Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15690 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 15690 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/01/2025
associazione, al fine di affermare la natura di quest’ultima di associazione unitaria e distinta dalle singole compagini storiche, finalizzata alla realizzazione di un programma comune e al soddisfacimento di interessi almeno in parte condivisi, come evidenziato, in particolare, dalla costituzione e dalla gestione, sin dal 2018, di società con cui svolgere affari in commistione tra i vari partecipi, operazioni compiute con modalità sempre analoghe, applicando regole e logiche condivise, e dirette alla continua ricerca di nuove opportunità di profitto, nei settori piø disparati
(principalmente l’edilizia, accedendo agli incentivi statali), profitto da conseguire anche con metodi illeciti, e a cui potessero accedere tutti i vari partecipi. Tra le operazioni indicative in merito, l’ordinanza valorizza la costituzione, nel 2021, della RAGIONE_SOCIALE da parte di soggetti appartenenti alle diverse associazioni di riferimento, la collaborazione di alcuni indagati in operazioni finanziarie illecite gestite da gruppi operativi diversi, alcune vicende estorsive, la gestione condivisa di un’arma da sparo.
La struttura Ł stata descritta non già come organizzata in senso verticistico, bensì orizzontale in vista della realizzazione della migliore sintesi tra interessi, anche contrapposti, per assicurare continuità nelle relazioni ed il massimo profitto in ragione della condivisione della ragione fondativa del gruppo, che assume, pertanto, i contorni tipici dell’affectio societatis.
Rappresentativa, a quest’ultimo proposito, Ł ritenuta la controversia ‘RAGIONE_SOCIALE‘ in cui, a prescindere dall’origine dei rapporti debito credito, tutti i soggetti coinvolti, hanno accettato la possibilità di una composizione unitaria anche a discapito delle rispettive pretese pur di «trovare la quadra» e continuare a «guadagnare tutti», evitando di farsi la guerra e, per tale via riuscire, garantirsi la buona riuscita degli affari illeciti in corso di interesse comune.
Il sistema mafioso lombardo, pur mutuando la natura mafiosa dell’organizzazione della forza d’intimidazione da quella dei suoi singoli componenti, come tali conosciuti nei vari territori di operatività e riferimento, Ł dunque un gruppo autonomo e di tale peculiare caratteristica sono pienamente consapevoli i suoi componenti, i quali, pur essendo di estrazione criminale diversa, in una delle conversazioni intercettate espressamente convengono sulla loro appartenenza ad «una famiglia unica».
Si Ł, poi, adeguatamente motivata la natura mafiosa dell’associazione, con indicazione degli elementi ritenuti a conforto della capacità di esternazione della forza intimidatrice. Il Tribunale, diversamente dal Giudice per le indagini preliminari, l’ha ritenuto dimostrata dall’uso di minacce e violenze in molte delle operazioni compiute dall’associazione e ha osservato come il sodalizio non avesse bisogno di gesti eclatanti, essendo composto da soggetti già noti come esponenti di criminalità organizzata e facenti ancora capo ai rispettivi sodalizi di origine, i quali sfruttavano, per intimidire, anche la fama delle consorterie storiche di rispettiva provenienza
1.3. Quanto alla posizione del ricorrente nell’ambito del descritto sodalizio, NOME Ł inquadrato nell’ambito della componente romana del sodalizio, legato al clan Senese.
Egli ha posto a disposizione del sistema mafioso lombardo le proprie energie criminali, partecipando all’attività finanziaria dell’associazione mafiosa e consentendo il reimpiego dei profitti illeciti.
Sono state, a tal fine, valorizzate alcune conversazioni che evidenziano come l’indagato sia stato presentato da COGNOME come un componente della “famiglia”, nonchØ la collaborazione prestata a NOME COGNOME e ai COGNOME attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di società a lui riconducibili in favore di quelle facenti capo ai sodali.
