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Associazione mafiosa: la nuova mafia confederata

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare per i reati di associazione mafiosa ed estorsione. La Corte ha convalidato la tesi del Tribunale del Riesame, riconoscendo l’esistenza di una nuova e autonoma associazione criminale ‘confederata’, composta da membri di diverse mafie storiche, e ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Mafiosa: la Cassazione Analizza la ‘Mafia Confederata’

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9563/2025, si è pronunciata su un caso complesso che delinea i contorni di una moderna associazione mafiosa di tipo ‘confederato’, nata dalla fusione operativa di membri provenienti da diverse organizzazioni criminali storiche. Questa decisione conferma un’ordinanza di custodia cautelare e offre spunti cruciali sulla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e sulla natura evolutiva dei fenomeni mafiosi.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da un’indagine su un presunto sodalizio criminale operante in Lombardia. Un indagato propone ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Milano che aveva disposto la sua custodia in carcere per i reati di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) ed estorsione aggravata dal metodo mafioso (art. 629 e 416-bis.1 c.p.).

Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva respinto la richiesta di misura cautelare, non ritenendo provata l’esistenza di una struttura associativa unitaria. Secondo il GIP, gli elementi raccolti erano frammentari e non dimostravano la nascita di una nuova e autonoma compagine criminale, ma piuttosto contatti funzionali tra esponenti di diverse mafie per singoli affari.

Il Pubblico Ministero ha impugnato tale decisione e il Tribunale del Riesame, in sede di appello, ha ribaltato la valutazione del GIP. Il Tribunale ha ritenuto che una visione d’insieme degli elementi – come la creazione di una cassa comune, il sostegno ai detenuti, i summit tra affiliati e la commissione di reati-fine – dimostrasse l’esistenza di una nuova e originale associazione mafiosa, una sorta di ‘consorzio’ tra le strutture criminali già operanti sul territorio.

Il Ruolo dell’Indagato

Nello specifico, l’indagato era accusato di aver partecipato a un’estorsione ai danni del gestore di un ristorante, costretto a cedere la sua attività. Il Tribunale del Riesame ha individuato gravi indizi a suo carico basandosi su conversazioni intercettate e sulla sua presenza, insieme ad altri affiliati, a un incontro decisivo con la vittima.

La Nuova Frontiera dell’Associazione Mafiosa

Il cuore della pronuncia riguarda la qualificazione giuridica del gruppo criminale. Il Tribunale prima, e la Cassazione poi, hanno riconosciuto la possibilità che esponenti di diverse mafie storiche (‘ndrangheta, cosa nostra, camorra) diano vita a una nuova struttura, autonoma e con una propria capacità di intimidazione. Questa ‘mafiosità’ non sorge dal nulla, ma è ‘mutuata’ dalla fama criminale dei suoi singoli componenti.

La struttura è stata descritta come duttile e capace di adattarsi a diverse opportunità di guadagno, come quelle legate all’emergenza Covid o all’Ecobonus. Questa flessibilità, unita a una solida organizzazione interna, è stata considerata un indice significativo della sua esistenza e pericolosità.

Il Ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagato ha contestato la decisione del Riesame, sostenendo che gli elementi fossero insufficienti a provare sia l’esistenza dell’associazione sia la sua partecipazione. In particolare, si evidenziava come alcuni membri del presunto sodalizio si fossero trovati su fronti opposti in una vicenda estorsiva, un fatto ritenuto incompatibile con l’esistenza di un vincolo associativo unitario. Inoltre, la partecipazione a un funerale o la presenza in un determinato luogo di lavoro venivano definite come circostanze neutre e non indicative di affiliazione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando in toto l’impianto logico-giuridico del Tribunale del Riesame. I giudici di legittimità hanno ribadito che, in sede cautelare, il loro compito non è riesaminare le prove, ma verificare la coerenza e la correttezza della motivazione del provvedimento impugnato.

La Corte ha sottolineato come il Tribunale abbia correttamente applicato il principio della ‘valutazione globale’ degli indizi, superando la visione ‘parcellizzata’ del primo giudice. La presenza di una cassa comune, la mutua assistenza tra i sodali e la risoluzione dei conflitti interni in vista di un profitto comune sono stati ritenuti elementi significativi dell’esistenza della necessaria affectio societatis.

Inoltre, la Corte ha specificato che i contrasti interni o le contrapposizioni occasionali tra affiliati non escludono il vincolo associativo, essendo fenomeni ‘fisiologici’ all’interno di strutture complesse. Anzi, la capacità del gruppo di comporre tali dissidi per perseguire l’obiettivo comune rafforza l’idea di un patto solido.

Per quanto riguarda la posizione del singolo indagato, la Cassazione ha ritenuto adeguata la motivazione del Tribunale, che ha valorizzato la sua partecipazione a summit cruciali, la sua messa a disposizione per attività estorsive e il suo coinvolgimento negli affari del gruppo, superando la tesi difensiva della mera ‘connivenza non punibile’.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per la lotta alla criminalità organizzata, poiché riconosce e legittima giuridicamente l’analisi di fenomeni mafiosi in continua evoluzione. Viene affermato con chiarezza che un’associazione mafiosa può nascere e prosperare anche come ‘confederazione’ di soggetti provenienti da diverse matrici criminali, creando una nuova entità con una propria e autonoma forza intimidatrice. La decisione ribadisce l’importanza di una valutazione unitaria e non frammentaria del quadro indiziario, specialmente in contesti complessi e fluidi come quelli delle mafie moderne.

È possibile riconoscere un’associazione mafiosa composta da membri di diverse mafie storiche (es. ‘ndrangheta, cosa nostra, camorra)?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che è possibile riconoscere l’esistenza di una nuova e autonoma formazione criminale di tipo mafioso, una sorta di ‘consorzio’ o ‘confederazione’, che mutua la sua forza intimidatrice dalla fama criminale dei suoi singoli componenti, pur operando come un’entità distinta e originale.

I contrasti interni tra i membri di un gruppo criminale escludono l’esistenza di un’associazione?
No. Secondo la Corte, l’esistenza di interessi conflittuali o di contrapposizioni tra i singoli componenti non è ostativa al riconoscimento del vincolo associativo. Tali contrasti sono considerati ‘fisiologici’ e non negano l’esistenza dell’associazione, soprattutto quando il gruppo dimostra di saperli comporre in vista del perseguimento di finalità comuni.

Cosa si intende per ‘motivazione rafforzata’ in un appello cautelare?
Si tratta di un onere motivazionale più stringente che grava sul tribunale dell’appello cautelare quando riforma una decisione precedente in senso sfavorevole all’indagato (c.d. ‘overturning’). In questo caso, il Tribunale del Riesame, applicando una misura che il GIP aveva negato, doveva giustificare la sua diversa scelta con argomentazioni di ‘assoluta decisività’, confrontandosi specificamente con le ragioni del primo giudice e superandole in modo logico e convincente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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