento specifico alla vicenda della controversia COGNOME – Amico, la convergenza di cassa, le attività intrinsecamente illecite, quelle finanziarie, attuate attraverso reati fiscali e di riciclaggio, quelle in materia di ecobonus e superbonus , il narcotraffico quale uno di tanti settori in cui l’associazione agiva, sia finanziando altre attività illecite sia favorendone l’operatività, sia, infine, agendo con modalità mafiose.
A p. 208 e ss. si affronta il tema dell’ affectio societatis e quello della cd. esternazione del metodo, superando le conclusioni del Giudice per le indagini preliminari, secondo il quale non vi sarebbero atti di intimidazione posti in essere dagli odierni indagati, nello svolgimento delle varie attività economiche a questi riconducibili, compresi gli episodi estorsivi e quelli relativi alla disponibilità di armi, in numero limitato e comunque trattandosi, per il Giudice della misura genetica, di condotte ritenute non gravi.
Anzi, il Tribunale giunge a conclusioni (cfr. p. 246 e ss.) opposte a quelle del Giudice, quanto alla sussistenza del sodalizio indicato al capo 1), specificando (v. p. 252 e ss.) gli elementi a carico di NOMECOGNOME indicato come partecipe del sodalizio in posizione apicale, espressione della famiglia COGNOME, originaria del territorio di Afragola e operante in Roma, attivo in Lombardia come reggente di COGNOME, quale partecipe delle attività estorsive di cui ai capi 14 (p. 286 e ss.), 16 (p. 297 e ss.), nonché in relazione al riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 416 -bis .1 cod. pen. in relazione ai reati di cui ai capi 5), 7), 12), 22) per i quali, da parte del Giudice, pur avendo ritenuto la gravità indiziaria, è stata esclusa la circostanza aggravante nella forma dell ‘ agevolazione della associazione descritta al capo 1).
Infine, r itenuto inammissibile l’appello per i capi 12, 22, 85.2., il Tribunale in accoglimento parziale dell’appello del Pubblico ministero , ha applicato ad Amico la misura della custodia cautelare in carcere, anche in relazione ai reati di cui ai capi 1), 5) e 7) riconosciuta per questi reati, la circostanza aggravante dell’agevolazione dell’associazione d escritta al capo 1), 14) e 16), per questi ultimi come originariamente contestati.
Propone tempestivo ricorso per cassazione l’indagato, per il tramite del difensore di fiducia, Avv. NOME COGNOME denunciando plurimi vizi attraverso tre motivi di seguito riassunti, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen .
2.1. Preliminarmente, la difesa svolge eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 309, comma 1, 311, comma 1, cod. proc. pen. per violazione dell’art. 24 cost., nella parte in cui le norme citate non prevedono ‘ congrui termini ‘ , compatibili con la mole del fascicolo processuale e del provvedimento impugnato, che consentano alla difesa l’inviolabile diritto di articolare i motivi di impugnazione, con richiesta di sospensione del procedimento e trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Nel caso al vaglio, l’ordinanza del Giudice ha richiesto mesi di lavoro, come per la redazione dell’ordinanza del Tribunale.
Invece, i ristretti termini previsti dalla legge per la tempestiva proposizione dell’impugnazione , comprimono in violazione dell’art. 24 Cost., i diritti di difesa.
La questione posta è rilevante, nel caso di specie, vista la mole del fascicolo processuale.
A p. 121 e seguenti di ricorso, si commenta il contenuto del provvedimento del Giudice per le indagini preliminari e se ne condivide il contenuto.
Si evidenzia che il corredo indiziario a carico dell’indagato è fondato su conversazioni, riprese video, intercettazioni telefoniche, ambientali e informatiche. Tuttavia, gli inquirenti in alcuni casi avrebbero confuso l’attribuzione vocale dei dialoghi.
Non si contesta l’esistenza di componenti locali che hanno nidificato al di fuori dei territori di origine, in particolare nel Nord Italia, ma si contesta l’appartenenza di COGNOME, sia alle associazioni di stampo mafioso, sia a quelle complessivamente considerate costituenti prova del sistema mafioso lombardo.
NOME non è mai stato iniziato in una consorteria mafiosa, non ha mai fatto parte né ha partecipato ad alcuna cerimonia di questo contenuto.
Inoltre, si contesta l ‘ interpretazione dei dialoghi captati; si evidenzia che a seguito degli arresti, NOME e NOME COGNOME hanno intrapreso un percorso di collaborazione e hanno rilasciato dichiarazioni da cui si evince l’estraneità al contesto criminale di NOMECOGNOME perché mai indicato quale sodale.
La difesa non contesta che il ricorrente ha avuto un debito con i Pace, che ha pagato per l’importo di 50.000,00 € , che ha operato nel settore dell’autonoleggio, che ha collaborato con altri imprenditori e che ha cercato di attivarsi, nel settore edilizio, per i bonus fiscali. Amico, inoltre, ha dato lavoro a soggetti con precedenti carcerazioni anche per reati associativi e si è assunto l’onere di retribuire i propri dipendenti e di assumere questi soggetti anche se ex detenuti, specificando che però si tratta di fatto che non costituisce reato.
Si riportano stralci delle conversazioni intercettate e si osserva che da queste emerge un rapporto di amicizia tra gli interlocutori con particolare riferimento a NOME COGNOME nei confronti del quale NOME non aveva nessun motivo di risentimento; si tratta di episodio che non dovrebbe neppure essere menzionato, in assenza di accertamento giudiziario definitivo.
Si commenta la vicenda relativa al matrimonio di NOME e si riporta per stralcio una conversazione (cfr. p. 128 e ss. del ricorso), che attiene a tale argomento e agli invitati presenti, fatto che non costituisce reato.
Con riferimento alle contestazioni inerenti alla detenzione di armi si riportano per stralcio alcune conversazioni dalle quali emerge che Amico non è parte della conversazione inerente alle armi e alla disponibilità di stupefacente.
