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Associazione mafiosa: la Cassazione sul sistema lombardo

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un soggetto accusato di partecipazione ad una peculiare associazione mafiosa, definita “sistema mafioso lombardo”. Questa sentenza è rilevante perché riconosce la configurabilità del reato associativo anche in presenza di una struttura criminale orizzontale e confederativa, che unisce esponenti di diverse mafie tradizionali (Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra) in un sodalizio nuovo e autonomo, capace di esercitare la forza di intimidazione nel territorio in cui opera. Il ricorso dell’indagato, che contestava la sussistenza del metodo mafioso e il proprio ruolo, è stato integralmente rigettato.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Associazione Mafiosa: La Cassazione Analizza il “Sistema Lombardo”

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della moderna associazione mafiosa, confermando la validità di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di un individuo accusato di far parte di un’inedita organizzazione criminale, battezzata dagli inquirenti “sistema mafioso lombardo”. La decisione è di fondamentale importanza perché definisce i contorni giuridici di nuove forme di criminalità organizzata che, pur discostandosi dal modello gerarchico tradizionale, mantengono intatta la loro pericolosità e la capacità di intimidazione.

I Fatti: La Nascita del “Sistema Mafioso Lombardo”

L’indagine ha fatto luce su un sodalizio criminale operante in Lombardia, con epicentro tra Milano e Varese. La sua peculiarità risiede nella struttura: non una classica piramide gerarchica, ma un modello confederativo e orizzontale. Questa rete era composta da soggetti provenienti da diverse matrici criminali storiche – Cosa Nostra siciliana, ‘Ndrangheta e Camorra – che avevano creato un’entità nuova, autonoma e unitaria.

Questo “consorzio” criminale, pur mantenendo legami con le “case madri”, agiva in piena indipendenza, sfruttando il “capitale sociale” e la fama criminale dei suoi membri per perseguire i propri scopi. Le attività spaziavano dai delitti contro il patrimonio al traffico di armi e stupefacenti, fino all’infiltrazione nel tessuto economico e politico locale. Il gruppo utilizzava la forza di intimidazione del vincolo associativo per risolvere controversie, condizionare il voto, alterare il libero mercato e controllare attività economiche in vari settori, come quello edilizio. L’indagato, in particolare, era ritenuto un membro attivo del “gruppo palermitano”, con un ruolo nella gestione di società usate per infiltrazioni illecite e nella mediazione di dispute interne al sodalizio.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva respinto la richiesta di custodia cautelare, non ravvisando gravi indizi di colpevolezza. Il Pubblico Ministero aveva però impugnato con successo tale decisione davanti al Tribunale del Riesame, che aveva disposto la detenzione in carcere per l’indagato.

La difesa ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandosi su quattro motivi principali:
1. Erronea applicazione dell’art. 416-bis c.p.: Si sosteneva che il “sistema lombardo” non fosse una vera associazione mafiosa perché privo di una struttura gerarchica e di una manifestazione autonoma del metodo mafioso nel nuovo territorio.
2. Mancanza di motivazione: Critiche generiche sulla ricostruzione dei legami tra alcuni indagati e Cosa Nostra.
3. Errata valutazione della condotta: La difesa minimizzava il ruolo del ricorrente, descrivendolo come un semplice dipendente o una figura di “vicinanza”, estraneo all’uso del metodo mafioso.
4. Vizi di motivazione: Contestazioni su specifiche interpretazioni di conversazioni intercettate relative al presunto interesse per il traffico di stupefacenti e a una controversia tra terzi.

Le Motivazioni: La Cassazione e la configurabilità dell’associazione mafiosa

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, ritenendoli infondati. La motivazione della sentenza offre chiarimenti cruciali sulla moderna interpretazione del reato di associazione mafiosa.

In primo luogo, i giudici hanno affermato che un’organizzazione criminale può essere qualificata come mafiosa anche se ha una struttura orizzontale e confederativa. L’elemento decisivo non è il modello organizzativo (piramidale o meno), ma la capacità del sodalizio di sprigionare una forza di intimidazione che si manifesta all’esterno, generando assoggettamento e omertà. I legami con le mafie storiche non diminuiscono l’autonomia del nuovo gruppo, ma, al contrario, ne rafforzano la percezione di pericolosità.

La Corte ha inoltre sottolineato che la difesa, con le sue doglianze, tentava di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, un’operazione non consentita in sede di legittimità. La ricostruzione operata dal Tribunale del Riesame è stata giudicata logica, coerente e basata su un’analisi approfondita delle risultanze investigative. Le attività del ricorrente – come la partecipazione a incontri strategici, la gestione di società di comodo e il coinvolgimento in mediazioni cruciali per gli equilibri del gruppo – sono state correttamente interpretate come indizi gravi di un inserimento stabile e attivo nel sodalizio.

Le Conclusioni: Implicazioni della Sentenza

Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale per il contrasto alla criminalità organizzata. Riconosce formalmente che le mafie evolvono, adottando modelli organizzativi più flessibili e reticolari per adattarsi ai nuovi contesti economici e sociali. La sentenza ribadisce che il cuore del reato di associazione mafiosa risiede nel “metodo” e nella sua capacità di inquinare la società, a prescindere dalla forma che l’organizzazione assume. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’analisi probatoria deve concentrarsi sulla concreta manifestazione del potere intimidatorio del gruppo, piuttosto che sulla ricerca di schemi organizzativi tradizionali.

Un’associazione criminale senza una struttura gerarchica piramidale può essere considerata un’associazione mafiosa ai sensi dell’art. 416-bis c.p.?
Sì. La sentenza chiarisce che anche un’organizzazione con una struttura orizzontale e confederativa può essere qualificata come mafiosa, a condizione che sia un’entità autonoma e unitaria capace di esercitare una forza di intimidazione all’esterno, generando assoggettamento e omertà nel contesto in cui opera.

I collegamenti con le “mafie storiche” (es. Cosa Nostra) escludono l’autonomia di una nuova organizzazione criminale?
No. Secondo la Corte, i legami con i gruppi criminali di origine non negano l’autonomia e la novità del nuovo sodalizio. Anzi, tali collegamenti possono costituire un “capitale sociale” criminale che viene speso dalla nuova associazione per raggiungere i propri scopi e rafforzare la propria capacità intimidatoria.

Quali elementi sono stati considerati sufficienti per configurare i gravi indizi di colpevolezza per la partecipazione all’associazione?
Sono stati ritenuti sufficienti la partecipazione stabile e attiva alla gestione di società riconducibili al sodalizio e finalizzate a infiltrazioni illecite, l’accompagnare un esponente di spicco a incontri strategici, il ruolo di mediatore in controversie rilevanti per gli equilibri associativi e l’interesse per altre attività illecite del gruppo, come il traffico di stupefacenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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