1.4. Ritenuti sussistenti i gravi indizi, riguardo alle esigenze cautelari, il Tribunale – ricordato che dalla gravità indiziaria per il reato di cui al capo 1) discende la presunzione, di natura relativa, riguardo alla sussistenza delle esigenze cautelari e quella, di natura assoluta, riguardo all’adeguatezza della sola misura della custodia cautelare per il loro contenimento – ha evidenziato la sussistenza del pericolo di reiterazione di condotte analoghe a quelle oggetto dell’ordinanza, sulla base: i) dell’intensità e durata dei rapporti con NOME COGNOME e NOME COGNOME la cui carcerazione non aveva dissuaso l’indagato dal commettere condotte illecite a vantaggio del sodalizio; ii) della natura del suo apporto, tutt’altro che sporadico e occasionale, consistito nell’aver messo a disposizione del sodalizio diverse risorse e società; iii) della perdurante operatività di alcune società risultate riconducibili all’indagato e a approfondimenti investigativi recenti che,
sebbene non direttamente a lui riferibili, riverberano come fattori di rischio cautelare anche in relazione alla sua posizione.
Ricorre per cassazione l’indagato, tramite il difensore di fiducia avv. COGNOME e deduce due motivi di ricorso, di seguito riassunti nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo denuncia vizio di motivazione in punto di riconoscimento dell’odierno indagato come partecipe dell’associazione di cui al capo 1) dell’incolpazione provvisoria.
Denuncia il ricorrente che l’ordinanza impugnata avrebbe fondato la sua appartenenza al gruppo Senese richiamando il procedimento penale che ha coinvolto NOME COGNOME in cui egli Ł indagato quale prestanome di quest’ultimo in relazione alla società RAGIONE_SOCIALE Tuttavia, si tratterebbe di un accertamento non connotato da irrevocabilità e, in ogni caso, riguardante reati per i quali Ł stata esclusa dai giudici di merito che se ne sono occupati l’aggravante mafiosa.
Lamenta il travisamento del contenuto delle conversazioni intercorse nell’anno 2020 tra COGNOMERAGIONE_SOCIALE poichØ, contrariamente a quanto sostenuto nell’ordinanza impugnata, la loro corretta lettura consente di chiarire come fosse stato l’odierno ricorrente a rivolgersi a costoro per usufruire dei servizi di false fatturazioni e non il contrario.
Analoghe considerazioni sono svolte con riferimento ai rapporti intercorsi con RAGIONE_SOCIALE, con riferimento alla cui natura illecita la motivazione del Tribunale sarebbe del tutto apparente.
Del pari frutto di travisamento si ritiene l’affermazione del Tribunale secondo cui l’indagato viene presentato da COGNOME come soggetto ‘appartenente alla famiglia”; la esatta lettura dei dialoghi induce a ritenere -al di là del suggestivo riferimento alla famiglia – che le raccomandazioni svolte da COGNOME a COGNOME erano volte a far riconoscere un trattamento di favore nei riguardi del ricorrente; raccomandazioni che non sarebbero state necessarie ove questi fosse stabilmente inserito all’interno del gruppo senese.
Da ultimo, il ricorrente ritiene immotivatamente enfatizzata nell’ordinanza la conversazione intercorsa tra NOME COGNOME e sua figlia dalla quale viene erroneamente inferita un’«aspettativa di solidarietà verso COGNOME» da parte dell’indagato; in realtà si tratterebbe di un semplice dialogo tra padre e figlia cui non Ł stato dato alcun seguito.
Risulta, in definitiva, trascurata l’ipotesi alternativa secondo la quale NOME si rapportava con i menzionati soggetti in totale autonomia ed estraneità rispetto all’associazione.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli articoli 274 e 275, comma 3, cod. proc. pen. in punto di ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione di reati analoghi a quelli per cui si procede.
La motivazione Ł contraddittoria poichØ Ł lo stesso Tribunale che, a supporto dell’attualità della partecipazione dell’odierno ricorrente all’associazione, richiama “ulteriori sviluppi investigativi” che, tuttavia, riconosce non essere direttamente riferibili all’indagato. Si tratta, inoltre, di approfondimenti d’indagine dai quali Ł trascorso oltre un anno prima dell’emissione del provvedimento impugnato con ogni conseguenza in punto di attualità dell’esigenza cautelare ritenuta.
Si censura, infine, la motivazione riguardante l’adozione della misura massima, motivata sulla scorta di un’affermazione errata, essendosi affermato che dalla gravità indiziaria per il reato di cui al capo 1) della contestazione provvisoria discenderebbe la presunzione assoluta di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, in violazione dei principi espressi dalla Corte costituzionale con sentenza n. 57 del 2013. Il provvedimento del Tribunale risulta, privo di motivazione sull’adeguatezza, dovrebbe essere annullato con rinvio.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria depositata in
data 8 gennaio 2025, ha chiesto il rigetto del ricorso.