Anche i contatti con NOME COGNOME registrati nelle intercettazioni ambientali e telefoniche, non hanno rilevanza penale trattandosi di soggetto che è in debito con COGNOME
Si riportano stralci di conversazioni intercettate anche con riferimento ai rapporti con NOME COGNOME soggetto che ha subito una delle estorsioni contestate in via provvisoria; anche con riferimento a tale e contestazione, si riporta stralcio di una conversazione dalla quale, per la difesa, si evince che NOME era in trattativa con COGNOME per la cessione della società di autonoleggio.
Si è trattato, per il ricorrente, di una trattativa di tipo commerciale tanto che Amico ha comprato la società, COGNOME è stato arrestato e il figlio di questi non è mai entrato in società. Secondo la difesa tra Amico e COGNOME, anzi, intercorrono ottimi rapporti.
Anche l ‘ assunzione di COGNOME secondo la difesa è stata funzionale al progetto di operare nel settore edilizio ed in quello dei DPI, progetto che si è rivelato non realizzabile. La capacità economica di Amico si spiega, per la difesa, con una cospicua vincita al ‘ Gratta e Vinci ‘ , unita ai proventi dell’autonoleggio. questi viene indicato come ‘ la banca ‘, nelle conversazioni ma si tratta di appellativo che non ha nulla a che vedere con la bacinella, cioè il contenitore destinato a raccogliere i fondi per i detenuti.
A p. 144 e ss. si riportano stralci di conversazioni dalle quali si evince, per la difesa, soltanto il progetto di realizzazione di importanti operazioni commerciali e finanziarie, si specifica che lo stesso COGNOME è stato destinatario di estorsione come dimostra la vicenda con NOME COGNOME. Anzi, NOME viene descritto come una sorta di ‘ mucca da mungere ‘ cioè il finanziatore di svariate attività che però si sono rivelate tutte in perdita.
Si esclude che sussistano gli estremi per ritenere configurata l ‘ affectio societatis secondo i canoni interpretativi fissati dalla giurisprudenza di legittimità. Né le frequentazioni dell’indagato possono essere qualificate come indizi gravi e concordanti della esistenza di tale affectio .
Si segnala che è significativa la cerimonia di iniziazione con la pungitura, la bruciatura di una sacra effige, il riconoscimento formale da parte del reggente da cui si ricevono baci rituali, lo schieramento per la cerimonia degli affiliati in un cerchio perfetto che racchiude il candidato il celebrante. Tutte esternazioni mai attuate per Amico, nonostante la costante attività di monitoraggio svolta nei suoi confronti e, anzi, estesa per un ampio periodo temporale.
Amico, poi, non è gravato da precedenti per reati associativi. Questi, invece, non è soggetto di vertice ma succube di altri, di pressioni di tipo economico come si evince da stralci di conversazioni (v. p. 150 e ss. del ricorso). Peraltro, si lamenta che le conversazioni non sono state seguite da controlli da parte della polizia giudiziaria onde verificare la riferibilità delle armi di cui si discute nelle conversazioni captate, allo stesso indagato.
Si commenta, poi, (cfr. p. 153 e ss.) l’episodio estorsivo relativo a NOME COGNOME riportando stralci delle intercettazioni che riguardano sia la vicenda contestata come commessa ai danni di COGNOME, sia i rapporti di NOME con COGNOME. Si affronta, inoltre (cfr. p. 159 e ss.) il tema del traffico di stupefacenti e si segnala che NOME è sempre stato contrario all’uso di queste sostanze, tanto da aver cercato di convincere altri soggetti a prendere le distanze da tale ambito criminale.
Il capo di imputazione concerne i fatti, commessi tra il mese di marzo 2020 e maggio 2021, oltre ad un’unica condotta contestata il 10 gennaio 2022, ma si tratta di contestazione che non corrisponde al vero. Si richiamano stralci di conversazioni intercettate relative ad attività di acquisto, vendita, stoccaggio e trasporto di stupefacenti, in periodo in cui a carico dell’indagato non vi sono sequestri.
Del resto, l’arresto di NOME COGNOME soggetto con il quale Amico nulla aveva a che fare, ha determinato la definitiva battuta di arresto del traffico; ancora, si segnala che Amico non partecipa mai a nessuna operazione, viene tenuto all’oscuro delle finalità di richiesta del prestito con riferimento alla detenzione di sostanze stupefacenti.
Infine, con riferimento ai veicoli considerati a disposizione dei vari soggetti interessati dalle indagini, si segnala che si tratta di attività di noleggio che Amico ha attivato, come si evince da stralci di conversazione intercettate (v. p. 163 e ss.).
Ancora (cfr. p. 164 e ss.) si contestano le affermazioni del Tribunale relative alle attività di falsa fatturazione e di intestazione fittizia ascritte all’indagato. Infine, si evidenzia che i precedenti a carico di NOME sono soltanto per reati bagatellari in particolare tentato furto, tentata rapina e un reato in materia di stupefacenti di lieve entità, risalenti a circa tre anni prima, per i quali è stata esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen.
2.2. Con il primo motivo si denuncia inosservanza di norme processuali previste a pena di nullità, inutilizzabilità, decadenza.
Non risulta notificata al ricorrente la richiesta di proroga del termine per le indagini preliminari che, nella specie, hanno avuto inizio nel 2015.
Lo spirare del termine previsto dalla legge determina l ‘ inutilizzabilità del materiale probatorio raccolto, in violazione di detto termine. Il Tribunale del riesame ha considerato utilizzabile tutto il materiale di indagine, a prescindere dalla tempestività di queste, mentre tutte le prove, illegittimamente acquisite, devono essere dichiarate inutilizzabili.
2.3. Con il secondo motivo si denuncia inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 416bis cod. pen.
La misura cautelare adottata è frutto di una serie di indagini che si sono svolte per molti anni, condotte con sistemi di elevatissima penetrazione nelle sfere personali dei singoli indagati, con intercettazioni, anche mediante captatore informatico, mediante videoriprese, che hanno consentito di riscontrare che alcuni componenti della cd. locale di Legnano, Lonate Pozzolo, si è ricostruita, come confermato dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.
