Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28515 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28515 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
In nome del Popolo Italiano
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 960/2025
NOME
CC – 20/06/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 12281/2025
NOME COGNOME
NOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a VILLARICCA il 25/04/1996 NOME nato a GIUGLIANO IN CAMPANIA il 06/12/1959
avverso l’ordinanza del 04/02/2025 del TRIBUNALE DEL RIESAME di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi; udite le conclusioni dellÕavv. NOME COGNOME per i ricorrenti, che ha chiesto di accogliere i ricorsi.
Con ordinanza emessa il 4 dicembre 2024, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere a NOME per i delitti di cui agli artt. 416-bis cod. pen. (capo A) e 629-416-bis.1 cod. pen. (capo D) e a NOME per il delitto di cui allÕart. 416-bis cod. pen. (capo A).
Con ordinanza del 5 febbraio 2025, il Tribunale di Napoli Ð Sezione riesame Ð , previa riqualificazione del fatto contestato al capo D nel reato di estorsione tentata, ha confermato la misura applicata nei confronti dei due indagati.
Secondo il Tribunale, entrambi gli indagati sarebbero associati al clan COGNOME e COGNOME Giuseppe avrebbe anche partecipato al tentativo di estorsione descritto al capo D) dell’imputazione provvisoria, che costituirebbe uno dei reati-fine, attuativi del programma criminoso. La tentata estorsione sarebbe relativa alla realizzazione dei lavori di edificazione di alcune mansarde, che il committente avrebbe dovuto Çper forzaÈ affidare alla societˆ RAGIONE_SOCIALEÓ di COGNOME Giuseppe.
Entrambi gli indagati, con separati atti, hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo del loro difensore.
Il ricorso di COGNOME Giuseppe si compone di tre motivi.
3.1. Con il primo motivo, articolato con particolare riferimento al delitto di partecipazione allÕassociazione per delinquere di stampo mafioso, il ricorrente deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 121, 192, 238-bis e 273 cod. proc. pen. e 416-bis.1 cod. pen.
Sostiene che la partecipazione al sodalizio criminoso sarebbe stata desunta esclusivamente dalla sentenza di condanna giˆ inflitta allÕindagato, per condotte associative riguardanti il periodo ricompreso tra il febbraio 2017 e il febbraio 2019. Tale deduzione, per˜, non sarebbe corretta, atteso che la sentenza in questione, sebbene confermata in secondo grado, non sarebbe ancora definitiva. Sarebbe stata, pertanto, necessaria una verifica più approfondita sulla ritenuta intraneitˆ dell’indagato al clan COGNOME nel periodo oggetto di contestazione nel presente procedimento. I giudici di merito, invece, si sarebbero basati soprattutto sulle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia COGNOME NOME e COGNOME NOME, che sarebbero risalenti nel tempo, generiche, non riscontrate e contrastanti tra di loro.
Il ricorrente, in particolare, sostiene che: il COGNOME non avrebbe chiarito perchŽ l’indagato avrebbe svolto la sua attivitˆ di costruttore con il sostegno del clan; il COGNOME avrebbe affermato che l’indagato non sarebbe affiliato al clan.
Il ricorrente, inoltre, sostiene che: non sarebbero stati individuati lavori edili affidati all’indagato sul territorio di competenza del clan COGNOME; la mera partecipazione al reato estorsivo contestato al capo D) dell’imputazione provvisoria, di per sŽ, non sarebbe sufficiente per ritenere dimostrata la partecipazione dell’indagato al clan COGNOME.
3.2. Con il secondo motivo, articolato con particolare riferimento al delitto di tentata estorsione, il ricorrente deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 121, 192 e 273 cod. proc. pen. e 56, 629 e416-bis.1 cod. pen.
Rappresenta che: oggetto dell’originaria imputazione provvisoria, era lÕimposizione al committente dellÕaffidamento dei lavori di realizzazione di alcune mansarde alla RAGIONE_SOCIALEÓ di COGNOME Giuseppe; il Tribunale ha ritenuto che l’estorsione sarebbe stata soltanto tentata, atteso che, dalle conversazioni intercettate, non sarebbe possibile desumere se i lavori fossero stati effettivamente eseguiti e se lÕingiusto profitto fosse stato effettivamente conseguito.