La difesa del ricorrente, in data 8 gennaio 2025, ha depositato conclusioni scritte con le quali si Ł riportata ai motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Il primo motivo di ricorso – involgente sotto piø profili la gravità indiziaria della partecipazione del ricorrente al sodalizio – Ł inammissibile siccome rivalutativo, a-specificio e teso a sollecitare una non consentita rivisitazione della provvista indiziaria.
2.1. Com’Ł noto, in Sezioni Unite n. 11 del 23/02/2000, Audino, Rv. 215828 si Ł statuito che «in tema di misure cautelari personali, allorchØ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, a questa Corte spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie».
L’arresto costituisce, ormai, patrimonio comune della giurisprudenza di legittimità che l’ha ribadito, fra le molte, con Sez. 2 n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 e Sez. 1, n. 30416 del 25/09/2020, in motivazione. Occorre avere anche riguardo alla specificità della valutazione compiuta nella fase cautelare, dovendosi sempre tenere conto della «diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato» (Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, Rv. 269683; Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, Rv. 264213, tra le molte conformi).
Inoltre, questa Corte, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965, ha chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che avversano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento».
Corollario di tale consolidato approccio Ł il principio, ribadito anche dal massimo consenso di questa Corte – che viene in rilievo nel procedimento in esame, in cui le prove sono costituite in larga parte da captazioni di conversazioni – secondo cui, in tema d’intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021,
COGNOME, Rv. 282337 – 01). A ciò va aggiunto che il contenuto d’intercettazioni, telefoniche o ambientali, dalle quali emergono elementi di accusa nei confronti dell’indagato, anche quando sono captate fra terzi, può costituire fonte diretta di prova della sua colpevolezza senza necessità di riscontri, ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., fatto salvo l’obbligo del giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logica (tra tante, Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, COGNOME, Rv. 268414).
Sempre in via preliminare, va tenuto presente che, secondo recenti arresti della giurisprudenza di legittimità, «Ai fini della qualificazione ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen. di una nuova ed autonoma formazione criminale Ł necessario accertare se il sodalizio: a) abbia conseguito fama e prestigio criminale, autonomi e distinti da quelli personali dei singoli partecipi, in guisa da essere capace di conservarli anche nel caso in cui questi ultimi fossero resi innocui; b) abbia in concreto manifestato capacità di intimidazione, ancorchØ non necessariamente attraverso atti di violenza o di minaccia, nell’ambito oggettivo e soggettivo, pur eventualmente circoscritto, di effettiva operatività; c) abbia manifestato una capacità di intimidazione effettivamente percepita come tale e abbia conseguentemente prodotto un assoggettamento omertoso nel “territorio” in cui l’associazione Ł attiva» (Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Rv. 279555-17).
2.2. Quanto poi all’ulteriore tema che viene in rilievo nello scrutinio del presente ricorso, ovverosia quello dello standard motivazionale richiesto in caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello de libertate, della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare, la giurisprudenza di questa Corte non Ł uniforme. In alcune pronunce, anche recenti, si Ł affermato che «In caso di ribaltamento, da parte del tribunale del riesame in funzione di giudice dell’appello de libertate, della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare, non Ł richiesta una motivazione rafforzata, in ragione del diverso standard cognitivo che governa il procedimento incidentale, ma Ł necessario un confronto critico con il contenuto della pronunzia riformata, non potendosi ignorare le ragioni giustificative del rigetto, che devono essere, per contro, vagliate e superate con argomentazioni autonomamente accettabili, tratte dall’intero compendio processuale» (Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, COGNOME Rv. 284982 – 04; Sez. 5, n. 28580 del 22/09/2020, M., Rv. 279593 – 01). Vi Ł poi un altro indirizzo, che il Collegio ritiene preferibile, secondo cui «In tema di appello cautelare, la riforma in senso sfavorevole all’indagato della decisione impugnata impone al tribunale, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, un rafforzato onere motivazionale, valevole a superare le lacune dimostrative evidenziate dal primo giudice, essendo necessario confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e giustificare, con assoluta decisività, la diversa scelta operata» (Sez. 1, n. 47361 del 09/11/2022, COGNOME, Rv. 283784. In motivazione, la Corte ha precisato che, pur non essendo necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, dell’insostenibilità della decisione riformata, ogni divergente valutazione adottata dal tribunale deve essere comunque dotata di maggiore persuasività e credibilità razionale).
In ogni caso, sia pure con diversità di accenti, entrambi gli orientamenti richiedono, per il caso in cui il tribunale della libertà accolga la domanda cautelare, riformando in sede di appello ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. la decisione di rigetto del Giudice per le indagini preliminari, un percorso motivazionale articolato, che tenga conto degli argomenti a sostegno della decisione liberatoria impugnata, se interferenti con i presupposti della divergente valutazione adottata in appello, configurandosi altrimenti un vizio di motivazione.
3. Scrutinata alla luce dei principi sin qui sintetizzati, l’ordinanza resiste alle censure contenute nel primo motivo di ricorso.
V’Ł da premettere che il ricorrente non avversa la motivazione del Tribunale del riesame in punto di esistenza del sodalizio sistema mafioso lombardo, bensì lamenta la scarsa persuasività del
ragionamento con il quale NOME Ł stato ritenuto intraneo allo stesso.
3.1. Muovendo dall’ultima considerazione, riguardante la necessità di una motivazione dotata di maggiore persuasività, l’indicato obbligo di riconsiderazione della diversa opzione del Giudice per le indagini preliminari Ł stato adeguatamente soddisfatto dal Tribunale collegio e l’ordinanza in punto di gravità indiziaria, risulta assolutamente congrua, esaustiva e immune da profili di manifesta illogicità oltre che puntualmente ancorata alle emergenze acquisite di cui ha dato conto in termini del tutto adeguati.
La cognizione del Tribunale ha compreso tutte le risultanze fattuali, non limitandosi a una lettura atomistica degli indizi, ma valorizzandoli attraverso una analisi unitaria, evidenziando, in primo luogo, le plurime criticità presenti nell’apparato giustificativo con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva escluso la sussistenza degli elementi costitutivi del reato associativo, ponendo in risalto gli errori di metodo, oltre che di natura logica e giuridica.
Quanto alla posizione del ricorrente nell’ambito del descritto sodalizio, l’ordinanza inserisce COGNOME nell’ambito della componente romana del sodalizio, legato al clan Senese, quale soggetto che ha contribuito all’attività finanziaria dell’associazione mafiosa e consentendo il reimpiego dei profitti illeciti.
Sono state, a tal fine, valorizzate alcune conversazioni captate tra associati che evidenziano il come l’indagato sia stato presentato da COGNOME come un componente della “famiglia”. Si Ł evidenziata la stretta collaborazione prestata a NOME COGNOME e al gruppo facente capo ai Crea, attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di società a lui riconducibili in favore di quelle facenti capo ai sodali.
Alla stregua di tali risultanze, il Tribunale – con motivazione adeguata e logicamente coerente lungi dal trascurare l’ipotesi alternativa secondo la quale NOME si rapportava con i sodali in autonomia e quale estraneo all’associazione – ha ritenuto la sua condotta di partecipe fosse resa evidente dalla sua partecipazione a momenti di rilievo per la vita del sodalizio.
Tale motivazione resiste alle censure assertive e contro-valutative contenute nel ricorso.
Del pari inammissibile perchØ reiterativo e generico Ł il motivo che attinge le esigenze cautelari.
Il ricorrente omette di confrontarsi con il principale e decisivo argomento utilizzato dal provvedimento impugnato a sostegno dell’applicazione della misura sotto questo peculiare profilo, ovvero l’operatività della presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari, prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. nel caso di gravi indizi di colpevolezza per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa. A ciò va aggiunto che – come evidenziato al paragrafo 1.4. della premessa del presente provvedimento – il Tribunale si Ł fatto carico di motivare puntualmente anche sull’adeguatezza della misura cautelare massima.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonchØ, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità (cfr. Corte cost. n. 186 del 2000), al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si ritiene congruo determinare in euro tremila.
La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 24/01/2025.
Il Consigliere estensore
EVA TOSCANI
Il Presidente NOME COGNOME