Si segnala che, in data 4 luglio 2019, è stata eseguita ordinanza di custodia cautelare in carcere per trentaquattro indagati, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, tra questi NOME COGNOME e NOME COGNOME, indagini concluse con sentenze di merito che hanno confermato l’esistenza di tale locale di ‘ ndrangheta .
NOME e NOME COGNOME hanno collaborato con la giustizia riferendo la loro versione della storia di tale locale e dei suoi rapporti con i siciliani, con sede nel legnanese, affiliati o vicini a cosa nostra e, in particolare, con gruppi gelesi presenti nell’area con i quali nel tempo la locale di ‘ ndrangheta si è contesa il territorio.
Da tale materiale di indagine, a parere del ricorrente, non è possibile ricavare l’esistenza di un’associazione di tipo confederativo, che rappresenta e raggruppa al suo interno le diverse componenti criminali citate al capo 1).
Si segnala che l’indagato non è mai stato sottoposto a cerimonia rituale di iniziazione mafiosa, come dimostrato dalla ininterrotta monitorizzazione satellitare, telefonica e video.
Il Tribunale del riesame reputa che l’iniziazione è un elemento superfluo, ma si tratta di valutazione errata, tenuto conto che le associazioni criminali sono di carattere chiuso, ristretto a una determinata cerchia e che consentono di accrescere, con nuovi sodali, la loro consistenza, solo previa approvazione dei partecipi attraverso il rituale di iniziazione mafiosa.
Il materiale di indagine consente di acclarare l’esistenza di contatti e frequentazioni tra soggetti sottoposti a indagine fondati, però, su conoscenze personali e, comunque, afferenti a cointeressenze rispetto a meri tentativi imprenditoriali nemmeno attuati.
Non vi sarebbero indizi e prove che gli indagati fossero animati dall’intento di costituire il sistema mafioso prospettato dalla pubblica accusa.
NOME si è limitato ad offrire lavoro subordinato a chi non riusciva a farsi assumere da altri, per i precedenti penali a carico, nonché ha partecipato ad incontri che la pubblica accusa qualifica summit mafiosi, perché svolti con soggetti gravati da precedenti penali. Si tratta però di fatti enfatizzati dal Pubblico ministero, ma si tratta di incontri di assoluta irrilevanza nel caso di due di questi, mentre altri due concernono possibili interessi economici e, infine, altri
due la composizione della diatriba subita dai fratelli COGNOME e, comunque, non evidenziano indici di mafiosità.
Il ricorrente ha cercato di avviare alcune attività imprenditoriali con la speranza di realizzare un profitto, anche per inserirsi nel settore edilizio per poter ottenere crediti fiscali da vendere sul mercato, realizzare il commercio di DPI, però anche pressato delle richieste dei fratelli COGNOME ha chiesto aiuto a conoscenti, alla ricerca di una soluzione transattiva.
Il Tribunale del riesame ipotizza l’esistenza di una struttura ad organizzazione orizzontale, all’interno della quale si muovono più gruppi parallelamente. Invece, il ricorrente ha subito fortissime pressioni dai Pace finalizzate a ottenere il denaro di cui poteva disporre ed era animato da esigenze di sopravvivenza economica, sicché si è rivolto a conoscenti per ottenere aiuto, onde superare contingenti problematiche di tipo personale.
In tutti gli anni d’indagine Amico ha vissuto un ruolo di primo piano, frequentando riunioni, nutrendo la vana speranza di profitto, occupandosi del noleggio di auto, attraverso le proprie società, ma se esistesse effettivamente la consorteria delineata dal Tribunale questi avrebbe senz’altro trovato soluzioni decisive.
Si rimarca che Amico non ha precedenti specifici inerenti alla realizzazione di reati tipici dell’appartenenza a un gruppo di stampo mafioso. Questi ha subito solo condanne per reati bagatellari e si è limitato a contatti con soggetti pregiudicati, elemento che di per sé non può essere sufficiente a stabilire la partecipazione di tipo mafioso.
La maggior parte degli indagati, poi, è di bassa scolarizzazione; di qui il tono delle conversazioni che, in taluni casi, è di basso tenore sociale.
Quanto alla ritenuta sussistenza della cd. bacinella – uno degli elementi utilizzati nella motivazione censurata per ritenere la partecipazione di NOME al sodalizio, perché si tratterebbe di danaro versato per il mantenimento dei sodali detenuti -questa è fondata su una parziale lettura delle intercettazioni ambientali. Da queste si ricava che un solo soggetto, NOME COGNOME, sostiene che i detenuti vanno mantenuti. Il ricorrente, invece, non ha mai perorato l’uso della bacinella, non ha mai versato alcunché, nonostante i ripetuti inviti di NOME COGNOME. Il pagamento della parcella dell’avvocato di COGNOME nulla ha a che fare con la bacinella e NOME non ha mai corrisposto danaro per i detenuti o fatto visita in carcere a questi.
2.3. Con il terzo motivo si denuncia erronea applicazione della legge penale e travisamento della prova con riferimento alla gravità indiziaria.
Il Tribunale ha censurato le valutazioni effettuate dal primo giudice e, nel compiere tale operazione, ha omesso di considerare la prova raccolta nel corso delle indagini giungendo al travisamento di questa.
Il ricorrente viene indicato come esponente di spicco di un’associazione trasversale, ma si trascura che Amico non è mai stato condannato per reato associativo e viene considerato partecipe dell’associazione solo per aver frequentato soggetti pregiudicati che hanno ricevuto condanne a tale titolo.
Le segnalazioni che riguardano NOMECOGNOME da parte della polizia giudiziaria hanno scarso significato indiziante, anzi la condotta del ricorrente è stata stravolta nella valutazione della prova da parte del Tribunale.
L ‘ intestazione delle aziende, reputata fittizia, non può essere valutata come grave indizio di colpevolezza per il reato associativo perché è ancora da dimostrare, né espressione di mafiosità sono i progetti imprenditoriali peraltro mai realizzati, limitandosi i programmi a vane chiacchiere fra soggetti che, comunque, non si sono mai intimoriti per l’intervento di Amico. Infine, si esclude che vi sia stata prova della forza intimidatoria espressa sul territorio milanese o lombardo.