Tanto premesso, il ricorrente sostiene che il Tribunale non avrebbe motivato in ordine Çall’idoneitˆ e allÕinequivoca direzionalitˆ della condottaÈ dell’indagato a coartare la volontˆ della persona offesa, nella scelta del soggetto a cui affidare l’esecuzione dei lavori. Secondo il ricorrente, non vi sarebbe alcun elemento da cui poter desumere che il presunto ÇmessaggioÈ estorsivo fosse stato portato a conoscenza della persona offesa.
Il ricorrente poi contesta la sussistenza dell’aggravante, sostenendo che, nel caso in esame, non sarebbe stato utilizzato il metodo mafioso, come si ricaverebbe Çdalla conversazione richiamata a pagina 50 dell’ordinanza, in cui NOME Umberto aveva solo ipotizzato di ricorrere lui soltanto alle maniere malamenteÈ.
3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen.
Contesta la motivazione con la quale i giudici di merito hanno ritenuto Çche il fattore temporale non avrebbe inciso sulla concretezza e sullÕattualitˆ delle esigenze cautelariÈ. Tale motivazione Ð basata sul fatto che gli indagati non si sarebbero dissociati dal sodalizio e, Çal netto delle condotte contestate nel presente procedimentoÈ, avrebbero continuato a Çorbitare attorno al clan COGNOME Ð sarebbe contraddetta dal fatto che l’indagato sarebbe stato intraneo al clan per un periodo di tempo limitato, nel quale avrebbe commesso un solo reato-fine.
Il ricorso di NOME si compone di due motivi.
4.1. Con il primo motivo, articolato con riferimento al delitto di partecipazione allÕassociazione per delinquere di stampo mafioso, il ricorrente deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 121, 238-bis e 273 cod. proc. pen. e 416-bis.1 cod. pen.
Rappresenta che i giudici di merito hanno ritenuto l’indagato associato al clan COGNOME, dal settembre 2020 al gennaio 2021, sulla base dei seguenti elementi:
il lontano legame parentale con alcuni membri del clan; i rapporti di frequentazione con NOME COGNOME, genero di NOME COGNOME e presunto reggente della frazione operante nella zona di San Nicola di Giugliano; alcune conversazioni intercettate.
Tanto premesso, il ricorrente sostiene che sussisterebbero significativi elementi che finirebbero per elidere gli elementi a carico: nessun collaboratore di giustizia aveva indicato l’indagato quale componente del clan; all’indagato non era stato contestato alcun reato-fine; non erano stati accertati rapporti tra l’indagato e gli altri associati, fatta eccezione per la frequentazione con il COGNOME, al quale l’indagato era legato da vincoli di parentela.
Scarsamente significative sarebbero le conversazioni intercettate, atteso che queste sarebbero poco chiare nel loro significato, Çsia per l’incompletezza dei colloqui registrati, sia per la cripticitˆ del linguaggio usato dagli interlocutoriÈ. Il ricorrente, inoltre, ritiene che sarebbero completamente privi di rilievo gli espedienti che, secondo i giudici di merito, l’indagato avrebbe utilizzato per sottrarsi a eventuali intercettazioni, come, ad esempio, Çbisbigliare e lasciare il telefono in macchinaÈ.
Scarsamente significativi sarebbero anche i presunti ÇpizziniÈ che l’indagato utilizzava per comunicare con il COGNOME e, secondo il Tribunale, anche con NOME NOME. Tali pizzini, infatti, non sarebbero stati sequestrati, fatta eccezione per il foglio recuperato dagli agenti della D.I.A. di Napoli, parzialmente ricomposto e fotografato, il cui significato, tuttavia, non sarebbe perfettamente comprensibile.
