Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20050 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20050 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME nato a PIETRAPERZIA il 11/03/1960 avverso l’ordinanza del 01/10/2024 del TRIBUNALE di Caltanissetta udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sost. Procuratore Generale NOME COGNOME che a concluso per l’inammissibilità del ricorso. udito il difensore, avvocato NOME COGNOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 1 ottobre 2024il Tribunale di Caltanissetta – costituito ai sensi dell’art. 309 cod.proc.pen. – ha confermato l’ordinanza cautelare emessa nei confronti di COGNOME COGNOMEsia in riferimento alla contestazione di partecipazione al sodalizio mafioso Cosa nostra, che in riferimento alle condotte in tema di armi e ricettazione, aggravate ex art. 416 bis.1 cod.pen., per aver commesso il fatto con la finalità di agevolare l’attività delle famiglie mafiose di Pietraperzia e Barrafranca).
L’intera vicenda Ł stata ricostruita tramite intercettazioni, sia telefoniche che ambientali, videoregistrazioni, microspie e tramite una perquisizione personale e locale effettuata a carico di COGNOME
Le indagini erano finalizzate a verificare l’attuale operatività della famiglia mafiosa di Pietraperzia, che, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe come principale punto di riferimento sul territorio i componenti della famiglia COGNOME, il cui compito sarebbe finalizzato alla custodia di armi, poste a disposizione dell’organismo mafioso .
Nell’ordinanza ricorsa viene riportata una sintesi schematica della scansione temporale dei fatti piø rilevanti che hanno portato alla formulazione delle provvisorie contestazioni, di seguito riportata:
in data 28.10.’23 Ł stata effettuata una perquisizione presso l’abitazione di Bonfirraro Liborio con esiti parzialmente positivi con riferimento al ritrovamento di alcuni munizioni e parti di armi;
in data 1.11.’23 veniva effettuato dagli indagati il dissotterramento di alcuni sacchi contenti le armi (con l’aiuto di COGNOME NOME) e lo spostamento degli stessi nell’area boschiva adiacente alla proprietà di COGNOME;
in data 22.1.2024 veniva escusso a sommarie informazioni NOMECOGNOME
nella notte tra il 22 ed il 23 gennaio 2024 avveniva lo spostamento di quattro sacchi contenenti un arsenale, dal bosco confinante con il terreno di COGNOME Liborio al terreno di tale COGNOME (estraneo ai fatti), attività che ha visto coinvolti, oltre ai componenti della famiglia COGNOME (tra i quali figura anche NOME) anche di COGNOME NOME e COGNOME NOME;
il 25.01.2024 si verifica il sequestro;
in data 28.1.2024 COGNOME NOME scopre che l’arsenale era stato sottratto.
Quanto a NOME COGNOME si evidenzia come vi sia piena convergenza degli elementi di prova circa la ‘responsabilità’ della custodia delle armi, per conto e nell’interesse della organizzazione mafiosa. Costui Ł stato già condannato in via definitiva per l’appartenenza al sodalizio.
Il contenuto dei quattro sacchi rinvenuti dalla P.G. Ł descritto a pp. 13 e 14 dell’ordinanza impugnata, nelle quali sono descritte le singole armi, con relative munizioni.
Nel valutare le plurime doglianze introdotte dalla difesa, il Tribunale ribadisce la sussistenza della gravità indiziaria per tutti i capi oggetto di contestazione.
Si ritiene priva di qualsiasi fondamento la questione preliminare posta dalla difesa con riferimento all’utilizzabilità delle videoriprese in atti: non si può qualificare come domicilio privato il giardino sottostante l’abitazione di COGNOME. Stando all’orientamento costante della Suprema Corte, la nozione di domicilio va definita con criteri particolarmente rigorosi, confinando la configurabilità dello stesso ai soli casi in cui sia possibile riconoscere, in capo al soggetto,
un’aspettativa legittima di intimità e riservatezza, da escludersi tutte le volte in cui si tratti di luoghi che, pur rientrando nel piø ampio concetto di privata dimora, sono liberamente visibili dall’esterno, senza ricorrere a particolari accorgimenti. Nel caso di specie, nella porzione di giardino immortalata dalle videocamere, non sussisterebbe quell’aspettativa di riservatezza di cui sopra, considerata l’assenza di coperture, recinzioni o particolare vegetazione atte ad impedire la visione dall’esterno della proprietà. Anche in merito alle telecamere notturne, si segnala la loro essenzialità, considerato che gli indagati hanno posto in essere le condotte illecite proprio in orario notturno, arrivando financo a spegnere le luci dell’abitazione per evitare di essere osservati.
Inoltre, alle pagine 26 e 27 del provvedimento impugnato il Tribunale ribadisce la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in riferimento al capo con cui si Ł contestato il reato di cui all’art. 416 bis cod.pen. .
Le condotte sono state tenute mentre COGNOME COGNOME era in detenzione domiciliare a scontare la precedente condanna per l’appartenenza alla famiglia di Pietraperzia. Le armi sono state conservate e custodite ‘a beneficio della organizzazione’, come si desume dai contenuti delle captazioni. Da ciò si desume che proprio la custodia delle armi Ł il fatto ‘indicativo’ della permanenza, in capo a COGNOME COGNOME, del vincolo associativo.
Si ribadisce la sussistenza delle esigenze cautelari e si conferma il giudizio di adeguatezza della custodia in carcere.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del difensore COGNOME Il ricorso Ł affidato a tre motivi.
2.1Al primo motivo si deduce erronea applicazione di legge in riferimento ai capi n.3 e n.4 trattandosi di trattandosi di ipotesi contravvenzionali.
L’ordinanza del GIP applica la misura cautelare per tutti i reati ascritti senza fare alcuna distinzione rispetto alle due ipotesi contravvenzionali rubricate ai capi n. 3 e 4. L’ordinanza impugnata non rileva d’ufficio la violazione.Secondo la difesa, quindi, nei confronti del COGNOME vige la misura cautelare anche per i due capi di cui sopra.
2.2 Al secondo motivo si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al capo con cui si Ł contestata la partecipazione alla associazione mafiosa.
Secondo la difesa, in sintesi, la gravità indiziaria non poteva essere ritenuta integrata dalla mera attività di ‘custodia’ delle armi, attribuita al ricorrente sulla base delle attività di indagine. Anzitutto perchØ non si comprende da quando sia iniziata simile attività ed in secondo luogo perchØ la partecipazione al sodalizio non potrebbe basarsi su simile attività di custodia, svolta anche da soggetti non affiliati.
Si ravvisa, pertanto, una illogicità di fondo, perchØ la gravità indiziaria finisce con il basarsi su un precedente giudicato (in danno del Liborio), giudicato che tuttavia copre un periodo storico che risale a dieci anni prima, rispetto al momento della scoperta del preteso arsenale. Sarebbe dunque apodottica la pretesa continuazione della attività partecipativa.
2.3 Al terzo motivo si deduce erronea applicazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza, nei restanti capi, della circostanza aggravante della agevolazione del sodalizio mafioso.
Anche in riferimento a detta aggravante si denunzia illogicità, posto che la volontà di agevolare il sodalizio mafioso finisce con essere sfornita di prova e basata esclusivamente sulla valorizzazione dei precedenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato, per le ragioni che seguono.
Va premesso che per i capi 3 e 4 non Ł stato emesso il titolo cautelare e pertanto nessun provvedimento doveva essere adottato dal Tribunale, con inammissibilità del primo motivo di ricorso.
Quanto al secondo motivo ne va affermata la infondatezza.
In premessa va ricordato, in termini generali, che il legislatore nel prevedere – all’art. 273 cod. proc. pen. – che nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono «gravi indizi di colpevolezza» ha inteso, come Ł noto, utilizzare il termine «indizio» non nel suo connotato tradizionale di «elemento di prova critico o indiretto» ma ha inteso riferirsi ai contenuti della prognosi (indizi..di colpevolezza) creando un doveroso «rapporto»tra la valutazione in materia di libertà ed il prevedibile esito finale del giudizio (la colpevolezza intesa come affermazione di penale responsabilità), in termini di qualificata probabilità di condanna, sia pure valutata allo stato degli atti.
In ciò, come Ł stato piø volte chiarito da questa Corte di legittimità, gli indizi di colpevolezza (art.273 cod.proc.pen.) altro non sono che gli elementi di prova – siano essi di natura storica/diretta o critica/indiretta – sottoposti a valutazione incidentale nell’ambito del subprocedimento cautelare e presi in considerazione dal giudice chiamato a pronunziarsi nei modi di cui all’art. 292 comma 2 lett. c cod. proc. pen. .
La loro obbligatoria connotazione in termini di «gravità», al fine di rendere possibile l’applicazione della misura, sta dunque a significare che l’esito di tale valutazione incidentale deve essere tale da far ragionevolmente prevedere, anche in rapporto alle regole di giudizio tipiche della futura decisione finale, la qualificata probabilità di condanna del soggetto destinatario della misura.
In ciò Ł evidente che il giudice chiamato a pronunziarsi in sede cautelare personale ha l’obbligo – per dare corretta attuazione ai contenuti del giudizio prognostico – di confrontarsi :
con la natura e le caratteristiche del singolo elemento sottoposto a valutazione (ad es. l’indizio in senso stretto – la narrazione rappresentativa di natura testimoniale – la chiamata in
correità o in reità – gli elementi tratti da captazioni di conversazioni);
b) con le regole prudenziali stabilite dal legislatore in rapporto alla natura del singolo elemento in questione (si veda, sul punto, quanto affermato da Sez. IV n. 40061 del 21.6.2012, Tritella, Rv 253723, in tema di elementi di prova critica, con necessità di tener conto anche in sede cautelare della loro particolare caratteristica ontologica) ;
c) con le regole di giudizio previste in sede di decisione finale del procedimento di primo grado, ivi compresa quella espressa dall’art. 533 comma 1 cod. proc. pen. (disposizione per cui l’affermazione di colpevolezza può essere pronunziata solo se il materiale dimostrativo raccolto consente di superare ogni ragionevole dubbio in proposito).
Con ciò non si intende dire – ovviamente – che dette regole prudenziali e di giudizio siano «direttamente» applicabili alla particolare decisione incidentale di tipo cautelarema di certo lo sono in via «mediata» posto che un serio giudizio prognostico, quale Ł quello di «elevata probabilità di condanna», non può prescindere dalla necessità di proiettare il «valore» degli elementi di prova acquisiti sulla futura decisione e sulle sue regole normative tipizzate in tal sede (in tal senso, tra le altre, Sez. I n. 19759 del 17.5.2011, COGNOME, rv. 250243, ove si Ł con chiarezza affermato che « .. il giudizio prognostico in tal senso – ovviamente esteso alle regole per le ipotesi di incertezza e contraddittorietà considerate dal codice di rito all’art. 530, comma 2 e all’art. 533, comma 1, prima parte – Ł dunque indispensabile, pur dovendo essere effettuato non nell’ottica della ricerca di una certezza di responsabilità già raggiunta, ma nella prospettiva della tenuta del quadro indiziario alla luce di possibili successive acquisizioni e all’esito del contraddittorio..») .
Da qui la necessità di identificare – da parte del giudice chiamato a pronunziarsi sulla domanda cautelare – in modo specifico e razionale il significato incriminante degli elementi raccolti sino al momento della decisione e sottoposti al suo esame, con convincente e rassicurante attribuzione di significato a detti elementi nella descritta chiave prognostica.
Se questo Ł il compito attribuito al giudice del merito, Ł altrettanto evidente che la funzione di controllo del ragionamento giustificativo, attribuita al giudice di legittimità ed esercitata in rapporto al contenuto dei motivi di ricorso, non può risolversi nella rivalutazione autonoma di singoli segmenti del materiale informativo ma si realizza – doverosamente – attraverso la verifica di completezza, logicità, non contraddittorietà del percorso argomentativo espresso nel provvedimento, in chiave di rispetto «complessivo» della regola di giudizio tipica della fase in questione.
Sul tema, resta valido e chiaro l’insegnamento fornito dalla decisione Sez. U ric. Audino del22.3.2000 (rv 215828) per cui, in relazione alla natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, questa Corte Suprema ha il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione, riguardante la valutazione degli elementi indizianti, rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, nella peculiare prospettiva dei procedimenti incidentali de libertate.
Ora, nel caso in esame la elaborazione argomentativa della gravità indiziaria in tema di partecipazione del COGNOME al sodalizio mafioso risulta, nella attuale fase procedimentale, pienamente logica.
Va infatti evidenziato che il Tribunale non si limita a valorizzare la precedente condanna (per fatto commesso sino al 2014) ma crea un raccordo logico tra la pregressa manifestazione di intraneità al sodalizio e la attuale condotta di ‘custode’ di una notevole quantità di armi, univocamente destinate al soddisfacimento delle esigenze del sodalizio mafioso.
Se Ł vero, dunque, che la mera attività di custodia di armi può – in astratto – essere svolta da persone non affiliate al sodalizio, nel caso concreto le evidenze probatorie consentono di identificare in modo univoco (sulla base delle captazioni) l’attività del COGNOME COGNOME non come quella di un semplice custode ma come quella di un ‘fiduciario’ dei capi del sodalizio, il che – ragionevolmente concretizza la permanenza del contributo alla associazione mafiosa.
Il terzo motivo Ł inammissibile per genericità, posto che il ricorrente omette di confrontarsi con le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato – tratte dalle captazioni di conversazioni – da cui si Ł desunta in modo univoco la finalizzazione delle condotte di occultamento delle armi al soddisfacimento delle esigenze del sodalizio mafioso.
Al rigetto, nel suo complesso, del ricorso segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 13/02/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME