Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12626 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12626 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2018
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME nato il 17/7/1984 a Paterno’, avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catania in data 12/7/2018; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità de ricorso; udito, per l’indagato, l’avv. NOME COGNOME il quale ha chiesto l’accogli del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 12/7/2018, il Tribunale del riesame di Catania aveva rigettato l’impugnazione proposta, nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza in data 11/6/2018 del Giudice per le indagini preliminari d Tribunale di Catania con la quale gli era stata applicata la misura cautelare d custodia in carcere in relazione al delitto previsto dall’art. 416-bis, commi 3, 4 e 5, cod. pen., in quanto gravemente indiziato di fare parte di associazione a delinquere di stampo mafioso, promossa e diretta da NOME COGNOME e NOME COGNOME, costituente articolazione territoriale del clan COGNOME·(“RAGIONE_SOCIALE“), la quale si avvaleva della forza di intimidazione suoi appartenenti e della conseguente condizione di assoggettamento e di omertà per la commissione di una serie indeterminata di delitti contro la person
e il patrimonio nonché per la realizzazione di profitti e vantaggi ingiusti, controllo del territorio e delle attività, lecite e illecite, che in esso si sv fatti contestati dall’ottobre 2014 e sino alla esecuzione del provvedime genetico.
A fondamento della ritenuta sussistenza dei gravi indizi, sia l’ordinan applicativa che quella del riesame avevano evidenziato l’acquisizione nell’ambito dell’indagine sull’associazione mafiosa dei “COGNOME” operante territorio di Paternò, in provincia di Catania – di un articolato compe indiziario costituito, per quanto specificamente attiene alla posizione di NOME COGNOME e del padre NOMECOGNOME dalle dichiarazioni di diversi collaboratori giustizia, ex associati sia del COGNOME, sia di altre famiglie mafiose. clan Dichiarazioni (in particolare dei collaboratori NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) che avevano indicato NOME e NOME COGNOME come appartenenti al i, clan COGNOME specificando anche che i due indagati si occupavano, all’interno della consorter del traffico di stupefacenti nel territorio di Belpasso.
Il Tribunale etneo, dopo avere scrutinato la credibilità soggettiva dichiaranti, sottolineando che “tutti avevano ammesso le proprie personal responsabilità per delitti anche gravissimi (tra cui taluni omicidi per i qual erano neppure sottoposti a indagine; cfr. Navarria e Musumarra) e avevano beneficiato dell’attenuante di cui all’art. 8 D.L. 152/1991 all’esi procedimenti penali che li vedevano imputati, sovente incoati proprio sulla scor delle loro dichiarazioni”, aveva, quindi, vagliato il contenuto delle propalaz ritenendole “precise, dettagliate e verosimili”; e aveva accertato che ess riscontravano reciprocamente in relazione sia all’affiliazione mafiosa dei d indagati, sia al loro coinvolgimento nel traffico di stupefacenti, quest’u confermato anche dalle dichiarazioni di NOME COGNOME.
2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione lo stess COGNOME per mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione 173 disp. att. cod. proc. pen., ex art. la inosservanza o erronea applicazione della legge processuale penale i relazione all’art. 192, commi 3 e 4 cod. proc. pen., nonché la mancanz contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’esis dei gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione dell’indagato predetta associazione mafiosa.
In particolare, il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, le b) ed e), cod. proc. pen., la non concludenza, sul piano indiziario, delle captazio ambientali dei colloqui in carcere e delle intercettazioni telefoni contemporanee ai colloqui, relative ad altri affiliati e nelle quali non si f
menzione dei due COGNOME nonché la contraddittorietà e la scarsa rilevanza delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che li riguardavano.
Sotto il primo profilo, sarebbe illogica l’affermazione del Tribunale riesame secondo cui l’assenza di riferimenti a NOME COGNOME nell intercettazioni si spiegherebbe con il fatto che egli operava a Belpasso e no Paterno’, luogo di residenza dei suoi referenti, considerato che a intercettazioni avrebbero riguardato soggetti operanti in luoghi ancora più remo rispetto a Belpasso, come Santa Maria di Licodia.
Inoltre, il Tribunale etneo avrebbe omesso di prendere in considerazione l deduzioni della difesa dell’indagato in ordine alle ragioni del rapporto NOME COGNOME, giustificato dal legame di parentela.
Quanto alle dichiarazioni dei collaboratori, sotto un primo profilo si opina il Tribunale del riesame non avrebbe adeguatamente motivato non soltanto in relazione alla genericità delle propalazioni e all’assenza di riscontri, ma anc ordine alla genuinità dei contenuti dichiarativi, essendo le relative provenienti dal medesimo contesto mafioso (ovvero il gruppo di NOME COGNOME) e essendo, quindi, elevato il rischio di fenomeni di contag dichiarativo.
Quanto alle dichiarazioni di NOME COGNOME il Tribunale catanese non avrebbe risposto in ordine alla censura, svolta con memoria difensiva concernente l’assenza di qualunque riferimento alla posizione di NOME COGNOME all’interno del sodalizio mafioso, motivando anodinamente che l’assenza di qualunque menzione dell’indagato si sarebbe giustificata con il fa che il collaboratore operava in un contesto diverso, dimenticando che COGNOME era attivo proprio a Paterno’, luogo in cui era radicato il sodalizio criminoso d avrebbe fatto parte l’indagato.
Sotto altro aspetto, le dichiarazioni dei collaboratori non avrebbero fa emergere alcuna concreta condotta attraverso la quale COGNOME avrebbe fornito un apporto causale al sodalizio mafioso, considerato che non sarebb stato dimostrato che la presunta attività di spaccio di stupefacenti ascrit fosse dal medesimo svolta per conto dell’associazione mafiosa.
Dunque, la motivazione dell’ordinanza impugnata sarebbe “evidentemente illogica e contraddittoria” nella parte in cui avrebbe utilizzato le dichiarazio collaboratori in ordine all’episodio di un debito dei Sambataro nei confronti mafioso COGNOME per suffragare la contestata partecipazione dell’indagato al associazione a delinquere di stampo mafioso.
In definitiva, gli unici elementi indiziari sarebbero costituiti dalle gene dichiarazioni di alcuni collaboratori circa l’appartenenza dell’indagato e del p al clan COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
2. Giova premettere che secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale, è sufficiente qualun elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sul responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli. Ne consegue c gravi indizi di colpevolezza richiesti per l’applicazione di una misura caute possono fondarsi sulla dichiarazione di un collaborante, se precisa, coerent circostanziata, che abbia trovato riscontro in elementi esterni.
2.1. In particolare, nella materia cautelare, la giurisprudenza di legitt ritiene che le dichiarazioni accusatorie rese dal coindagato o coimputato medesimo reato o da persona indagata o imputata in un procedimento connesso o collegato, integrano i gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273, comm cod. proc. pen. – in virtù dell’esplicito richiamo all’art. 192, commi 3 e 4, o dall’art. 273, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 11 della legge n. 63 del 2001 – soltanto se esse, oltre ad essere intrinsecamente attendi risultino corroborate da riscontri estrinseci individualizzanti, tali cioè da att capacità dimostrativa e persuasività probatoria in ordine all’attribuzione fatto-reato al soggetto destinatario di esse (Sez. U, n. 36267 del 30/5/2 Spennato, Rv. 234598 e, nella giurisprudenza successiva, Sez. 5, n. ex plurimis 50996 del 14/10/2014, Scalia, Rv. 264213; Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269683). Dunque, secondo i principi elaborati in quest materia dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. U, n. 20804 del 29/11/20 dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145), il giudice è chiamato a verificare, ai se dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., la sussistenza di tre requisiti credibilità soggettiva del dichiarante, valutata alla stregua di elementi pers quali le sue condizioni socio-economiche e familiari, il suo passato, i rapporti l’accusato, la genesi e le ragioni che lo hanno indotto alla confessio all’accusa dei coautori e complici; 2) l’attendibilità intrinseca del cont dichiarativo, desunta da dati quali la spontaneità, la verosimiglianza precisione, la completezza della narrazione dei fatti, la concordanza tr dichiarazioni rese in tempi diversi; 3) la riscontrabilità oggettiva del dichia attraverso elementi di prova o indiziari estrinseci, i quali devono essere es alla chiamata onde evitare il fenomeno della c.d. “circolarità” probatoria e possono consistere in elementi probatori o indiziari di qualsiasi tipo e natura compresa un’altra chiamata in correità (Sez. 1, n. 16792 del 9/4/2010, COGNOME Rv. 246948; Sez. 2, n. 16183 del 1/2/2017, Fiore, Rv. 269987); a condizione, i quest’ultimo caso, che le convergenti dichiarazioni accusatorie, riten intrinsecamente attendibili, siano realmente autonome e che la loro coincidenz non sia fittizia, come nel caso in cui una chiamata abbia condizionato l’altra ( ancora Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255143). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Sempre preliminarmente, va ricordato che la condotta di partecipazione a un’associazione mafiosa, secondo l’ormai consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, anche a Sezioni unite, non può consistere in un mero status, né in una condivisione meramente psicologica del programma criminoso e delle relative metodiche, dovendo al contrario sostanziarsi in un agire concreto causalmente efficace rispetto agli scopi dell’associazione, il quale può assume forme e contenuti diversi e variabili, così da delineare una figura di reat forma libera”. In altri termini, l’azione del partecipe deve sempre consister modo pregnante, “nella concreta assunzione di un ruolo materiale all’intern della struttura criminosa, manifestato da un impegno reciproco e costante funzionalmente orientato alla struttura e all’attività dell’organizzaz criminosa”, quale espressione di un inserimento strutturale a tutti gli effe tale organizzazione, nella quale l’agente risulta stabilmente e organicamen incardinato (cfr. Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, COGNOME, Rv. 231670, più recentemente Sez. 2, n. 31541 del 30/5/2017, COGNOME, Rv. 270468; Sez. 2, n. 18940 del 14/3/2017, COGNOME, Rv. 269659; Sez. 5, n. 4864 del 17/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269207; Sez. 6, n. 12554 del 1/3/2016, COGNOME, Rv. 267418; Sez. 1, n. 39543 del 24/6/2013, COGNOME, Rv. 257447). Stabile e organica compenetrazione nel tessuto organizzativo del sodalizio che deve essere valutata alla stregua di una lettura non atomistica ma unitaria de elementi rivelatori di un suo ruolo dinamico all’interno dello stesso che emergo emergere anche da significativi facta condudentia (Sez. 5, n. 32020 del 16/3/2018, COGNOME, Rv. 273571).
3. Tanto premesso, osserva il Collegio come i Giudici di merito abbiano rinvenuto, a sostegno dell’ipotesi accusatoria, innanzitutto, una pluralit dichiarazioni che indicano i Sambataro (NOME, con il padre NOME) come appartenenti al Laudani, specificando anche il settore di competenza dei due dan indagati, costituito dal traffico di stupefacenti (cfr. o Presti, il ex plurimis NOME quale, per ammissione dello stesso ricorrente, v. pag. 13 del ricorso, ha “rife di una generica e aspecifica appartenenza di COGNOME NOME e del proprio figlio NOME al Laudani di Paternò”). dan
In proposito, va rilevato che il Tribunale del riesame ha accuratament scrutinato la credibilità soggettiva dei dichiaranti, sottolineando che “tutti ammesso le proprie personali responsabilità per delitti anche gravissimi (tra c taluni omicidi per i quali non erano neppure sottoposti ad indagine; cfr. COGNOME e COGNOME) e hanno beneficiato dell’attenuante di cui all’art. 8 D.L. 152/199 all’esito dei procedimenti penali che li vedevano imputati, sovente incoati propr sulla scorta delle loro dichiarazioni”.
Quindi, l’ordinanza ha vagliato, analiticamente, il contenuto del propalazioni, ritenendole “precise, dettagliate e verosimili” e reciprocamen
convergenti (avendo anche COGNOME confermato il coinvolgimento dei COGNOME nel traffico di stupefacenti), ravvisando un significativo prof individualizzante in uno specifico episodio, riferito da diversi collaboratori (tr NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME), relativo al recupero di un credito vantato da un fornitore di droga. Secondo quant riportato nell’ordinanza impugnata, infatti, NOME COGNOME era intervenut come garante del debito contratto da NOME Consoli (inteso “Minestrone”) nei confronti di NOME COGNOME (inteso “Turi u Ghiacciaru” o “Turi do ghíacciu”) Quest’ultimo, a seguito del mancato pagamento da parte del debitore, aveva preteso, essendo stato messo in cattiva luce con i fornitori calabresi, ch relativa somma (pari a 20.000 euro) fosse versata proprio da NOME COGNOME; e a fronte del mancato adempimento da parte di costui, COGNOME aveva chiesto l’autorizzazione a uccidere COGNOME (NOME) e NOME (NOME COGNOME, dapprima ai vertici del ntapaola, che gliela avevano accordata clan Sa e, dopo la sua scarcerazione, a NOME COGNOME nella sua qualità d responsabile della zona di Belpasso, il quale non l’aveva data in ragione risalenti rapporti con i Sambataro. Questi ultimi avevano, quindi, cerca protezione dapprima in NOME COGNOME e, poi in NOME COGNOME, mafioso di Acireale e loro cugino, il quale si era incontrato, insieme a NOME COGNOME (inteso “Melo l’Africano”), con COGNOME e COGNOME; e a seguito di tali conta NOME e NOME COGNOME si erano impegnati a versare, con cadenza mensile, 500 euro, che venivano fatti pervenire a COGNOME (v. in particolare dichiarazioni rese da NOME COGNOME nell’interrogatorio del 5/7/2017).
3.1. In questo modo, diversamente da quanto opinato dalla difesa, l’ordinanza genetica e quella del riesame hanno specificamente indicato l concrete condotte ascritte all’odierno indagato, consistenti nella gestione traffico di stupefacenti nel territorio di Belpasso, indicative di quell “concreto e causalmente efficace rispetto agli scopi dell’associazione” nel quale sostanzia la condotta di partecipazione al sodalizio mafioso, sulla quale han concordemente riferito i numerosi collaboratori di giustizia, la cui credibi soggettiva è stata puntualmente e positivamente vagliata, proprio al fine escludere gli ipotizzati fenomeni di contagio dichiarativo.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve esse rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali. Dispone trasmettersi a cura della Cancelleria copia d provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, co 1-ter, disp. att. c.p.p..
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