Il ricorrente poi contesta la ricostruzione che i giudici di merito avrebbero fatto dell’unico fatto materiale che coinvolgerebbe l’indagato, ossia l’attivitˆ di riscossione del canone di fitto del ÒPub DublinersÓ. Secondo i giudici di merito, l’indagato sarebbe subentrato in tale attivitˆ a COGNOME NOME, su ordine del COGNOME, che avrebbe incaricato proprio l’indagato di comunicare al COGNOME la decisione da lui presa. Tanto si ricaverebbe dalla localizzazione dell’autovettura dell’indagato nei pressi del pub nonchŽ dalle sommarie informazioni testimoniali rese da COGNOME NOME, legale rappresentante della societˆ che gestiva il locale in questione.
Il ricorrente, per˜, sostiene che tale ricostruzione sarebbe smentita dalle sommarie informazioni rese dalla COGNOME, che sarebbero state travisate. La donna, infatti, avrebbe riferito che sarebbe stato proprio NOME NOME a dirle che Çin sua assenza avrebbe dovuto corrispondere il canone a un suo cugino di nome NOME e che ci˜ si sarebbe verificato solo dopo che il COGNOME era stato arrestatoÈ. Il presunto ÇsubentroÈ del Russo nell’attivitˆ di riscossione, dunque, non sarebbe avvenuto per Çragioni di camorraÈ.
Il ricorrente contesta Çi presunti episodi di riscossione illecita, indicati alle pagine 39 e s. dell’ordinanza impugnataÈ, sostenendo che, dagli atti,
emergerebbero solo Çcircostanze generiche, É equivoche e non riscontrateÈ. Dalle conversazioni intercettate, poi, non sarebbe possibile comprendere quali sarebbero i Çsoggetti debitoriÈ, quale sarebbe Çla causale dei pagamentiÈ e se il denaro fosse stato effettivamente riscosso.
I giudici di merito, inoltre, avrebbero ignorato la memoria difensiva e avrebbero motivato in maniera Çgravemente carente su un elemento indefettibile: la natura stabile del contributo del Russo all’associazioneÈ.
4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen.
Contesta la sussistenza delle esigenze cautelari, ponendo in rilievo Çil significativo lasso temporaleÈ trascorso Çtra il momento dell’adozione del provvedimento e l’epoca di commissione dei reati contestatiÈ.
Sostiene che il Tribunale avrebbe ritenuto che il decorso del tempo non avrebbe inciso sulle esigenze cautelari, sulla base dei seguenti elementi: nessuno degli indagati si sarebbe dissociato dal sodalizio; gli indagati avrebbero orbitato attorno al clan COGNOME da tempo, come risulterebbe dai rispettivi certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti.
Ebbene, secondo il ricorrente, nessuna delle argomentazioni poste dal Tribunale a sostegno della propria decisione si attaglierebbe alla posizione dell’indagato, che sarebbe stato intraneo al clan COGNOME per un periodo di tempo limitato, ossia da settembre 2019 fino a gennaio 2021, e non avrebbe mai Çvissuto di criminalitˆ organizzata e di attivitˆ illecite legate ad essaÈ. L’indagato, invero, sarebbe un soggetto giovane, incensurato, al quale non erano stati contestati reati-fine.
1. I ricorsi devono essere rigettati.
Il ricorso di COGNOME NOME deve essere rigettato.
2.1. Il primo motivo è inammissibile.
Con esso, invero, il ricorrente ha articolato generiche censure che, pur essendo state da lui riferite alla categoria del vizio di motivazione, non evidenziano alcuna effettiva violazione di legge nŽ travisamenti di prova o vizi di manifesta logicitˆ emergenti dal testo della sentenza, ma sono, invece, dirette a ottenere un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dal Tribunale (cfr. Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano).
Al riguardo, va ribadito che, Çin tema di ricorso per cassazione, il controllo di legittimitˆ, anche nel giudizio cautelare personale, non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nŽ quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del giudice per le indagini preliminari e del tribunale del riesame, essendo, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicitˆ evidenti, ossia la congruitˆ delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimentoÈ (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, COGNOME, Rv. 269438).
Va, in ogni caso, rilevato che, in ordine alla partecipazione dell’indagato al sodalizio criminale, il Tribunale ha reso una motivazione adeguata e priva di vizi logici, dando il giusto rilievo a una sentenza di condanna, confermata in appello, in ordine alla partecipazione, fino al febbraio 2019, dell’indagato al clan COGNOME, con il compito Çdi collettore É delle somme di denaro provento delle attivitˆ illecite del clanÈ. Il Tribunale ha posto in rilievo che, da quella sentenza, emergeva che: l’indagato provvedeva alla raccolta e alla consegna al clan del denaro provento di estorsione; a lui erano stati affidati lavori edili, nelle zone controllate dal sodalizio criminale. Al riguardo, va ricordato che Çi gravi indizi di colpevolezza richiesti dall’art. 273, comma 1, cod. proc. pen., per l’applicazione e il mantenimento di misure cautelari personali possono essere validamente desunti anche da sentenze non ancora irrevocabili, senza che ci˜ comporti violazione dell’art. 238-bis, cod. proc. pen. che, nel prevedere che possano essere acquisite e valutate come prova le sentenze divenute irrevocabili, si riferisce al giudizio di colpevolezza e non alle condizioni di applicabilitˆ delle misure cautelari, nŽ dell’art. 238, comma 2-bis, cod. proc. pen. che, nel subordinare l’acquisizione di dichiarazioni rese in altri procedimenti alla condizione che il difensore abbia partecipato alla loro assunzione, si riferisce anch’esso al solo giudizio sulla responsabilitˆÈ (Sez. 5, n. 57105 del 15/10/2018, COGNOME, Rv. 2744049).
Il Tribunale ha posto in rilievo come tali emergenze si ponessero in rapporto di continuitˆ con le attivitˆ più recentemente svolte dall’indagato, come emerse dalle conversazioni intercettate, e, in particolare, con l’attivitˆ estorsiva oggetto del reato contestato al capo D). Ha, infine, evidenziato che il grave quadro indiziario era completato delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia COGNOME NOME e COGNOME NOME, sebbene queste fossero relative a un periodo di tempo anteriore ai fatti oggetto del presente procedimento.
Si tratta di una motivazione adeguata e priva di vizi logici, rispetto alla quale il ricorrente ha sollevato delle generiche deduzioni, completamente versate in
fatto. Quanto all’affermazione del COGNOME relativa alla mancata affiliazione dell’indagato al clan, va rilevato che il ricorrente non ha dedotto nŽ tantomeno dimostrato la portata decisiva della mancata valorizzazione di tale affermazione, che peraltro, come evidenziato dallo stesso ricorrente, fa riferimento a un periodo di tempo anteriore a quello oggetto del presente procedimento.
2.2. Il secondo motivo è inammissibile.
Anche con esso, il ricorrente si è limitato a muovere delle generiche censure, completamente versate in fatto.
Va, in ogni caso, evidenziato che, anche con riferimento al reato estorsione tentata, il Tribunale ha reso una motivazione adeguata e priva di vizi logici (cfr. pagine 45 e ss. dellÕordinanza impugnata), riportando ed esaminando in maniera analitica il contenuto delle conversazioni intercettate, indicando anche gli elementi di riscontro desumibili dagli accertamenti effettuati dalla polizia giudiziaria. Il Tribunale non solo ha posto in rilievo il carattere chiaramente intimidatorio degli ÒavvertimentiÓ, ma ha anche evidenziato il ruolo centrale assunto dal COGNOME nella vicenda (cfr., in particolare, pagine 51 e s. dellÕordinanza).
Infondata, inoltre, è la tesi del ricorrente, secondo il quale non vi sarebbe la prova che la minaccia fosse stata portata a conoscenza della persona offesa. Dalla ricostruzione del Tribunale, infatti, emerge che, proprio grazie allÕattuazione dei loro propositi criminosi e allÕintervento del Moraca, gli indagati avevano ottenuto lÕeffetto voluto: i lavori originariamente attribuiti al ÒmarescialloÓ erano stati divisi in due lotti, uno dei quali affidata ai COGNOME (cfr. pagine 49 e 51 dellÕordinanza).
Il Tribunale, inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ha adeguatamente motivato in ordine allÕutilizzo del Òmetodo mafiosoÓ, ponendo in rilievo come fosse emerso in maniera evidente che lÕestorsione dovesse essere realizzata con le modalitˆ dell’intimidazione propria delle organizzazioni di tipo camorristico. In ogni caso, era emerso che il reato fosse pure destinato all’agevolazione del sodalizio criminoso, come desumibile dal coinvolgimento di persone del ÇcalibroÈ di NOME Ð Çal quale ci si era rivolti recandosi addirittura a Catanzaro per parlare con lui, che era in carcereÈ Ð e del COGNOME, che rivestiva allÕinterno del clan COGNOME un ruolo organizzativo, proprio nel settore delle estorsioni (cfr. pagine 52 e s. dellÕordinanza).
2.3. Il terzo motivo è infondato.
Il Tribunale, invero, ha adeguatamente motivato sulle esigenze cautelari non solo facendo ricorso Òalla doppia presunzioneÓ in ordine alla sussistenza delle esigenze e all’adeguatezza della custodia cautelare in carcere, ma anche ponendo in rilievo la pericolosa personalitˆ dell’indagato e la sua indole trasgressiva ed incline a delinquere, rese evidenti dalla sua Òbiografia penaleÓ.
Va, in ogni caso, posto in rilievo la genericitˆ e la scarsa rilevanza degli elementi dedotti dal ricorrente. Sotto tale profilo, va evidenziato che il fatto che, nel presente procedimento, venga contestata all’indagato la partecipazione al clan per un periodo di tempo (a dire del ricorrente) limitato, durante il quale avrebbe commesso un solo reato-fine, assume scarsa rilevanza, atteso che l’indagato risulta essere stato condannato, con sentenza confermata in appello, per la partecipazione al sodalizio criminale, per un periodo di tempo anteriore a quello oggetto del presente procedimento.
3. Il ricorso di NOME deve essere rigettato.
3.1. Il primo motivo è inammissibile.
Anche il primo motivo del ricorso del Russo si risolve in generiche censure, completamente versate in fatto. Al pari dei primi due motivi del ricorso del COGNOME, è diretto a ottenere un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dal Tribunale. Il ricorrente si limita a censurare le argomentazioni che il Tribunale ha posto a fondamento della propria decisione, senza dedurre un effettivo travisamento di prova oppure un determinante vizio logico, desumibile dal testo del provvedimento impugnato.
Va, in ogni caso, posto in rilievo che il Tribunale, con riferimento alla partecipazione dell’indagato al clan COGNOME, ha reso una motivazione adeguata ed esente da vizi logici (cfr. pagine 34 e ss. dellÕordinanza).
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il Tribunale ha motivato ampiamente in ordine allo stabile contributo fornito dall’indagato all’organizzazione, evidenziando come durante tutto il periodo di svolgimento delle operazioni di intercettazione era emerso che egli aveva svolto le mansioni di autista, di ÇmessaggeroÈ e di fiduciario, sia per la raccolta del denaro, sia per la distribuzione dello stesso alle famiglie degli affiliati al clan. Attivitˆ che aveva svolto adottando particolari cautele, in quanto ben consapevole del ruolo rivestito nell’ambito del clan e dei rischi a questo connesso. Il contenuto delle conversazioni intercettate, riscontrato dagli accertamenti di polizia giudiziaria, rendeva evidente il ruolo svolto dallÕindagato nellÕambito del clan.
Deve essere sottolineato che le conversazioni intercettate sono state riportate nellÕordinanza e sono state analiticamente esaminate dal Tribunale.
Deve essere poi escluso che il Tribunale abbia travisato le dichiarazioni di COGNOME NOME, che, peraltro, sono state testualmente riportate nel corpo del provvedimento impugnato. Il Tribunale, invero, si è limitato a trarre da tali dichiarazioni la conferma che, dopo l’arresto di NOME NOME, era stato proprio il COGNOME a svolgere il compito di riscuotere il canone, nell’interesse della famiglia COGNOME. E, infatti, dalle dichiarazioni della COGNOME, riportate nel corpo
dell’ordinanza, emerge che: NOME COGNOME aveva riferito alla donna Çche lÕaffitto lo avrebbe ritirato lui con frequenza settimanaleÈ, aggiungendo che, Çin sua assenza, le rate potevano essere corrisposte a un suo cugino di nome NOMECOGNOME Çin effettiÈ aveva incontrato Çin più occasioni NOMECOGNOME ÇEmanuele stava ritirando le somme settimanalmenteÈ.
Risulta evidente che alcun travisamento delle dichiarazioni vi è stato e che il ricorrente, in sostanza, contesta, peraltro in maniera poco lineare, le argomentazioni che il Tribunale ha tratto da tali dichiarazioni.
Quanto all’omessa valutazione della memoria difensiva, va rilevato che la censura si presenta del tutto generica, non avendo il ricorrente indicato quali specifiche argomentazioni, contenute in tale memoria, non sarebbero state considerate dal Tribunale.
3.2. Il secondo motivo è infondato.
Il Tribunale, invero, ha adeguatamente motivato sulle esigenze cautelari non solo facendo ricorso alla Òdoppia presunzioneÓ in ordine alla sussistenza delle esigenze e all’adeguatezza della custodia cautelare in carcere, ma anche ponendo in rilievo la pericolosa personalitˆ dell’indagato, desumibile dal ruolo di Çassoluto rilievoÈ da lui rivestito nellÕambito della struttura associativa.
Va, in ogni caso, posto in rilievo la genericitˆ e la scarsa rilevanza degli elementi dedotti dal ricorrente. Quanto al periodo di accertata associazione dellÕindagato al clan, va rilevato che tale periodo, anche se fosse pari a un anno e quattro mesi, come sostenuto dal ricorrente, non sarebbe comunque scarsamente significativo, soprattutto alla luce del ruolo di Çassoluto rilievoÈ rivestito dal Russo nellÕambito della struttura associativa. Sotto tale profilo, va ricordato che il Russo non solo provvedeva alla raccolta del denaro e alla sua distribuzione alle famiglie degli affiliati al clan, ma risultava ÇmessaggeroÈ e Çuomo di fiduciaÈ, essendo utilizzato anche per la trasmissione degli ordini, attraverso il metodo dei ÒpizziniÓ. Risulta evidente che un tale ruolo poteva essere attribuito solo a un soggetto stabilmente inserito nella struttura del clan, che godeva della massima fiducia e considerazione da parte degli esponenti di spicco del sodalizio criminale.
Il ricorrente, dÕaltronde, non ha indicato alcun elemento di rilievo da quale potere desumere che lÕindagato abbia reciso il legame con il clan, essendosi limitato genericamente a invocare il tempo trascorso dallÕultima condotta significativa della partecipazione al sodalizio criminale.
Al riguardo, deve essere ribadito che, in relazione all’accusa di partecipazione ad associazioni mafiose ÒstoricheÓ, il cosiddetto Òtempo silenteÓ (ovvero la datazione nel tempo degli ultimi episodi indicanti una siffatta partecipazione, rispetto al momento di applicazione della misura), di per sŽ, non assume rilievo determinante, non potendosi perci˜ solo ritenere che sia vinta la presunzione di
sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., la quale, per contro, pu˜ essere superata solo ove ricorrano ulteriori elementi indicativi dell’irreversibile allontanamento dell’indagato dal sodalizio, quali il provato recesso dell’indagato dall’associazione, l’esaurimento dell’attivitˆ associativa, l’inizio di un’attivitˆ di collaborazione, il trasferimento in altra zona territoriale dell’interessato (cfr. Sez. 5, n. 16434 del 21/02/2024, Tevella, Rv. 286267; Sez. 2, n. 38848 del 14/07/2021, Giardino, Rv. 282131; Sez. 2, n. 7837 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280889; Sez. 5, n. 36389 del 15/07/2019, COGNOME, Rv. 276905).
Entrambi i ricorsi, pertanto, devono essere rigettati, con conseguente condanna, ai sensi dellÕart. 616 cod. proc. pen., dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui allÕart. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Cos’ deciso, il 20 giugno 2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME Rosa COGNOME