Si segnala che l’ordinanza genetica ha applicato la misura cautelare soltanto nei confronti di undici indagati rispetto ai centoquaranta per i quali vi era stata richiesta, per reati di porto d’armi, estorsioni, minaccia aggravata, traffico di droga, tutti reati che nulla a che vedere con la fattispecie associativa contestata dal pubblico ministero.
Si richiamano stralci dell’ordinanza genetica e se ne condividono i contenuti. Si rimarca che il quadro indiziario non è grave con riguardo a due dei tre reati associativi contestati, in particolare l’associazione di stampo consortile e l’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. Per il ricorrente, non vi è nessuna prova di elementi fattuali specifici da cui desumere che la collettività di riferimento ha percepito l’esistenza di un gruppo criminale di stampo mafioso.
Per gli inquirenti basta essere affiliati per essere condannati per mafia ma tra i due metodi opposti, uno deduttivo, quello dei pubblici ministeri, uno induttivo, quello dei giudici, deve prevalere quello proposto dal Giudice per le indagini preliminari.
Per essere mafiosi bisogna essere percepiti come tali e agire in virtù del proprio vincolo associativo. Ciò, in quanto non è detto che un affiliato in Calabria, che compie attività illecite a Milano, non può commettere reati generici come quello di spaccio di sostanze stupefacenti. Si richiamano altri procedimenti nei quali il Giudice per le indagini preliminari ha bocciato la prospettazione accusatoria con riferimento all’indagato COGNOME.
Si riportano (v. p. 178 e ss.), gli elementi essenziali per l’esistenza di un’associazione mafiosa anche di tipo trasversale. Si evidenzia che il Tribunale è incorso in errore e travisamento della prova, nell’utilizzare informazioni non
presenti nel processo, omettendo di valutare prove decisive, alterando i fatti. Di qui il vizio di cui all’art. 606 lett. e) cod. proc. pen.
La difesa ha fatto pervenire tempestiva richiesta di trattazione in camera di consiglio partecipata, ai sensi degli artt. 127, 611 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 11, commi 2, lettere a), b), c) e 3 del d.l. 29 giugno 2024, n. 89, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2024, n. 120, richiesta accordata.
All ‘ odierna udienza, le parti presenti, all ‘ esito della discussione orale, hanno concluso nel senso precisato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
1.1. Va premesso che l ‘eccezion e di illegittimità costituzionale prospettata è manifestamente infondata e, comunque, non rilevante nel caso di specie.
Come già chiarito dalla Consulta in due decisioni (ord. n. 126 del 1993 e ord. n. 201 del 1996) in cui sono state esaminate questioni di legittimità costituzionale dell’art. 309, commi 8, 9 e 10, cod. proc. pen., per contrasto, tra gli altri, con il parametro costituzionale del diritto di difesa di cui all’art. 24, secondo comma, Cost., nei procedimenti caratterizzati da un numero elevato di posizioni da riesaminare e dalla particolare complessità delle indagini, ‘ la previsione di un termine perentorio breve per l’adozione della decisione sulla richiesta di riesame … non può dirsi lesiva del diritto di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione, ma realizza, al contrario, una forma di tutela del soggetto che ha impugnato il provvedimento, evitando che questi possano essere in alcun modo danneggiati da inadempienze o ritardi dell’autorità giudiziaria ‘.
Dunque, anche i termini perentori previsti per l’espletamento dell’interrogatorio di garanzia e per proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze de libertate sono previsti per salvaguardare l’indagato dagli stessi rischi e, quindi, posti nel suo interesse. Analoghe considerazioni possono essere richiamate per escludere la violazione del parametro della presunzione di innocenza di cui all’art. 27, secondo comma, Cost.
Nel caso al vaglio, poi, il lungo lasso temporale trascorso tra la celebrazione dell’udienza di discussione dell’appello ex art. 310 cod. proc. pen. proposto dal Pubblico ministero (15 marzo 2024) e il deposito dell ‘ ordinanza impugnata (8 ottobre 2024) ha consentito alla difesa, nelle more venuta a conoscenza degli atti di indagine, un adeguato approfondimento degli atti medesimi, strumentale ai rimedi impugnatori previsti dall’ordinamento. Tanto che il ricorso per cassazione, depositato nell ‘interesse d i Amico è composto da oltre 180 pagine
(ove le prime 117 siano dedicate all ‘elenc azione dei capi di incolpazione) e si articola in tre motivi nei quali vi è ampio riferimento alle risultanze investigative.
1.2. Il primo motivo è inammissibile.
Si tratta di censura generica perché non supportata dall’allegazione di specifici elementi dai quali desumere che i provvedimenti di proroga, non precisamente indicati, non sono stati notificati all ‘ indagato.
In ogni caso, si osserva che, secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte, l ‘ omessa notifica all ‘ indagato della richiesta di proroga delle indagini preliminari, non è causa di nullità, né determina l’inutilizzabilità degli atti d’indagine compiuti dopo la sua presentazione (Sez. 3, n. 23953 del 12/05/2015, COGNOME, Rv. 263653 -01; Sez. 5, n. 19873 del 27/01/, COGNOME, Rv. 252520 -01).
In ogni caso, l ‘eccezione non indica quali indagini sarebbero state svolte oltre i termini e quali esiti queste hanno avuto, indicando, specificamente, il materiale probatorio che si assume acquisito oltre il termine di durata massima.
Il ricorrente, in definitiva, si limita ad affermare che tutte le emergenze probatorie, valorizzate per l’ emissione del provvedimento impugnato, sono inutilizzabili per superamento dei termini di svolgimento delle indagini ai sensi dell’art. 405, comma 2, 406 e 407 cod. proc. pen. , proseguite per anni senza notifica del provvedimento di proroga.
Va richiamata, in questa sede, la giurisprudenza di legittimità cui il Collegio aderisce, secondo la quale il termine delle indagini, ai fini della previsione di cui all’art. 405 cod. proc. pen., comincia a decorrere dal momento dell ‘ effettiva iscrizione nell’apposito registro ex art. 335 cod. proc. pen. delle generalità della persona alla quale il reato sia stato attribuito (Sez. 6, n. n. 10078 del 01/12/2020, dep. 2021, P., Rv. 280718 -01; Sez. 2, n. 12423 del 23/01/2020, P., Rv. 279337 -01; Sez. 6, n. 25385 del 19/03/2012, G., Rv. 253100 -01), dies a quo nemmeno indicato dal ricorrente (cfr. p. 166 ove si fa generico riferimento all ‘ anno 2015 e alla prima annotazione di polizia giudiziaria non indicata, specificamente, quanto alla data).
Va, ancora, rilevato che, rispetto al materiale probatorio utilizzato dal Tribunale, in assenza della puntuale indicazione degli esiti delle indagini che si assumono raccolte a carico di Amico oltre il termine, non è possibile svolgere la cd. prova di resistenza.
Invero, secondo il costante orientamento di questa Corte allorché, con il ricorso per cassazione, si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di ricorso deve illustrare, a pena di inammissibilità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cd. prova di resistenza, essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze,
nonostante l’espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (tra le altre, Sez. 6, n. 18764 del 05/02/2014, Rv. 259452).
Infine, deve rimarcarsi che, in tema di appello cautelare, questa Corte ha affermato il condivisibile principio, cui il Collegio intende dare continuità, secondo il quale il rimedio utilizzato, di cui all’art. 310 cod. proc. pen., ha la fisionomia strutturale e strumentale degli ordinari mezzi di impugnazione. Dunque, allo stesso si applicano le norme generali in materia, tra cui le disposizioni di cui agli artt. 581 e 591 cod. proc. pen. Ciò comporta, secondo il richiamato, condivisibile indirizzo, che l’impugnazione deve non solo indicare i capi e i punti della decisione impugnata cui si riferisce, ma anche enunciare i motivi con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono la richiesta (Sez. 5, n. 9432 del 12/01/2017, COGNOME, Rv. 269098), specificità che non si ravvisa, per le ragioni esposte, in relazione al motivo di ricorso in esame.
1.3. Il secondo motivo – unitamente alle considerazioni svolte in premessa dal ricorrente (v. p. 121 a p. 165 della ‘ valutazione preliminare in diritto ‘ ) – è infondato.
Quanto alla contestazione dell ‘ interpretazione svolta dal Tribunale del riesame, dei dialoghi captati, si osserva che costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite, non evincibile nella specie (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784).
Le argomentazioni svolte nella premessa al primo motivo di ricorso assumono, nel loro complesso, la veste di censure versate in fatto, peraltro, affidate al contenuto di stralci di conversazioni intercettate, di cui si sollecita un ‘ alternativa lettura o interpretazione, dirette a spiegare i rapporti con taluni soggetti (come NOME COGNOME, i collaboratori NOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME, la persona offesa COGNOME, NOME COGNOME), che non possono essere riesaminati nella presente sede di legittimità, a fronte della motivazione, immune da vizi riscontrabili nella presente sede, resa dal Tribunale e, comunque, dei noti limiti di intervento del giudice di legittimità in ordine alla motivazione dei provvedimenti in materia cautelare (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 6, 15 marzo 2006, Casula Rv. 233708; Sez. 1, n.41738 del 19/10/2011, Rv. 251516; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460).
Su tale punto, va osservato che secondo questa Corte di legittimità, in tema di appello cautelare proposto dal pubblico ministero, la riforma sfavorevole all’indagato della decisione emessa dal Giudice per le indagini preliminari, relativamente all’insussistenza dei gravi indizi di reato, non impone, diversamente da quanto richiesto nel giudizio di merito, la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, dell’insostenibilità della soluzione adottata dal primo giudice, essendo tuttavia, comunque necessaria, ai fini dell’applicazione della misura cautelare per effetto del ribaltamento, la gravità indiziaria, cioè un livello di verosimiglianza della responsabilità penale dell’indagato, inferiore alla soglia del ragionevole dubbio, pur sempre connessa ad una prognosi di elevata probabilità di condanna (Sez. 2, n. 12851 del 07/12/2017, dep. 2018, COGNOME Rv. 272687; Sez. 2, n. 43146 del 28/06/2016, Battaglia, Rv. 268370).
Ove, come nella specie, il Tribunale in funzione di riesame accolga la domanda cautelare, riformando in sede di appello, ex art. 310 cod. proc. pen., la decisione di rigetto di applicazione della misura, per parte della giurisprudenza di legittimità, deve escludersi la sussistenza di un onere di motivazione cd. rafforzata, in quanto tale onere è configurabile solo in sede di giudizio di merito, dove il canone valutativo è costituito non dalla gravità indiziaria, ma dalla certezza processuale della responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio (Sez. 5, n. 28580 del 22/09/2020, M., Rv. 279593: in sede di appello del pubblico ministero avverso il rigetto della richiesta di misura cautelare, la riforma sfavorevole all’indagato del provvedimento del Giudice per le indagini preliminari non impone una motivazione rafforzata in quanto è sufficiente che il giudice d’appello cautelare compia una valutazione totale, autonoma e completa degli elementi addotti dalle parti nel contraddittorio pieno, confrontandosi con gli argomenti che fondano la decisione impugnata, in quanto, diversamente da quanto richiesto nel giudizio di merito, non è necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della insostenibilità della soluzione adottata dal primo giudice). A tale indirizzo si contrappone quello secondo cui «in tema di appello cautelare, la riforma in senso sfavorevole all’indagato della decisione impugnata impone al tribunale, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, un rafforzato onere motivazionale, valevole a superare le lacune dimostrative evidenziate dal primo giudice, essendo necessario confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e giustificare, con assoluta decisività, la diversa scelta operata (Sez. 1, n. 474361 del 09/11/2022, Rv. 283784).
In ogni caso, incombe sul decidente la verifica, sia pur implicita, degli argomenti a sostegno della decisione liberatoria impugnata, se interferenti con i presupposti della divergente valutazione adottata in appello, configurandosi altrimenti un vizio di motivazione che deve essere specificamente dedotto,
attraverso l’indicazione del profilo neppure implicitamente valutato (Sez. 6, n. 11550 del 15/02/2017, NOME, Rv. 269138).
Infine, sotto il profilo della gravità indiziaria, si osserva che questa Corte ha affermato l’indirizzo secondo il quale, in tema di appello del Pubblico ministero avverso l’ordinanza di rigetto di misura cautelare, la cognizione del Tribunale non è limitata ai singoli punti oggetto di specifica censura, in applicazione del principio devolutivo, bensì è estesa all’integrale verifica delle condizioni e dei presupposti per l’adozione della misura genetica, delineati dall’art. 292 cod. proc. pen., spettando al giudice dell’impugnazione tutti i poteri rientranti nella competenza funzionale del primo giudice (Sez. U, n. 18339 del 31/03/2004, COGNOME, non mass. sul punto, cit.; Sez. 6, n. 41997 del 24/09/2019, COGNOME, Rv. 277205; Sez. 3, n. 37086 del 19/05/2015, COGNOME, Rv. 265008).
La difesa, specificamente, con il secondo motivo di ricorso contesta la sussistenza del reato di cui al capo 1), reputando non configurabile l ‘ associazione di tipo confederativo ipotizzata, quale ente che raggruppa, al proprio interno, le diverse componenti criminali di camorra, cosa nostra e ‘ ndrangheta , meglio indicate nell ‘ incolpazione provvisoria; in ogni caso, si esclude che Amico ne abbia fatto parte.
All ‘ uopo, il ricorrente valorizza:
-l ‘ assenza di formale iniziazione, ipotizzandosi l ‘ adesione dell ‘ indagato ad associazione criminale a carattere ristretto, nella quale detta adesione necessita di approvazione dei nuovi adepti attraverso rituali formali;
l ‘ insufficiente richiamo alle pur acclarate frequentazioni, giustificate da rapporti personali o di tipo imprenditoriale, peraltro, nemmeno attuati, così segnalando l ‘ indebita valorizzazione di incontri con soggetti con precedenti penali per reati associativi, spiegabili, invece, in base a rapporti amicali, di tipo lavorativo, imprenditoriale o per risolvere semplici questioni (come la diatriba con i fratelli COGNOME);
l ‘ assenza della partecipazione di NOME alla cd. ‘ bacinella ‘ e di precedenti penali indice di mafiosità.
Con specifico riferimento all ‘ iniziazione, il Collegio osserva che il ragionamento del Tribunale è conforme alla giurisprudenza di questa Corte che, ai fini della prova della partecipazione ad una associazione di stampo mafioso, attribuisce rilievo a fatti espressione dell’ affectio e della messa a disposizione per gli interessi del sodalizio (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889 -02), posto che la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua ‘messa a disposizione’ in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 16 del 1994, Rv. 199386-01,
e Sez. U, n. 30 del 1995, Rv. 202904-01) rivestendo al suo interno un ruolo dinamico – funzionale .
In tale prospettiva interpretativa, l’affiliazione rituale può costituire grave indizio della condotta partecipativa, ove la stessa risulti, sulla base di consolidate e comprovate massime d’esperienza e degli elementi di contesto che ne evidenzino serietà ed effettività, espressione di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un’offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione.
Ciò non esclude che, ove vi siano elementi indiziari della permanente “disponibilità” al servizio dell’organizzazione a porre in essere attività delittuose, anche di bassa manovalanza – ma pur sempre necessarie per il perseguimento dei fini dell’organizzazione -questi rappresentano univoco sintomo, indipendentemente dalla prova di una formale affiliazione, di inserimento strutturale nel sodalizio e, quindi, di vera e propria partecipazione (pur potendosi ritenere che l ‘attri buzione della qualifica di “uomo d’onore” costituisce uno stadio più evoluto nella progressione nell’organigramma piramidale: Sez. 5, n. 48676 del 14/05/2014, Rv. 261909 -01).
Quanto alle frequentazioni, si osserva che il ricorrente espone una tesi diretta a limitare la condotta di Amico al fatto che questi ha assunto, alle proprie dipendenze e si è frequentato con pregiudicati per reati di mafia, per ragioni lavorative, facendo riferimento, peraltro, a ll’iniziativa economica intrapresa in settori in cui questa, si è rivelata fallimentare.
Tuttavia, con tali osservazioni si prospetta una lettura alternativa rispetto a quella resa dal Tribunale e, comunque, non si tiene conto del complesso di elementi a carico che valuta l ‘ ordinanza impugnata, con motivazione non manifestamente illogica e immune da vizi e, quindi, non rivedibile nella presente sede, con particolare riferimento al contenuto delle intercettazioni e alla puntuale ricostruzione delle vicende estorsive, oltre che di quelle relative ai reati concernenti le armi.
Sono, pertanto, inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non si manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n.9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv.262965).
COGNOME è, secondo la ricostruzione recepita dal Tribunale, il collante tra i tre gruppi che formano il cd. sistema lombardo.
Già il Giudice per le indagini preliminari, nel provvedimento genetico, aveva rilevato l’incensuratezza di NOME per reati associativi ma lo aveva posto al
vertice del sodalizio finalizzato al traffico di stupefacenti, con azioni reputate autonome rispetto al gruppo riferentesi a Senese, comunque applicando la misura cautelare per numerosissimi capi di imputazione, anche concernenti la violazione della normativa in tema di armi, escludendo, per alcuni di questi, non la circostanza aggravante di cui all ‘art. 416 -bis .1 cod. pen., sotto il profilo del metodo , ma l’agevolazione del sodalizio di cui al capo 1) , avendo, per questa contestazione escluso la gravità indiziaria.
Il Tribunale, invece, valorizza, con ragionamento di fatto, dunque non censurabile nella presente sede, ulteriori elementi a carico, indicando Amico come soggetto che ha cooperato con altri appartenenti a sodalizi che fanno parte del gruppo unitario e trasversale, individuandolo come ‘la banca’ dell ‘associazione di cui al capo 1), per la quale versa danaro, si occupa della difesa di adepti detenuti, dando seguito, secondo la motivazione del Tribunale, ad un ‘ esigenza comune del gruppo (richiamando, su tale punto, la captazione in cui COGNOME ricorda l’esigenza di alimentare il fondo comune della quale la difesa sollecita una diversa lettura in fatto).
Inoltre, il Tribunale indica Amico come soggetto che gestisce, in prima persona, le attività economiche lecite rivelatesi di interesse centrale da parte del sodalizio ( ecobonus , commercializzazione DPI, autonoleggio), lo segnala quale partecipe alle riunioni degli associati che si svolgono proprio presso la sede della sua attività e come partecipe materiale di reati fine, tipici dell ‘associazio ne di stampo mafioso di riferimento (tra le quali quella di cui al capo 14), estorsione ai danni di COGNOME, fatto per il quale il Tribunale valorizza la minaccia velata di COGNOME al debitore, cui segue la cessione dell’azienda a COGNOME e l ‘intervento di COGNOME, che dà le disposizioni che il denaro venga portato a lui; capo 16, estorsione ai danni di Sanfilippo per la quale il Tribunale ravvisa la minaccia, implicita, nonché l ‘intervento prop iziato da COGNOME, di COGNOME come esponente del clan COGNOME), elemento ulteriore da cui evincere, almeno in punto gravità indiziaria, l ‘ appartenenza al sodalizio sub 1).
Il Tribunale, in modo coerente con la posizione di referente primario attribuita al ricorrente, individua in Amico il fulcro attorno al quale ruota l’operatività dell’associazione contestata al capo 1), rappresentato dalla massimizzazione dei proventi, per tutti gli associati, attraverso le diverse operazioni commerciali e finanziarie cui sono strumentali le numerose società che proprio Amico acquisisce, intestandole a prestanome per, poi, avviarle allo svolgimento di attività edilizie collegate al superbonus 110% e che rappresentano l’essenza dell’associazione in quanto fonte di ingenti profitti confluiti nel sodalizio. A tal fine, il Tribunale, dopo aver esaminato la struttura del sodalizio, l’elencazione delle società che ne costituiscono lo strumento operativo, nonché la sede per la realizzazione di attività strumentali ai fini della
associazione, segnala la centralità degli incontri tra gli indagati, le controversie pendenti e le peculiari modalità di risoluzione di queste, con riferimento specifico alla vicenda della controversia COGNOME – COGNOME, la convergenza di cassa, le attività intrinsecamente illecite, quelle finanziarie, attuate attraverso reati fiscali e di riciclaggio, quelle in materia di ecobonus e superbonus , il narcotraffico indicato come uno dei molteplici settori in cui l’associazione agiva, sia finanziando altre attività illecite, sia favorendone l’operatività, sia, infine, agendo con modalità mafiose. Tanto, con motivazione che prima esamina ed espone le ragioni per le quali la prospettazione del Giudice non appare condivisibile e, poi, adeguatamente illustrando le ragioni dell ‘ operato ribaltamento.
1.4. Il terzo motivo è inammissibile.
Il denunciato travisamento non è specifico perché il ricorso non chiarisce a quali dati assertivamente travisati, va dato rilievo per giungere a diversa, più favorevole conclusione; né si illustra, puntualmente, la decisività dei dati probatori di cui si denuncia il travisamento.
Per il resto, le censure svolte sono versate in fatto e tendono ad una rilettura, in chiave riduttiva, dei plurimi elementi indiziari raccolti e posti a base della decisione del Tribunale.
Sotto il profilo della contestata sussistenza dell ‘ esternalizzazione nel territorio di riferimento, del metodo mafioso da parte del gruppo trasversale contestato al capo 1), costituito ex novo , si osserva che il Tribunale è giunto a conclusioni opposte a quelle cui è pervenuto il Giudice, ritenendo la gravità indiziaria per tale fattispecie e anche per altri capi di incolpazione relativi a reati estorsivi; inoltre, si nega l ‘ impermeabilità dell’area geografica lombarda, rispetto a fenomeni criminali, sulla base anche dell ‘ esito di altri procedimenti che ne hanno escluso tale natura (cfr. p. 218 e ss.).
Il Tribunale conclude assumendo, poi, che proprio le estorsioni sono espressione di condotte di pesante intimidazione, attuate attraverso minacce, in alcuni casi tradotte in atti di aggressione e lesioni in danno di componenti della comunità, con impiego trasversale di tali metodi di attuazione da parte degli indagati vicini ai gruppi criminali di diversa origine, alcuni dei quali, peraltro, già accreditati sul territorio lombardo per effetto di precedenti condanne e da diffusa notorietà tra la popolazione di riferimento. Il Tribunale rimarca che dagli indagati viene anche richiamata, in maniera espressa a fini intimidatori, l’appartenenza o vicinanza a gruppi di criminalità mafiosa ben noti agli interlocutori, per essere operativi anche in Lombardia e si fa riferimento all’esistenza anche di un nutrito gruppo di soggetti disposti a spalleggiarli.
Inoltre, l ‘ ordinanza fa riferimento ad annotazioni, prodotte in sede di riesame, in particolare quella del 24 febbraio 2024, che documentano pesanti atti a carattere intimidatorio riconducibili proprio ai gruppi criminali originari ai
quali attinge la struttura associativa di cui al capo 1). Inoltre, si segnala che l’impiego di armi è stato concretamente evocato non solo nell’ambito di vicende estorsive, ma anche per la soluzione interna dei dissidi tra i sodali, oltre ad essere più volte richiamata dagli indagati la necessità di girare armati per affrontare ogni evenienza.
Tale motivazione appare in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’integrazione della fattispecie di associazione di tipo mafioso implica che un sodalizio criminale sia in grado di sprigionare, per il solo fatto della sua esistenza, una capacità di intimidazione non soltanto potenziale, ma attuale, effettiva ed obiettivamente riscontrabile, capace di piegare ai propri fini la volontà di quanti vengano in contatto con i suoi componenti (tra le altre, Sez. 1, n. 55359 del 17/06/0216, Pesce, Rv. 269043; Sez. 1, n. 25242 del 16/05/2011, Rv. 250704).
Tale indirizzo (ribadito anche in Sez. 6, n. 34874 del 15/07/2015, Rv. 264647; Sez. 2, n. 34147 del 30/04/2015, Rv. 264623; Sez. 2, n. 25360 del 15/05/2015, Rv. 264120; Sez. 6, n. 50064 del 16/09/2015, Rv. 265656) si è espresso nel senso -seppure con taluni distinguo -che in tema di associazione mafiosa il patrimonio di «concreta capacità di intimidazione», lì dove si rivolga a zone che non hanno in precedenza vissuto neppure in parte le condizioni di «assoggettamento ed omertà», va debitamente attualizzato, nuovamente ricostruito e dimostrato in concreto per potersi ritenere consumato il reato di cui all’art. 416bis cod. pen.
Ai fini della qualificazione ai sensi dell’art. 416bis cod. pen. di una nuova ed autonoma formazione criminale è necessario, dunque, accertare se il sodalizio: a) abbia conseguito fama e prestigio criminale, autonomi e distinti da quelli personali dei singoli partecipi, in guisa da essere capace di conservarli anche nel caso in cui questi ultimi fossero resi innocui; b) abbia in concreto manifestato capacità di intimidazione, ancorché non necessariamente attraverso atti di violenza o di minaccia, nell’ambito oggettivo e soggettivo, pur eventualmente circoscritto, di effettiva operatività; c) abbia manifestato una capacità di intimidazione effettivamente percepita come tale ed abbia conseguentemente prodotto un assoggettamento omertoso nel “territorio” in cui l’associazione è attiva» (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Rv. 279555-17)
Nel caso al vaglio, le organizzazioni criminali ‘ madre ‘ sono indicate come costole che hanno già agito da tempo nel territorio lombardo, esternando la loro forza intimidatrice sul territorio medesimo, attraverso l ‘ attuazione di tipici reati fine, aggravati dal metodo mafioso. Quindi l’esternalizzazione del gruppo costituito ex novo , spende, secondo la ricostruzione del Tribunale, da un lato, la caratura criminale (già esternalizzata) di mafie allocatesi in Lombardia, dall ‘ altro, quanto meno a livello di gravità indiziaria e salvo ogni approfondimento rimesso
alla fase della cognizione, attraverso la consumazione di delitti a base violenta o condotte che, comunque, evocano il prestigio delinquenziale della nuova consorteria, qualificante il sodalizio di cui al capo 1), impersonalmente inteso.
Secondo l’ordinanza impugnata, infatti, l’associazione ha una propria mafiosità, derivante anche dalla partecipazione ad essa di soggetti dall ‘ accertata caratura mafiosa, ma soprattutto la manifesta all’esterno in modo autonomo, pur avvalendosi anche dell’assoggettamento già realizzato nel territorio lombardo, dalle singole mafie storiche, in quanto opera, in modo distinto rispetto a queste ultime e mantiene, rispetto ad esse, una propria autonomia gestionale ed economica.
Il Tribunale si è espresso su tale sodalizio individuando una mafia ‘nuova’, come tertium genus , descrivendo il fenomeno mafioso come oggetto di evoluzione.
Del resto, secondo la giurisprudenza di legittimità quanto alla pervasività della pressione criminale diffusa sul territorio, è sufficiente ad integrare il reato, che il sodalizio minacci non solo la vita o l’incolumità personale, ma anche le condizioni esistenziali, economiche o lavorative di determinati soggetti, attingendo i diritti inviolabili anche di tipo relazionale delle persone che vengono coattivamente limitate nelle loro facoltà (Sez. 2, n. 10255 del 29/11/2019, dep. 2020, Fasciani, Rv. 278745-02). Invero, non è necessario il controllo di tutti coloro che vivono in un determinato territorio qualora sia accertato il conseguimento della finalità di assoggettare, al proprio potere criminale, un numero indeterminato di persone appartenenti a una data comunità, sicché è indifferente la mancanza di azioni eclatanti violente, tenuto conto che la fattispecie è integrata anche senza atrocità o mattanze diffuse (Sez. 2, n. 2159 del 24/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285908).
Infine, è appena il caso di osservare che, secondo la ricostruzione del Tribunale, il controllo del territorio quale plateale estrinsecazione della carica intimidatoria dell’associazione, si è esplicato, altresì, proprio tramite Amico, infiltrando il tessuto economico locale non soltanto con le attività estorsive e il narcotraffico, ma anche attraverso lo schermo di ‘ teste di legno ‘ , imprese commerciali in diversi ambiti, a un tempo, proficua modalità di reinvestimento dei profitti delittuosi e segno di tangibile presenza verso la collettività locale.
In definitiva, il Tribunale ha dato adeguata motivazione, non rivedibile nella presente sede, per reputare sussistente il sodalizio sub 1), inteso come costituzione di un ‘ associazione legata ad uno specifico territorio, tra soggetti già appartenenti o, comunque, collegati alle mafie ‘storiche’, denominate cosa nostra , ‘ndrangheta e camorra, autonoma rispetto ai clan di provenienza degli associati con i quali, tuttavia, questi ultimi continuano a mantenere collegamenti, dotata di struttura non verticistica ma orizzontale e di una cassa comune. Si è
descritta, inoltre, la consorteria come dedita sia alla commissione dei reati tipici dei sodalizi mafiosi (estorsioni e traffico di sostanze stupefacenti), sia alla costituzione di società dedite ad attività lecite, in particolare nel settore dell’edilizia, compiute però, in molti casi, con modalità illecite, sia quanto alla provenienza del denaro investito, sia quanto alla gestione e al raggiungimento dello scopo di profitto.
Segue il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali.
Non segue al provvedimento la liberazione dell ‘ indagato, anzi, per i capi di incolpazione per i quali il Tribunale ha accolto l ‘ appello della parte pubblica emettendo titolo cautelare, vanno eseguiti, a cura della Cancelleria, gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso, il 16 gennaio 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME